Sul Carroccio la campana della Martinella in battaglia non c’era”
Lo sostiene il collezionista Mario Colombo. La prova è un testo dell'Ottocento che riproduce un prezioso documento medievale andato perduto
Della storica Battaglia di Legnano si è molto parlato nelle ultime settimane grazie al film di Renzo Martinelli, fustigato dalla critica e “punito” al botteghino più ancora per la coloritura politica che gli si è voluto ad ogni costo dare che non per gli obiettivi meriti o demeriti artistici. Sul fatto storico e in sé e sui documenti che lo raccontano spunta però qua e là qualche notizia interessante.
Ad esempio, una che lascerà di stucco più d’uno a Legnano: la Martinella, la famosa campana simbolo della battaglia, su quel campo insanguinato non c’era, almeno stando all’iconografia dell’epoca. La Martinella sarebbe stata ritrovata in tempi recenti, ma pesa due quintali e difficilmente poteva essere posta e maneggiata sul Carroccio. È anche possibile che l’elemento della campana sia stato aggiunto in epoche successive al mito della battaglia, rilanciato prima dal Risorgimento, poi dall’antirisorgimentale Lega Nord.
E’ Mario Colombo dell’Anpi Valle Olona, attento collezionista di pregevoli “pezzi”, incluse lettere di grandi personaggi storici, di cui ci siamo già occupati in passato, a segnalarci un libro venuto in suo possesso. È un testo piuttosto antico, risalente al 1857, quando la Lombardia obbediva ancora (di malavoglia, e solo con la baionetta alla gola) all’allora giovane imperatore Francesco Giuseppe d’Austria.
Si tratta di una ricerca compiuta da mons. Carlo Annoni, prelato dei nobili Annoni Cicogna, insieme ad uno storico e autore dell’epoca, Oscar Pio. L’opera contiene una rarissima incisione (nella foto) tratta da una miniatura medievale mai pubblicata. Vi si trova una specie di diploma dato ad un qualche capitano, forse in segno di partecipazione alla battaglia. A occhio potrebbe risalire al Duecento: in realtà ci vorrebbe un esperto medievista per capire dal contesto e dai simboli (le bandiere, ad esempio: la forma della croce simbolo di Milano, rileviamo, è quella assunta nel XIII secolo) a quando risalga, e il testo è forse più antico delle immagini che lo accompagnano.
In queste una certa versione "codificata" dei fatti risalta già, incluso l’assalto di un gigantesco Alberto da Giussano – o almeno così pensavano gli autori ottocenteschi del volume: il personaggio è storicamente dubbio – contro il centro dello schieramento nemico.
La miniatura si trovava all’epoca in cui scritto il libro in Inghilterra, nelle mani di un erudito e bibliofilo, che nel testo dell’Annoni si citava come "Eduart Enghin", (forse un Edward Enghin citato in liste genealogiche reperibili su web) e sarebbe sucessivamente andata perduta, salvo che per una riproduzione, oggi conservata presso la biblioteca del Duomo di Milano, appunto nell’Archivio Annoni. A realizzarla nel 1850 fu il pittore e miniaturista Gaetano Speluzzi, autore di varie opere nel Varesotto e nel Comasco. Inviato in Inghilterra, trasse una fedele riproduzione del documento “con quella perizia e quella precisione che sono sue proprie” come scriveva Annoni.
Nell’immagine, sul Carroccio non c’è la Martinella ma campeggiano il crocifisso dell’arcivescovo Ariberto d’Intimiano (vissuto circa 150 anni prima della battaglia di Legnano) e gli stendardi milanesi con la croce rossa in campo bianco. Inoltre, effettivamente, come si ripete da anni, nel libro si sostiene che se l’esercito della Lega Lombarda veniva da Legnano, la battaglia fu combattuta tra Borsano e Busto Arsizio, notizia già nota nel 1857.
Abbiamo insomma un interessante quadro di quello che era lo stato della ricerca storica 150 anni fa, in tempi di patriottismo risorgimentale fra le classi colte (e non solo, almeno in Lombardia). Quanto alla verità materiale, qualche accenno potrebbero darcene eventuali resti di armi e ossa che ancora si trovassero nella zona. Ma il pensiero di una spada spazzata sepolta sotto un parcheggio di minimarket, o di un giovane paggio che riposa sotto un boschetto pieno di rifiuti abbandonati, fa un po’ tristezza.
LA MARTINELLA DI MILANO la rivista tutta Milanese
(Foto 1 La copertina dello storico primo numero
Foto 2 Emilio Guicciardi durante un'escursione in montagna
Foto 3 La Martinella in quel di S. Alberto di Butrio
Foto 4 Copertina del numero del giugno 1988
Foto 5 La Voce della Martinella nel 1992)
La Martinella di Milano, cui per diversi motivi siamo legatissimi, è stata una rivista milanese dedicata alla cultura cittadina e lombarda, pur non disdegnando argomenti e articoli legati al resto d’Italia.
Fu realizzata su iniziativa di Emilio Guicciardi (Milano 1896-1974) nel 1947 che ne fu ininterrottamente direttore fino alla sua morte.
Soci fondatori della rivista, oltre al già citato Guicciardi, erano Antonio Jacono, AntonioNegri, Antonio Strazza e Alessandro Visconti.
Il primo numero uscì nel giugno 1947 il colophon in seconda pagina elencava quali principali collaboratori personaggi del calibro di Cesare Angelini, Ambrogio Annoni,Paolo Arrigoni, Giacomo Bascapè, Alvaro Casartelli, Mons. Carlo Castiglioni, Antonio Clerici, Alberto De Capitani D’Arzago, Renzo Gerla, Luigi Medici, Paolo Mezzanotte, Antonio Monti, Severino Pagani, Marino Parenti, Ferdinando Reggiori, Emilio Sioli-Legnani, Alessandro Soriani, Carlo Antonio Pianella e Dino Villa.
Siamo nel periodo della ricostruzione post bellica e l’idea di una funzione culturale a servizio del nuovo mondo che veniva delineandosi doveva fregiarsi di un nome che Indicasse con immediatezza gli idaeali fondanti del progetto.
Il poeta Luigi Medici, nello stesso numero 1 così ci racconta:
<Martinella, nome squillante nome latino, italiano e milanese ad un tempo. Il ricordo giunger dal lontano 1176 sulle ali della nostra storia più bella.
Non si chiamava così la campanella del Carroccio, che vide a Legnano la sconfitta del Barbarossa? Non si chiamava così il piccolo bronzo posto lassù in cima all’albero maestro che recava, come vela latina, la bandiera crociata della nostra gloriosa comunità ambrosiana? Lasciamoci allora, amici, guidareguidare dal suono di quel bronzo antico di cui solo il nome rimane. (…)>
Più tardi, in un elzeviro pubblicato su di un numero del 1971, lo stesso Emilio Guicciardi ricorda la riunione che diede inizio all’avventura, facendo notare come l’immagine del Carroccio fosse gradita a tutti i convenuti e che alla domanda di uno di loro; <Ma come chiameremo a raccolta le genti attorno al Carroccio?>
Rispose senza pensare: <Al suono della Martinella!>, così nacque il nome della pubblicazione.
La Martinella era la campana che il Vescovo Ariberto d’Intimiano donò alla Lega Lombarda perché il suo suono li guidasse e rincuorasse in battaglia, era detta così in onore di San Martino, protettore dei cavalieri.
Al termine della battaglia, quando il Carroccio ritornava in città il suono della Martinella annunciava la vittoria, ammoniva che vi erano stati dei morti in battaglia e che molti figli avevano perso il padre. Da qui nasce una tradizione che vuole che da allora a Milano chi è rimasto senza padre viene chiamato "martinit", la storia naturalmente in proposito ci consegna una ben più documentata cronaca ma il riferimento a San Martino rimane.
Notizia di qualche anno fa è il ritrovamento della storica campana che è ospitata sul campanile dell’Eremo di S. Alberto a Butrio a Ponte Nizza in provincia nell’Oltrepò pavese.
Per quanto riguarda la rivista ci piace ricordare quegli anni brillanti, dal 1984 al 1989, durante i quali era edita dalla Libreria Editrice Milanese di via Meravigli, che ne editò una versione graficamente elegante e che ne curò anche la distribuzione in edicola, in quegli anni ricordiamo come direttore il compianto Franco Fava e l’inossidabile Enzo de Bernardis.
Successivamente i nuovi editori non sono riusciti a mantenere un livello decente della pubblicazione, che cambiò anche nome in “La Voce della Martinella” e “La Voce di Milano”,avviandosi al triste destino della definitiva chiusura nella prima metà degli anni 90.