Daghe & Coltelli
apparati per la tavola e la guerra nel Rinascimento europeo
Dagli utensili in selce dei nostri antenati alle preziose cinquedee del rinascimento italiano, le lame corte hanno sempre caratterizzato la vita sociale dell’uomo. Il coltello, oggi comune utensile d’uso quotidiano, ha una lunga storia ma l’uso “domestico” dello stesso pare si debba ai barbari invasori. (1) E’ poi nel rinascimento, con l’affinarsi delle buone maniere, che compare il coltello da tavola a punta arrotondata. Esso si diffonde parallelamente all’uso di tagliare le carni nel piatto, abbandonando la consuetudine di infilzare i cibi con la punta della lama per prenderli e portarli alla bocca. Al tempo stesso si consolida l’abitudine di utilizzare puntaruoli o “pilotti” e, ancora limitatamente e con eccezioni ben localizzate geograficamente, “forcine” (forchette) per prendere le carni dal piatto di portata.
Sono anche documentate abitudini “geografiche”, riguardo all’utilizzo del coltello a tavola, : verso la metà del ‘cinquecento il francese Calviac (2) riportava che “gli italiani in generale preferiscono avere un coltello per ciascuno. I tedeschi, poi, lo considerano tanto importante che è per loro motivo di grande fastidio che il loro coltello venga preso o richiesto da altri. I francesi, al contrario, in un’intera tavolata di persone si servono di due o tre coltelli senza che il chiederli o prenderli rappresenti una problema, e così il porgerli, quando siano richiesti” . Il coltello è quindi componente fondamentale delle “posate” (nella lingua italiana il termine viene da “posare” facendo riferimento al fatto che si tratta di oggetti posti sulla tavola (3) ) tanto che nella lingua tedesca alle posate ci si riferisce con “Besteck” che in origine indicava il fodero del coltello che ognuno portava in cintura. In quello stesso fodero, sovente, era posta la daga : lama più lunga di ben altro utilizzo. Di etimo incerto ma sicuramente nord-europeo ( “Dagen” in tedesco significa spada) la daga, arma da mano assimilabile al pugnale ma con lama più lunga, rappresenta uno degli strumenti di difesa⁄offesa a maggior diffusione nel rinascimento.
“Magistro primo son de daga...” scriveva nel Flos Duellatorum Fiore de'Liberi nel XV secolo (4) : nella trattatistica medioevale e rinascimentale grande attenzione viene posta dai maestri d'arme al maneggio della daga, segno dell'importanza che quest'arma rappresentava, anche nella vita di tutti i giorni, per i nobiluomini a cui le opere erano generalmente destinate. Anche se pare che il portare daga e spada con l’armatura sia entrato nell’uso comune solo agli inizi del 1300, dal Medioevo fino ai primi del XVII secolo, daghe e pugnali venivano portati spesso anche da chi indossava abiti civili. In questo periodo ne erano utilizzati principalmente quattro tipi (5) : la daga, o pugnale, a “rondelle” od a “dischi” che aveva la guardia ed il pomo realizzati con due dischi posti orizzontalmente; quella con l’elso a croce, fatto come quello di una spada di formato ridotto; la “basilarda” o “baselardo”, un’arma di origine svizzera molto usata dai civili, con il manico fatto come una lettera “I”; la daga a “rognoni”, la cui guardia era costituita fig.3 1555 - Daga svizzera da due sporgenze a forma di sfera. Un altro tipo di daga fu quello “ad orecchie”, in uso principalmente in Spagna (ereditato dei Mori) ma che si diffuse anche in altri paesi d'Europa; il suo nome deriva dal fatto che il pomo era costituito da due dischi accostati con un angolo di 45°. La daga a rondelle ed il baselardo, sembra siano caduti in disuso all'inizio del 1500, ma un modello perfezionato del secondo si diffuse largamente in Germania sino a circa il 1560 ed in Svizzera, suo luogo d'origine, sino al 1600. In quest'ultima variante è chiamato “Holbein”, per il fatto che Hans Holbein il Giovane aveva fatto disegni per il decoro del fodero di questa daga; questa aveva un elso simile a quello del baselardo ma il fodero era, di solito, di bronzo dorato o di argento, decorato con scene in parte traforate od in rilievo. In tempi recenti l'”Holbein” è diventato tristemente famoso per essere stato adottato dalle SSA naziste. La daga a “rognoni” restò in uso sino agli inizi del 1600 e, in una forma perfezionata chiamata “dirk”, ha continuato a far parte del costume nazionale degli Highlanders scozzesi sino ai giorni nostri. La daga con elso a croce ebbe il suo periodo di massimo utilizzo nel tardo Cinquecento ed agli inizi del Seicento, quando accompagnava la spada da lato. Questo tipo di daga, detta “mancina” o “main-gauche” per l'ovvio motivo che veniva impugnata con la mano sinistra mentre la destra brandiva la spada, aveva spesso i bracci dell' elso arcuati per far incastrare la lama dell'avversario, e dopo la metà del Cinquecento fu spesso munita di un anello laterale. Lo “stiletto”, che aveva una lama rigida ed appuntita di sezione triangolare o quadrata, fu un' altro tipo di daga a crociera popolare nell'Italia del Seicento. Per quest'arma, che colpisce per la bellezza e l'eleganza del disegno, molte sono le leggende che oggi definiremmo “metropolitane” : alcuni la chiamarono “misericordia” per il fatto che fosse usata per portare il colpo fatale al ferito sofferente, un atto di “misericordia”, appunto, per un essere umano destinato al giudizio divino; altre versioni della stessa daga, riportavano tacche sulla lama (“stiletto centoventi”) e si disse fosse anche uno strumento in uso al bombardiere per la misura dei calibri delle bocche da fuoco; ma questa interpretazione, contestata da molti esperti (6) per la disparità delle misure e la disposizione delle stesse sulla lama, lasciò spazio anche ad un'altra leggenda : essendo un'arma facilmente occultabile e per questo molto spesso vietata, che la scusa dell'utilizzo professionale potesse costituire un valido motivo di possesso. Molto bello è pure un altro tipo di daga : la cinquedea o lingua di bue (parente dell'anelace europeo) , prezioso prodotto di lusso destinato ad un ristretto mercato di élite. Contrazione di “cinque dita” (dalla larghezza della lama) questo strano tipo di arma resta di moda per circa un quarto di secolo e nasce da modelli anteriori più semplici, senza lame incise. Prodotto tipicamente italiano, forse unica vera invenzione italiana nelle armi bianche, nasce in Emilia e viene prodotta a Bologna ed a Venezia. (7) Queste daghe sono di grande importanza perché stanno alla base delle decorazioni delle altre armi ed armature delle prime decadi del Cinquecento; sembra che solo un paio di incisori abbiano anche disegnato le loro fantasie decorative : il Maestro dei cavallini ed Ercole de Fideli da Sesso, orafo alla corte di Lucrezia Borgia. All'incirca dopo il 1630, quando nella scherma non se ne fece più uso, la daga divenne un complemento dell'uniforme; la baionetta da innestare nella bocca del fucile rappresentò l'ultimo utilizzo militare di quest'arma.
Come detto, altri apparati completavano il desco rinascimentale; nell' opera di Bartolomeo Scappi “dell'Arte del cucinare” (8) della fine del XVI secolo, sono presenti parecchie illustrazioni : in alcune, particolarmente interessanti, possiamo notare oltre a parecchi tipi di coltelli, “pilotti per impilotar” e “forcine”. Ora, anche se gli antichi Romani utilizzavano forchettoni e forse anche una sorta di forchetta, le forchette come le intendiamo oggigiorno sono probabilmente un'invenzione bizantina il cui uso fu importato dalla repubblica di Venezia. La prima testimonianza dell'utilizzo della forchetta nell'Europa occidentale, riguarda il banchetto per le nozze della principessa greca Argilo con il figlio del Doge di Venezia celebrate nel 955. (9) Proprio perché associate al mondo bizantino ed a causa dello scisma tra la Chiesa ortodossa e la Chiesa di Roma del 1054, le forchette furono indicate dal clero cattolico come simbolo del demonio ed il loro utilizzo bollato come peccato. Ed ancora nel Seicento, quando in Italia il loro uso è oramai frequente, Monteverdi, ogni volta che per buona educazione è costretto ad impiegarle, fa dire tre messe per espiare il peccato commesso. (10) Partendo dall'Italia , dove a Napoli ai tempi di Roberto d'Angiò (1309-1343) si mangiava la pasta calda e scivolosa infilzandola con una specie di punteruolo di legno (il “pilotto” illustrato nell'opera dello Scappi), la forchetta (“forcina”) arriverà agli altri paesi europei diffondendosi molto lentamente. Già nel Cinquecento questa è presente in Francia : a corte verrà, forse, introdotta da Caterina de'Medici, andata in sposa nel 1533 a Enrico II. Sarà suo figlio Enrico III a voler rendere obbligatorio l'uso ordinandone l'impiego : susciterà, però, solo derisione ed avversione nei confronti di chi, raffinato imitatore degli italiani, non tocca il cibo con le mani; sol nella seconda metà del Seicento verrà meno l'avversione della nobiltà francese per la forchetta. Alla corte francese, si mangiava più o meno come nel Medioevo. Davanti ad ogni convitato veniva posto il “tagliere”, costituito da una piastra rotonda o quadrata di metallo, di legno od anche da una fetta di pane scuro molto spessa su cui si posava la carne. Il bicchiere era messo a destra , il coltello a sinistra. Solo lo scudiero “tagliatore”, il “trinciante” incaricato di tagliare le carni, usava una forchetta per tenere fermi i cibi. Poi i convitati prendevano con tre dita la porzione che veniva loro offerta e la dividevano sul tagliere in pezzi più piccoli che portavano alla bocca con la mano destra. Al centro della tavola era posto un unico cucchiaio con cui ci si serviva di patè e di dolce. Salse e minestre venivano servite separatamente in piatti fondi o scodelle e consumate con pane. Mangiare con le dita costringeva ad usare molti tovaglioli, anche se talvolta, nei pasti più semplici, ci si asciugava le mani nella tovaglia. Piatto, scodella e tagliere erano cambiati ad ogni portata e si cambiava ogni volta anche il tovagliolo. Si facevano brindisi augurali offrendo il proprio bicchiere in segno di cordialità ma prima di bere nel bicchiere di altri, ci si asciugava la bocca.(11)
Tempi che cambiano, abitudini che mutano, strumenti che evolvono: il coltello è rimasto più o meno lo stesso, la forcina è diventata forchetta a quattro rebbi, il pilotto è scomparso; e non stupitevi se, ordinando un caffè in un moderno bar, vi offriranno un cucchiaino in cioccolato : ricordate che ad Enrico III, re di Francia , nel 1574 a Venezia “gli fu apparecchiata una bellissima colatione di confettioni, et di frutti di zucari, co i coltelli, con le touaglie, co i piatti & con le forcine fatte di zuccaro” (12)
marco ibridi, 2007
Bibliografia
(1) Raffaella Sarti – Vita di casa, Laterza Bari 2006 pag.189
(2) Calviac – Civilité , 1560 cit. in R.Sarti ibid. pag.188
(3) Raffaella Sarti – ibid., pag.192
(4) Fiore de'Liberi – Flos Duellatorum, 1409 ed.critica a cura di G.Rapisardi, Gladiatoria Padova 1998
(5) C.Blair L.G.Boccia – Armi e Armature, Fabbri Editori Milano 1991 pag.18
(6) AA.VV. – L'Armeria Reale di Torino, Bramante Ed. Busto Arsizio 1982 pag.364
(7) L.G.Boccia E.T.Choelo – Armi Bianche Italiane, Bramante Ed. Busto Arsizio 1975
(8) Bartolomeo Scappi – dell'Arte del cucinare, in Banchetti Composizione di Vivande e Apparecchio Generale, di Cristoforo da Messisburgo ed.critica F.Bandini G.Capnist, Neri Pozza Editore Vicenza 1992
(9) Raffaella Sarti – ibid., pag.190
(10) Raffaella Sarti – ibid., pag.190
(11) Ivan Cloulas – La vita quotidiana nei castelli della Loira nel Rinascimento, Fabbri Editori Milano 1999 pag.224
(12) Alvise Zorzi - La vita quotidiana a Venezia nel '500 il secolo di Tiziano, Fabbri Editori Milano 1998 pag.350
Immagini
fig.1 – da Richard F.Burton – The book of the sword, Trieste 1883 edizione 1987 Dover Publications, Inc. New York pag.46
fig.2 - da Bartolomeo Scappi – dell'Arte del cucinare, in Banchetti Composizione di Vivande e Apparecchio Generale, di Cristoforo da Messisburgo ed.critica F.Bandini G.Capnist, Neri Pozza Editore Vicenza 1992
fig.3 - Collezione Odescalchi, Roma tratto da M.G.Barberini - Belle e Terribili, Palombi Editori 2002 pag.79
fig.4 - da C.de Vita - Armi Bianche dal medioevo all'età moderna, Centro Di Edifimi Firenze 1983 tav.32
fig.5 - The Wallace Collection, Londra. Tratto da Gerald Weland - Sword Daggers & Cutlasses, Grange Books Singapore 1997 pag. 76
fig.6 - The Wallace Collection, Londra. Tratto da Gerald Weland - Sword Daggers & Cutlasses, Grange Books Singapore 1997 pag. 91
fig.7 - Arezzo Museo Medieovale e Moderno. Tratto da L.G.Boccia E.T.Choelo – Armi Bianche Italiane, Bramante Ed. Busto Arsizio 1975 tav.669⁄670
fig.8 - Armeria Reale di Torino. Tratto da AA.VV. – L'Armeria Reale di Torino, Bramante Ed. Busto Arsizio 1982 tav.183
fig.9 - Museo Civico Medievale di Bologna. Tratto da L.G.Boccia – L'armeria del Museo Civico Medievale di Bologna, Bramante Ed. Busto Arsizio 1991 tav.232 , 233
fig.10 - da Bartolomeo Scappi – dell'Arte del cucinare, in Banchetti Composizione di Vivande e Apparecchio Generale, di Cristoforo da Messisburgo ed.critica F.Bandini G.Capnist, Neri Pozza Editore Vicenza 1992