Legnano story - note personali
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Caironi
 
«Mai più guerra, impariamo a mettere davanti a noi il prossimo». Il comm. Luigi Caironi, 93 anni appena compiuti, ha la mente lucida mentre racconta gli anni della sua prigionia. Davanti a lui il pubblico riunito a Palazzo da Perego per la serata "L'internamento militare italiano in Germania dopo l'8 settembre '43. Gli IMI di Legnano negli stalag tedeschi" a cura di Giancarlo Restelli e Renata Pasquetto, con l'organizzazione della sezione legnanese del'ANPI, presieduta da Luigi Botta.
Lo storico presidente della Famiglia Legnanese riuscì a sopravvivere dallo Stammlager II B di Hammerstein, portando a casa 30 uomini su 31 del suo plotone, e la sua testimonianza è risultata ancora più preziosa nella serata che ha preceduto la Giornata della Memoria che si celebra il 27 gennaio. Dopo l’annuncio dell’armistizio e una resistenza durata giorni, fu fatto prigioniero dai tedeschi, fu trasferito prima a Mantova e poi in carro bestiame in Pomerania, nello Stammlager II B di Hammerstein. Infine finì in un campo di concentramento a Varsavia. «Ho vissuto periodi disumani, trattato come una bestia ma se oggi sono qui a raccontarvi tutto questo è soprattutto grazie alla coesione che abbiamo avuto noi Italiani: sono riuscito a portare a casa il mio plotone e nessuno di noi ha mai pensato di aderire alla Repubblichina. Uno per tutti, tutti per uno: questo ci ha salvato». Nel corso della serata ha parlato anche uno studente sui deportati della Franco Tosi, Stefano Barlocchi, dell'istituto Bernocchi. Non c'è stato invece il tempo di parlare dei prigionieri legnanesi deportati in Texas e in altri lager; l'argomento sarà ripreso in altre sedi.
Di seguito la testimonianza di Luigi Caironi, raccolta dal professore Giancarlo Restelli e da Renata Pasquetto: Un Legnanese nei lager nazisti
Alla vigilia dell’8 settembre del ’43 Luigi Caironi (era nato nel 1923) si trovava a Guastalla nel 2° reggimento pontieri con l’obiettivo di difendere i ponti sul Po da un’eventuale avanzata anglo-americana.
Il suo reparto invece di sbandarsi come molti altri cercò di resistere alla reazione tedesca dopo l’annuncio dell’armistizio ma i rapporti di forze furono tali per cui la resa divenne inevitabile. Fatto prigioniero fu trasferito prima a Mantova e poi in carro bestiame in Pomerania, nello Stammlager II B di Hammerstein.
«Fummo abbandonati in un cortile coperto di neve, poi ci spogliarono per un’ispezione. Avevo ancora il portafoglio, la catenina d’oro, una penna col pennino d’oro e la mia pistola con otto colpi nel tamburo. Ero deciso a non farmi portare via la mia roba, così la nascosi nella neve. Se non ci avessero fatto muovere avrei recuperato tutto più tardi. Tenevo soprattutto alla pistola. L’ultimo colpo l’avrei tenuto per me, ma con gli altri sette avrei venduto cara la pelle. Mi andò bene e riuscii a recuperare tutta la mia roba. Nel nostro settore c’erano quattro capannoni con mille prigionieri ciascuno. Nel centro c’era una torretta con fari e mitragliatrici, su tre lati altrettante latrine. Da mangiare ci davano una minestra fatta di rape e di brodo di pecora».
Queste erano le condizioni di vita del campo di Hammerstein, simili a tente altre strutture concentrazionarie, ma Caironi riuscì in parte ad evitarle perchè grazie al suo discreto tedesco (imparato all’istituto Dell’Acqua) si fece passare per contadino e lavorò in una fattoria nei dintorni di Danzica dove potè avere un’alimentazione sicuramente migliore rispetto ai suoi compagni di prigionia. Racconta che la proprietaria era una baronessa amante dell’Italia e questo fu un ulteriore vantaggio pur nella sventura della prigionia e del lavoro coatto. Nel campo di Hammerstein fu condotto anche il legnanese Vittorio Jelo. Nei giorni dell’8 settembre si trovava a Piacenza e anche il suo reparto fu sopraffatto non prima di aver tentato la difesa armata.
Con questa parole Jelo descrive il campo e il suo arrivo: «Lì ci scaricarono in mezzo ad un campo recintato dove rimanemmo alcuni giorni all’addiaccio senza alcun aiuto. Alla fine di questi interminabili giorni fummo assegnati alle baracche circondate da cani lupo…».
Anche per Caironi arrivò il momento della liberazione con la fine della guerra ma con un’amara sorpresa. Dopo essere evaso dal campo fu intercettato da una pattuglia americana nei pressi di Kiel, una città portuale situata nell’estremo nord della Germania. Incredibilmente gli americani consegnarono lui e gli altri ai russi:
«Dopo due giorni fummo consegnati ai russi. Avrebbero dovuto riportarci in Italia, invece dal momento che avevano bisogno di manodopera ci deportarono in un campo di concentramento vicino a Varsavia. In questo nuovo campo restammo da aprile ad ottobre: all’inizio c’erano 7000 prigionieri, un po’ di tutte le nazionalità. Poi scoppiò un’epidemia di tifo e colera che durò 40 giorni, morirono quasi 4000 persone. Il campo era gestito dai “figli di Stalin”, ragazzotti di 16 o 17 anni rozzi e ignoranti. Ci consideravano traditori della nostra patria, ogni pretesto era buono per spararci addosso».
Ma Caironi riuscì a venirne fuori: «Un prete che parlava russo e tedesco si travestì da laico e corse a cercare aiuto. Ci vollero settimane, alla fine arrivò una pattuglia della Croce Rossa. I “figli di Stalin” fecero prigioniera anche quella pattuglia, quindi gli americani portarono i carri merci per rimpatriarci. Ma i russi li usarono per portare via tutto ciò che riuscirono ad arraffare. Alla fine arrivò l’esercito americano, che si fece garante del nostro rientro. Il 5 ottobre partimmo alla volta dell’Austria. Il 15 ero alla stazione di Legnano, dove rividi mio fratello. Pesavo 42 chili, in tasca avevo ancora il mio portafoglio e la mia pistola. Tutti i 22 ragazzi del Genio che erano sotto la mia responsabilità erano tornati in patria: 21 sulle loro gambe, uno su una barella della Croce Rossa. Alla fine si salvò anche lui».
 
Note
 
- Una sintesi della testimonianza di Caironi è stata pubblicata da L. Crespi, “La guerra, il lager e la liberazione raccontati da un testimone legnanese”, in “Polis Legnano”, ottobre-novembre 1999, pp. 27-29
 
- Le citazioni di Caironi si trovano in “Giorni di guerra. Legnano 1939-1945”, 2009, pp. 152, 166, 294
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