Legnano story - note personali
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L-28.DOC
 
 
Dalla prima alla seconda guerra mondiale - La resistenza
 
 
 
 
 
 
Alla vigilia della prima guerra mondiale Legnano aveva consolidato la sua nuova fisionomia di centro industriale. L'Europa, nell'estate del 1914, era già scivolata sulla china di un conflitto, che ben presto, con rapida successione di eventi, dilagò, dall'Austria-Ungheria alla Russia. In Italia gli interventisti si opponevano alle correnti sfavorevoli al nostro coinvolgimento in una guerra che purtroppo diventava sempre più inevitabile.
Nel 1915, Legnano contava 28.757 abitanti e proprio nell'anno precedente aveva registrato il massimo dell'incremento demografico e immigratorio con l'aumento di 1532 unità da mettere in relazione con l'incremento dell'industria, che costituì un richiamo di manodopera e di addetti ai servizi del terziario.
I grandi complessi manifatturieri legnanesi erano in difficoltà per il blocco delle materie prime, che provenivano dalla Germania e dall'Inghilterra.
L'entrata in guerra decisa il 24 maggio, dopo accese polemiche tra neutralisti e interventisti, mise ancor più in difficoltà tanto le aziende tessili come le industrie metallurgiche. Superato il primo sbandamento, le une e le altre trasformarono in parte i loro impianti per forniture belliche. La Franco Tosi, in particolare, attrezzò uno dei reparti più vasti per la produzione in serie di affusti di artiglieria pesante.
Le alterne vicende della guerra si ripercossero anche su Legnano, sfociando in una crisi resa ancor più drammatica dall'epidemia di spagnola scoppiata nel 1917. In quello stesso anno un'altra calamità si abbattè su Legnano.
In concomitanza con gli infausti giorni della disfatta di Caporetto una terribile alluvione causò allagamenti e danni a tutti gli stabilimenti situati lungo l'Olona, le cui acque in piena, rotti gli argini, invasero anche il centro abitato, provocando ulteriori disastri a case e negozi.
Due iniziative assistenziali furono intraprese a Legnano durante il primo conflitto mondiale. Nell'istituto delle suore canossiane "Barbara Melzi" si allesti un ospedale da guerra, mentre in una palazzina di via Bissolati, diventata poi sede del Liceo, fu impiantato un centro sperimentale di rieducazione per mutilati di guerra, intitolato alla principessa Maria Josè di Piemonte.
In quegli anni in tutto il triangolo industriale lombardo si intensificarono lotte sindacali alimentate dalle condizioni politiche, ma soprattutto dai disagi delle categorie meno abbienti in una zona trasformata rapidamente da borgo agricolo a centro industriale.
Questo clima di conflittualità proseguì, con alterne vicende, fino al termine della guerra.
L'evoluzione economico-sociale del nuovo sistema impose infatti sacrifici notevoli alle classi lavoratrici, data la carente legislazione sociale.
I contadini, che lasciarono le colture sempre meno redditizie, sollecitati a trasformarsi in operai di fabbrica, dovettero sottostare a forme di disciplina a loro prima sconosciute e vivere in ambienti chiusi e non sempre igienicamente soddisfacenti. Gli stessi subirono un trauma psichico e fisico a volte acuto, dopo aver ritenuto come vantaggioso il loro distacco dall'attività agricola.
Una nota ancor più dolente verificatasi a Legnano, come retaggio dei primi anni pionieristici dell'industria di fine Ottocento, fu il largo impiego della manodopera infantile. Un fenomeno comunque comune ad altri Paesi d'Europa ed in particolare all'Inghilterra.
Nel periodo bellico il posto di coloro che erano arruolati fu in parte occupato nuovamente dalla manodopera giovanissima o femminile, anche perchè la loro retribuzione, a quei tempi, era di gran lunga inferiore a quella maschile.
 
 
 
L'eccessivo sfruttamento dei lavoratori era già stato causa a Legnano e in tutto l'Altomilanese di un movimento sindacale, anche se organizzato con strutture improvvisate. E' sintomatico che proprio a Legnano si registrò il primo sciopero generale che si ricordi in Lombardia e precisamente nel febbraio 1884.
Era in corso una grossa vertenza sindacale che interessava gli operai degli stabilimenti Cantoni di Legnano e Castellanza. Quando già la lotta minacciava di assumere le caratteristiche di vera e propria sollevazione, un intervento della giunta comunale, presieduta da Flaminio Dell'Acqua, riusci a far sospendere l'agitazione.
In un manifesto datato 14 febbraio 1884, l'autorità municipale portava a conoscenza degli operai legnanesi l'invito a ricominciare il lavoro alle condizioni e prezzi attuali, riservandosi la direzione del cotonificio di fare gli aumenti dei salari a coloro che ne saranno riconosciuti meritevoli e nelle proporzioni che essa crederà conveniente a conciliare gli interessi dei lavoratori con quelli dell'industria. E la giunta a sua volta concludeva il manifesto ammonendo: Se qualche mal intenzionato tentasse di opporsi a quelli che hanno volontà di riprendere il lavoro, verrebbe punito a norma di legge.
Legnano fu in prima linea anche in occasione dello sciopero indetto il 4 settembre 1915 in tutte le città dove esistevano complessi tessili, per ottenere un aumento del salario negato dagli industriali. Rispondendo all'appello della Federazione Tessili e delle Camere del Lavoro di Gallarate, Busto e Legnano, pubblicato sul giornale La lotta di classe, scioperò la quasi totalità delle maestranze. I sindacati avevano basato la loro richiesta di aumento di retribuzione sul fatto che era salito il costo della vita e che gli industriali ricavavano maggiori guadagni dalle commesse militari. Il 28 settembre si tenne a Legnano, con la mediazione delle autorità municipali un incontro, al quale tra l'altro presero parte gli industriali Carlo Jucker, l'on. Carlo Dell'Acqua, Venzaghi e Maino. Gli operai, erano rappresentati da un esponente di ciascuna delle tre città sopra indicate, precisamente tali Schiavello, Canziani e Mariani. Dalla riunione non scaturì alcun accordo. Gli operai allora, lo stesso giorno, si riunirono in assemblea a Gallarate, decidendo la proclamazione dello sciopero, come già avevano fatto i tessili di Torino, Biella e Prato. Nonostante l'atteggiamento incerto delle leghe cattoliche, lo sciopero riuscì, come si è detto, massiccio in tutti e tre i maggiori centri cotonieri e nei vicini paesi di Cerro Maggiore, Rescaldina, Castellanza, Canegrate e Nerviano. Durò, cinque giorni e vi presero parte circa 40 mila operai. Gli industriali dovettero capitolare, accettando la maggior parte delle richieste, concretizzate poi, per la parte economica, in aumenti che andavano dal lO al 20%. Nello stesso anno, nel mese di ottobre, anche i metallurgici ed altre categorie operaie ottennero aumenti salariali. Nuovi episodi di scioperi e di lotte si ebbero nel 1917, alimentate stavolta dai socialisti della provincia, che stavano riannodando le fila della loro organizzazione sul territorio, anche per controbattere l'aumentata influenza del partito popolare. Questa volta il pretesto era, oltre l'auento di salario, anche la mancanza di generi alimentari.
Nel Legnanese in questo clima di lotte e rivendicazioni venne organizzata una Camera del Lavoro e si costituirono tanto leghe di ispirazione socialista, come leghe appoggiate dal Partito Popolare e dagli organi dirigenti del movimento sindacale cooperativo.
Inevitabili i contrasti che degenerarono, non di rado, in violenti conflitti, in quanto le leghe cattoliche si ponevano in netto antagonismo al movimento operaio socialista e, a volte, riuscivano a concludere con gli industriali pacifiche e vantaggiose intese, contando sull'ossequio alle istituzioni della gerarchia ecclesiastica, che aveva a Legnano in Eugenio Gilardelli, primo prevosto mitrato, un autorevole esponente.
Nel maggio del 1920 i tramvieri di Legnano fermarono i tram, per impedire una manifestazione del Partito Popolare indetta a Busto. I socialisti sull'Avanti scrissero in quell'occasione che neanche per un 'ora i popolari debbono avere l'illusione di essere padroni delle vie e delle piazze. Episodi analoghi si manifestarono in tutto l'Altomilanese con agitazioni e violenze delle quali alternativamente venivano accusati "caporioni rossi" o "fomentatori reazionari bianchi".
Se nel primo dopoguerra i reduci rientrati ancora sotto l'influenza della grandiosa vicenda bellica non trovarono nella classe dirigente e politica il giusto riconoscimento ai tanti anni di stenti trascorsi al fronte, trovarono fortunatamente posti di lavoro in una città animata dall'ansia della crescita e della produzione, per riscattare gli anni perduti a causa degli impegni e delle limitazioni che il conflitto mondiale aveva imposto.
Superato il primo periodo di relativa tranquillità e di grandi trasformazioni che avevano fatto sopire le lotte sindacali e le diatribe politiche, cominciarono a riaccendersi i primi focolai isolati di malcontento e insofferenza.
Un aspetto caratteristico, del resto comune ad altre zone dell'Altomilanese e del Varesotto, fu, nel dopoguerra, la scomparsa dei partiti democratici avanzati come forza politica autonoma e influente. Nuovi protagonisti della lotta politica si inserirono come parte attiva: su un fronte la classe operaia e pochi intellettuali socialisti; sull'altro fronte le organizzazioni cattoliche, imprenditori e altre forze economiche, attorno alle quali andava aggregandosi larga parte della piccola e media borghesia conservatrice.
A partire dal 1920 si formarono i primi gruppi fascisti provenienti in parte dalla borghesia reazionaria della destra estrema e in parte da categorie eterogenee, in cui erano molti giovani, alla ricerca di possbili vantaggi. Anche alcuni esponenti del partito cattolico diventarono di punto in bianco fascisti. Nei primi manipoli si infiltrarono anche elementi dal passato penale poco raccomandabile. Il fascismo in quei momenti aveva bisogno di individui decisi, violenti pronti anche ad usare le mani per far fronte alla massa socialcomunista sempre più agguerrita. Dal canto loro i cattolici di recente formazione politica, denunciavano inesperienza nel controllo delle masse popolari. Di questa situazione confusa si avvantaggiò, il nascente partito fascista, che puntò subito a reprimere i moti operai delle fabbriche e ad opporre la forza di contrasto, anche fisica, alle suggestioni della propria propaganda rivoluzionaria.
La nebbia della retorica mussoliniana penetrò gradualmente in quasi tutti gli ambienti legnanesi, ma l'ordine e la disciplina, pur imposti con la forza e -- per i dissidenti -- con il confino e il carcere, crearono le premesse perchè la città riprendesse quel processo di industrializzazione già avviato nel primo quindicennio del secolo, rallentato, e non interrotto, durante il primo conflitto mondiale.
 
 
 
29 luglio 1901. All'allora sindaco di Legnano Antonio Bernocchi giunse una domanda in carta da bollo cosiredatta: "Mussolini Benito, maestro elementare di grado superiore, licenziato d'onore della regia scuola normale di Forlimpopoli, diretta dal prof.  Alfredo Carducci (era il fratello del grande poeta), porge rispettosa istanza onde voglia ammetterlo tra i concorrenti ad uno dei due posti di maestro supplente vacanti nel capoluogo del Comune dalla Signoria Vostra illustrissima rappresentato. A giorni seguiranno i documentiprescritti dall'art. 128 del regolamento generale. Devotissimo Mussolini Benito ".
Questa domanda è conservata nell'archivio storico comunale e, agli atti, figura anche che la stessa fu respinta perchè il posto nel frattempo era già stato coperto.
Il giovane maestro di Predappio, se non riuscì a venire a Legnano per lavoro, lo fece per la prima volta, nella primavera del 1921, come esponente del partito fascista. In quell'anno il fondatore dei fasci non godeva ancora di grande notorietà.
Benito Mussolini, esattamente il 5 ottobre 1924, venne di nuovo (e in forma ufficiale) in visita a Legnano, riorganizzatasi dopo gli anni tristi della ma guerra mondiale, allorchè gli opifici tessili e le industrie meccaniche locali si stavano imponendo in campo nazionale. L'invito, accettato, era stato rivolto a Mussolini dal sen. Antonio Bernocchi; la visita iniziò dal Cotonificio Bernocchi, per poi passare all'inaugurazione dell'edificio scolastico voluto dallo stesso senatore.
A Legnano Mussolini tornò, in divisa di capo supremo della milizia fascista e come presidente del consiglio, il 4 ottobre 1934. Un grande palco era stato collocato su una turbina della Franco Tosi in piazza S. Magno, dove il duce tenne il discorso ufficiale ad una folla di alcune migliaia di Legnanesi. Passò quindi a visitare il Cotonificio Dell'Acqua, nel cui cortile lo attendevano circa 4500 dipendenti.
Terminò il suo discorso nello stile reboante, che lo caratterizzava, con la frase: La parola d'ordine in questa azienda è e dovrà essere lavorare e far lavorare. La giornata legnanese di Benito Mussolini si concluse con una visita al Cotonificio Bernocchi, con l'inaugurazione di una mostra di pannelli statistici e di un campionario della produzione aziendale.
Mussolini da allora non tornò più a Legnano vivo. Poco dopo la fucilazione, lo scempio di Piazzale Loreto e la sepoltura nel cimitero milanese di Musocco, la salma del duce scomparve, trafugata da ignoti. Transitò invece lungo le vie della periferia di Legnano, per raggiungere il convento dei frati cappuccini di Cerro Maggiore, ai quali quel cadavere fu affidato temporaneamente in custodia e poi restituito a donna Rachele.
Legnano passò dagli anni operosi della ripresa, seguita al conflitto mondiale del 1915-18, caratterizzati peraltro da una espansione urbanistica e da una trasformazione radicale del centro cittadino, all'era fascista.
Gli anni del dopoguerra videro anche la realizzazione di scuole primarie e di case operaie, costruite dagli stessi grossi complessi industriali.
L'Amministrazione comunale preferì dedicarsi alla creazione e all'ampliamento dei servizi collettivi e alle infrastrutture. Fu effettuata negli anni Venti, infatti l'estensione della rete dell'acquedotto e del gas di città, realizzata con le disponibilità di bilancio.
In quegli anni Legnano sacrificò edifici di un certo valore storico, oltre che architettonico (il palazzetto cinquecentesco dei Lampugnani di Legnanello, l'Ospizio S. Erasmo, alcuni conventi, due caratteristici ponti sull'Olona) per lasciare posto alle costruzioni industriali.
Attraverso una appropriata propaganda, una organizzazione che si fondava sull'ordine, sulla disciplina e sull'orgoglio nazionalista, il regime, anche a Legnano, seppe trascinare larga parte del popolo verso un consenso sempre più vasto, dimostrato soprattutto nelle grandi adunanze e nelle manifestazioni sportive, ma anche in occasione di iniziative come la Fiera Gastronomica, organizzata nel 1934 lungo l'allora viale Brumana, (oggi viale Matteotti) e nelle parate premilitari.
Mentre le industrie, specialmente le tessili, ottennero il massimo impulso sotto l'attenta vigilanza delle emanazioni politiche del regime, nel periodo che va dagli anni Venti ai Trenta furono realizzate alcune importanti opere pubbliche, destinate a far colpo sul popolo, anche come risposta ai moti di dissenso: Casa del Balilla in viale Milano, Casa del Littorio, l'attuale Palazzo Italia, il poligono di tiro, la sede Inam.
Lo stesso Benito Mussolini, il 16 dicembre 1937, consegnò ad un gruppo di industriali e lavoratori legnanesi, ricevuti a Palazzo Venezia, circa tre milioni raccolti con una sottoscrizione tra operai e imprenditori per costruire una scuola all'aperto con colonia elioterapica, uno stadio e una piscina, che sarà poi intitolata a Costanzo Ciano. Venne anche organizzata, nel maggio 1935, la prima Festa del Carroccio per ricordare -- come fece scrivere il federale Rino Parenti -- agli uomini della Nuova Italia il valore e l'eroismo degIi antichi guerrreri.
 
 
 
Legnano nel frattempo aveva ricevuto un riconoscimento conquistato col lavoro e con l'intraprendenza dei suoi abitanti: l'elevazione del Comune al rango di città. Il titolo venne conferito il 15 agosto 1924, con un decreto di Vittorio Emanuele III, ma fu consegnato da Benito Mussolini il 5 ottobre dello stesso anno, in occasione della sua seconda visita, per l'inaugurazione della scuola di avviamento industriale e commerciale  "Antonio Bernocchi".
Quale era la fisionomia economica e sociale di Legnano nel 1924 e quali i principali avvenimenti di quell'anno?
La città contava 29117 abitanti, segnando una ripresa demografica dopo un calo di popolazione registrato durante la prima guerra mondiale. Secondo il censimento del 1927 la popolazione era di circa 30 mila unità, con 677 esercizi industriali o artigianali e 17.612 addetti, con un quoziente di industrialità (occupati nell'industria rispetto alla popolazione) pari al 57,3 %. La forza lavorativa era così suddivisa: industria e artigianato: n. 15.563 addetti tessili: n. 9.926 addetti meccanici: n. 4.056 addetti; commerciali, credito e assicurazioni e servizi vari: n.  287 addetti.
Anche gli avvenimenti con le date più memorabili, nell'anno in cui allo stemma di Legnano fu aggiunta la corona di città, offrono qualche spunto per tracciarne il volto di allora.
Era sindaco, dal 1923, Fabio Vignati (che diventò podestà a partire dal 1 aprile 1927), segretario comunale il dott. Luigi Munari. Tra le opere pubbliche realizzate, oltre ai già citati edifici delle istituzioni del Partito Nazionale Fascista, ricordiamo l'ampliamento del cimitero e della via del Sempione col completamento della pavimentazione, in parte a cubetti di porfido; il rinnovo dell'Ospizio S. Erasmo, col finanziamento dello stesso sindaco Vignati, il recupero delle strutture del palazzetto rinascimentale dei cavalieri Lampugnani di Legnanello per servire alla costruzione, con le medesime caratteristiche, del Museo Civico, inaugurato due anni dopo. Inoltre l'Ospedale fu eretto ente morale e si costruì il padiglione chirurgia con la prima sala operatoria.
Il 19 piugno fu inaugurato il sanatorio "Regina Elena" alla presenza della regina Margherita (oggi l'edificio è sede del Centro socio-educativo per handicappati gravi e di altre istituzioni assistenziali, tra cui la comunità-alloggio della Cooperativa Il Castoro,  voluta dall'A.N.F.F.A.S.).
Il 20 settembre fu inaugurato, presente re Vittorio Emanuele III, il tratto iniziale dell'autostrada Milano-Laghi fino a Gallarate, con casello anche a Legnano. Era la prima autostrada nel mondo, ideata dal varesino ing. Piero Puricelli, col patrocinio del Touring Club Italiano. Fu un'opera ardita, addirittura avveniristica per quei tempi, considerando che in Italia, nel 1924, il parco veicoli non superava le 40 mila unità, la meta delle quali concentrata proprio in Lombardia.
Il mezzo di trasporto che dominava era la bicicletta e la Franco Tosi già fabbricava da oltre un decennio le biciclette Wolsit nello stabilimento di via 20 Settembre, dove all'inizio del secolo si costruirono le prime vetturette della Fial di Guglielmo Ghioldi. Nel 1927 la società Emilio Bozzi rilevò l'attività rilanciando la bicicletta marca Legnano con la casa ciclistica verde oliva, nata nel 1918.
La squadra calcistica lilla, fondata nel 1913 militava in  quell'anno nel massimo campionato prima divisione), allenata dall'ungherese Schoffer .
Già da tre anni era stata costituita la Federazione Industriali Legnanesi, che proprio nel 1924 ebbe il suo momento di massimo sviluppo (in precedenza gli imprenditori della città facevano capo alla Federazione Industriali Altomilanese), anche se fu abolita con la legge fascista del 3 aprile 1926, che eliminava le Unioni locali miste, per conformarle allo schema fisso della giurisdizione provinciale.
La città aveva come organo di stampa locale il settimanale La voce di Legnano, diretto da Carlo Guidi. A questo giornale è legato uno degli episodi della lotta repressiva delle squadre fasciste contro gli oppositori del regime. Il- 1 novembre del 1926, in seguito ad una perquisizione della milizia nell'abitazione del Guidi, esponente del Partito Popolare, l'intera edizione fu bruciata in piazza S. Magno, perchè il giornale non si era allineato ai commenti voluti dalle gerarchie fasciste.
Il quotidiano varesino Cronaca Prealpina dedicava già allora una pagina intera agli avvenimenti del Legnanese e della plaga, come il settimanale Luce, organo cattolico legato alla Curia.
 
 
 
Anche a Legnano e in tutto l'Altomilanese il movimento fascista sorse seguendo le ispirazioni d d ella demagogia nazionalista e patriottarda e fece leva sulla delusione dei reduci, sul malcontento di tanti piccoli borghesi e di giovani, messi in difficoltà dalla crisi economica del dopoguerra. Le prime squadre, all'indomani della famosa marcia su Roma, alla quale anche Legnano inviò alcuni rappresentanti, si formarono con la tacita acquiescenza e gli aiuti concreti di una parte delle categorie più abbienti e dei grossi proprietari terrieri, che non si rassegnavano all'avanzata del movimento sindacale ed operaio.
Il primo nucleo delle brigate nere si insediò in un circolo di via Cairoli presso la ferrovia e da li cominciarono a partire spedizioni contro circoli "non allineati", cooperative, sedi politiche e sindacali. Inermi cittadini furono aggrediti e bastonati con l'ingiunzione di non occuparsi più di politica e di organizzazione operaia. Difficile la difesa dei lavoratori antifascisti contro queste squadre, provenienti da paesi diversi, forti oltre che del loro armamento, della connivenza e complicità di molte autorità dello Stato, che davano loro impunità. Nacquero i manipoli "Numa Negrini"  diventati poi tre per altrettanti rioni della città, intitolati rispettivamente "Renato Falzone", "Daniele Martinelli" e "Dino Piochi". I primi tentativi di opposizione furono repressi duramente dall'allora federale Nino Parenti e una decina di legnanesi furono inviati al confino politico.
In questo clima Legnano ebbe la prima vittima della violenza fascista, Giovanni Novara, un giovane operaio comunista, colpito a morte a rivoltellate da un sicario delle squadre punitive senza che l'assassino venisse arrestato. Con la violenza fu defenestrata nello stesso anno la giunta socialista diretta dal sindaco Ermenegildo Vignati e al suo posto fu designato, come commissario prefettizio, il dott. F. Spairani, che resterà in carica fino al 1 marzo 1923, all'elezione cioè del nuovo sindaco Fabio Vignati.
I cattolici erano divisi tra la corrente conservatrice e la sinistra dello stesso movimento. Quest'ultima, a volte, faceva sentire la propria voce, ma lo stesso Achille Grandi, allora dirigente dei sindacati, pur dichiarando che il Partito Popolare doveva fiancheggiare con l'azione politica l'aspirazione delle classi lavoratrici sosteneva che le organizzazioni cattoliche costituivano l'argine più saldo contro il dilagare del sovversivismo, che attenta alla sicurezza dello Stato (Giornale Luce dell'11 marzo 1920), concludendo con l'invito ai lavoratori a non aderire agli scioperi proclamati dai sindacati rossi.
Quali erano le posizioni di forza dei vari schieramenti politici di Legnano nei tre anni che precedettero la marcia su Roma?
I risultati delle elezioni generali politiche del novembre 1919 offrirono un quadro abbastanza significativo. Nell'ex collegio di Gallarate, compreso allora nella circoscrizione Milano-Pavia e al quale apparteneva anche Legnano, i socialisti passarono da 5349 suffragi del 1913 a 10.289; i democratici, che si erano presentati nella lista come "combattenti" con un elmetto per contrassegno, scesero invece dai 7643 a 2835 suffragi; i Popolari ebbero 2212 voti. Risultarono eletti deputati i socialisti Buffoni e Campi.
A Legnano in particolare la lista dello scudo crociato (Partito Popolare), che aveva come unico esponente locale Carlo Guidi (eletto, rinunciò a favore di un candidato pavese), riportò 989 voti; i socialisti (falce e martello) 3088 voti; i "combattenti" 658 voti; la lista dei monarchici e liberali (con una stella per simbolo) raccolse 208 voti; il fascio dei littori, cioè la lista fascista ebbe solo 7 voti. Benito Mussolini ottenne sette preferenze ed una soltanto Arturo Toscanini, che pure figurava nella stessa lista. Tra i "popolari" 846 voti di preferenza toccarono a Carlo Guidi, tra i socialisti 287 furono per Claudio Treves e 290 per Filippo Turati.
Nelle successive elezioni politiche del 1924 le violenze e le intimidazioni fasciste non ebbero piu' freno in tutto il Paese e Giacomo Matteotti, per averle denunciate in Parlamento, fu rapito nel centro di Roma e barbaramente trucidato.
La protesta e la rivolta popolare seguite al delitto Matteotti costrinsero il fascismo a togliersi la maschera legalitaria ed a trasformare il suo regime in un'aperta dittatura. Dichiarati illegalmente decaduti i parlamentari antifascisti, furono sciolti i partiti e i sindacati operai, soppressa la stampa antifascista abolita ogni libertà politica ed eliminati i consigli comunali, sostituiti da gestioni podestarili, che per venti anni umiliarono le amministrazioni locali. Infine, nel novembre 1926, furono promulgate le leggi eccezionali, che ristabilivano la pena di morte, e fu costituito il tribunale fascista, per giudicare gli avversari del regime.
Contro la dittatura fascista e la sua politica i lavoratori e gli antifascisti legnanesi si batterono valorosamente. Solo con la violenza e l'intimidazione agli operai e impiegati fu imposta la tessera dei sindacati fascisti e le relative trattenute sulla busta paga. Scioperi ed agitazioni si svolsero nel ventennio in molte fabbriche legnanesi. La stampa clandestina circolava tra gli operal anche nei momenti più bui della dittatura. Venti comunisti legnanesi furono denunciati al tribunale speciale fascista per la loro attività e alcuni di loro scontarono con anni di reclusione l'attiva partecipazione alla lotta per riconquistare agli Italiani la libertà. Gli antifascisti legnanesi diedero un importante contributo all'organizzazione provinciale e nazionale del movimento politico e sindacale. Un ex impiegato comunale e un ex ferroviere furono valorosi comandanti delle brigate internazionali e garibaldine, che difesero la Repubblica Spagnola dall'attacco fascista.
Mussolini, che all'inizio dell'aggressione nazista alla Polonia nel settembre 1939 aveva dichiarato lo stato di non belligeranza dell'Italia, dopo la vittoria lampo dell'esercito tedesco in Francia  che aveva travolto anche la linea Maginot, si convinse che la guerra stava per finire con la vittoria dei tedeschi e il 10 giugno 1940 dichiarò guerra alla Francia, ormai prostrata dalla sconfitta all'Ovest. Ma la guerra doveva durare ancora cinque anni, provocando morte e distruzione in molti paesi.
All'ambizione di Hitler non bastò il dominio tedesco su gran parte dell'Europa Occidentale e nel 1941 egli attacciò l'Unione Sovietica con l'illusione di ripetere in Russia la guerra lampo che gli era riuscita in Francia. Mussolini chiese quindi l'onore di partecipare alla vittoria sulle "orde bolsceviche" e mandò, sul fronte russo un corpo di spedizione, privo perfino delle attrezzature necessarie per difendersi dall'inverno glaciale delle steppe.
Sconfitti i tedeschi a Stalingrado, perdute tutte le colonie in Africa, la guerra investì direttamente il nostro Paese con lo sbarco delle truppe anglo-americane in Sicilia. Il regime fascista, già profondamente scosso dal malcontento popolare e dagli scioperi del marzo 1943, stava per crollare sotto il peso delle sconfitte militari e i gerarchi fascisti del Gran Consiglio, il 25 luglio 1943, diedero una mano alla monarchia per far arrestare Mussolini.
 
 
 
Il 25 luglio fu festeggiato dagli Italiani come la fine di un incubo. A Legnano, Carlo Venegoni, attivo patriota antifascista, liberato dall'internamento vigilato in sanatorio per malattia contratta in carcere, dopo una condanna per attività politiche, ricostituì, con Ezio Gasparini ed altri suoi compagni, la Camera del Lavoro. Anche nelle maggior fabbriche della città si formarono nuovamente le commissioni interne, soppresse dal fascismo. La dichiarazione di Badoglio: La guerra continua, restiamo fedeli all'alleanza con i tedeschi ebbe un senso preciso per i lavoratori delle fabbriche dell'Altomilanese, trasformate per la produzione bellica e per commesse militari. Le industrie del Nord da quel momento in poi avrebbero dovuto offrire al Terzo Reich i prodotti utili per proseguire una guerra che si sperava conclusa. E così in realta avvenne fino alla Liberazione.
Fu sintomatico che all'indomani dell'8 settembre, data dell'armistizio tra governo italiano e Alleati, già circolavano minacciose per Legnano le autoblinde tedesche. Alla Franco Tosi, in una grande assemblea, i lavoratori vennero invitati a partecipare alla lotta contro i nazisti, ormai considerati invasori. Lo stesso avvenne negli stabilimenti Cantoni, dove era stato allestito un reparto per la produzione di capi confezionati ad uso militare. Nel cotonificio di Legnano fu tenuto vivo quasi clandestinamente, un piccolo settore della tagliatura di velluti, allo scopo di conservare maestranze specializzate, in vista del momento in cui si sarebbe potuta riprendere la lavorazione a guerra finita, un provvedimento questo che permise poi di rilanciare subito la produzione, vincendo la concorrenza giapponese negli scambi commerciali, nel quadro degli accordi di cooperazione con gli Stati Uniti.
Nel mese di ottobre si costituirono a Legnano e nei paesi vicini le prime squadre armate composte da operai, da studenti e da soldati, sbandati dopo l'8 settembre. Iniziò, nelle fabbriche del Legnanese la resistenza passiva e il non collaborazionismo coi tedeschi, appunto per evitare che la produzione bellica venisse usata per proseguire una guerra non voluta.
Si formarono le brigate partigiane "Carroccio" , d'ispirazione cattolica, e "Garibaldi" di estrazione socialcomunista, le brigate autonome, tra le quali la "Mazzini" di stampo repubblicano ed infine il "Fronte della Gioventù", ad opera di alcuni studenti universitari. Le "Carroccio" e "Garibaldi" agirono in appoggio alle formazioni partigiane dell'Alta Italia secondo le direttive del CLN, che nel Settentrione era affidato a Ferruccio Parri. Si organizzarono in clandestinità le prime SAP (squadre di azione proletaria) alla Franco Tosi, alla Metalmeccanica, alla Società Industrie Elettriche, alla Mario Pensotti, alla Manifattura di Legnano e alla Cantoni. Le SAP rappresentarono il braccio armato dei lavoratori nella lotta partigiana e fecero da organizzatrici, con le commissioni interne, degli scioperi generali.
Da Legnano partirono spedizioni di rifornimento alla divisione "Alfredo di Dio", localizzata sulle montagne dell'Ossola e alla ''Puecher", che aveva tra i comandanti il legnanese Pietro Sasinini operante nella zona del Mottarone, Lago d'Orta e Ornavasso.
Nelle fabbriche ormai direttamente controllate dai nazisti, specie dove si produceva materiale bellico, si intensificò la resistenza passiva e la non collaborazione. Le commissioni interne, non potendo apertamente dichiarare che le agitazioni erano dovute alla volontà degli operai di non lavorare per la Germania, pena l'arresto o la deportazione, puntavano nelle   rivendicazioni sulla riduzione delle ore lavorative e sulle condizioni disumane in cui i lavoratori erano costretti ad operare e sull'aumento della razione di pane e dei salari. Ai primi scioperi massicci alla Franco Tosi i tedeschi si sostituirono alla milizia fascista nel controllo della produzione.
ln questo clima maturò uno dei più tragici episodi della resistenza legnanese. Il 5 gennaio 1944 le SS, al comando dello spietato generale Zimmerman, compirono un'azione dimostrativa di rappresaglia proprio nello stabilimento della Tosi. Furono dapprima arrestati sei operai tra i più facinorosi, facenti parte della commissione di fabbrica e noti antifascisti. Alla ribellione in massa di tutti gli altri operai, furono prelevati 63 tra coloro che manifestavano nel cortile.
Dopo lunghi interrogatori i tedeschi rilasciarono gli arrestati, tranne sette, che furono deportati nei lager nazisti.
Analoghe azioni furono compiute negli stabilimenti della Metalmeccanica, della Manifattura di Legnano e della Società Industrie Elettriche. Nei giorni precedenti era gia stato arrestato e subito avviato a Mathausen, sempre alla Tosi, l'antifascista legnanese Candido Poli.
Di questi lavoratori persero la vita nei campi di sterminio Pericle Cima, Alberto Giuliani, Carlo Grassi, Antonio Vitali, Francesco Orsini Angelo Sant'Ambrogio. Ernesto Venegoni, Carlo Ciapparelli, Eugenio Verga, Giuseppe Ciampini e Giannino De Tommasi.
Nell'inverno del 1944 si verificò, tra gli altri episodi della lotta clandestina, l'attentato al ristorante albergo Mantegazza. Nel locale, mentre la sera del 4 novembre erano riuniti fascisti e tedeschi per un banchetto, un nucleo di "garibaldini" fece esplodere su una delle finestre una bomba ad orologeria molto potente, che causò, cinque morti e venticinque feriti tra i militari.
L'attentato scatenò la reazione della polizia fascista che operò diversi fermi e pestaggi. Il 4 novembre furono massacrati due noti antifascisti legnanesi, Giovanni Rovellini e Serafino Roveda. Un mese prima cadde nelle mani dei fascisti uno dei fondatori delle brigate "Garibaldi" di Legnano, Mauro Venegoni , già dirigente sindacale comunista, condannato nel 1927 a cinque anni di reclusione dal tribunale speciale. A Venegoni la milizia impose di rivelare i nomi dei partigiani del suo gruppo e, ad un rifiuto, fu torturato barbaramente, accecato e quindi ucciso a Cassano Magnago alcuni giorni dopo. Per questo tragico episodio, dopo la Liberazione, gli fu assegnata la medaglia d'oro al valore militare, alla memoria.
Recenti studi storici hanno confermato quali funzioni precise avesse, nella strategia del Terzo Reich, quella grande linea di difesa, chiamata gotica, che si estendeva, attraverso gli Appennini, da Massa a Pesaro, per 320 chilometri, sfruttando sia le naturali asperità del terreno, sia le fortificazioni create dai tedeschi. A quella "linea" restarono legate le sorti di tutta l'Italia Settentrionale fino all'inizio del 1945.
Gli alleati attaccarono la linea gotica alla fine dell'agosto del 1944 con oltre 900 mila soldati e migliaia di aerei, cannoni e carri armati, per dilagare verso la pianura padana, raggiungere Vienna e arrivare a Berlino prima dei Sovietici. Ma la "linea" si dimostrò più forte di quanto si ritenesse. Allora i comandi alleati decisero di tentare l'attacco risolutivo da Ovest, con lo sbarco in Normandia, sottraendo grandi forze alla quinta Armata americana e all'Ottava britannica, impegnate sulla gotica, sicchè i Tedeschi qui poterono arginare l'avanzata. Questi, appunto per la loro strategia, come ha ribadito G. Schreiber al convegno degli studi storici sulla linea gotica, tenutosi a Pesaro nel settembre del 1984, avevano l'ordine di tenere più a lungo possibile il fronte appenninico per tre motivi: 1) per impegnare il nemico e alleggerire il fronte francese impedendo l' apertura di un nuovo fronte nei Balcani; 2) per evitare che un cedimento potesse far sentire il popolo tedesco completamente circondato; 3) per tenere la pianura padana con le sue risorse agricole e con le grandi fabbriche del triangolo industriale lombardo e sfruttarla nella produzione, soprattutto bellica. Questo era l'ordine passato da Rudolf Rahn, plenipotenziario tedesco presso la Repubblica Sociale Italiana, che affidò alla Milizia e alle SS l'incarico di vigilare nelle fabbriche, perchè la produzione fosse intensificata.
In risposta al proclama del 13 novembre 1944 del generale Alexander, comandante le truppe alleate in Italia, che invitò, i partigiani operanti oltre la linea gotica a smobilitare, provocando così delusione e accuse di tradimento da parte delle stesse forze della Resistenza, a Legnano i gruppi partigiani decisero invece di intensificare la lotta armata, proprio per dimostrare di non aver raccolto l'invito di Alexander.
Il 24 novembre furono attaccati in forze la caserma legnanese della Guardia Nazionale Repubblichina e contemporaneamente il carcere di S. Martino per liberare alcuni detenuti politici: dopo tre ore di conflitto arrivarono rinforzi fascisti e i partigiani dovettero ritirarsi.
 
 
 
Alla ripresa dell'offensiva degli Alleati lungo la linea gotica si capì che l'ora della liberazione della pianura padana si avvicinava; le brigate "Garibaldi" e "Carroccio" predisposero allora con il CLN il piano per l'insurrezione nell ' Altomilanese . Il lO aprile 1945 alcuni esponenti del PCI, sorpresi a distribuire a Legnano volantini contenenti il preavviso per tale insurrezione armata, vennero arrestati dal dirigente l'ufficio della Polizia Politica locale, capitano della Milizia, Nucci. Anche nei paesi vicini furono compiuti rastrellamenti e arresti. Mussolini intanto si era stabilito a Milano, in Prefettura, e anche da Legnano si seguirono con ansia i tentativi di trattative con il CLN (mediatore il cardinale arcivescovo Schuster per ottenere dai Tedeschi che, in caso di ritirata, fossero almeno vietate le distruzioni alle città e il prelievo di ostaggi Il 24 aprile, mentre Mussolini organizzava coi suoi gerarchi plu fidati la fuga verso la Svizzera, conclusasi poi con la fucilazione a Dongo, le formazioni partigiane di Legnano decisero di agire con un giorno di anticipo rispetto alle altre città della Lombardia. Il primo obiettivo fu quello di neutralizzare una stazione-radio tedesca, situata a Cascinette di Canegrate, col compito di tenere i collegamenti con una grossa colonna corazzata tedesca, agli ordini del maggiore Stamm, che dal Piemonte puntava verso Busto Arsizio, ed era diretta in Valtellina. L'operazione fu compiuta dal distaccamento della 182' brigata "Garibaldi". La stessa notte la brigata "Carroccio" attaccò il presidio tedesco della caserma Cadorna. Alle nove del 25 aprile il piano dell'insurrezione armata fu completamente realizzato dal comando partigiano unificato. La caserma Cadorna, dopo alterne vicende e conflitti a fuoco, fu occupata; contemporaneamente furono conquistate anche la caserma carabinieri di via dei Mille (dove si insediò il CLN locale e il Comando Militare Volontari della Libertà), la Casa del fascio, la scuola Carducci e la piscina. Intanto formazioni garibaldine ingaggiarono combattimenti per bloccare ai due caselli dell'autostrada di Legnano e della Cascina Olmina autocolonne tedesche in ritirata. In queste azioni cinque partigiani furono feriti e altri cinque uccisi.
Alle 10,30 un gruppo di partigiani tentò, la conquista del palazzo comunale, dove aveva sede l'Ufficio di Pubblica Sicurezza, diretto dal commissario Santini (che finì poi fucilato in piazza Mercato insieme al capitano della Milizia, Nucci). Gli agenti di polizia contrattaccarono e si ebbe un lungo conflitto a fuoco. Tra gli assalitori del palazzo comunale vi era anche Anacleto Tenconi, che, secondo gli accordi a suo tempo presi, era destinato ad assumere le vesti di sindaco del CLN. Intanto il vicino Palazzo Littorio, sede del comando fascista, fu occupato e gli uomini impegnati in questa azione andarono a rinforzare i partigiani, i quali assediavano Palazzo Malinverni, che potè così essere conquistato.
Sembrava che la liberazione della città fosse ormai completata, ed invece durante la notte tra il 25 e il 26 alcune formazioni tedesche rioccuparono la zona centrale di Legnano e dovettero essere attaccate e fatte sloggiare.
Nella tarda mattinata un nuovo pericolo si profilò. Un'autocolonna corazzata tedesca, partita da Milano, ormai insorta e occupata dal CLN e dalle formazioni partigiane, giunse alla periferia di Legnano con l'intento di ricongiungersi all'altro reparto del maggiore Stamm, che si trovava nel Magentino (quest'ultimo fu poi bloccato a Lonate Pozzolo e il comandante, dopo essersi arreso agli "azzurri" del raggruppamento "Alfredo di Dio" di Busto , si suicidò.
I partigiani, convinti che i Tedeschi volessero rioccupare la città, attaccarono l'autocolonna tra lo stabilimento Mocchetti e l'Officina Gianazza. Ai partigiani si unirono operai, giovani e numerosi cittadini. Alla fine i Tedeschi fecero dietro front e da Lainate si avviarono verso Como (A. Tenconi, Rapsodia in tono minore, Legnano 1966).
Sul posto, al termine dei combattimenti, restarono 14 morti tra le formazioni partigiane.
Il 27 aprile la città di Legnano fu completamente libera e in mano ai partigiani: per le strade in quel giorno cortei e tripudio per la riconquistata libertà.
Purtroppo i giorni che seguirono furono teatro di qualche isolato episodio di inutile vendetta e di violenza, come hanno riferito i testimoni di quegli angosciosi eventi: "Errori tragici furono commessi in quei giorni, ma durante un movimento di grandi masse è quasi sempre difficile, se non impossibile, a qualunque capo, dominare le azioni dei singoli" (A. Tenconi, Op. cit.).
Infatti, con giudizi più o meno sommari pronunciati da alcuni capi partigiani subito dopo la Liberazione, furono fucilati sedici ex appartenenti alla milizia fascista o cittadini che erano ritenuti implicati in azioni fasciste. Nonostante l'opera di mediazione dell'allora prevosto mons. Cappelletti le esecuzioni furono compiute ugualmente (e in mommenti diversi) in piazza S. Magno e del Mercato, alla cascina  Mazzafame e al raccordo dell'autostrada a Castellanza .
Nella città libera, in poche settimane, ritornò, comunque la normalità, si riorganizzò il lavoro nelle fabbriche e si formò, la giunta comunale nel CLN col compito di intraprendere l'opera di ricostruzione, e cancellare, per quanto possibile, i tristi ricordi della guerra. La prima giunta era così costituita: sindaco, Anacleto Tenconi (DC); componenti: Neutralio Frascoli (DC), Giovanni Parolo (DC), Guido Cattaneo (PSI), Ernesto Macchi (PCI), Natale Barnabè (PRI), Enrico Riccardi (PRI). Essa fu poi completata con altri tre assessori all'atto delle attribuzioni: Ezio Gasparini (PCI), vicesindaco; Giuseppe Moro (PSI) e Giovanni Brandazzi (PCI). La prima seduta della giunta si ebbe il 2 maggio 1945, segretario comunale era il dottor Amedeo Rossi.
Non fu facile normalizzare la vita della città. Mancavano gli alimenti primari, i mezzi di locomozione erano ridotti al minimo, le case popolari insufficienti, le aule scolastiche sovraffollate, le strade ridotte in uno stato pietoso e le classi lavoratrici, in condizioni disagiate, chiamavano continuamente l'amministrazione comunale a fare da interprete e mediatrice delle loro aspirazioni. L'avvio della democrazia e della ricostruzione fu lento e faticoso; le ferite di un passato torbido si cicatrizzarono lentamente, con tenacia, allorchè lo spirito di collaborazione riuscì a prevalere sulle lotte di parte. Normalizzatasi anche la politica nazionale, Legnano riprese il vigore economico che aveva caratterizzato il periodo pionieristico.
Il 4 maggio 1945 si costituì un comitato industriale provvisorio presieduto dagli industriali Mario Pensotti e Aldo Palamidese, dal quale scaturì poi l'Associazione Legnanese dell'lndustria, il cui atto costitutivo reca la data del 13 luglio 1945, primo presidente Pier Luigi Ratti. La direzione fu affidata al dottor Manlio Bucci, che seppe creare le premesse per assicurare alla rinnovata associazione industriali un ruolo determinante nella vita organizzativa dell'importante settore economico di tutta la città e del Legnanese, tale da assicurare, tra il 1951 e il 1961 il più alto indice di industrialità in rapporto alla popolazione (65,2%) tra i Comuni lombardi, secondo dopo Sesto S. Giovanni.
Si ricostituirono anche gli altri organismi economici, professionali e associativi, tra cui l'Unione Commercialisti, la Consociazione degli Artigiani e l'Unione Artigianti con giurisdizione su tutta la zona. Legnano nel dopoguerra dimostrò, la risoluta volontà concorde di ripresa e di continuità delle care tradizioni, e delle virtù antiche, più che mai da rinnovare, nella pace riconquistata.
 
 
 
Se, l'8 settembre, l'annuncio della firma dell'armistizio con gli alleati e lo sbarco degli angloamericani a Salerno crearono disorientamenteo tra la popolazione, che non aveva ancora compreso, nella sua realtà, l'effettiva portata dei fatti, tali avvenimenti colsero di sorpresa anche le Forze Armate. Gli ambigui ordini di Badoglio e la fuga del re dalla capitale furono nuovi motivi di perplessità. I Tedeschi erano ancora tra noi e la Resistenza stava uscendo dalla clandestinità, ma non aveva ancora assunto una sua salda struttura organizzativa.
I soldati italiani, increduli, stanchi ed umiliati, non sapevano cosa fare. Se li coglievano in divisa e sbandati, i tedeschi, considerandoli disertori, potevano arrestarli e deportarli. La maggior parte di essi aveva solo raccolto l'ordine non ufficiale del tutti a casa.
In questa situazione quasi tutti i reparti dell'esercito italiano si sbandarono. Solo gli uomini di alcune unità che si trovavano nel Meridione e nel Centro Italia afferrarono il significato del momento e, alla guida dei loro comandanti, passarono tra le fila della Resistenza. Non si sciolsero e, conservando divisa e stellette, cominciarono a dare il loro contributo alla lotta per la libertà. A questi contingenti, che diedero poi vita al Corpo Italiano di Liberazione (C.I.L.), si unirono anche molti militari sbandati che avevano le loro famiglie nell'Italia Settentrionale. Per loro costituiva un motivo in più, oltre a quello ideale della riconquista della libertà, ricacciare i tedeschi oltre le Alpi e tornare alle proprie case.
Gli uomini di questi raggruppamenti militari, pur così eterogenei, seppero dar vita ad episodi di valore e ad azioni che diventarono vero eroismo, in alcuni casi, durante combattimenti di appoggio alle forze alleate.
Un contributo essenziale e particolarmente significativo, tra i reparti che si opposero ai tedeschi, fu dato dalle unità che facevano parte della Divisione "Legnano": il 67' Reggimento Fanteria, l'11' Reggimento Artiglieria da campagna, il 68' Reggimento Fanteria e il 2' Battaglione Genio Pionieri. Alcune aliquote degli uomini dei reggimenti della "Legnano" andarono a costituire il 1' Raggruppamento Motorizzato Italiano, rafforzato da unità di varie provenienze. Da citare un battaglione di allievi ufficiali di complemento, che si trovarono in quel periodo nelle province di Brindisi e Lecce. Questo raggruppamento ebbe il battesimo del fuoco a Montelungo, una località a sud di Cassino, l'8 dicembre 1943. I fanti, gli artiglieri e i genieri della Legnano ebbero il privilegio di combattere in un'azione offensiva contro reparti nazisti. Con il loro coraggio e il loro eroismo lasciarono attoniti gli alleati, facendo così rilevare che l'esercito italiano si considerava sconfitto, ma non vinto e manteneva sempre integro il proprio prestigio.
Le operazioni dell'II' Reggimento Artiglieria, in appoggio ai fanti del 67' furono oltremodo dure, protraendosi per dieci ore sugli impervi pendii di Montelungo. Ben dodicimila colpi sparati, cinque morti e quattordici feriti furono le cifre, in sintesi, dell'epopea di questi militari. Per la battaglia di Montelungo, la bandiera del 67' fu decorata di medaglia d'oro. Una medaglia d'argento al valor militare fu assegnata rispettivamente all'11' Artiglieria, al 2' Battaglione Genio Pionieri e al 68' Fanteria Legnano per i fatti d'arme avvenuti tra il febbraio 1944 e il 1945. Il raggruppamento militare, rinforzato da altre unità provenienti dal sud, assunse ufficialmente la denominazione di Corpo Italiano di Liberazione.
Il suo stemma era una croce bianca in campo azzurro con l'effigie del guerriero di Legnano.
Alla caduta della linea difensiva tedesca a Cassino, la Gustav, il CIL venne trasferito sul fronte orientale della penisola alle dipendenze dell'8' Armata inglese e impiegato nei combattimenti, fino alla liberazione di Ancona.
Al termine di questi cruenti e vittoriosi combattimenti, il CIL fu ritirato nella zona di Piedimonte d'Aife, a nord di Caserta dove, riarmato ed equipaggiato con materiali inglesi, assunse la denominazione  di "Gruppo  di Combattimento Legnano".
Trasferito successivamente sulla linea gotica, partecipò alla liberazione di Bologna (21 aprile 1945). Nell'autunno dello stesso anno, cessate le operazioni belliche, il gruppo di combattimento diventò Divisione di Fanteria Legnano.
Il glorioso 67' Fanteria tornò nella sede della caserma "Raffaele Cadorna" di Legnano, restandovi fino al 1958. In quell'anno, ed esattamente il 1' maggio, si costituì in Legnano il 4' Reggimento Fanteria Corazzato, inquadrato nella Divisione Legnano.
In seguito alla ristrutturazione dell'esercito, in tempi più recenti, (1975) alla Caserma Cadorna, oltre al Comando di Presidio, resteranno di stanza il 20' Battaglione Carri M.O. Pentimalli e il 2'  Battaglione Bersaglieri Governolo, appartenenti entrambi alla Brigata "Legnano".
 
 
 
 
.Inizio Indice.
1924 - Titolo di citta'         2
Contributo della divisione Legnano alla lotta della liberazione         5
Dalla prima alla seconda guerra mondiale - La resistenza         1
L'insurrezione Armata         4
L-28.doc         1
La resistenza         3
Le lotte politiche         3
Le lotte sindacali         1
Mussolini a Legnano         2
.Fine Indice.
 
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