Legnano story - note personali
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La basilica di San Magno
 
Fra tutti i monumenti legnanesi quello che maggiormente ci viene invidiato per la sua maturità artistica è sicuramente la Basilica di S. Magno. Quando nel 1504 iniziarono i lavori sotto il patrocinio delle famiglie Lampugnani e Vismara i Legnanesi si erano appena disfatti della chiesa protoromanica di S. Salvatore, che era sia strutturalmente che culturalmente non recuperabile, nè sufficientemente dignitosa per un borgo benestante come il nostro.
Il Rinascimento aveva riportato in architettura al loro pieno splendore i fasti compositivi e strutturali dell'epoca imperiale romana. Vi aveva aggiunto tuttavia una miglior conoscenza dei materiali costrutti, vi che aveva permesso di snellire le strutture murarie, ma soprattutto la cultura di questo secolo si esprimeva con forme leggere, dimostrando un notevole equilibrio interiore. Tutto è misurato, ed in ogni particolare d'opera d'arte si coglie il gusto e la maestria del suo creatore. Verso la fine del 1400 un grande ingegno tormentato, Leonardo da Vinci, obbedendo ad una sua esigenza interiore, cercò, nelle sue opere di esprimere l'anima ed il movimento delle cose. In questa ricerca egli sarà maestro; allievi ed esteti del tempo apprenderanno più tardi questo insegnamento. Era divenuto imperativo nel Cinquecento per ogni artista dare vita autonoma alle proprie creazioni, fornirle cioè di anima.
Orbene, Donato Bramante universalmente indicato come padre inventore della nostra basilica, non poteva sottrarsi a questa lezione di spiritualità trasmessa dal più giovane Leonardo.
Il mezzo ch'egli più usò per trasfondere vita e movimento nelle forme architettoniche fu l'impostazione piantistica delle chiese, con schema visuale centrale.
Mentre in antico si era sempre ricalcata la forma basilicale (anche in S. Salvatore) con una prospettica interna monodirezionale verso l'altare, nelle nuove chiese a pianta centrale bramantesche i fedeli si trovano immersi in uno spazio che da ogni lato riserva scorci, visuali, giochi architettonici sempre diversi con simmetrie mirabili.
La chiesa a pianta centrale invita a ruotare lo sguardo e, durante le varie ore del giorno, dalle sue finestre entrano raggi di sole che mutano sempre i giochi di luce sulle superfici delle volte e degli archi. Anche sull'esterno l'edificio si anima. Mentre nelle basiliche troviamo una facciata principale e poi tanti scorci minori come importanza (una delle rarissime eccezioni a questa regola è il Duomo di Pisa, fruibile in tutto il suo intorno), le chiese bramantesche sono volumi da osservare in tutto il loro insieme, formano paesaggio urbano da ogni angolo prospettico, non hanno una facciata vera e propria con angoli e lati minori, ma vengono impostate come volumi in cui simmetrie magistrali si ripetono a 360 gradi. L'attribuzione della paternità del nostro tempio a Donato Bramante di Asdrualdo (Urbino) nasce da due fattori. Il primo è rappresentato dalla Storia delle chiese di Legnano (1650) del prevosto di S. Magno Agostino Pozzo, che nel descrivere la nascita della basilica dice:
Questa fabbrica è dissegno per quello si tiene di Bramante architetto de' più famosi habbi hauto la cristianità, è questa fabrica molto riguardevole a cionque la mira attesa la bella proprotione ella è in ottavo, et quadrata, e di presente con sette altari, in tal modo disposti che uno non è d'alcun impedimento all'altro. E' fatta in volto con le nize sotto per porvi le statue, havea altre volte infaccia una sol porta sopra la quale si legò qui versi postivi l'anno 1518 d'Alberto Bosso qual viveva in quei tempi facendo schola di grammatica in Legnano ove anche morto fu sepolto. ...
Il distico già ricordato all'inizio del libro avverte il viandante che Legnano è ricca, colta e nobile.
Nel libro La Basilica di S. Magno a Legnano da me scritto con l'aiuto di Mosè Turri Junior, nel 1974, con molteplici argomentazioni e documenti riportati, si chiarisce come il Bramante non fosse più a Milano all'epoca in cui la Legnano rinascimentale si accingeva ad edificare il suo capolavoro. Tuttavia è credibile che, come letteralmente dicono le parole del Pozzo, egli lasciò il disegno della chiesa.
Il secondo fattore che rende credibile l'attribuzione antica, nasce molto semplicemente dalla lettura critica della composizione architettonica della chiesa. Come abbiamo prima accennato è dopo Leonardo da Vinci, il quale fa scuola in Milano, che nascono il gusto e l'invenzione piantistica osservate in Legnano. Anche il Pozzo, che architetto non è, subito individua il quadrato e l'ottagono legati mirabilmente, stupisce e gioisce del fatto che da ogni lato si possono vedere gli altari senza che si disturbino. Tutto l'impianto architettonico è un inno alla simmetria tesa a far volgere lo sguardo in un continuo di prospettive visive sempre nuove pur restando l'osservatore sempre nel medesimo punto dell'edificio.
Una tale "invenzione" di spazio è sconosciuta nel 1400, e fino all'inizio del 1500 non sarebbe stata prodotta dalla cultura lombarda. Bramante agisce intorno al 1492 in Milano, a fianco di Leonardo da Vinci e, mentre si occupa della chiesa di Santa Maria delle Grazie, inizia il suo discorso culturale dirompente nei confronti delle piante basilicali allungate. Egli combina una croce greca maggiore con croci greche minori negli angoli ideando un sistema di tre gradi architettonici, identico a quello disegnato in S. Magno, ognuno dei quali è subordinato a quello superiore (cappelle angolari, cappelle principali più grandi, tamburo ottagonale e cupola fuse sopra i grandi piloni che separano le cappelle o i timpani).
Nella nostra chiesa tuttavia la forma è ancora più essenziale e le proporzioni raggiungono una raffinatezza estrema. E sembra piovuta dal cielo in Legnano, ed è evidentemente ideata da una mente colta e geniale che già pensa alle scelte architettoniche per il nuovo San Pietro in Roma. Non può essere il prodotto di una cultura locale, esce dalla tradizione di Milano o Legnano con una tal violenza inventiva che risulta impossibile pensare ad altri autori se non al Bramante.
Esempi simili, ma più tardi, si trovano in Lodi, Saronno, Pavia, Crema. A Busto Arsizio la notizia dell'edificio fa subito tanto scalpore che immediatamente la copiano in scala minore edificando S. Maria di piazza. Queste chiese, tutte a pianta centrale, non sono fatte da Bramante, bensì da suoi seguaci, ed infatti pur essendo molto belle, mancano della essenzialità, pulizia ed armonia presenti invece con mirabile equilibrio nel S. Magno di Legnano. Non dimentichiamo che i legnanesi iniziarono nel 1495 a programmare l'eliminazione del S. Salvatore e quindi la vera data in cui S. Magno fu pensata è di ben nove anni precedente a quel 4 maggio 1504 in cui fu posta la prima pietra.
A realizzare la chiesa provvide un capomastro affiancato dal nostro maggiore artista di quel tempo, legnanese per adozione (abitava in Milano), il giovane pittore Gian Giacomo Lampugnani. Lontano parente dei Lampugnani di Legnanello e dei proprietari del Castello, Gian Giacomo era l'artefice più adatto per esperienza e sensibilità artistica che potesse assumere il delicato compito di trasporre in muri i disegni e le indicazioni del Bramante. Questi preziosi progetti sono però oggi scomparsi e, con ogni probabilità, furono due le occasioni in cui vennero dispersi. La prima nel dicembre del 1511 quando venne saccheggiata Legnano e furono bruciati dei ponteggi anche nella chiesa ad opera di truppe svizzere in guerra con i francesi per la cacciata di Ludovico di Valois dal Ducato Milanese.
La seconda nel 1610 quando dovendosi rigirare gli ingressi, l'ingegnere camerale F. M. Richini venne a Legnano per studiare il tempio cui doveva edificare una nuova facciata.
L'edificio venne comunque iniziato con grande lena nel 1504 e terminato, nelle strutture murarie, il 6 giugno 1513. Subito si provvide a dotarlo di decorazioni interne che lo facessero eccellere tra le costruzioni coeve.
Per quanto invece riguarda l'esterno i Legnanesi si arrestarono con i lavori nel 1513. Forse mancavano soldi (ricordiamo che il borgo di allora era di poco inferiore alle 2000 anime), forse mancarono le idee decorative, oppure attendevano lumi estetici da Bramante, ma questi lumi non arrivarono mai poiché il grande architetto si era spento a Roma, nel 1514.
E' noto che di norma i grandi artisti volevano  eseguire personalmente le decorazioni ed i motivi architettonici esterni delle loro creazioni. Era infatti necessaria una stretta collaborazione tra l'artista e gli esecutori per poter rifinire un monumento, inoltre la gelosia professionale degli architetti del tempo faceva si che nessuno di loro anticipasse con disegni di cantiere l'estetica esterna dell'edificio che, sia per i tempi lunghi di costruzione, sia per le incertezze economiche di finanziamento, era molto poco prevedibile come date di finizione. L'esterno della basilica rimase perciò, per molti anni rustico in mattoni. Anche gli interventi del Richini non furono che marginali e a distanza di ben cento anni dalla posa della prima pietra.
Era intervenuto a frenare la costruzione anche un fatto socio economico. La primitiva spinta culturale, sostenuta da forti donazioni, proveniva dalle casate nobili che risiedevano a Legnano solo temporaneamente, ma appartenevano per censo e potere politico agli ambienti di governo in Milano.
Con l'avvento delle dominazioni francese, spagnola e per ultima austriaca, queste caste nobiliari persero sia parte dei loro privilegi sia l'abitudine di usufruire delle loro proprietà in Legnano come sedi di soggiorno estivo. Legnano quindi subì un grave depauperamento dovuto all'avvenuto scollamento tra questi poteri nobiliari milanesi e la gestione delle loro proprietà di provincia. Anche la progressiva scomparsa degli ordini monastici qui presenti coi loro conventi portò all'allontanamento del potere arcivescovile dal borgo. La basilica rimase quindi orfana del suo aspetto esterno. Al contrario si può affermare che nel suo interno è di una ricchezza e splendore difficilmente eguagliabili .
La prima e più importante opera pittorica venne eseguita dal maestro Gian Giacomo Lampugnani, nel 1515, che eseguì una affrescatura della volta ottagona con candelabre a grottesca di notevole forza ed eleganza. Ricavate con tinte bianche e grigie in chiaroscuro su un fondo blu lapislazzolo, le decorazioni sono di una scenograficità e compostezza raramente uguagliate.
Lo storico Muntz rimasto estasiato da questo capolavoro, lo definì nei suoi scritti di critica artistica "la più bella grottesca di Lombardia".
Essa si inquadra perfettamente nel concetto di centralità di pianta, espresso dall'edificio. Non ha infatti una direzionalità del disegno, ma ripete specularmente la scansione di spicchi uguali delle tarsie marmoree del pavimento e invita a ruotare lo sguardo con movimento circolatorio che man mano sale come in una spirale che termina sotto la lanterna posta al culmine della cupola.
I motivi ad animali e piante rispettano anche il notevole slancio della struttura muraria. Essa è costruita in mattoni forti come tutto il resto della chiesa, eccezion fatta per il campanile antico. Come già detto la parte di fondazioni absidali ed il campanile romanico del S. Salvatore, furono riutilizzate nel 1504.
Anzi il campanile stesso fu abilmente sfruttato  facendogli fungere la cappella minore nel lato destro della parete sud.
La cappella di S. Maria e S. Giuseppe che vicino a lui si ritrovava fu rispettata nella sua forma e dedica. Questa in seguito accolse nel 1640 l'organo Antegnati quando venne chiuso il portone rivolto verso l'attuale municipio. L'organo stesso accresciuto dai Carrera e poi dai Maroni trovò posto nel nuovo ampliamento della facciata operato nel 1914 dall'architetto Perrone.
Per meglio cogliere le numerose modifiche subite in quasi 500 anni di storia, riporto alcuni dati cronologici :
 
4 maggio 1504 - Inizio della fabbrica. Note del tesoriere Alessandro Lampugnani Sutermeister - Memorie 4 - 5.
10 aprile 1510 - Gettata una campana di 50 rubbi.
24 maggio 1510 - Gettata una campana di 80 rubbi. Note del tesoriere Alessandro Lampugnani. Storia de "Le chiese di Legnano" di P. Pozzo.
1O dicembre 1511 - Incendio e saccheggio di Legnano ad opera degli Svizzeri in guerra con i Francesi per la cacciata di Ludovico di Valois dal Ducato Milanese. Note del tesoriere Alessandro Lampugnani.
6 giugno 1513 - Compimento della fabbrica. Note del tesoriere Alessandro Lampugnani. Storia de "Legnano" di P. Pozzo. Distico del maestro Alberto Bosso, ora sopra la porta detta del Prevosto, aperta sotto il vecchio campanile verso la casa canonicale.
15 dicembre 1529 - Francesco Landino, vescovo di Laudicea e suffraganeo dell'arcivescovo di Milano, consacra la chiesa.
1542 - Restauro e sopralzo del vecchio campanile.
7 agosto 1584 - Traslazione della Prepositura.
1610 - Trasferimento della facciata da nord a ponente, apertura delle porte laterali del nuovo prospetto e chiusura delle vecchie porte verso nord e sud. Archivio di S. Magno.
2 luglio 1611 - Rafforzamento del campanile romanico e aggiunta di due nuove campane più pesanti.
20 agosto 1611 - Il cardinale Federico Borromeo consacra le nuove campane.
1638 - Restauro della torre campanaria.
2 dicembre 1752 - Costruzione del nuovo campanile. Archivio di S. Magno.
1840 - Apertura della porta centrale in facciata, primi restauri sotto la direzione dell'ing. Turconi. Rafforzamento della cupola e demolizione dell'abitazione del sacrestano prospiciente il palazzo municipale.
12 novembre 1850 - Relazione della commissione per i restauri composta dai pittori F. Hayez, Antonio De Antoni e dallo scultore Giovanni Servi, insegnanti a Brera, fatta all'I.R.G.A. (Imperial Regio Governo Austriaco) su proposta del reverendo prevosto Ponzoni.
1888 - Progetto di restauro dell'architetto sacerdote Locatelli parroco di Vergiate, non approvato dalla Conservazione dei monumenti per la Lombardia. Presentatore monsignor Domenico Gianni, predecessore di monsignor E. Gilardelli.
1909 - Costruzione della nuova sacrestia.
20 luglio 1910 - Danni alla chiesa ad opera del ciclone.
1911-1914 - Inizio dei lavori diretti dall'architetto Luigi Perrone Sovraintendente alla conservazione monumenti per la Lombardia. Restauro dei tetti e chiusura delle murature sottotetto. Distruzione delle aggiunte barocche. Rifacimento degli intonaci. Prolungamento dell'atrio della chiesa. Progettazione e rifacimento della facciata e applicazione dei timpani alle porte di ingresso. Il pittore Albertazzi progetta ed esegue i graffiti in facciata.
1963-1964 - Sotto la direzione dell'architetto Pietro Scurati Manzoni espressamente delegato dall'ing. Luigi Crema, Sovraintendente alla conservazione dei monumenti in Lombardia: rifacimento dei tetti ed esecuzione di un secondo tetto sopra l'altare maggiore. Rifacimento degli intonaci e dei vecchi graffiti in facciata, pittore Giannino Colombo. Restauro dei resti del campanile romanico.
Ottobre 1967 - Demolizione della vecchia casa canonicale costruita nel 1500 e successivamente ampliata due volte; nel 1600 e nel 1700. Inizio della costruzione del nuovo centro parrocchiale. Architetti Enrico Castiglioni e Ezio Ceruti. Impresa Silvio Saredi.
1972 - Inaugurazione del centro parrocchiale da parte dell'arcivescovo cardinale Giovanni Colombo.
 
Volendo descrivere l'interno della basilica con completezza non basterebbero poche pagine, infatti la chiesa si è nel corso degli anni arricchita in ogni suo angolo di tali e tante opere d'arte, che si è veramente imbarazzati nel doverne tralasciare all'esame qualcuna .
Seguendo un criterio cronologico possiamo però, almeno iniziare l'esame di questi piccoli e grandi capolavori .
Si è già detto che, immediatamente dopo aver terminato la struttura muraria, un maestro Gian Giacomo (Lampugnani, stando alla tradizione), nel 1514, dipinse la cupola ed il tamburo fino alle cornici.
L'anno successivo la famiglia Lampugnani commissionò, le affrescature della cappella di S. Agnese, che si trova alla sinistra di chi entra. Il soffitto richiama con alcune grottesche la decorazione della cupola della basilica  in chiaroscuro su fondo azzurro.
Sui lati due grandi scene riguardano la Madonna con i Santi. Sul terzo lato di sinistra, ove in un tempo successivo si ricavò, una finestra rettangolare, era posto un quadro di Giovanni Battista Lampugnani con una deposizione ora portata nella cappella del battistero. Gli affreschi sono quasi sicuramente dello stesso maestro Giacomo, autore della cupola. Nella zoccolatura inferiore trovano posto parte degli stalli lignei, tolti nel 1967 dal coro della cappella maggiore, ove coprivano alcuni affreschi.
 
 
A parte la pala del Giampietrino di cui abbiamo già parlato a proposito della tradizione che la vorrebbe presente intorno al 1490 nella chiesa del S. Salvatore poi abbattuta, e gli affreschi del Gian Giacomo, i lavori nella chiesa si arrestarono per alcuni anni (1516-1523). In questo tempo imperversava la peste in Milano ed il pittore Bernardino Luini, che aveva preso in affitto dai signori Prandoni una casa a Legnano, fu incaricato con atto rogato dal notaio Isolano della Corte Arcivescovile, di dipingere un polittico di notevoli dimensioni (metri 3 x 5).
L'opera è stupenda e, tra tutte quelle cui diede vita l'artista, a detta dei critici, la migliore.
Il Luini crea, servendosi del telaio in legno intagliato come di un castello architettonico, una sorta di scenografia, in cui ripete il motivo delle cornici vere nello sfondo del dipinto. In questo scenario quasi a rilievo egli inserisce le figure dei santi Pietro e Battista - Magno e Ambrogio, sui lati. Al centro imposta, in una tavola di eccezionale grandezza, una Madonna con bambino attorniata da angioletti musicanti. Sopra, in un timpano, si staglia la figura del padre eterno. Lo zoccolo riporta alcune piccole scene dipinte a chiaroscuro con la passione di Gesù Cristo. Tutto il polittico era inserito in una grande cornice con due ante che lo proteggevano e venivano aperte durante le funzioni festive. Queste ante pure dipinte dal Luini purtroppo, nel corso dei secoli, furono dapprima smontate e poi disperse.
Questo capolavoro nel suo scrigno non è più completo; restano però due angeli dipinti sullo sfondo del contenitore sopra il Padreterno.
La cappella maggiore aveva subito un ampliamento dopo l'incendio del 1511, le sue pareti erano state solo intonacate, ornate con decorazioni semplicemente graffiate con motivi a tondi e cerchi. Su questo sfondo la pala del Luino doveva sembrare accolta in maniera non degna.
Nel 1562 venne quindi incaricato un allievo del grande Gaudenzio Ferrari, Bernardino Lanino affinchè dipingesse la volta e le pareti della cappella maggiore. Usando come punto focale delle sue rappresentazioni la pala del Luini (con l'altare accostato alla parete di fondo, e poi spostato nel 1587), il Lanino affrescò una sequenza di otto grandi scene, più due piccole sopra le finestre. Ai lati del polittico pose un S. Rocco ed un S. Sebastiano grandiosi nel disegno e delicatissimi negli incarnati. Sui piloni dell'arco trionfale infine raffigurò il Salvatore - Gesù Cristo e S. Magno ricordando cosi la dedica della Basilica.
Nelle lunette sopra il cornicione della cappella oltre ai classici quattro evangelisti, mise i dottori della Chiesa: Gregorio e Agostino a destra Ambrogio e Girolamo sulla sinistra.
Infine si dedicò al soffitto con volta a crociera, tenendo chiaro il colore per contrastarlo col blu e grigio della cupola e decorandolo con quattro tondi a puttini su sfondo giallo oro ed una serie di piccole decorazioni a festoni, figurine che ricordano molto il gusto quattrocentesco lombardo.
Anche l'arco trionfale non fu tralasciato, ma ornato con angioli in volo e cornici geometriche decorate con frutti.
Il Lanino non tralasciò il risvolto della decorazione della cappella verso l'ottagono e lo risolse con due candelabre di frutta e ortaggi che raggiungono il cornicione. Nello spazio tra l'arco ed i piloni della chiesa pose due tondi sorretti da angeli con le teste di due profeti.
All'epoca in cui terminò questo capolavoro (1564) la decorazione dei piloni della chiesa era tutta eseguita con fasce grigie. Nel 1923 il motivo dei tondi con i profeti fu ripreso dal pittore Gersam Turri e completato su tutto il perimetro. Anche i pilastri e le voltine dei pennacchi furono decorati con gusto attinente alla grottesca della volta e diedero alla chiesa uno splendore ed una completezza raramente eguagliabili. Nel 1967 queste decorazioni furono rifatte ad affresco seguendo i cartoni originali dal figlio di Gersam tutti, Mosè Turri Junior, che nell'occasione esegui anche un accuratissimo e lungo restauro degli affreschi del Lanino. Questi a causa dell'umidità del tetto, presentavano distacchi e sfioriture degli intonaci molto preoccupanti.
 
Posta a destra vicino all'ingresso, questa cappellina venne dipinta nel 1556 da uno dei figli del Luini. La tradizione dice grossolanamente Aurelio Luini, in quanto costui era più conosciuto, ma sia le date che l'esecuzione degli affreschi portano al nome di Evangelista Luini.
Egli dipinse la scena con il martirio di San Pietro inquisitore attorniato da belle figure di Santi sui lati della cappella; sulla volta, alcuni angeli ed un Padreterno. Nel 1576-77 a causa della peste vennero ricoperti con la calce tutti gli affreschi della chiesa, eccetto le scene del Lanino.
Questo scialbo impedì che nel 1610 i muratori che aprivano un nuovo passaggio nel campanile romanico, si accorgessero di essere intenti a distruggere l'affresco del S. Pietro martire. Anche il trasporto nella cappellina dell'organo Antegnati contribuì alla distruzione dei dipinti.
Nel 1830 quando venne spostato una seconda volta I'organo, si poterono notare le tracce di questi affreschi. Asportato lo scialbo, fu rifatta la scena centrale con San Pietro pittore Beniamino Turri. Dopo quasi un secolo riapparvero anche le figure laterali e gli angeli della volta. Il pittore Gersam Turri rifece nel 1900 la figura del Padreterno, mentre, nel 1967, Mosè Turri Junior, restaurando tutto l'insieme, mise allo scoperto anche le due figure più in basso ai lati, che erano state per gran parte scalpellate.
 
Le cappelle grandi di destra e sinistra furono decorate dopo il 1610. Quella a sinistra dell'ingresso era dedicata al S. Crocifisso. In antico portava una piacevole prospettiva a corona dell'altare marmoreo tuttora esistente. Questo accoglie sotto una teca con un pregevole Cristo deposto che si trovava nella cappella Vismara, sopra un grande Crocifisso, qui trasportato dalla sagrestia, cui furono aggiunte l'Addolorata e la Maddalena in stucco, di pregevole fattura del XVIII secolo.
Le pareti che portavano le insegne di S. Carlo Borromeo furono riaffrescate nel 1925, quando cambiò la dedica della cappella. La cappella di S. Carlo fu spostata sul lato sinistro, ove prima esisteva un passaggio verso le case canonicali che affiancavano la chiesa in faccia all'attuale palazzo Malinverni.
I nuovi affreschi del 1925 sono opera del pittore Eliseo Fumagalli scenografo di professione; essi denotano nella costruzione delle scene la dedizione al teatro, caratteristica di questo autore. La cappella dirimpetto ora dedicata all'Assunta, era in origine, ingresso alla basilica. La pala che vi si ammira è quella del Giampietrino (1490?). Quando, spostata dalla sua sede più antica, venne collocata in questa cappella (1610) la sommità della stessa pala fu completata dai fratelli Lampugnani con un bellissimo Ecce Omo. La decorazione ad affresco delle pareti raffigura una complessa prospettiva d'ambiente con colonnati marmorei e soffitti cassettonati. Come mano pittorica e soggetti decorativi, può, essere attribuita agli architetti Gio. Batt. e Girolamo Grandi (1646) autori di un'uguale prospettiva nella XII cappella del Sacro Monte di Varese. I fratelli Lampugnani vi aggiunsero alcune figure e un volto di puti attorno al polittico del Giampietrino.
Essi decorarono con un cielo ricolmo di angeli musicanti anche la volta e l'arco principale della cappella (1633). L'aspetto pittorico di tutto questo insieme è gradevole, caldo, e armonizza molto bene con la decorazione esterna del tamburo. Da notare che fino al 1640 la tavola centrale dell'altare era ancora presente. Poi venne dispersa. Al suo posto si trova ora  una  pregevole  statua  cinquecentesca  della Madonna.
 
Come abbiamo già accennato la terza cappella sul lato sinistro fu solo nel 1923 dedicata a San Carlo. In precedenza si ricorda un altare a San Antonio Abate poi scomparso assieme ai quadri a lui dedicati.
Attualmente vi si possono vedere due tele seicentesche con San Carlo che visita gli appesati  e San Carlo  in estasi. Gli autori sono sempre i Lampugnani, o Francesco o Giovan battista.
Nel 1924 fu dato incarico al pittore Gersam Turri di eseguire ad affresco, nelle campiture delle belle decorazioni a stucco secentesche, delle figure chiaro scuro e dei puttini nella volta.
 
In fronte all'attuale cella di S. Carlo vi si trovano due accessi alle sagrestie. Le pareti di questa cappellina sono state lasciate in bianco dopo l'ultimo restauro della chiesa, per fare capire ai visitatori come fosse spoglia nei vani laterali della basilica, prima del 1923.
Unica e pregevole opera antica qui presente è una Madonna di sapore quasi cinquecentesco affrescata con dolce maestria da Francesco Lampugnani legnanese nel 1620.
 
Si trova sul lato sinistro della cappella dell'altare maggiore.
Oggi accoglie lo stupendo basamento marmoreo dell'antico fonte battesimale nonchè le cancellate ma poste a fianco della cappella di S. Agnese, a recingere il fonte stesso.
Come impostazione stilistica la decorazione di questa cappella minore è settecentesca. Posta al centro dell'arco di ingresso lo stemma Vismara. Era in antico dedicata agli apostoli Giacomo e Filippo. Fu, dopo il 1800, dedicata all'Addolorata. Dentro la modanatura delle cornici a gesso, sui pilastri, presero posto quattro dipinti su tela di S. Antonio Schieppati andati poi perduti. verso la fine del 1800 il pittore Legnanese Mosè Turri senior fece altre tele con la presentazione, la Fuga in Egitto, l'Addolorata e la Deposizione. Egli aggiunse anche tre tele, che vennero poi incurvate, sull'arco d'ingresso. Nel centro della parete di destra venne posta una deposizione dipinta da Giovanni Battista Lampugnani, prima presente nella cappella di Santa Agnese.
L'altare, nel Settecento, portava sopra i gradini l'urna con la statua del Cristo deposto, ora collocata nella cappella del S. Crocifisso; ai lati erano modellati in grandezza naturale S. Giovanni Battista e S. Giacomo. Quando la cappella cambiò dedica nel 1948, furono demolite le grandi statue sopra l'altare e nella nicchia prese posto un quadro del Sacro Cuore, un poco stonato come colori rispetto alla cappella stessa.
Da notare sono il bel pavimento di marmo e la torciera di rame che in antico, con una gemella, serviva al centro della chiesa per meglio leggere, stando seduti nelle panche. Oggi viene usata come supporto per il cero pasquale. Il soffitto a stucchi ed i puttini sono dei fratelli Mosè e Daniele Turri.
 
Posta sulla destra della cappella maggiore essa era dedicata agli apostoli Pietro e Paolo. Un bel quadro ad olio posto sulla parete sinistra ed opera dei fratelli Lampugnani ci mostra il crocifisso con S. Paolo  S. Gerolamo e S. Antonio Abate.
Questa tela tuttavia è stata posta qui nel 1800.
La cappella era usata dalla confraternita del S. Rosario fin dall'anno 1585.
Nel 1603 il pittore Gio. Pietro Luini detto Gnocco dipinse degli angeli, riemersi dopo il restauro del 1925, nelle lunette a fianco delle finte finestre.
Molto bella è la statua lignea della Vergine del Rosario collocata nella nicchia sopra l'altare. Questo è stato rifatto dopo il 1836, in quanto era andato perso per incendio quello in legno dorato a fiori e grappoli di frutta disegnato dal Borromini ed intagliato dai Cojro.
Il quadro posto sulla destra con S. Teresa del Bambin Gesù è della scuola del Beato Angelico (1940).
La decorazione della volta ed i tondi con i putti recanti i simboli del rosario sono invece del pittore Gersam Turri (1925).
All'esame frettoloso testè concluso non si può, sottrarre qualche nota alle pavimentazioni.
Le più antiche sia della cappella del Luini che di quella di S. Agnese, erano in piastrelle di cotto rosso. Mentre per la seconda questo materiale è rimasto, tutto il resto della chiesa, nel XVIII secolo, fu ripavimentato con una tarsia marmorea bianca e nera scandita da grandi fasce in macchia vecchia rossa.
Nell'ottagono centrale venne ricreata una scacchiera restringentesi verso il centro, che ripete il gioco prospettico delle costolature della volta.
L'insieme, oggi disturbato dalla presenza delle sedie e delle panche, è di una bellezza incantevole. Durante l'inverno, in antico, veniva protetto con grandi pannelli lignei.
Tutte le balaustre sono a colonnine lavorate a sagoma quadrata in marmo rosso, i basamenti e i contorni sono neri. Anche l'altare che, nel corso dei secoli, ha cambiato ben tre volte posizione, è formato da un colossale parallelepipedo di pietra miscia, tutto d'un pezzo.
Quando era appoggiato alla parete di fondo era stato dotato di un grande tabernacolo dei Cojro. Questo però era così grande da nascondere la pala del Luini. Fu quindi posto in sagrestia e, spostato l'altare, si fece intorno alla mensa una cornice barocca in legno dorato coi ripiani per i candelieri ed un nuovo tabernacolo più piccolo. Questo grande altare fornito di un capocielo scolpito e del velario alle spalle, venne mantenuto fino agli anni 1960.
Cambiata la liturgia vennero eliminati sia il capocielo che il velario, e in occasione dei restauri del 1963, fu rigirata la mensa, lasciando il solo blocco marmoreo per le celebrazioni.
Anche i due pulpiti scolpiti in legno che erano ai lati della chiesa innestati sui piloni, vennero disfatti e solo uno è stato ricollocato a lato della cappella maggiore, ma a livello del pavimento di questa.
Già abbiamo accennato agli stalli del coro. Tutti in legno di noce, furono posti in opera dopo il 1586, per mano dei fratelli Cojro. Essi erano imponenti e preziosi nella loro severità ancora rinascimentale.
Attualmente sono stati accorciati fino alla metà dei lati della cappella, per permettere una completa visione degli affreschi del Lanino. Al centro è stata innerita una stupenda cattedra vescovile, che era collocata sulla destra della cappella, con dei putti e delle formelle decorate di notevole pregio.
Molte altre opere come il fonte battesimale in legno dei Taurini, gli arazzi dei Lampugnani, quadri e stendardi celebrativi di San Carlo o per le giornate dei morti, Via Crucis, nuovo impianto dell'organo disegnato da Gersam Turri, vetrate, arredi sacri ecc. sarebbero da descrivere, ma per mancanza di spazio rimandiamo al libro scritto sulla Basilica di S. Magno nel 1974.
Un'ultima nota riguarda l'esterno.
L'antico campanile romanico che era stato conservato nel 1504, fu dapprima rialzato nel 1542. Ancora nel 1611, a causa del rinnovo delle campane fatte ingrandire, venne rinforzato e restaurato.
I muri in sasso erano però incoerenti e nel 1638 dovettero nuovamente rafforzarli.
Il giorno 2 dicembre 1752 venne iniziata la costruzione di una nuova torre su progetto di Bartolomeo Gazzone, con l'aiuto di maestro Francesco Beltrame. Quella vecchia rimase integra solo fino all'altezza del cornicione del tiburio esterno. Porta ancora due serie di arcatelle ciliali la lapide con il distico del Bossi ed un Cristo romanico proveniente dal S. Salvatore, di modesta dimensione.
Il nuovo campanile invece, alto più di 40 metri, fu edificato con una robusta cortina muraria in mattoni, abilmente sagomata con insenature. La sommità venne realizzata con un tetto piano sopra la cella campanaria, semplificando il progetto originale eccessivamente decorato.
Nel suo insieme la basilica subì modifiche di poco conto, dal 1504 ad oggi. A parte lo spostamento richiniano della facciata, una vera modifica fu operata, nel 1914, da mons. Gilardelli che incaricò, l'architetto Perrone di allungare di una campata le cappelle verso piazza San Magno. Nell'occasione scomparvero le finestre ed i portali del Richini (1610).
Il prospetto e l'esterno della basilica furono finiti ad intonaco con motivi decorativi graffiti. Le finestre tonde accolsero nuovi serramenti e fu sistemato il perimetro esterno. Molte trasformazioni invece ebbero le case canonicali.
Poste dapprima verso il ponte sull'Olonella nell'angolo nord-est ed appoggiate alla chiesa (si entrava come abbiamo visto dalla cappella attuale dedicata a S. Carlo), furono abbattute intorno alla fine del 1800.
Le canoniche più antiche del 1500 erano poste a lato della sagrestia e formavano cortile proprio in faccia al vecchio campanile romanico. Esse erano state ampliate, nel 1600, sotto Federico Borromeo, che aveva ripreso l'uso della braida e, nel 1700, in occasione del rinnovo del campanile.
Come si può, notare dalle foto dei primi dell'Ottocento la basilica era stata come abbracciata dall'abitato, lasciando libero il sagrato con il "foppone" che fungeva da cimitero.
Costruito il Palazzo municipale dall'arch. Malinverni, nel 1908, e coperta successivamente l'Olonella lungo via Gilardelli, la chiesa riacquistò, anche all'esterno la sua caratteristica di monumento a pianta centrale, da osservare lungo tutto il suo perimetro.
Era ormai visibile da tre lati. Solo a sud, la presenza delle vecchie canoniche, chiudeva la visuale.
Nel 1967-72 queste vecchie e basse costruzioni vennero eliminate. Al loro posto sorse un monumentale Centro Parrocchiale dotato di sale riunioni, mensa, uffici ed abitazioni per i sacerdoti.
L 'edificio venne proposto dai progettisti Castiglioni e Ceruti, in vetro e pietra rossa di porfido. Sostenuto da una serie di pilastri in acciaio, forma, con la basilica, sul lato sud una galleria che permette la completa rotazione pedonale attorno alla chiesa stessa.
Nell'anno 1976 vennero dotate alla basilica tre artistiche porte in bronzo, a ricordo del VIII centenario della battaglia di Legnano.
Si rese promotrice di quest'opera la Famiglia Legnanese costituendo un comitato di iniziativa, attraverso il quale vennero raccolti i fondi necessari. In quell'anno era sindaco della città l'ing. Cesare Croci Candiani che si dimostrò particolarmente sensibile a questa opera, le cui figurazioni rappresentavano una sintesi delle glorie e delle virtù della gente legnanese.
La proposta, maturata nell'ambito della Famiglia Legnanese, trovò, ampia rispondenza anche nel Comitato Sagra, nelle otto contrade e in diversi enti ed Associazioni della città.
Le tre artistiche porte in bronzo, opera dello scultore bergamasco Franco Dotti, vennero benedette il 10 maggio 1976 dall'arcivescovo di Milano card. Giovanni Colombo, prima della celebrazione della tradizionale messa sul carroccio, preludio delle imponenti manifestazioni per l'ottavo centenario della battaglia di Legnano.
Le varie formelle sono ispirate alla ricorrenza del memorabile avvenimento e rappresentano una sintesi ideale della storia, delle glorie e delle virtù della operosa gente legnanese.
Nel trentesimo anniversario della propria fondazione, la Famiglia Legnanese, ha affidato allo stesso autore Franco Dotti, una riproduzione in scala ridotta delle porte, affinché questo trittico potesse essere fruito da collezionisti e legnanesi amanti delle opere artistiche della loro città.
 
 
 
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