La Milano medioevale, capitale delle eresie.
Con l’intervento di oggi vogliamo aprire un nuovo filone di indagine sulla Milano medievale, in cui illustreremo luoghi, edifici e personaggi di un’”altra” città, sconosciuta, sommessa.
Questa storia copre un arco temporale che va dal XII sec., fino alla seconda metà del XVI sec. quando Carlo Borromeo, divenuto arcivescovo di Milano, dal 1565, introduce in città i nuovi precetti della Controriforma e uno stretto sistema di controllo sulla vita spirituale della città. Illustreremo con una serie di articoli, come nel quadrante Est di Milano, il più delle volte fra Porta Romana e l’attuale Porta Vittoria, a ridosso delle mura cittadine medioevali, quindi lungo la cerchia del Naviglio interno, si insedino o si coagulano vicende legate a una religiosità “diversa”, lontana dall’ortodossia cattolica della Diocesi Ambrosiana e tacciata, per questo, di eresia. La nostra storia inizia quando Milano è un libero comune, e il potere politico non è accentrato nelle mani del solo Potestà, ma distribuito tra un serie di istituzioni e corporazioni mercantili, non ultima la Curia con l’arcidiocesi e la nobiltà. In questa geografia variabile del potere della Milano medioevale, i mercanti acquistano via via sempre più peso e proprio sulle spalle dei mercanti lombardi, in giro per l’Europa, si muovono le nuove idee ..uscendo ed entrando in città, a più riprese.
I Patarini (che pare fossero i venditori di stracci) nell’XI sec. si erano insediati dietro il Duomo, uno dei più grandi mercati all’aperto della penisola. Questi fondano la Pataria, un movimento tutto milanese, ispirato alle istanze della vita semplice dei primi cristiani e denso di istanze sociali contro il clero simoniaco ( cioè che si vendeva le cariche ecclesiastiche) e concubinario. Di questo oggi rimane solo il toponimo della Via Pattari, proprio davanti all’Arcivescovado.
Ma mercanti più ricchi, istruiti e mobili cominciano a portare in città Bibbie tradotte in altri luoghi e soprattutto sanno leggere da soli senza la mediazione della Chiesa. Allora salta subito all’occhio che il messaggio evangelico della povertà del Cristo e delle prime comunità con cui Paolo di Tarso era in contatto attraverso le sue lettere, è in contrasto con lo stile di vita e con le politiche della chiesa milanese e del papato. Se questo è il quadro generale e l’ambiente di prolificazione di movimenti eterodossi, illustreremo, coi prossimi interventi, particolari luoghi legati alle eresie nella Milano del Medioevo. Faremo degli affondi sui valdesi, gli stessi che oggi hanno la loro sede nella chiesa di Via Francesco Sforza, sui Templari di Via della Commenda, sulla fondazione di S. Maria della Pace da parte di una congregazione francescana non ortodossa, gli amadeisti (poi soppressi in uno specifico concilio), sui Catari del Monforte o sugli Umiliati del convento di S. Pietro in Gessate, di cui vi introduciamo qualche cenno qui di seguito.
Uno dei loro conventi, già S. Pietro e Paolo in Glaxate, era il nucleo di un insediamento in città fin dal XIII sec. E anche la dedicazione ne tradisce l’origine, essendo i due apostoli, santi a loro cari. Questo era un ordine di laici e consacrati, dediti alla lavorazione e al commercio della lana, riconosciuti come onesti e indefessi lavoratori. Proprio grazie a questa loro specializzazione, molto richiesta in tutta Europa, divenne ben presto un ordine ricchissimo e in forte espansione tra i ceti medi della popolazione di Milano. Alcuni attribuiscono loro persino l’invenzione del feltro. Abbazie come Mirasole o edifici come Brera devono a loro l’origine. Ma con la ricchezza, il potere e la frammentazione delle varie comunità distribuite sul territorio, nell’arco di tre secoli, non mancarono dissidi interni , che si esacerbarono nel periodo controriformistico. In questo periodo i movimenti di questo tipo, che potevano facilmente scivolare su posizioni eretiche o di opposizione di principio alla Chiesa, vennero scoraggiati. Quando da Roma venne nominato Carlo Borromeo protettore dell’ordine per sedarne i contrasti interni, Gli Umiliati si sentirono minacciati della loro indipendenza ed entrarono quindi in contrasto sempre più acceso con l’arcivescovo di Milano. Un membro dell’ordine, Gerolamo Donato detto il Farina, tentò addirittura di assassinarlo con un colpo di archibugio alle spalle. Il colpo seppur diretto per uccidere, fu attutito, per ironia della sorta da una casacca di feltro, confezionata probabilmente dagli stessi umiliati: data la fama di santità che già circondava il Borromeo, il fatto fu considerato un segno miracoloso della protezione divina nei suoi confronti, ma l’attentato provocò una dura repressione e l’ordine maschile fu soppresso nel 1571 con una bolla papale.
Le comunità umiliate femminili, furono, per lo più sottoposte alla regola benedettina. E benedettina è la comunità che occupò già dalla metà del XV sec. il convento e la chiesa di S. Pietro in Gessate, in progressiva decadenza. E’ da asciversi a loro, e non agli umiliati, la rinascita del convento e l’aspetto odierno della chiesa , di scuola solariana. Sfortunatamente gli edifici conventuali, che avevano ospitato per secoli i Martinitt sono scomparsi per far posto a progetti legati a edifici di rappresentanza del regime durante il Ventennio. Ma uno dei chiostri si è salvato grazie all’intervento della Sovrintendenza, che lo fece smontare e spostare qualche centinaio di metri più a lato e inglobato, successivamente, nel cortile del vicino Liceo Leonardo da Vinci.
Con la Controriforma e con i Borromei a Milano, scompare la ricchezza e il fermento, anche di idee e di alcuni movimenti che si ponevano ormai fuori dalle nuove regole che la chiesa di Roma si era data per contrastare una nuova forte minaccia che arriva da Oltralpe: il Protestantesimo.
Ma questo è già l’epilogo di storie e idee che vedremo con i nostri prossimi interventi. Allora continuate a seguirci…