Legnano story - note personali
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Monastero di Torba
 
 
Torba era I'appendice fortificata, protesa verso la valle dell'Olona, del castrum romano-goto-longobardo che sorgeva sull'altura di Castelseprio. Infatti alle mura del castrum (8, nella cartina) veniva raccordata una cinta (7) che includeva I'imponente torre (4) del V-VI secolo.
Cessato I'uso militare, a Torba si insediava un monastero: e' citato per la prima volta in un documento del 1049, ma gli affreschi di soggetto religioso della torre sono piu' antichi di tre secoli. Del monastero faceva parte la chiesa di S. Maria (2) dell'VIII - XIII secolo.
ll complesso religioso e' stato poi adibito a uso rurale fino al 1969. Nel 1977 e' stato acquistato da Giulia Maria Mozzoni e poi donato al Fondo per I'Ambiente Italiano.
I restauri, che si sono conclusi (giugno 1986) con I'apertura al pubblico, sono stati finanziati dalla Regione Lombardia, dalla Provincia di Varese, da Banche locali e di Milano (Banca Popolare e CARIPLO in testa), da Enti culturali e da molti generosi privati. Gli affreschi della torre sono stati restaurati dalla Soprintendenza ai Beni artistici. Durante i lavori, sono emerse immagini prima nascoste dall'intonaco. Gli scavi archeologici condotti dal FAI hanno riportato in luce un tratto della cinta (5), collegato ad altro tratto scoperto dalla Soprintendenza nel 1968 (6). Nella chiesa, la Soprintendenza ha rinvenuto molte tombe e la cripta di una primitiva chiesa deil'VIII secolo. Hanno collaborato agli scavi la Societa' Gallaratese di Studi Patrii e un gruppo di studenti di Gornate. Conclusi i restauri, la chiesa (2) ospita riunioni e concerti. Nella torre (3) si trovano una raccolta di reperti locali e gli affreschi dell'VIII secolo, nella cascina (4), un ristoro e una vendita di pubblicazioni e oggetti d'artigianato; al 1° piano, la mostra "Torba com'era, com'e'", oltre la fototeca, la biblioteca e I'alloggio del custode.
La proprieta' del FAI include parte della collina boscosa: la percorre un sentiero che sale all'antico castrum. Torba, che e' posta sotto I'egida del Consorzio del Seprio, di cui il FAI e' uno dei fondatori, si raggiunge da Solbiate Arno (autostrada Milano-Varese) o da Tradate (statale Milano-Varese), seguendo i cartelli.
 
ll Fondo per I'Ambiente Italiano - FAI - ha intrapreso il lungo lavoro che ha portato nuova vita a Torba per contribuire con atti concreti, secondo i suoi fini istituzionali, alla salvezza dei beni culturali. Per ottenere questi risultati, e' necessaria I'adesione di tutti. Aderire al FAI significa contribuire concretamente a salvare e a tramandare alle future generazioni un patrimonio culturale di inestimabile valore. Le adesioni e le prenotazioni di visite si raccolgono a Torba, oppure presso la segreteria, a Milano.
 
Monastero di Torba (Frazione di Gornate Olona, Varese) Tel. 0331⁄820301
Segreteria Generale: V.le Coni Zugna 5 , 20144 Milano Tel 02⁄4693693
 
 
 
 
 
 
NEL CONTADO DEL SEPRIO: CAIRATE E IL MONASTERO Dl SANTA MARIA ASSUNTA
 
 
L 'etimologia del toponimo "Cairate" e' incerta: una probabile derivazione greca e' interpretabile nel significato di "altura", o forse anche in quello di "noce" - oppure "castagna" - di cui la zona doveva essere ricca. Varianti conosciute nel corso della storia sono: Carrate, Cariade, Cariate.
ll territorio
ll nucleo urbano centrale di Cairate sorge nella media Valle 0lona su un terrazzamento fluvioglaciale (era quaternaria del Pleistocene) del Wurm, I'ultima glaciazione. Le attuali frazioni di Bolladello e Peveranza - cosi' come I'antica Castelseprio - si trovano su terrazzamenti piu' elevati e risalenti al Riss, il precedente periodo glaciale. Le colline moreniche che si elevano sullo sfondo degli abitati, oggi coperte di querce e castagni, sono ancora piu' antiche, del Mindel.
Questi terreni sono costituiti da sedimenti sciolti (limo, ghiaia, ciottoli, argilla), di origine appunto glaciale, che, a contatto con gli agenti atmosferici (aria, acqua), si ossidano: questo fenomeno di "ferrettizzazione" consente di determinare, secondo il grado e lo spessore, I'eta' del terreno.
Per quanto fertile, solo il terreno a limitata ferrettizzazione e' agevolmente coltivabile, mentre sulle colline anticamente crescevano spontanei querce e pini silvesti. Lo scioglimento dei ghiacciai generava corsi d'acqua di grande portata che scavavano profonde vallate. I terrazzamenti dell'ampio alveo dell'Olona, oggi coperti di robinie, sono stati infatti erosi dal fiume, evidenziando cosi' strati rocciosi di origine preglaciale (in particolare "ceppo", un conglomerato di ghiaie e sabbie cementate).
 
La storia
La zona fu abitata in origine dai Liguri della Valle del Ticino e quindi dai Galli Insubri (da cui probabilmente il toponimo "Seprio"), di origine celtica.
La fondazione di Cairate come "vicus" (borgo) risale probabilmente al III° sec. a.C., da un "castrum" romano. E' proprio dalla struttura dell'accampamento militare romano che trae origine la centuriazione, della quale a Cairate restano tracce delle "centuriae" e dei relativi "limites". Era questo il sistema utilizzato dai Romani per dividere i terreni fra ex legionari e coloni e organizzare urbanisticamente gli insediamenti civili, con vie principali in direzione est-ovest (decumani) a incrocio perpendicolare con vie secondarie in direzione nord-sud (cardini).
A Cairate i romani introdussero la coltivazione dei cereali in pianura e della vite sui terrazzi della valle; con le ghiande delle querce allevavano suini. In questo periodo inizio' pure lo sfruttamento degli alberi sulle colline come legname per la fabbricazione di case e suppellettili e anche per la combustione nelle case e nelle fornaci della zona: cio' portera' intorno al XVI sec. alla scomparsa dei pini come vegetazione spontanea.
Da iscrizioni e documenti superstiti si sa che fra le "gens" insediate sul territorio vi erano Opimii, Coelii, Plinii, Albucii (di questi ultimi, di probabile origine gallica, e' ancora vivo in zona, fra gli altri, il toponimo "Albizzate").
Per via della posizione strategica, vi erano a Cairate due fortificazioni, probabilmente di origine romana e forse precedenti. Cairate infatti, sita su uno degli ultimi terrazzamenti prospicienti la Pianura Padana, si trovava pure presso I'incrocio fra le vie che gia' allora - e per tutto il Medioevo - collegavano da una parte Novara attraverso il Ticino a Como e di li attraverso I'Adda Lecco e Bergamo (dove si congiungeva alla via verso Venezia) e dall'altra il Nord a Milano, lungo il corso dell'Olona.
Su queste fortificazioni vennero a installarsi i Longobardi, in collegamento con la cinta fortificata di Castelseprio (da li si poteva controllare I'accesso settentrionale della valle), che divenne il centro di uno dei loro piu' fiorenti contadi ("comitatum sepriense").
Una di queste fortificazioni - sita verso sud nel centro storico - fu utilizzata nel XV sec. come residenza di un ramo dei Visconti (e' visibile lo stemma sul muro superstite) e poi del Legnani, che avevano acquistato la carica di baroni dagli Spagnoli. Sul luogo dell'altra fortificazione sorse invece - come avvenuto a Torba - un monastero di benedettine claustrali.
ll monastero di Santa Maria Assunta sarebbe stato fondato nel 737 d.C. da Manigunda, forse una principessa longobarda, per sciogliere il voto della sua guarigione. Manigunda ne fu anche la prima badessa e doveva comunque essere una nobile: resta infatti una copia - quasi certamente apocrifa, ma non per questo del tutto inattendibile - dello "ludicatum" in cui assegnava al monastero propri beni e terreni (che verranno mantenuti nei secoli) a Cairate e nei dintorni. Nello stesso documento si stabiliva la dipendenza del monastero, pur sito nella diocesi ambrosiana, dal vescovo di Pavia (allora capitale del regno longobardo). Il primo documento autentico riguardante il monastero - una "bulla" di papa Giovanni VIII datata 24 agosto 877 - lo confermava (insieme al monastero di San Donato a Sesto Calende) nella giurisdizione della diocesi pavese, cui le benedettine furono quindi soggette fino alla soppressione. I privilegi e possessi furono ulteriormente confermati da pontefici e sovrani successivi, fra cui anche Federico Barbarossa nel 1158.
Per circa un miIlennio il monastero di Santa Maria Assunta e' stato il centro economico e sociale, oltre che religioso, di Cairate, anche se i rapporti con gli abitanti del borgo sono stati talora piuttosto problematici. ll monastero era anche proprietario di numerosi terreni e i contadini ne erano quindi dipendenti.
La clausura non fu una regola rigida fino alla Controriforma: sotto i porticati della forestiera si ospitavano, come in tutti i monasteri e le pievi in Italia e in Europa, i pellegrini in viaggio verso i luoghi santi.
Secondo la tradizione, il monastero avrebbe ospitato il Barbarossa alla vigilia della battaglia di Legnano (29 maggio 1176): in ogni caso le truppe imperiali erano effettivamente qui accampate, sui versanti della valle dominanti la piana della battaglia.
Cairate divenne quindi parte del territorio di Milano, libero Comune e poi Signoria sotto i Della Torre (XIII sec.). L' uso esclusivamente religioso e civile evito' che la distruzione del borgo di Castelseprio - avvenuta quando Napo Torriani, che ne aveva fatto la propria roccaforte, venne sconfitto (marzo 1287) da Ottone Visconti, vescovo di Milano - si estendesse anche ai monasteri di Cairate e Torba e alla chiesa di S. Maria Foris Portas.
A meta' del XV sec. il Ducato di Milano passo', per successione dinastica, agli Sforza. Per Cairate fu questo un periodo di prosperita': nel '500 il monastero divenne proprietario di altri terreni, anche sul versante opposto della valle, e di alcuni mulini lungo il corso dell'Olona.
Nel XVI sec., fra alterne vicende, gli eserciti svizzeri entrarono piu' volte in Lombardia, percorrendo anche la Valle Olona, e, quando si ritirarono definitivamente, si annetterono la Valtellina e la contea di Bellinzona (oggi Canton Ticino), gia' parte del Contado del Seprio e del territorio di Milano. Verso la meta' del secolo, a conclusione delle lotte fra Carlo V e Francesco I, ai Francesi subentro' la dominazione spagnola. Furono tempi di vessazioni, carestie e pestilenze: fu allora che, per motivi igienico- sanitari, le mura del monastero (e in genere di ogni edificio) vennero ricoperte di calce.
La situazione miglioro', agli inizi '700 con gli Austriaci, che razionalizzarono e diedero nuovo impulso all'agricoltura, introdussero le prime industrie (tessili), sviluppando parallelamente la coltura del gelso per I'allevamento del baco da seta.
Nel 1796, tuttavia, un decreto del governo asburgico ordino' la soppressione degli ordini monastici contemplativi (si era nel periodo del "giuseppinismo"): in un elenco ufficiale del 1799 il monastero di Cairate risultava gia' chiuso. Nel 1809, sotto Napoleone, venne venduto a privati, dividendosi la proprieta' in cinque parti. Adibito a cascinale, il monastero subi' i piu' disparati interventi, fra cui la chiusura di parte del loggiato superiore e la costruzione, per separare le proprieta', del muro che tuttora attraversa il chiostro e la chiesa, dividendo a meta l' intera costruzione.
A cavallo dell'ultimo secolo venne introdotta nella valle - e a Cairate in particolare - I'industria cartaria, che ha sostituito quasi completamente ogni altra attivita' e caratterizzato, nel bene e nel male, lo sviluppo e la vita economica e sociale della zona. La struttura produttiva e' ora costituita da piccole aziende tessili e meccaniche, ma i problemi emersi dalla chiusura della Cartiera Vita-Mayer (1976) restano tuttora irrisolti. Un fattore positivo e propulsivo per la ripresa economica e sociale della zona potrebbe venire dalla piu'volte ipotizzata ripresa in esercizio della linea ferroviaria della Valmorea (da Castellanza, a Mendrisio - sulla ferrovia elvetica del Gottardo -, attraverso la Valle Ol⁄ona), cessata definitivamente alla chiusura della cartiera, dopo essere stata in funzione in varia misura per oltre mezzo secolo: utilizzando eventualmente anche quanto resta della cartiera - peraltro interessante esempio di archeologia industriale -, si potrebbero utilmente insediare attivita' industriali leggere e terziarie, ma soprattutto si valorizzerebbero le risorse artistiche e naturalistiche della zona.
 
IL MONASTERO Dl SANTA MARIA ASSUNTA
Al monastero si accede per un arco del 171O, con alla sommita' statue della Madonna e due angeli: fino a qualche tempo fa era un passaggio obbligato, in quanto anche il lato ora sulla strada era addossato a un cascinale.
ll corpo centrale del monastero, come si presenta oggi pur con i numerosi rimaneggiamenti nel corso del tempo, fu costruito intorno al XIII sec. ll chiostro e' in stile gotico-lombardo, che venne mantenuto anche nel loggiato superiore, elevato nel XVI sec. La differenza piu' rilevante si puo' notare nelle colonne: nell'ordine inferiore, eccetto il lato ovest, sono in arenaria (materiale facilmente reperibile nel Varesotto), con capitelli elegantemente scolpiti, mentre in quello superiore sono quasi tutte in granito (nel XVI sec. le migliori condizioni anche nelle vie di comunicazione ne facilitarono iI rifornimento presso le cave del Mendrisiotto o addirittura delI'Italia centrale). Nei tondi e ovali del chiostro vi dovevano probabilmente essere delle terrecotte. Sul lato settentrionale del chiostro e' invece ancora visibile lo stemma di San Bernardino da Siena. Sempre nel chiostro resta inoltre uno dei due contigui pozzi-cisterna esistenti (XV sec.); verso il XVI⁄XVII sec. fu costruito il piu' profondo pozzo all'esterno del lato a valle.
Nel corpo centrale, il lato orientale era occupato dalla sala capitolare e dal refettorio. Restaurato il soffitto a cassettoni (tardo sec. XVI), quest'ultimo e' attualmente adibito a sala del consiglio comunale e vi si trovano i pannelli introduttivi della mostra permanente "Cairate anno 1000" (struttura geomorfologica e aereofotogrammetria del territorio, vedute e planimetrie del monastero); due finestrelle interne sull'attigua cucina fungevano da passavivande, mentre sul muro opposto era affrescata una Crocifissione (se ne scorge ancora un braccio). Sempre nel lato a valle, in fondo dopo la cucina, si trova un ambiente che conserva quasi intatta la struttura originale (sec. XVI ca.) con soffitto a volte; nel muro verso l'interno sono presenti insieme i diversi materiali utilizzati nella costruzione del monastero: ciottoli presi dal greto dell'Olona, parti in legno, mattoni in cotto provenienti dalle fornaci dei dintorni (furono attive fino a pochi decenni fa, per I'abbondante presenza di argilla, e in zona e' ancora presente il toponimo "fornaci"), massi squadrati risalenti probabilmente alla preesistente fortificazione.
Accanto all'attuale sala consiliare si trova invece ora un seminterrato, adibito dal secolo scorso ad usi agricoli. Attualmente vi e' collocata la sezione romana della mostra: pannelli sulla centuriazione, le vie di comunicazione e il "municipium" di Mediolanum, gli insediamenti protostorici e i ritrovamenti archeologici nel Varesotto, nonche' un'ara votiva (dedicata da due liberti a Diana in favore del padrone che li aveva affrancati) e una stele ornamentale (proveniente da Castelseprio e in parte calco) di eta' romana, un mortaio forse longobardo e alcuni capitelli e frammenti di epigrafi e di cornicioni del monastero. Uno scalino risulta essere parte di una sorta di "gioco della dama" di probabile epoca romana (si ritrova nell'attuale stemma del Comune), mentre su una colonna in laterizi (originale, insieme al soffitto in legno) il capitello cubico reca dipinti sui lati gli stemmi dei De Cairate e dei Visconti (una colonna gemella, gia parte della sala capitolare, e' ancora incorporata in un muro).
Gli stessi stemmi si torvano anche scolpiti su alcuni capitelli del loggiato inferiore, mentre lo stemma visconteo e' dipinto pure alla sommita' degli archi di quello superiore. La chiesa del monastero si trova lungo il lato meridionale, orientata in direzione ovest-est. In origine era romanica, a tre navate. Nel XVI sec. venne abbattuta la navata destra (dall'attuale vialetto di ingresso si possono vedere le arcate murate), in ottemperanza alle direttive del Concilio di Trento per cui le chiese dovevano essere ad aula unica e separare il clero claustrale dagli estranei; dalla navata sinistra si ricavarono invece delle cappelle. Forse e' proprio nella navata destra che venne ritrovato il sarcofago tradizionalmente ritenuto di Manigunda (era infatti usanza seppellire i personaggi importanti nelle navate o nelle cripte delle chiese). Secondo quanto narra Tristano Calco nella sua storia di Milano del 1627, vi era all'interno uno scheletro di donna con vesti eleganti e gioielli: si rafforzo', cosi' la leggenda secondo cui Manigunda sarebbe stata addirittura una regina longobarda (in realta' doveva essere senza parenti maschi e percio' soggetta, secondo l' uso longobardo, alla tutela - "mundio" - regale). ll sarcofago e' ora visibile in una cappella ricavata dalla navata sinistra.
Di fronte, nel catino absidale della navata sinistra, un affresco tardo-quattrocentesco, di scuola lombarda, ma con influssi di pittura toscana evidenti soprattutto nei colori (l'ignoto autore era quindi probabilmente in contatto con la vicina Castiglione): una scena dell'Annunciazione (Maria, arcangelo Gabriele e Spirito Santo sotto forma di colomba) sovrasta ad arco una calotta - forse piu' antica - con i simboli dei quattro evangelisti intorno a una raffigurazione della Trinita' (del Cristo crocifisso e' visibile solo un braccio); nella parte inferiore S. Caterina d'Alessandria (al cui culto, di origine orientale, e' dedicato il convento sul Lago Maggiore presso Laveno), Maria Maddalena, S. Agata e S. Pancrazio (a lui era consacrato un monastero presso Villadosia, in frazione omonima, le cui benedettine superstiti vennero qui accolte nel 1480), mentre al centro - dove venne aperto un camino nel secolo scorso - vi doveva essere una Madonna con bambino. A seguito delle disposizioni del Concilio di Trento, nell'abside, che allora si estendeva fino al fondo dell'ala meridionale, fu ricavato (XVI sec.) un coro per le monache, erigendo un muro che le divideva dai fedeli (come in S. Maurizio di Milano). Su questo muro, che ha chiuso un ampio arco a sesto acuto, Aurelio Luini, figlio di Bernardino, affresco' un grande ciclo dell'Assunzione, firmandolo e datandolo 1560: la tripartizione della storia (nascita, morte e, al centro, assunzione della Madonna su una nuvola fra cherubini) e' delimitata da due pilastri con cornicioni e un arco centrale - dipinti forse anche per ricreare visivamente la prospettiva absidale - su uno sfondo naturalistico (una badia nella campagna); nei tondi, a fiori e frutti, i profeti Davide e Salomone e, in alto, angeli glorificanti. La tipicita' rinascimentale del dipinto, con tonalita' Iievi e soprattutto gIi azzurri tipici della scuola luinesca, e' gia' tendente verso il Manierismo per via dei colori rossastri usati generalmente nelle vesti.
L'affresco e' stato staccato e restaurato (una parte inferiore e' tuttora custodita presso la Soprintendenza): fra I'altro, infatti, in questa che era stata la navata centrale della chiesa del monastero vennero ricavati nel secolo scorso altri due piani, le cui travi hanno forato anche il dipinto. Sotto I'affresco, sulla destra, una nicchia fungeva probabilmente da tabernacolo, mentre un'apertura su un'altra poteva servire a porgere la comunione alle monache nel coro.
Alla fine del secolo XVI risalgono le vele della volta, con decorazioni a fiori e frutti, probabile opera dei fratelli Crespi di Busto. Del 1525 e' invece un dipinto, su una sorta di pilastro coperto poco dopo dal muro, raffigurante un S. Rocco, che veniva invocato contro la peste ed era anche patrono dei pellegrini. Di qui si entra nel locale, gia' parte dell'abside e del coro claustrale, dove e' collocata la sezione longobarda della mostra. In alto dipinti settecenteschi. I pannelli espongono copie e testi dei documenti sulla fondazione e i primi secoli del monastero, rilievi degli scavi effettuativi nei primi anni '80, notizie sulle pievi (Castelseprio e Olgiate, di cui Cairate faceva parte) e sul monastero di Torba, topografie della diocesi ambrosiana e del Contado del Seprio, notizie sui Longobardi (origini, espansione in Italia, figure di guerriero e di donna, arte orafa e necropoli - fra cui la vicina Arsago Seprio), fotografie delle sculture un tempo site nel monastero (altorilievi di figure femminili del XII sec. - ora alla Pinacoteca Ambrosiana di Milano - e di altre figure umane e animali dei secc. IX⁄XII - ora ai Musei Civici di Milano e della Societa' di Studi Patrii di Gallarate). e' invece visibile un bassorilievo del IX sec., raffigurante due colombe che si abbeverano alla fonte della vita, iconografia bizantino-iranica. Decorazioni orientali - spirali inscritte in rombi, originariamente incise sulla pietra e riportate sulla calce intorno al XVI sec. - si ritrovano anche nell'attigua torre campanaria e sulla veste del vescovo (con stemma dei Castiglioni) affrescato nel XIV sec. sull'intradosso dell'arco a sesto acuto che divideva la navata centrale dalla zona absidale.
Al piano superiore, nell'ala settentrionale, vi erano probabilmente le celle delle monache: nel secolo scorso vi furono tuttavia ricavati dei locali di abitazione. Vi si possono vedere dipinti tardo-seicenteschi, fra cui le ultime stazioni di una Via Crucis. Sempre nel secolo scorso, anche sopra I'abside vennero ricavati locali di abitazione, su due livelli. Accanto, asimmetrica rispetto ad essi, la stanza dove secondo la tradizione avrebbe dormito il Barbarossa, ma quasi certamente posteriore e ora intonacata, col soffitto dipinto nel '700. Dall'alto del loggiato superiore si puo' ammirare una veduta completa del chiostro, oltre il muro che ancora lo divide. All'esterno, in simbiosi con I'antico edificio, si e' venuto a formare un parco naturale, grazie soprattutto agli alberi piantati dalla Pro-Loco (pini, abeti, salici, magnolie) e alle siepi di rose e di edera, dove trovano rifugio varie famiglie di animali (ricci, ghiri, talpe e soprattutto volatili: rondini, tortore, merli, corvi, passeri, allodole, cuculi, tordi, pettirossi, etc.).
 
ll Restauro
Negli anni '60, il cav. Maino, ispettore onorario della Soprintendenza, resuscita dall'oblio e da ben piu' gravi manomissioni (palazzi, residence) il monastero di S. Maria Assunta, che viene quindi sottoposto a vincolo monumentale (1964) e urbanistico di area (1972). Nel 1975 il Comune di Cairate riesce ad acquistare parte del complesso claustrale: si effettuano quindi gli interventi di piu' immediata necessita', riguardanti il tetto e le colonne in arenaria.
Nel 1980 il Comune si associa al Consorzio del Seprio e si avviano quindi gli studi che porteranno nel 1984 alla mostra "Cairate anno 1000", ora permanente, e che si intende proseguire fino all'epoca contemporanea, costituendo anche un "Museo della carta" (industria che ha caratterizzato il territorio nell'ultimo secolo). Acquisite le parti ancora oggi di proprieta' privata, al cui interno vi sono svariate opere d'arte, dovra essere prioritario rispetto al necessario restauro globale un approfondito studio sulla struttura e le varie stratificazioni (dagli intonaci gia' emergono varie decorazioni) che andranno armonizzate nei vari ambienti. Qualsiasi utilizzazione dovra' quindi essere compatibile col carattere storico e artistico del complesso monumentale e in tal senso coordinata: dovra', in conclusione, mantenerne l' integrita e consentirne la fruizione artistica al pubblico.
 
ll monastero di S. Maria Assunta e' aperto nei giorni di sabaro e festivi (h. 9⁄18); nei giorni feriali. per scuole. gruppi e studiosi. telefonando presso il Municipio. (n. tel. 0331⁄360067).
 
 
 
Le Frazioni di Cairate
 
BOLLADELLO
ll territorio di Bolladello e' caratterizzato da una parte collinare, da un terrazzo e dalla pianura, che si estende verso sud-est solcata dal torrente Tenore. La conformazione e la composizione del suolo hanno condizionato I'insediamento umano, sia urbanisticamente che economicamente. L'agricoltura era poco sviluppata e la maggiore ricchezza era costituita dall'abbondante presenza di argilla, che veniva lavorata nelle fornaci. Piu' anticamente la zona era assai paludosa verso la pianura, dove confluivano i torrenti della zona collinare (Rile, Tenore).
Il "VICUS" sorse in epoca romana suIla via che collegava Gallarate a Castelseprio: la struttura urbana presenta infatti analogie con le tipologie dell'epoca; di quel periodo restano anche notizie del ritrovamento di una piccola necropoli e di resti di palafitte, durante le opere di bonifica. Del periodo longobardo restano poche tracce. Un toponimo - Valle del Pozzolo - segnala probabilmente una sorgente utilizzata dai Longobardi, al confine con Cassano, e' documentata pure la leggenda di terreni appartenuti alla regina Teodolinda e da lei donati ai poveri del luogo, incluso Bolladello. ll Cristianesimo si concretizzo' qui nella costruzione di chiese. A convertire gli abitanti della zona furono monaci orientali, come testimoniano anche le dedicazioni delle chiese: San Calimero (nome greco), SS. Giacomo e Sebastiano (vi si veneravano i SS. Abdon e Senen - orientali martirizzati a Roma nel 111 sec.), S. Ambrogio con altare dedicato a S. Calogero (nome orientale). In S. Maria Foris Portam a Castelseprio e nel monastero di Torba vi sono affreschi in stile orientale. E' sorprendente la presenza di ben tre chiese nel Medioevo, ubicate alquanto all'esterno dell'abitato, fatte forse edificare da qualche famiglia influente magari quando gran parte degli abitanti era ancora pagana. I Martignoni erano la famiglia piu' importante, con antiche origini e possedimenti in paesi vicini: nella Castelseprio carolingia esercitavano funzioni di comando.
Nel 1470 i Martignoni restaurarono e abbellirono la chiesa di San Calimero (esistente gia nel '300), dove si trovano un altare dedicato al)a Madonna e un quadro - Madonna con bambino (scuola ligure-piemontese, sec. XVIII) -, venerato come sacro e annualmente portato in processione; nel 1871 fu ampliata con una donazione della famiglia Palazzi, invertendo la posizione dell'abside: dall'alto della collina, fra boschi di castagni e betulle, si gode uno stupendo panorama della zona e verso le Grigne e il Resegone. Anche la chiesa di S. Ambrogio (costruita originariamente in funzione antiariana) fu ampliata nel secolo scorso, giacche'  come parrocchiale doveva raccogliere sempre piu' fedeli per lo sviluppo urbanistico e demografico. Qui furono traslate le spoglie dei  Martignoni quando (fine sec. XVIII) fu demolita la pericolante chiesa di San Giacomo; si trasferi' cosi' anche il diritto alla nomina di un cappellano, come avveniva per la cappella di S. Sebastiano che i Martignoni avevano abbellito in S. Giacomo.
Le famiglie importanti dimoravano in edifici ancor oggi riconoscibili: i Martignoni nel cortile fra vicolo Pace e via Cavour, caratterizzato da una torre; i Magnoni in fondo al vicolo omonimo, anche qui con torre e caratteristica scala interna a chiocciola; in piazza I Maggio di un altro edificio resta I'ala rustica con i capitelli del colonnato e un soffitto a cassettoni dipinti; poco piu' a sud, in un ampio parco, una villa edificata nel secolo scorso. La piazza era un tempo adibita a pascolo con al centro una cappella dedicata alla Madonna. Un edificio a cortile, fra le vie Indipendenza e Cavour, pare fosse una casa-convento, forse di Umiliati: lo testimonierebbero la ricercatezza stilistica del portone d'ingresso e un resto di affresco raffigurante un vescovo-santo.
ll resto del tessuto edilizio del nucleo antico e' caratteristico dei villaggi rurali, con le case a corte la cui funzione agricola e quasi del tutto scomparsa.
 
PEVERANZA
ll toponimo "Peveranza" si trova citato per la prima volta in un documento del 721 d.C.: vi si nomina infatti un certo Toto de Peperantzo - forse un funzionario longobardo -. I Longobardi abitarono quest'area probabilmente per primi. Qui era importante controllare il guado sul Tenore, dove transitava la strada Gallarate- Castelseprio. Anche la chiesa dedicata a S. Maria Assunta conferma la presenza di Longobardi, che erano particolarmente devoti alla Madonna. In documenti trecenteschi la famiglia dei "da Peveranza" (forse la piu' antica) risulta affittuaria di terreni di proprieta' del monastero di Cairate e, insieme ad altre famiglie, possedeva il castello di Peveranza. ll villaggio infatti era costituito da un gruppo di case fortificate, disposte in modo da formare un "castello-recinto" - difeso dai corsi d'acqua esistenti (Riale e Tenore) e dal lieve pendio - con pochi accessi facilmente sbarrabili. Mantiene ancora tale struttura urbanistica, anche qui tuttavia caratterizzata da edifici rurali del secolo scorso (case a corte). Oltre il Riale venne edificata la chiesa di S. Maria Assunta, a croce greca; nel 1872 fu rifatta e ampliata con la nuova abside e scavalco del Riale, utilizzando materiali di recupero provenienti da Castelseprio; nel 1932 fu aggiunto il pronao. Di fronte. secondo la tradizione, vi sarebbe stato un convento, di cui pero', non restano tracce. L'agricoltura e' tuttora praticata, mentre il fiorente artigianato locale - tradizionalmente discendente dalla perizia longobarda, soprattutto nella lavorazione dei metalli - si e' per lo piu' trasformato in attivita' industriale (le famiglie interessate sono soprattutto le piu' antiche: Saporiti, Montalbetti, Crosti). Sono state anche sfruttate le risorse naturali del luogo, che forniva argilla per le fornaci: ve ne erano due, che tuttavia da qualche tempo hanno cessato l'attivita'.
 
Monumenti
II monastero e' certo il piu' rilevante bene artistico esistente a Cairate; ve ne sono tuttavia anche degli altri. L'antica parrocchiale di San Martino risale al XIII sec.: parecchio rimaneggiata, e ora cappella del cimitero. Nei pressi del monastero, al centro del paese, sorge la successiva parrocchiale di S. Ambrogio (secc. XVI⁄XVIII): seppur abbandonata, e' ancora in discrete condizioni e conserva dipinti e stucchi dei secoli XVII⁄XVIII. Il centro storico presenta le caratteristiche dell'antico borgo rurale e mantiene immutata la struttura urbanistica tipicamente medioevale.
Di particolare interesse sono alcuni cascinali verso la campagna: fra gli altri, Cascina Bellingera, a lato della via per Castelseprio, e le cascine Gitti e Barlam, oltre I'Olona. In valle, quanto resta della Cartiera Mayer (le parti in materiale ferroso sono in via di smantellamento per essere riciclate): nonostante abbia assai contribuito al degrado della Valle Olona - ancora evidente anche se ricominciano a crescere alberi, cespugli ed erba verde -, I'edificio principale e quelli contigui si sono armonizzati nel paesaggio e costituiscono un interessante esempio di archeologia industriale. A lato, i binari della ferrovia della Valmorea percorrono ancora il fondovalle.
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