Legnano story - note personali
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L-6.DOC
 
 
La dominazione spagnola
 
 
 
 
 
 
Nel corso del sec. XVII la vita di Legnano inserita nel Ducato di Milano fu caratterizzata dall'influsso della dominazione spagnola, della quale, per molto tempo, e' stato offerto un quadro dalle tinte oscure. Non occorre pero', esagerare e far coincidere il vero aspetto del predominio spagnolo con una desolante decadenza, come hanno fatto molti economisti del 1700. Non si vogliono giustificare leggi assurde ed autoritarie fatte per non essere osservate, ma non si puo' disconoscere il tentativo di arrivare alla costituzione di uno stato moderno compreso tra il sec. XVI e il XVII e che Milano si trovi, sulla via di questo progetto, teso alla eliminazione di privilegi corporativistici, tali da strozzare lo Stato e costringerlo a una condizione di costante debolezza (Visconti, Storia diMilano, Milano 1967, p. 453). E questo valga non per esaltare la Spagna, ma per dare al quadro la giusta prospettiva.
Quanto alle strutture dello Stato di Milano, esse erano stabilite dalle Novae Constitutiones fissate da Carlo V, nel 1541, e rimaste in vigore fino al 1786.
Grazie ad esse l'organizzazione centrale dello Stato lombardo risiedeva in Milano, trasformata in un centro amministrativo e consumistico, mentre la campagna, se non era un paradiso, costituiva, con le sue terre, un comodo rifugio per i nobili al riparo dalle preoccupazlonl cittadine oltre che un'ottimo investimento, di fronte ai quali giocava un ruolo non indifferente la folla anonima dei contadini, dei mezzadri, dei fittavoli, degli artigiani, in grado di far rifluire) i capitali della stagnante economia della citta' a delle zone rurali, innervata dalla loro volonta'e vivacizzata dalla loro sagacia.
La popolazione del borgo di Legnano appariva dunque, all'inizio del 1600, articolata, nel suo assetto costituzionale, nei Comuni dei nobili e dei salariati da loro dipendenti, abitanti in cascine sparse per il territorio, perche' l'abitato era legato allo sviluppo della proprieta fondiaria, ai metodi di conduzione e ai modi di sfruttamento del terreno, che richiedevano una costante presenza dell'uomo. Tale distribuzione si protrasse praticamente fino alle riforme teresiane e fu spesso causa di notevoli contrasti sul piano dei reciproci diritti. Ne abbiamo una testinionianza valida attraverso una tendenza di definizione di privilegi, che fu emanata dal Senato milanese il 13 novembre 1603:
Pro nobilibus Burgi Legnani super regulis orterum cum Communitate praescriptis per Sertatum Excellentissimum (A.S.M., Certso p.a., cart. 1329).
In seguito a controversie sorte tra i nobili e la Comunita' di Legnano o piuttosto alcuni vecchi sindaci che si attribuivano l'immunita' dagli oneri fatti ricadere sui poveri e ignari coloni dei nobili, sentite le reciproche preghiere avanzate dalle parti, perche' gli oneri fossero regolamentati, il Senato addivenne a un Serzatus Cortsultum. In base a questo stabili' che si creassero nuovi sindaci, ma che non si potessero scegliere tra quanti erano debitori della Comunita', ne' i loro figli o fratelli conviventi, per evitare scandali. Per eliminare future discordie, si diede incarico al senatore Rovida di stabilire delle regole per la divisione degli oneri. Gli amministratori della Comunita' dovevano inoltre rendere conto ogni anno dell'operato, perche' i poveri, gli orfani e le vedove non risultassero oppressi dai potenti. I nobili, senza pregigdizio dei coloni e dei massari, avevano il diritto stabilire regole, ma non potevano, in caso di alloggiamento dei militari, gravare su beni dei cittadini oltre l'ottava parte del lavoro dei loro possessi.
Percio' l'eventuale distribuzione eccedente la detta parte e incidente sui massari, costituiva un aggravio illecito, che comportava l'obbligo alla compensazione e alla restituzione di quanto versato oltre la misura.
Questo disposto del Senato trovava un precedente in una serie di provvedimenti gia' presi per Saronno, Varese e Monza. Pertanto il delegato del Senato milanese, vista la distribuzione degli oneri fatta nel borgo di Legnano, udite le parti e i loro procuratori, sentiti i nobili Taverna, Lampugnani, Vismara, Crivelli, Bossi, Fumagalli, de Rubeis, il prevosto Specio e Greco Donato, ordino', di fare la distribuzione sia degli oneri ordinari che di quelli straordinari e delle altre spese tra nobili e Comunita'.
Pertanto il perito Francesco Landriano designato allo scopo, redasse due comparti, in uno dei quali erano indicati i nobili, nell'altro i capita e le bocche degli abitanti della Comunita', con i loro beni rurali.
I massari dei nobili, a loro piacere, potevano essere descritti per capo, bocche e beni sul rotulo dei nobili, se disposti a pagare con la porzione di oneri.
Le spese straordinarie sopportate, ogni anno, nell'ambito della Comunita' per pagare il "causidico", il Cancelliere, i sindaci, l'addetto all'orologio, la riattivazione delle strade, erano di L. 800. Rimanevano all'universita' dei rurali due redditi della Comunita', di cui uno di L. 205,9 per il prelievo del sale, l'altro di L. 99,11 per il dazio della macina .
In sostanza, come risultato dell'operazione, gli esperti compilarono quattro fascicoli, nel primo dei quali erano indicati i nomi di tutti gli abitanti del Comune, compreso Legnarello e pertinenze, col numero delle bocche e soldi d'estimo per ciascuno; nel seobndo, il perticato rurale del Comune; nel terzo i nobili separati dai rurali, con la quantita' del loro perticato rurale e relativa stima; nel quarto, i censi pagati ogni anno dalla Comunita', con i nobili abitanti a Milano che, per i loro beni rurali, non concorrevano al pagamento dei carichi predetti.
Accanto ai nobili si trovavano pure i particolari, ai quali si pagava il dazio dell'imbottato che, nel contado di Milano era anteriore al 1300; e l'onoranza di un bue, cioe' una tassa dell'epoca feudale pagata in genere per i beni allodiali e consistente in una prestazione in natura. A carico della Comunita' risultata un onere complessivo di staia 280, di cui 263 ai rurali 14 ai nobili 2 alla osteria e prestino di S. Antonio a Legnarello e il resto alla cascina della "Poncella".
Poiche' era stato dichiarato che le spese straordinarie erano di L. 800 e che ai rurali rimanevano due redditi rispettivamente di L. 99 e di L. 205,9 per complessive L. 305, le restanti L. 495 furono ripartite tra le due parti, in proporzione alla rata di sale che ciascuno era tenuto a pagare, secondo una gabella esistente in Lombardia gia' nel 1300, fissata in ragione del numero delle bocche, della condizione e della facolta' di ogni famiglia, esentata dal pagamento solo quando la sostanza posseduta non oltrepassava L. 1 di estimo.
   Percio' dovevano pagare:
 
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Nobili                              L.  24.19.10
                                    L. 465. 2.11
Osteria di Legnarello               L.   3.10. 9
Cascina della 'Poncella'                 1. 6. 6
                                    L. 495.-- .--
 
Il carico di L. 143,7 relativo all'onoranza del bue grasso, pagata a Pietro Giacomo Lampugnani, era cosi' stabilita:
 
Nobili di Legnano              L.   7.44. 6
Comune di Legnano              L. 134.14. 6
Osteria di Legnarello
Cascina 'Poncella'
                               L. 143. 7. --
 
  La tassa di L. 313 dovuta per l'imbottato era invece cosi divisa:
 
Nobili di Legnano               L..  15.16. 1
Comune dei Rurali               L.. 294. 2. 6
Osteria di Legnarello           L..   2. 4. 8
Cascina 'Poncella'              L.    . 16.9
                              ----------------
                                L.  313
 
In base a questa distribuzione, i nobili non poterono piu' accampare di essere gravati nel sostenere l'onere di alloggiamento dei soldati, ne' di spese straordinarie, se non per la rata ad essi addebitata, conformemente al primo deliberato senatoriale del 12 febbraio 1604, ribadito, in quarta sede, il 23 giugno 1605.
Sancita la partizione degli oneri e in vista di una possibile infeudazione, il Magistrato delle Entrate Regie Ducali e dei Beni Patrimoniali dello Stato di Milano, predispose un accertamento delle "terre" e della popolazione legnanese.
Questa riceveva nel frattempo una Visita pastorale da parte del cardinale Federico Borromeo che, nel 1617, celebro' la Messa nella chiesa collegiata e amministro' la Cresima a molte anime del borgo e della pieve di Legnano (A.S.D.M., Visite pastorali, Sez.
xb vol. XVIII). Dagli atti conservati nell'Archivio della diocesi milanese risulta che la Cura si estendeva a tremila anime, per le quali era insufficiente un solo sacerdote: da qui le disposizioni emanate, nel 1618, pe la aggiunta di due coadiutori: sed cum cura ipsa contineat animas numero tres mille quibus unicus Sacerdos minime satisfacere posset additi sunt duo coadiutores (vol. VII). Documento dunque interessante dal punto di vista religioso, valido per la verifica sulla Scuola del SS. Sacramento, che vantava 388 iscritti tra uomini e donne ed era retta da dieci deputati; sulla Scuola del Rosario con 723 aderenti, ma non meno determinante per l'accertamento della popolazione.
Naturalmente di proporzioni piu' ampia fu la documentazione prodotta e allegata alla proposta di comperare il feudo, il 16 novembre 1620 (A.S.M., Feudi Camerali p.a., cart. 220). Obbedendo a inte-ssi fiscali, allo scopo di assicurare nuove entrate alle casse dello Stato, l'autorita' spagnola decise di vendere i luoghi e le terre non ancora infeudati, eccettuate le citta'. Percio' fu emesso il bando per la libera vendita delle terre di Legnano e Legnarello con relative pertinenze, accessibili anche ai forestieri e donne compresi, con facolta' di disporre in successione ordinaria de maschi, al prezzo base di L. 32.000 per rispetto del feudo et giurisdizioni oltre al prezzo di ducati castigliani 4000 per chi volesse appoggiarvi sopra il titolo di marchese. Furono avanzate due offerte interessanti al Magistrato Camerale: una da parte di G.B. Piantanida l'altra da parte di C. Visconti, il cui nome ricorre, con frequenza in questi spregiudicati blitz per l'acquisto di terre abitate. Il primo, della parrocchia di S. Eufemia di Milano propose di acquistare il feudo di Legnano e Legnarello al prezzo di L. 33.000, con l'aggiunta di ducati 4000 per il titolo suddetto. Pur di riuscire nell'intento, il Piantanida allego', all'offerta una curiosa documentazione sull'ascendenza nobiliare dei suoi antenati sui vincoli di parentela coi Lattuada, cogli Arconati; sui beni posseduti a Milano, Cuggiono, Figino, Lonato e relativi redditi; sul tenore di vita che contemplava il possesso di tredici cavalli, numerose armi da caccia, paggi, camerieri, livree, gioielli per il valore di 1500 scudi.
Cesare Visconti si dichiaro' invece disposto ad acquistare il feudo di Legnano e ogni altra cosa ad esso spettante, col titolo di marchese per se' e il figlio maschio da designare e discendenti maschi, al prezzo di L. 60.000 imperiali.
Di fronte a queste proposte, il Governatore del Ducato milanese predispose l'assunzione di una serie di informazioni sulla struttura effettiva di Legnano e Legnarello per havere l'intiera cognitione della qualita' d'esta terra. Dagli allegati risulta che Legnano, situata nella provincia del Seprio, godeva di un ottimo clima, aveva sotto di se' la contrada di Legnarello e cinque cascine; disponeva di una casa fabbricata a forma di castello con fossato e ponti posseduta dal dott. Ferrante Lampugnani. Il borgo aveva in sua proprieta' una casa della Comunita', in parte affittata a L. 120 annue e in parte adibita a riunioni dei pubblici amministratori. Nel giorno dei Morti, la gente delle zone circostanti accorreva alla omonima fiera per comperare bovi grassi, pelliccie, panno, tele. Tale fiera, secondo il Bombognini (Op. cit., p. 36) aveva un'origine lontana, risultando dalle carte dell'Archivio comunale di Busto Arsizio che la concessione da parte di Carlo V di una fiera simile, nel giorno di S. Luca, non ebbe effetto, perche' non sanzionata dal Senato, troppo vicina e pregiudizievole a quella di Legnano.
Sul fiume Olona che correva tra Legnano e Legnarello, insistevano sette mulini, uno dei quali del cardinale Borromeo, l'altro del cardinale Montalto. Poco distante dalla "terra" si ergeva l'ospedale di S.Erasmo con un'entrata di trecento scudi annui, destinato all'accoglienza dei vecchi e di altre persone non in grado di lavorare.
Funzione di assistenza esercitava pure la Scuola della Misericordia, la cui entrata di cento scudi era distribuita ai poveri. Le chiese di Legnano erano nove: accanto alla Collegiata retta da un prevosto con un'entrata di L. 1000 annue e assistito da cinque canonici, si distinguevano le chiese di S. Maria di Legnarello; di S. Maria del Priorato; di S. Ambrogio  e con l'annessa Scuola dei Disciplini' di S. Angelo con il monastero dei frati zoccolanti, che dava ospitalita' e diciotto persone; di S. Chiara con un monastero ospitante trentacinque monache .
Fuori del borgo si trovavano le chiese di S. Maria delle Grazie; di S. Caterina; di S. Maria della Purificazione con la Scuola del SS. Sacramento; di S. Erasmo con annesso ospedale; di S. Martino; di S. Giorgio; di S. Bernardino. Gli abitanti del borgo, Legnarello compresa, ammontavano a 2948, di cui 1959 da comunione. I focolari o famiglie erano 474, di cui gentiluomini, 233 da rurali, cioe' mercanti, artigiani 154 formati da cittadini, 12 da contadini; 75 da persone che lavoravano beni ecclesiastici.
Gli abitanti, fatta eccezione per i nobili, contavano, tra le loro fila, dieci mercanti di panno, tela e canapa; tre tintori, cinque proprietari di piccoli empori per la vendita di generi alimentari, sei calzolai, sette sarti, tre barbieri, sette zoccolai, quattro maniscalchi, due venditori di spezie, cinque pasticcieri, sei falegnami, un cappellaio, tre macellai, cinque maestri insegnavano a leggere, a scrivere e musica, un medico "fisico" e un chirurgo, i quali ultimi non  percepivano nessun salario da parte della Comunita'. Tre erano le osterie e due i bettolini. Il territorio aveva un'estensione di Dt. 22994 tv. 2:
 
pertiche     1 5343   tavole     23   civili
pertiche      3065    tavole      8   rurali
pertiche      4584    tavole     19   ecclesiastiche
 
pertiche     22994    tavole     2
 
distinte in vigne, campi, prati, boschi. I terreni producevano ogni sorta di frutti, tranne riso, tanto da essere eccedenti al fabbisogno della Comunita' e da poter essere venduti sui mercati di Milano e Como.
Il prodotto prevalente era pero', l'uva "vernazzola" e moscatella.
Il borgo non era mai stato infeudato, non aveva mai avuto Podesta', era soggetto per l' amministrazione della giustizia al Vicario del Seprio e ai giudici milanesi, disponeva comunque di due notai pubblici, che rogavano atti e di un usciere per le notifiche.
La R. Camera riscuoteva dalla Comunita' annualmente, come censo ordinario, L. 422.15.3. Non esistevano altre entrate feudali, poiche' i dazi sul grano e sulla carne erano riscossi da Ferrante Lampugnani e in parte dagli eredi Vismara, mentre per l'imbottato non si pagava nessun dazio, fatta eccezione per una convenzione pattuita tra privati e nari a L. 314 annue. La Comunita' prelevava staia 280 annue di sale (l staio = lt. 18,27).
Il quadro della situazione sembrava (dunque apparentemente sereno, se non fosse stato turbato da rumori di guerra e dalla peste. I primi furono sollevati dalle ostilita' scatenate dal duca di Savoia, Carlo Emanuele I, impegnato nella guerra per la successione del Monferrato e per la Valtellina. Per affrontare e risolvere positivamente la situazione, fu necessario assoldare uomini e inviarli in Sardegna. Tra questi si trovavano G. Battista e Aurelio Lampugnani nominati capitani, che assistettero, nell'isola, agli scavi per il reperimento dei corpi di alcuni martiri e poterono avere alcune reliquie che, una volta autenticate da Luigi Bossi, teologo della Metropolitana milanese, furono consegnate, nel 1628, al prevosto don Agostino Pozzi.
Questi diede incarico a due abili intagliatori G. B. Salmoiraghi e G. P. Rossetti di preparare dei reliquari per la conservazione e gia' pensava di celebrare il possesso con una solenne cerimonia, quando essa dovette essere differita, nel 1634, a causa della carestia e del passaggio delle milizie e della peste.
Una prima ondata di milizie di passaggio, assoldata per la guerra del Monferrato, si registro' nel 1628 e non pare abbia recato eccessive molestie.
Fu invece nel 1629 che il Comune dovette venire a patti con gli ufficiali comandanti circa 1500 soldati tedeschi perche' rimanessero ai bordi del paese, nel timore che diffondessero il contagio. Senonche' i militari, vistisi privati della posslbilita' di compiere saccheggi, si vendicarono, abbattendo numerosi vitigni.
Non era pero' finita, perche' il settembre dello stesso anno, truppe mercenarie polacche si ribellarono al loro comandante Serbelloni, si avvicinarono paurosamente a Legnano, che risparmiarono solo dietro versamento di una somma pari a duemila scudi. L'anno piu' interessante pero', a detta di Strobino, (Soldatesche Alemanne e Spagnole a Legnano al tempo dei Promessi Sposi, in Legnano, n. 2, 1956) fu il 1630.
Per l'alloggiamento e il mantenimento di un reggimento di fanteria alemanna comandata dal colonnello Aldringar, forte di circa 21.000 uomini e 2375 cavalli, rimasti sul posto ventitre giorni, a cui si aggiunsero altri passaggi prima della fine dell'anno, il Comune dovette sopportare oneri non indifferenti, che si ritorsero in enormi aggravi per la popolazione.
Fertile terra di pascolo doveva essere dunque Legnano, nella prima meta' del 1600. Quando mancavano i militari, ci si mettevano pure le donne: una tnrppa de donne n. 800 li quali donne li dassero brente 6 1⁄2 di vino, che, girando per le strade del borgo, il 21 agosto 1630, ai tradizionali simboli del femminismo preferivano l'ostentazione o meglio la pretesa di abbondanti libagioni. Di fronte a ottocento donne sciamannate, c'e' da pensare che la popolazione potesse anche sopportare ulteriori incursioni nel 1631 e 1632.
A complicare la situazione resa disastrosa dalle conseguenze militari prodotte dalle spese relative, si aggiunse lo scoppio della peste, che miete' numerose vittime e paralizzo' l'attivita' economica della zona. Mentre i morti si seppellivano in luoghi appartati, gli ammalati erano portati in altri isolati detti "lazzaretti".
Per la gente e non solo di Legnano fu una mazzata:
le robe bruciate, la disoccupazione forzata, la superstizione popolare aumentata unitamente alle pratiche devote, accresciuti gli scontri con le autorita' politiche sanitarie, su tutto gravava l'insospettabile orrore del lazzaretto. Ne e' motivo di merito, ma di umanita' ricordare che esso a Legnano, ancora nel 1730, risultava posto sotto una collina, sulla quale sorgeva la casa del nobile Francesco Maria Lampugnani (A.S.M., Acquisti e doni, cart. 44). Dei pregi e, in particolare dell'eco ivi esistente, a somiglianza di villa Simonetta a Milano, il proprietario amo', lasciarci gradevole ricordo condito in eleganti distici, che pareggiavano la sua collina allo ameno colle Parnaso.
 
   In collinis mei prope domum meam a nobili
in Legnanensi opido Iaudem Carmina Pindi felicitas.
 
Parnasum nunquam repugnas conscendere collem
      Omnia si nescis gaudia pindus habet
     Hic tibi laeniet Castalis unda sussurro
       Et curas currens laeniet unda tuas
     Si lubet in laetis istis spatiabere pratis
   Haec tibi praebebit fertilis haerba thorum,
 
    Hic pendent onerati fructibucs arbore rami
     Promptas in dextras advenientque tuas.
   Arboribus volucres istic dominantur in istis
     euotidieque simul hic Philomena canit,
Hic semper si vox clamat responditur Echo
     Si quis Calliopem silva reclamat opem.
 
  Est pulcrum aspicere ingegnosos tangere vates
     Invictam Citharam laeta et arva manu
   Pars vatum lunam, pars lucida sidera cantat
     Pars vatum laudes cantat Apollo tuas,
   Hic spirent venti dum sol se condit in undis
       Hic ore infausto mollior aura videt
  Nox et hijems longeque viae saevique labores
      His blandis loci, et dolor omnis abest
                Franciscus Maria Lampugnanus
 
La peste per altro non soppraggiunse in un periodo di prosperita', ma dopo una grave carestia dovuta alle guerre che si erano abbattute sul Ducato milanese e ne avevano notevolmente alterato il trend economico. All'occultamento dei generi di prima necessita' segui' il rialzo di prezzo degli aridi. Il frumento costava L. 126 la soma (1 soma   kg. 100), la segale L. 102, sicche', per la fabbricazione del pane, si dovette anche ricorrere a un impasto di crusca, miglio e saggina, il tutto legato a fiori di lino.
I documenti di questo periodo parlano di grave crisi dei ceti agricoli, ma anche dei nobili, anche se poi la vita riprese lentamente il suo andare faticoso, finche' l'apparente bonaccia fu turbata, sei anni dopo lo scoppio della peste, dal riaccendersi delle ostilita' belliche sullo scacchiere europeo.
I Francesi, avuto libero accesso in Italia da parte di Vittorio Amedeo di Savoia, ripresero la guerra contro la Spagna, costretta a una posizione guardinga dalle vittorie riportate in Germania da Gustavo Adolfo alleato della Francia e dal pericolo costituito dal re protestante di Svezia intenzionato a passare in Italia, per colpire Filippo IV. Stando cosi' le cose, l'esercito francese invase lo Stato di Milano e minaccio', con una serie di saccheggi, anche Legnano, la quale trovo' un valido aiuto materiale da parte di Giuseppe Lampugnani che, catturati molti prigionieri nei
boschi e inviatili al marchese Leganes, governatore di Milano, pote' liberare il nostro borgo. Correvano gli anni, in cui Legnano riceveva la Visita pastorale del cardinale Cesare Monti, entrato nella chiesa di S. Magno il 5 maggio 1638 (A.S.D.M., Visite pastorali, Sez. X, vol. XVI), ma erano anche quelli, in cui il Lampugnani sopra accennato si presentava agli occhi della popolazione come un novello Don Rodrigo, asserragliato nel suo maniero avvolto dalla difesa di un nugolo di bravi e circondato dal terrore dei suoi villici finche' fu bandito con una grida del 28 febbraio 1647, alla quale il nobile non diede ascolto, perche' continuo' ad abitare nel suo palazzo, fino a quando fu ucciso, per sbaglio, da uno sgherro. L'appoggio dato a Legnano dal Lampugnani non fu di natura tale da distogliere gli Spagnoli dall'antico progetto di infeudare le terre, a maggior ragione, quando per provvedere alle necessita' dell'esercito e racimolare denaro, si dovette ancora battere cassa. Furono dunque esposte le cedole, cioe' gli avvisi negli uffici piil importanti di Milano e delle province dello Stato, nonche' sulle porte della chiesa principale di Legnano: si invitava in sostanza qualunque persona a concorrere all'asta delle terre in vendita, che erano 34 nel Ducato di Milano, 4 nel Novarese, 3 nel Comasco, 2 nel Lodigiano, 1 nell'Alessandrino, 1 nel Tortonese, 28 nel Cremonese, 2 nel Pavese. I membri della Comunita' pero' non erano intenzionati ad arrendersi facilmente, specialmente i possidenti restii ad un'investitura a favore di un feudatario al quale avrebbero dovuto rendere un omaggio non solo di natura onorifica, ma fiscale, mentre i contadini non avevano nessuna forza economica capace di far sentire la loro voce. Si arrivo' dunque a una Convocatio straordinaria, l'8 agosto 1640 in domo eiusdem Commurzitatis, alla presenza di 158 persone, per decidere sulla questione (A.S.C.M., Fondo Belgioioso, cart. 218), ma altre preoccupazioni sembravano gravare sul borgo, quelle derivate da tremende tempestate che danneggiarono le terre di Legnano, Dairago, Borsano, Villa Cortese. Il danno accertato eccedeva di gran lunga la meta' dell'entrata e cavata che si doveva trarre dai frutti del territorio Gli abitanti della zona chiesero quindi la remissione della meta' del debito dovuto e spettante al Ducato (A.S.M., Censo p.a., cart. 1330). Ottenuto qualche sollievo dal danno apportato dalle tempeste, la Comunita' legnanese pote' applicare tutti gli sforzi, ad evitare l'infeudazione. Per sfuggire a questo vincolo, le terre del Ducato potevano diventare "demaniali", cioe' redimere la propria liberta', pagando allo Stato una cifra corrispondente ai due terzi di quella che un particolare o privato era disposto ad offrire, e usufruendo della possibilita' di prelazione prevista dai Librifeudorum a favore delle Comunita', che stavano per essere infeudate, purche' avessero esercitato il diritto stabilito, per mantenersi libere, entro un anno dalla vendita pattuita.
Governanti e popolo decisero dunque di partecipare per la vendita di Legnano e di riguadagnare la liberta'. Dopo lunga e minuziosa discussione, fu chiaro ai giudici milanesi che non si poteva negare la redenzione delle terre ai Legnanesi, i quali riuscirono a riscattare l'infeudazione al prezzo di L. 26.13.4 per ciascuno dei 258 focolari calcolati in essere. La cifra di L. 6680, di cui fu garante Baldassarre Lampugnani, fu versata il 17 settembre 1649 nelle mani dell'esattore Francesco Bandoni. Lo strumento definitivo fu rogato da Ludovico Lampugnani il 9 marzo 1652.
In base ad esso, si stabili che Legnano sarebbe rimasta sempre sottoposta all'immediato dominio della Maesta', il duca di Milano: semper et perpetuis temporibus sint et remaneant atque conserventur sub immediato Dominio atque Iurisdictioni (sic) Maiestatis Regiae Domini nostri Ducis Mediolani. . . (A.S.M. , Feudi Camerali p.a., cart. 290).
Il tema dell'infeudazione meriterebbe indubbiamente un'analisi piu' approfondita di quanto non consenta la presente ricerca, in modo da cogliere, nel microcosmo legnanese, il segreto significato del macrocosmo, come dice il Violante nella prefazione alla Storia locale da lui curata, in analogia all'indagine sviluppata dallo scienziato, che si sforza di trovare nella cellula la ragione d'essere di tutto l'organismo.
Se e' intenso il desiderio di poter far rientrare l'indagine in un ambito specifico, e' pur vero pero' che essa varia col variare delle epoche storiche, sicche' diversa diventa la collocazione del fenomeno storico entro un'area piu' o meno ampia. Necessariamente, se si prende come punto di riferimento una localita' nella successione cronologica, la discontinuita' e' inevitabile, cosi' come i rientri o le uscite temporanee.
Poiche' la ricerca deve interessare la gente locale, pur senza disconoscere la capacita' a cogliere contributi particolari,e' evidente che possa procedere a strappi, senza voler rinunciare a far conoscere a chi voglia liberarsi dallo sfumato dell'immaginazione, come il sec. XVII si chiuda per Legnano, come si e' aperto, cioe' con un'altra controversia vertente tra il prevosto del borgo e i Deputati dei Luoghi Pii. La questione si chiuse nel 1672, con un ulteriore intervento del Senato, che stabili' le norme per l'elezione dei Deputati, i quali dovevano godere di una condotta irreprensibile; del Priore del Capitolo, da nominarsi per un anno, con suffragio segreto; dell'Assistente Regio, precluso da interventi negli affari del Capitolo.
Altre norme furono fissate per la questua, per la distribuzione delle elemosine e delle doti (A.S.M., Acquisti e doni, cart. 44).
 
 
 
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