Un uomo, una citta', un museo: G. Sutermeister ed il museo civico di Legnano
Nato a Intra nel 1884 entro' poco piu' che ventenne, a fare parte della gia' grande indistria meccanica "Franco Tosi" di Legnano. Per incarico della ditta dovette recarsi piu' volte in Egitto e nel Medio oriente dove ebbe occasione di conoscere i grandiosi monumenti del passato tanto lontano e i reperti pazientemente riportati alla luce da schiere di archeologi insigni. Nacque allora la sua passione per la storia e l'archeologia, ossia il desiderio di frugare nelle viscere della terra per ritrovare le reliquie di eta' remote e constatare come le lontane generazioni soddifacevano con strumenti e forme diverse gli eterni bisogni dell'uomo. Ma proprio a Legnano fin dallo scorso secolo erano affiorati dal suolo alcuni reperti romani e longobardi: indizi e prove sicure che anche il suolo legnanese custodiva testomonianze dei millenni passati. Ecco la vocazione scoperta in se stesso dal Sustermeister nel Medio oriente, trovava a portata di mano la possibilita' di esplicarsi in modo insperato, favorita anche dal rinnovamento edilizio della citta', che in vari punti sollevava lo strato fertile del terreno agricolo oppure demoliva le vecchie case per gettare le fondazioni di piu' moderni edifici. Proprio sul terreno dove ora il Museo, rivelo' al Sutermeister cimeli di notevole interesse, cosi' al numero 7 di corso Sempione e specialmente la necropoli romana di via Novara (ora Venegoni) con tanti corredi funebri dell'eta' augustea. Ma la scoperta piu' importante gliela riservava Canegrate con una vasta necropoli preromana, rivelatrice di una FACIES caratteristica della nostra preistoria. Anche per incarico della Sprintendenza regionale estese le sue ricerche sui paesi circonvicini (Parabiago, San Lorenzo, San Vittore, Gorla Minore) dove i romani antichi lasciarono tracce della loro robusta attivita'.
Ma per la ricostruzione del pasaato non bastava il lavoro di scavo e di riordino dei cimeli antichissimi, percio' la ricerca del Sustermeister si rivolse agli archivi e alle biblioteche publiche e private con risultati brillanti. Dagli archivi estrasse un quantita' di documenti pressoche' sconosciuti, che gli permisero di ricostruire la genealogia di illustri famiglie legnanesi, quali i Vismara, i Lampugnani, i Crivelli, i Corio, i da Legnano. Di questi ultimi, gia' legati per via di sangue con il celebre professore dell'univesita' bolognese - per il quale il poeta inglese Chaucer disse: "Legnano rivelo' al mondo il diritto" - sono celebri gli editori milanesi che fin dagli inizi dell'arte della stampa pubblicarono una lunga serie di incunaboli e cinquecentine. Di tali volumi Sustermeister redasse e pubblico' un catalogo ormai esaurito per le molte richieste pervenute anche dall'estero alla "Societa' Arte e Storia". Dobbiamo quindi a lui anche l'accrescimento delle nostre cognizioni sulla Legnano medievale e rinascimentale. In particolare sono da segnalare i suoi studi sui conventi legnanesi, sulla dimora fortificata dell'Arcivescovo milanese in Legnano, di cui vennero alla luce aspetti sconosciuti durante la costruzione dell'attuale galleria; sulla "Colombera", di cui e' gia' in corso il restauro; la trascrizione e la pubblicazione del censimento nominativo degli abitanti di Legnano, steso dal prevosto Specio nel 1594, e dalla "stoia delle chiese di Legnano" del prevosto Pozzo (sec. XVII).
Pe conservare il frutto di tanto lavoro di ricerca, scavi, di studi, occorrevano mezzi adeguati. Attorno al Sutermeister si riuni' presto un gruppo di ammiratori e sostenitori che formarono la "Societa' Arte e Storia", e le stesse autorita' comunali non gli negarono il loro appoggio. Quando in Corso Sempione parve inevitabile la demolizione dell'antica dimora dei Lampugnani, fu deciso di ricostruirla in fac-simile in corso Garibaldi, il nuovo vecchio edificio sembro' utilizzabile pr la sistemazione di cimeli gia' raccolti e divenne pertanto il Museo Civico. Nel 1928 fu stipulata una convenzione colla quale il Comune di Legnano affidava alla "Societa' Arte e Storia" la direzione del Museo. Da quel momento fino alla sua morte, il Sutermeister fu il direttore insostituibile del Museo, che col passare degli anni ando' arricchendosi di nuovi matriali e testimonianze di tutti i tempi della storia legnanese. La predetta societa' provvide anche a pubblicare una collana di "Memorie", che raccolse i contributi di vari studiosi, ma soprattutto di quelli dello stesso Sutermeister, di cui diamo in seguito l'elenco. Con questi mezzi, come su due vie parallele, svolse la sua attivita' fervida, intensa e feconda di risultati, fino alla sua morte avvenuata nel marzo del 1964 lasciando un vuoto incolmabile. la "Societa' Arte e Storia" dovette subito denunciare al Comune la decadenza della convenzione del 1928 per l'impossibilita'' di sostituire lo scomparso Direttore con una persona che continuasse l'opera colla stessa passione e lo stesso disinteresse, giacche' e' doveroso aggiungere che non ricevette mai compensi, ma dono' di tasca propria alle istituzioni predilette. A distanza di 30 anni vediamo con grande soddisfazione che il Museo ha continuato a ricevere dall'Amministrazione Comunale le cure necessarie per la sua conduzione e il suo sviluppo. La "Societa' Arte e Storia", dopoun lungo periodo. in cui ha docuto ricorrere ad aiuti diversi per continuare la serie delle pubblicazioni storiche su Legnano, ha visto con vivo piacere formarsi una nuova "Associazione Amici del Museo" che fanno rivivere l'antico gruppo raccolto dal Sutermeister attorno a se'. Siamo sicuri che l'asociazione e societa' coopereranno con rinnovato fervore per continuare nel tempo l'opera dello scomparso Fondatore e maestro.
Fu per merito della sua esperienza di motori Diesel che Guido Sutermeister, ventiquattrenne ingegnere delle Officine Franco Tosi, soggiorno' fra il 1910 e el 1912, in Egitto. A contatto con il fascino delle piramidi germoglio' in lui quell'amore per l'antico che caratterizzo' molte delle sue esperienze culturali posteriori.
Dopo alcuni viaggi in Grecia e in Turchia, di grande importanza fu il lungo soggiorno a Taranto negli anni trenta, durante il quale divise il suo tempo fra il lavoro per la motorizzazione della costituenda flotta di sommergibili della Marina Italiana e gli scavi e i ritrovamenti in un territorio cosi' archeologicamente ricco come quello della Magna Grecia .
Tra i reperti rinvenuti in questo periodo si segnalano di particolare interesse: fra le ceramiche un'olla biansata con decorazione geometrica di colore bruno, una brocca con ansa a nastro sopraelevato e decorazione geometrica dipinta in color rosso e bruno, due ciotole basse carenate con ansa sopraelevata e decorazioni geometriche in vernice rossa e bruna, alcune lucerne, due piattelli tipo "genucilia" decorate con onde marine dipinte (una con testa femminile, l'altra con stella a quattro raggi), dei "kylikes" in vernice nera; alcuni documenti di coroplastica quali ex-voto, "oscilla", pesi da telaio; fra i bronzi alcune armille a spirale, un pendaglio circolare con bordo ondulato, fibule a doppia spirale, un arco serpeggiante ed una fibula siciliana a doppio occhiello.
Negli anni cinquanta, ormai in pensione, Sutermeister affianco', tra l'altro, il professor Ferrante Rittatore Vonwiller, al quale fu legato da profonda stima ed amicizia, in alcuni scavi nell'Italia centrale, in particolare ad Ischia di Castro.
Fra i reperti di questo periodo segnaliamo in particolare; una grande patera in vernice nera decorata a rotella, una "Kylix" ionica, un calice frammentario in bucchero, coppe ad impasto di forma carenata, varie lucerne, una delle quali a teste di uccello ed una macina biconica di pietra lavica.
"Nel maggio 1925 nel fare uno scavo per ghiaia nel terreno coltivato ad orto, che nel retro della casa di via Novara 33 e' contiguo alla via Firenze ed alla via Giusti, si rinvennero dei vasi cinerari accompagnati da vasetti in terracotta e qualche moneta degli imperatori Augusto, Tiberio e Caligola. Non era la prima volta che in tale fondo si facevano ritrovamenti del genere perche' giusto un anno prima in un altro punto del cortile piu' a nord si e' ritrovata una grande anfora vinaria, (...) apprendemmo inoltre dal buon Colombo Luigi che anche quando nel 1912 costrui' la casa di abitazione attuale (...) e quando piu' tardi innalzo' il portico rustico che e' lungo la via Firenze, parecchi oggetti di terracotta, di vetro e di metallo erano venuti alla luce, ma egli era assolutamente ignaro dall'attribuire ai ritrovamenti una qualsiasi importanza."
Quindi l'Ing. Sutermeister intrapprese " degli scavi di assaggio nel giungo 1925, i quali resero evidente che si trattava di un vero campo di tumulazione poste a piccola profondita'. Le anfore, o perlomeno i loculi si seguivano a 1 metro di distanza l'un dall'altro e da qualche moneta da noi trovata si confermava l'epoca dell'Imperatore Augusto."
In seguito a tale eccezzionale scoperta, nel settembre dello stesso anno e nel luglio del 1926, grazie alla collaborazione del Signor Colombo Luigi, proprietario del terreno, Sutermeister esegui' uno scavo sistematico che porto' alla luce " circa 100 loculi di cui una trentina intati e gli altri piu' o meno sconvolti. Gli scavi vennero condotti colla massima cautela aprendo una trincea lunga 4 metri e profonda fino a raggiungere in fondo dello strato della terra vegetale, circa un metro, al quale fu seguito da uno straterello di litta (10 - 12 cm.). La posizione del loculo veniva registrata riportando le misure ortogonali del luogo sulla piantina e un numero progressivo era assegnato ad ognuno. Si procedeva all'inventario degli oggetti segnalando a titolo documentario anche quelli che si dovettero abbandonare perche' molto avariati".
A scavi ultimati, la necropoli risulto' comprendere circa 200 tombe, tutte a cremazione, costituite da anfore segate a da grosse urne cinerarie coperte da tegolone, situata nella nuda terra e accompagnate da suppellettili funebri. Grazie all'attento lavoro di documentazione e' stato possibile riordinare e ricomporre intere associazioni tombali, si vedano le tombe 72A e 72B, tuttora conservate nel Museo. La suppellettile funebre comprende un numero cospicuo di oggetti, circa 200, i quali, associati tra loro, concorrono a formare corredi tombali significativi per la ricostruzione del grado sociale o dell'attivita' lavorativa del defunto. Tra il materiale recuperato vi sono una trentina di monete in bronzo, che coprono un arco cronologico di Augusto a Caligola (27 ac. - 37 dc); oggetti ornamentali in bronzo; vari anelli digitali a verga semplice, un anello con castone ed in particolare, nella tomba 181, un anello digitale con sigillo RcA inciso in senso speculare, bracciali con fili attorcigliati (tomba 90), una fibula a balestra (tomba 49), alcune fibbie e un campanellino (tomba 82).
Tra gli utensili in bronzo si segnalano oggetti da toeletta come un paio di pinzette depilatorie, mentre nella tomba 18 si ricorda un tubetto cilindrico con cappuccio, contenente lo strumento di un medico, uno specillo spezzato. Numerosi sono gli utensili in ferro: coltelli, raschiatoi di varie forme, cesoie a molla per la pastorizia, un falcetto e, nella tomba 176, oggetti di uso professionale, quali un compasso a punte da falegname, uno scalpello e numerosi chiodi di uso comune.
Nella tomba 34 si segnalano due specchi in lega metallica, mentre molto frequenti, fra gli oggetti in vetro soffiato, sono i balsamari di varie forme e colorazioni, alcuni di essi fusi per azione del fuoco.
Vi sono, inoltre, lucerne di terracotta con o senza decorazione impressa (t.30), un "Askos" (t.52), piccolo contenitore per liquidi di argilla e forma di colomba, utilizzato probabilmente come poppatoio oppure come porta profumi o come recipiente per versare l'olio nelle lucerne ((ANGERA ROMANA. Scavi nella necropoli 1970 - 1979. Roma 1985 pp.537-538. "diversamente dalla versione in vetro, forse pericolosa per un poppante, in quello di terracotta viene spontaneo riconoscere una specie di biberon, non deve escludersi del tutto l'eventualita' di un impiego come INFUNDIBULUM per l'olio di lucerna)).
Il vasellame fine da mensa comprende: alcune patere e una coppetta in ceramica arretina e in terra sigillata con bollo planta pedis o con marchio di fabbrica abbreviato, in cartiglio rettangolare, si veda ad esempio nella tomba 64 la bella coppetta in ceramica arretina con bollo AVILL (AVILLIUS) in cartiglio rettangolare e con iscrizione graffitica sul fondo esterno della vasca di certa fabbricazione arretina e databile intorno al 15 - 20 dc. ((l'impiego potrebbe connettersi alla cosmesi, verosimilmente femminile, come per le minuscole colombe in vetro porta profumi del I° sec. dc.)).
In ceramica a pareti sottili si ricordano alcune ollette con decorazione incisa a linee verticali incrociate, coppette a superficie sabbiata o con decorazione alla barbotine, bicchieri; in ceramica grezza: numerose urne cinerarie di grosse e piccole dimensioni, patere, bicchieri, olpai e fusarole, infine anfore segate, tegoloni, ed alcune ossa di alimenti: ossa di pollo e uno di capretto.
Dall'esame dei materiali di alcuni corredi tombali, quale la coppetta in ceramica arretina, (t.64), la lucerna (t.30), la colombina (t52) e delle monete (t.4) di Augusto e Claudio e' possibile attribuire alla necropoli una cronologia prevalente intorno al I° secolo dc.
Nella zona della chiesetta di Santa Colomba cioe' al margine nord di Canegrate, Sutermeister recupero' nel 1926 tre urne e alcuni bronzi, e successivamente nel 1952 altri "10 loculi di cremati costituiti da vasi cinerari di buona fattura e di diametro di 20 - 29 cm. deposti secondo la consuetudine della nostra zona in una buca del diametro di 50-60 cm. profonda fino a raggiungere lo strato alluvionale che e' di 60 cm. dal piano del campo. Nel vaso le ossa e sopra di esso qualche cosa per coprirne la bocca, e poi le ceneri, carboni e terra sino a richiudere il tutto".
Dopo l'intervallo della guerra, Sutermeister prese contatto con il professor Rittatore, con cui inizio' l'esplorazione del terreno circostante, riportando alla luce un centinaio di tombe, parte intatte, parte manomesse o solo indiziate da terra carboniosa con frammenti ceramici o frustoli di ossa carbonizzate. L'interesse della necropoli di Canegrate, come afferma il Rittatore, non e' dato solo dallo scavo sistematico condotto dallo stesso ed dal Sutermeister, ma soprattutto dal fatto che in questa localita', fu individuata una FACIES culturale che documenta l'insediamento del territorio di genti di origine transalpina, portatori della cosidetta "Cultura dei Campi d'Urne", che fiori' nell'Europa Centrale alla fine dell'eta' del Bronzo (XIII-X ac.)
Tali popolazioni, secondo una tesi ormai diffusa, sarebbero scese in Italia atraverso il passo di San Bernardino, e si sarebbero stanziate prima nella zona di Canegrate ed aree limitrofe, nel Canton Ticino e successivamente si sarebbero dirette verso il Ticino, facile via di comunicazione, attraverso il Po, con l'Adriatico e il mondo etrusco.
L'insediamento di queste genti, definite "proto-celti" e' infatti documentato nell'area di Somma Lombardo, brughiera della Malpensa e nell'area di Golasecca, Sesto calende, Castelletto Ticino, dove nel corso del I° eta' del ferro, svilupparono una vasta rete insediativa ancor oggi documentata dal ritrovamento di centinaia di tombe ascrivibili a questa FACIES culturale.
Le genti stanziatesi a Cenegrate furono portatrici di una KOINE' caratterizzata da elementi culturali nuovi quali il rito funebre con la pratica dell'incenerizione, la forma del vasellame e il repertorio decorativo.
Questa nuova KOINE' si affermo' in tutta Italia settentrionale, diversificandosi in sede regionale nel corso dell'I° eta' del ferro.
L'importanza quindi del rinvenimento della necropoli di Canegrate e' fondamentale per la conoscenza dinamica del popolamento nel corso della protostoria italiana.
"Il 16 aprile 1926, dopo non meno di 15 anni di tranquillo procedere dello scavo suddetto, fui chiamato dal Signor Vignati Luigi il quale aveva messo in luce tre tombe ad inumazione (t.107 108 109) composte da embrici colle dimensioni di 420x560 disposti a formare un cunicolo angolare lungo 2 metri. Sorvegliai allora il procedere ulteriore dello scavo rilevando esattamente ogni apparizione. Le tombe erano in gran parte rimosse come suole avvenire a causa della cultura dei campi e delle piantagioni di gelsi, ma in numerosi luoghi i tegoloni e i vasi non erano stati raggiunti per la profondita' alle quali erano deposti, identificai cosi' 16 sepolture di inumati". Precedentemente agli scavi del 1926, secondo la testimonianza del Vignati Luigi, "durante le scavo che egli da oltre 30 anni conduceva allo scopo di estrarre ghiaia ha incontrato a varie riprese delle estensioni che contenevano tumulazioni sia del rito a cremazione sia del rito a inumazione", nella zona ad ovest della strada comunale che collega Legnano a San Giorgio; in questa zona erano stati compiuti ritrovamenti gia' nel 1818 durante la costruzione della strada stessa e successivamente nel 1900.
Queste tombe alla cappuccina costituite per lo piu' da 13 tegoloni siglati con un simbolo che Sutermeister intende come una lettera (omega) erano molto povere e talvolta completamente prive di suppellettili. All'interno delle tombe o appoggiati all'esterno dei tegoloni furono trovati: oggetti in bronzo e ferro (una mezza cesoia, falcettone pesante, falcetto, coltelli, fibbie) e in ceramica grezza (olpai, vasi, ciotole, ciotoline, piatti, una brocca, embrici, ecc.). Proseguendo lo scavo in direzione sud-est, Sutermeister noto' che altre sepolture recavano tracce tipiche del rito funeraio dell'incinerazione (presenza di carboni) e che esse avevano corredi piu' ricchi (lucerne, ciotole, piatti, brocche) accanto alla tomba 112 trovo' poi una moneta di bronzo dell'epoca di Costanzo Cloro (imperatore nel 292-306). Procedendo ancora verso sud-est, trovo' una quantita' di carboni accumulati che egli ipotizzo' essere i resti di "sepolti in tempo di epidemia", in un'epoca in cui si praticava ancora la cremazione. In base al tipo di sepoltura e di corredo funerario e partendo dalla constatazione che il "costume pagano della suppellettile si era affievolito e anche spento con l'avanzata del cristianesimo", si ipotizzo' che la necropoli si fosse sviluppata nel tempo fin dal III° secolo dc. in direzione da sud a nord e, anche per la vicinanza relativa della moneta di bronzo, formulo' l'ipotesi che il cumulo di carboni fosse una sorta di "fossa comune" in cui vennero seppelliti i morti per "la peste che flagello' la penisola dal 252 al 266 dc sotto l'imperatore Gallieno".
"Nel fare la trincea per la posa dei tubi di fognatura in via Calatafimi, la via contigua al giardino del Museo, che scende in linea normale al decorso dell'Olona, si trovano alla profondita' di circa un metro, alcune ciotoline di corredo di fibule in bronzo; si scoprirono cosi' sei loculi inviolati ma non molto ricchi di cremati: ed uno evidentemente gia' toccato in parte". Da una accurata descrizione dei materiali e dalle strutture riportate alla luce, che si attribuisce ad epoca pre-romana, per la presenza di un "bicchiere a doppio tronco di cono, spatolato lucido esternamente", che scompare con la dominazione romana.
I ritrovamenti di via Calatafimi vengono pertanto datati alla seconda eta' del Ferro.
In seguito, i materiali recuperati furono presi in esame nelle studio analitico di R. De Marinis sul Golasecca IIIA per le associazioni topologiche.
La cultura di Golasecca nel terzo periodo (V sec. a.c.) raggiunse infatti la sua massima espansione territoriale suddividendosi in due gruppi: I Gruppo Leponzio, comprendente Canton Ticino, Val Mesolcina, Grigioni, e Val D'Ossola, e il II Gruppo di Como, comprendente Canton Ticino, zona a sud di Monteceneri, Lombardia occidentale e in Piemonte la provincia di Novara.
I ritrovamenti di Legnano sono ascrivibili a questo II Gruppo e sono costotuiti da tombe a cremazione con deposizione delle ceneri e delle ossa combuste entro urne in terracotta e piu' raramente in bronzo.
La scoperta dei manufatti golasecchiani anche nell'area di pianura che interessa il "legnanese" documenta l'estensione raggiunta dalla cultura di Golasecca nel corso del V° sec. a.c..
Tale fenomeno e' da mettersi in connessione con la grande espansione commerciale etrusca nell'Italia Settentrionale.
Gli Etruschi esportavano prodotti di lusso, vino, profumi, prodotti esotici destinati alla aristocrazia celtica dei paesi transalpini, attraverso la mediazione delle genti appartenenti alla Cultura di Golasecca, stanziatesi in importanti zone di passaggio.
"A ponente della via Umberto I°, nel podere cintato di Vignati Martino, nella primavera del 1925 avendo il proprietario iniziato a voltare il terreno di recente acquisto, per prepararlo alla coltura, trovava una bella anfora peduncolata deposta come cinerario contenente le ossa calcinate ed una sottilissima olpe a pera. L'anfora era stata segata in due parti prima dell'interramento e dopo la deposizione delle ceneri e degli oggetti era stata ricomposta mettendovi sopra la parte superiore a mo' di coperchio. Pero' la pressione della terra, con il tempo, mando' in frantumi la parte superiore che ebbimo poi cura di riparare alla meglio".
Il resoconto di Sutermeister relativo a quel suo primo intervento, continua con l'elenco degli oggetti raccolti sporadicamente e con la notizia del recupero di due sole deposizioni complete, in anfore segate, i suoi corredi comprendevano prevalentemente vasellame di uso comune, (ciotolina, anforetta, olpe, balsamario in vetro) ed utensili in ferro (raschiatoi, falcetti, cesoie, ecc.).
"Invece altrimenti si presenta un nuovo sepolcreto scoperto in Dicembre 1952 facendosi uno scavo per la costruzione della villetta di via Vittorio Veneto. La' ove sino a pochi anni addietro era aperta campagna, a sud sud-ovest dell'abitato di ieri, ove nulla sembrava poter esserci di particolare, improvvisamente appaiono parecchie ritrovaglie..."
Sutermeister esploro' una superficie di circa 175 mq. e riusci' ad individuare 23 sepolture.
"...ma il loro diradamento topografico fa capire che ben altro ne era il numero di origine poiche' le tombe risultavano deposte a 1,2 m. di interdistanza e lo spazio riconosciuto fu, come dissi di 175 mq. Senza voler darmi a sovravalutazioni dovendosi anche riflettere che qualche stradetta interna potesse dividere a gruppi le tombe e quindi sottrarre area, devo credere che almeno 50 tombe esistessero a suo tempo in questo limitato spazio della odierna rimozione".
I contesti tombali cosi' recuperati rientrano, con gli oggetti di corredo, nelle tipologie consuete per le sepolture a cremazione della prima eta' imperiale: deposizioni prevalentemente in anfore segate corredate di vasellame fine da mensa (ciotoline o patere in ceramica arretina, bicchieri in pareti sottili), vasellame grezzo da cucina, (ollette e casseruole, piatti-coperchio), balsamari in vetro, lucerne, coltelli, raschiatoi-rasoi in ferro, fusarole, chiodi, in qualche caso monete.
Vorrei segnalare pero' in particolare la presenza, nella t.1 anche di una coppetta frammentaria in vetro viola, decorata a costolature; nella t.3 di una moneta a firma Maecilio Tullo, triunviro monetale dell'8 a.c.; nella t12 di un bastoncino in vetro ritorto utilizzato per mescolare unguenti e cosmetici; nella t16, unica deposizione in cassetta di embrici, di oggetti di ornamento personale, quali un anello in bronzo e di una fibula ad arco con molla in ferro, nonche' nella t20 di un raffinatissimi balsamario in bronzo decorato da sottili solcature.
Particolarmente interessante risulta una patera in vernice nera attribuibile alla t2 che reca incisa in prossimita' del piede la scrittura greca "CLIIDONOS" per la quale, almeno allo stato attuale degli studi, non sono note analogie.
L'esame complessivo dei "reperti" della necropoli attesta all'inizio del sepolcreto attorno alla meta' del I° sec. a.c. e la sua continuita' sicuramente fino all'tea' augustea.
"Nella borgata di San Lorenzo di Parabiago avevo scavato fin dal 1927 sistematicamente un sepolcreto del I° sec. d.c. constatandovi la presenza di un centro particolarmente interessante per agiatezza superiore a quella dei centri viciniori. Magnifici specchi in lega incorrodibile, fialette, colombe in vetro, monete. Adesso invece al lato opposto della via del Sempione (cioe' a ponente) ed a 200 mt. a sud della via Corridoni ho avuto occasione di costatare la presenza di alcune sepolture repubblicane caratterizzate dalla presenza delle olpi a trottola, da alcune fibule in un sol bronzo ad arco serpeggiante, ed a due decine di vasi e patere che si differenziano sensibilmente dai tipi imperiali. Vi concorrono due coltelli in ferro il cui tipo non si differenzia da quello dell'impero".
E' l'inizio della relazione che Sustermeister pubblico' nel 1960, relativamente al ritrovamento da lui effettuato in un'area poco distante rispetto a quella del sepolcreto imperiale scavato circa 30 anni addietro.
Come era sua consuetudine, Sustermeister elenca puntualmente e descrive particolareggiatamente i materiali recuperati, ne mette in evidenza le caratteristiche fondamentali e le differenze rispetto ai reperti rinvenuti nel 1927, infine propone delle ipotesi circa l'uso che si sarebbe fatto di alcuni di essi. Si sofferma in particolare su vasi a trottola, su alcune patere che reputa significative, perche' recanti iscrizioni graffitiche, nonche' sulle fibule la cui forma e foggia costituiscono a suo avviso l'elemento determinante per una sicura classificazione cronologica a tutti i reperti al II° - I° sec. a.c.. Purtroppo anche per questi materiali di San Lorenzo ci si deve accontentare di esaminare cio' che ancora oggi si e' potuto recuperare in Museo, che non e' sicuramente tutto quello che elenco' e disegno' Sustermeister.
Un solo vaso a trottola dalla forma bassa e schiacciata, due ollette ovidi lisce ed altre due decorate con incisioni a zig zag, una grande ciotola con labbro a listello forse usata come bacile-mortaio.
Per quanto riguarda il vasellame fine da mensa imitante la ceramica campana con esemplari non verniciati (patere e coppe) si segnalano la pisside dal corpo stretto e slanciato e due patere con incisioni: le lettere "EM", in caratteri nord-etruschi, e la scritta "P.CATO". Non sono attualmente noti confronti pertinenti per queste iscrizioni; certo e' che proprio sui prodotti di fabbricazione locale imitanti le forme della ceramica campana si riscontrano i segni, le lettere, le scritte incise dell'area lombarda. E' pero' utile sottolineare il fatto che, in uno stesso contesto, siano presenti esemplari con iscrizioni di carattere "gallico" e "romano", testimonianza ulteriore del passaggio graduale dalla fase finale del celtismo alla romanizzazione che conobbe vari episodi di coesistenza.
Il materiale metallico, attualmente reperibile, e' costituito da tre fibule in bronzo e da un grosso coltello in ferro la cui cronologia oscilla tra la prima e la senda meta' del I° sec. a.c..
"L'espandersi dell'edilizia e degli stabilimenti industriali intorno alle borgate dopo le due grandi guerre, fa si che solo di pochi decenni addietro erano nude e solo dedite all'agricoltura (e lo erano da secoli) vengono scavate per coprirle di fabbricati o da piu' profonde colture. Questo e' il caso del terreno segnalato nel mappale di San Vittore col numero 220 2 221 lungo la via del Sempione, che acquisito nel 1946 per erigervi il grande stabilimento tessile Carlo Mocchetti & C:, rinchiudeva un sepolcreto. Nulla era apparso durante la costruzione dello stabilimento e nella grandissima villa. Fu invece nel 1947 che sia nel costruire il muro di cinta a sud, sia nell'arare meccanicamente il terreno, apparirono le prime avvisaglie".
Dopo i primi ritrovamenti ad opera dei proprietari, si iniziarono gli scavi sistematici: "il terreno fu picchettato con equidistanti 5x5 ed ogni loculo venne esattanente riportato sulla carta".
Esaminando la disposizione delle tombe nella necropoli, si ipotizza " lo svolgimento curioso del sepolcreto, in forma ad arco, si deve attribuire alla presenza a tal tempo di una strada in direzione Legnano-Cerro che nel salire il lieve pendio faceva tal arco".
Sulla base delle conoscenze attuali non e' pero' possibile accettare tale teoria come valida a tutti gli effetti.
Attualmente il materiale recuperato dalle sepolture si trova in parte presso il Museo Civico di Legnano e in parte presso i proprietari del fondo, in quanto all'epoca dello scavo la Soprintendenza aveva problemi organizzativi e decise di lasciare i reperti in affido ai padroni del terreno.
Furono rinvenute circa 100 tombe ad incinerazione per lo piu' costituite da anfore segate; solo una piccola parte ha il cinerario a fondo piano e bocca larga.
I corredi tombali, abbastanza simili tra loro, comprendono alcune monete: Claudio (41-54 d.c.), Vespasiano (59-69), Traiano (98-117); pochi oggetti ornamentali: anelli in bronzo e in ferro, uno dei quali a "serpente", un altro con castone ed altri ancora a verga semplice; armille frammentarie e in bronzo e ferro; una fibula ad arco in bronzo.
Numerosi, invece, gli utensili: lame di coltello, alcune delle quali con fori per l'immanicatura in legno, rasoi, raschiatori di varie forme e dimensioni, cesoie a molla usate per tosare le pecore, ed un gran numero di chiodi d'uso e forme diverse.
Frequenti anche i balsamari in vetro di color bianco e verdino, tubolari, globulari o piriformi, alcuni dei quali risultano deformati poiche' posti sul rogo. Tra gli altri oggetti in vetro si segnala una grande bottiglia in vetro a corpo rettangolare (t48), varie bottigliette rettangolari o ovali, generalmente monoansate, e due coppette.
Soprattutto dalle prime tombe scavate, siglate T000 " perche' gli oggetti ricavati non venivano divisi tomba per tomba " provengono le lucerne bollate COMUNIS - COMMUNIS - FORTIS - STROBIL - FRONTO - PHOETAPSI (firmalampen) ed altre lucerne decorate.
Pochi gli specchi in lega metallica: tre rotondi ed uno rettangolare.
Per quel che riguarda la ceramica, il vasellame fine da mensa comprende alcune patere e coppette in ceramica arretina e terra sigillata: tra le ceramiche a p areti sottili si ricordano ollette con decorazione incisa a linee verticali incrociate, coppette e bicchieri. La ceramica grezza annovera numerose urne cinerarie di grandi e piccole dimensioni, olle, patere, coppette, olpai di varie forme ed infine anfore segate, di cui una bollata (t23), embrici variamente siglati.
Tra i reperti particolarmente pregiati si segnalano uno stilo in avorio, un ago da lana, corallini fittili. Varie ossa di pollo e di capretto risultano interessanti in quanto preziose testimonianze delle abitudini alimentari romane.
L'esame delle monete rinvenute nei corredi e lo studio delle sigle su alcune patere arretine consente di datare il sepolcreto tra il I° e il II° sec. d.c..
"Nel novembre del 1927 in un fondo del contadino Bollati Michele di San Lorenzo di Parabiago, a 30 metri dalla via del Sempione, la quale correva a mezza costa sul primo terrazzo sinistro sulla lieve valle dell'Olona, durante gli scavi agricoli che il contadino aveva iniziato, rinvenni un gruppo di tre o quattro tombe pagane a cremazione che destarono molto interesse.
Egli approfittando della stagione morta autunnale e desideroso di trovare "il tesoro" pose mano alla chetichella a piu' ampia ricerca ed in breve riusci' a mettere in luce una dozzina di anfore piu' o meno ben conservate. Esse erano accompagnate da una dotazione di vasetti in terracotta, attrezzi in ferro (coltelli, anelli, cesoie, chiodi), balsamari in vetro, coppette e specchi in metallo bianco, monete imperiali in bronzo. Purtroppo tutto quanto era stato precedentemente raccolto non era stato opportunamente classificato per tomba. Dal proseguimento degli scavi venne tenuta una pianta nella quale sono peraltro numerati solo quei loculi che si ritennero intatti e non solo parzialmente rimossi, poiche' moltissimi dei loculi preesistenti vennero riconosciuti dall'abbondante terra nera, recevano solo sporadici oggetti senza presenza di anfora cineraria o di cocci di essa.
La conclusione che traemmo dagli scavi fu che il gruppo di tombe scavate dal Bollati rappresentava il nucleo dei ricchi e che il resto del campo, con qualche eccezzione era la necropoli meno ricca sviluppatasi nel prosieguo di tempo con modificate condizioni sociali dell'ambiente che la alimentava. Molti loculi erano in origine assolutamente privi di oggetti.
Sutermeister fa poi seguire il "resoconto" dello scavo con l'elenco dettagliato del materiale raccolto.
Per la ceramica: 16 anfore cinerarie, 4 vasi cinerari a fondo piano, 38 olpai, 16 ciotole in ceramica grezza. 1 patera arretina con bollo e graffito, 10 patere di imitazione della terra sigillata, 2 lucerne, 5 fusarole, 9 embrici.
Oggetti in ferro: 3 grossi coltelli a lama larga, 6 attrezzi da fabbro fra cui un paio di tenaglie, 44 coltelli di varie dimensioni, cesoie, 13 raschiatoi, 3 rasoi, 20 anelli e finimenti da traino, 3 armille, uno stilo, un anello digitale e circa 250 chiodi d'uso e forme diverse.
In bronzo: 39 monete, 5 braccialetti, 5 anelli digitali, 3 anelli da cinturone, 2 cucchiaini, una pinzetta depilatoria, 3 bottoni, 1 ago.
In vetro: 12 balsamari e altri 6 fusi nel rogo, 1 bottiglietta piriforme.
Tra tutto il materiale "recuperato " destarono viva curiosita' due brocche ed una patera che recano iscrizioni graffitiche. Sulle brocche si legge rispettivamente P.VII e SIIVVONIS e sulla patera che e' anche munita di piede con la marca di fabbrica C.T.P. si legge M. ATTIRIUS . le due colombe in vetro per essere costruite prive di piede sono oggetto schiettamente destinato al rito funerario".
Interessante risulta anche il recupero di una deposizione in cassetta di embrici il cui corredo era costituito da piattini di metallo e da uno specchio circolare con decorazione "a giorno". "in uno dei loculi inizialmente scoperti dal Bollati, invece dell'anfora come cinerario eravi una cassetta cubica, composta da embrici con risvolto nella quale erano direttamente immesse le ceneri e la suppellettile funeraria. E' la particolarita' di questa cassetta era accompagnata da un'altra inconsuetudine: perche' nella suppellettile le ciotole fittili per alimenti erano rappresentate da una serie di 4 coppette in metallo. La tomba conteneva anche un bellissimo specchio; esso e' graziosamente ornato da un giro completo di piccoli fori a trapano e nel retro ha visibili cerchi concentrici frutto della lavorazione al tornio. Lo specchio ha pure la sua impugnatura dello stesso metallo.
L'esame del materiale recuperato ed in particolare lo studio delle monete consente di datare la necropoli nella prima meta' imperiale, I° sec. d.c..
Nel 1934 Sutermeister recupero' in un fondo ad est del paese (mappale 49 - 45 sito in via Marco Polo,3) circa 9 tombe a cremazione con deposizione del corredo, delle ossa e dei residui del rogo per lo piu' in buche scavate nella nuda terra. Una sola tomba era costituita da un'anfora cineraria ed un'altra da una cassetta cubica di embrici. Tra il materiale recuperato vi sono esemplari pregevoli per qualita' e fattura nonche' attrezzi da lavoro in metallo attestanti l'occupazione e il ceto sociale di alcuni dei defunti. Si segnalano in particolare nella tomba 300, comprendente oltre al materiale ceramico consueto, un braccialetto in bronzo ed uno stile di ferro usato per scrivere su tavolette; nonche' la tomba 301 con un ricco vasellame in ceramica in vernice nera, arretina, olpai parzialmente verniciati, balsamari in terracotta, bicchieri in pareti sottili dalla finissima lavorazione, uno dei quali decorato a rilievo e "firmato", vasellame d'uso comune, ed infine un compasso frammentario a punte, un martellino, vari strumenti in ferro utilizzati dai falegnami.
Amche per questo piccolo sepolcreto lo studio del materiale ed in particolare l'esame delle monete rinvenute nelle tombe consente una datazione abbastanza precisa all'eta' augustea.
"nel marzo del 1957 fu scavato un gruppo di tombe a titolo di accertamento del sepolcreto dei primi secoli dell'era di Cristo nel centro del campo aratorio perfettamente piano ove occasionalmente da parte del proprietario e coltivatore diretto sig. Elli Pietro venivano notati dei relitti di sepolture sparse. Mi diedi allora ad una verifica rapida del centro del campo in un punto non ancora dissodato e nei giorni 24 25 e 30 marzo 1957 si constato' la presenza di un fitto sepolcreto dei primi scoli della romanita'. La ricerca di questo primo periodo non avvenne calma come si esige in scavi sistematici e cio' perche' vi presero parte elementi volenterosi si, ma non addestrati a tali scavi. Occorre pero' anche notare che gia' per due stagioni precedenti di coltivazione, la aratura del campo era stata fatta con trattori meccanici" e quindi che " i sottostrati avevano subito non solo delle compressioni deleterie, ma anche degli spostamenti notevolissimi in vario senso rendendo molto difficile definire l'ubicazione orifinale dei cocci che raccoglievamo. Un lavoro postumo di riorganizzazione dei reperti permise di assegnare ad ogni fondo di vaso le sue parti e arrivare alla catalogazione ma con molte rinunce al restauro dei relitti".
Questa prima campagna di scavo porto' al rinvenimento di quattordici sepolture, con scarso corredo, di cui una costituita da un'anfora (t8), le altre da vasi cinerari, alcuni coperti da un embrice (t12 e t13 con embrice siglato, t14 con embrice non siglato); Sutermeister ritenne anche di aver individuato una "ustrina" (t15) (area in cui venivano cremati i cadaveri) a causa dell'ammassamento di carbone e di cenere di carbone di "legna" e di un "tronchetto di legno interamente carbonizzato e frantumatosi in tanti cilindretti".
La ricerca per definire la vastita' della necropoli fu ripresa nel marzo 1959, dopo il causale rinvenimento di reperti in direzione sud-ovest (t16 t21) e nord-ovest (t20) rispetto all'area scavata nel 1957. Furono ritrovate altre tre sepolture, con discreti corredi, non attibuibili con certezza all'una o all'altra tomba, data la loro vicinanza, da cui due a cassetta con embrici non siglati (t17 t18) e una anfora segata (t18).
Infine nel maggio 1960 venne alla luce, in seguito a smottamenti, un'altra sepoltura in vaso cinerario (t22) con discreto corredo.
Fra i reperti rinvenuti nella necropoli si segnalano per interesse una coppetta frammentaria in rame, una moneta Faustina (168 d.c.) e una fibula ad arco, entrambe in bronzo, un piattino, alcuni raschiatoi per pelli, rasoi, coltelli, frammenti di maniglia, chiavarde, chiodi, un ago a lama, lamine in ferro, balsamari in vetro e lucerne decorate (interessante quella con una biga "a due cavalli" con auriga e redini tese e frusta alzata), ceramica fine da mensa (coppetta in ceramica arretina con bollo AVRE, coppetta di imitazione arretina,) ceramica grezza (olpai, patere, bicchieri, coppe e coppette, vasi cinerari) fusarole, anfora embrici.
Dal momento che i reperti della necropoli hanno una superficie di diffusione abbastanza vasta, essendo stata rinvenuta gia' nel 1956 in posizione sud sud-est, rispetto all'area di scavo del 1957, una tomba alla cappuccina (tomba a inumazione, con scarsa suppellettile di offerta; 16 monetine in rame, quasi illeggibili, (L'esame di altre due monete, sottopostemi piu' tardi, le darebbero attribuire a Costanzo II e Magnenzio, ambo nella prima meta' del IV° sec.d.c.) pugnale in ferro, fibbia da cinturone, vasetti in ceramica), "si arguisce chela zona di sepoltura puo' estendersi a circa 2500 mq. dei quali solo 150 mq. sono esplorati".
"Allo stato d'oggi si puo' dire che il sepolcreto ha avuto il suo inizio al lato nord nord-est della via del Perello e si e' prolungato nel tempo verso sud sud-est arrivando fino alla tomba alla cappuccina (unica) contenente un pagano e quindi databile al III° o IV° sec. Questa visione potrebbe subire correzioni se si procedesse ad integrazione delle ricerche, come sarebbe desiderabile". (Nell'aprile 1988, in occasione della costruzione di alcune villette a schiera in via Leoncavallo angolo via Fogazzaro, sono stati effettuati dalla Soprintendenza alcuni scavi che ne dimostrano la densita' di tale necropoli. i cui materiali sono attualmente allo studio).
Dall'esame dei reperti la necropoli sembra databile fra il I° e II° sec. d.c..
"Possiediamo dal 1926 nel Museo di legnano un'ara in sarizzo offertaci da MIIAECI E RIVASIA filia di Diana, databile del I° secolo avanti Cristo raccolta a Gorla Minore nel giardino del curato, ma precedentemente giacente da tempo immemorabile in una vigna trovantesi poco discosta dallo stesso dolce pendio del 2° terrazzo erosivo sinistro dell'Olona, ma non si era mai avuto sentore di un sepolcreto locale. Questa lacuna si va colmando perche' sullo stesso dolce pendio, a circa 200 mt. dall'ex vigna predetta si e' scoperto un piccolo sepolcreto di cui vado a dire. Esso pero' dalle monete e delle suppellettile si rivela del I° sec. d.c..
La scoperta iniziale e' bensi' avvenuta l'anno scorso (1951) nello scavare la fondazione della villetta del sig. Pisani Giuseppe ma era rimasta ignorata perche' il luogo e' rimasto disabitato. Tuttavia vari oggetti erano stati posti in cantina".
Questi primi scavi avevano portato alla luce alcune tombe ad incinerazione il cui corredo era composto da anfora frammentate, attrezzi in ferro, suppellettili fittili fra cui vari reperti in buone condizioni.
"Nell'aprile del 1952, disponendosi il proprietario del suddetto fondo a rimuovere il terreno del giardino mi avviso' dei nuovi ritrovamenti che stava facendo ed allora procedetti al rilievo generale in piantina. Si notava tosto che per l'esigua profondita' del terreno di coltura, la maggioranza dei loculi era sconvolta da ritrovamenti fortuiti durante le coltivazioni, nell'andare dei tempi e senza che alcuno ne tramandasse la notizia storica.
In taluni posti, come cinerario, vi erano stati dei grandi vasi a fondo piano mentre altri loculi manca anche questo tipo di cinerario (sepolture di bambini o poveri?) e le ceneri furono deposte in vasetto di occasione ed anche su un semplice pezzotto di vaso come si vide altrove in queste zone.
Le poche monete trovate indicano un periodo che va da Claudio I°, 42-54 d.c. ad Antonino Pio 138-161 d.c."
Ulteriori ricerche permisero di trovare altre ventidue sepolture ed i resti delle grandi fosse di rogo.
Fra i materiali rinvenuti si segnalano come particolarmente interessanti: una patera arretina CAMURU in planta pedis, una ciotolina arretina con bollo ATIM in planta pedis, una lucernetta a canale (firmalampem) con bollo FORTIS sottostante in rilievo entro il coperchio del piede, una lucernetta con disco decorato e stampo con crescente lunare e pagnotta crociata; du corallini scanalati in pasta vitrea, due olpi in argilla rossastra, acuni balsamari in vetro con ventre globulare e piriforme ed una bottiglia, uno specchio circolare, alcune cesoie in ferro, rasoi, un grosso coltello a lama larga, alcune monete, uno stilo per scrivere sulla cera con paletto per la lisciatura.
In base all'esame del materiale la cronologia prevalente e' al II° sec. d.c.
Non sempre si determinano quelle situazioni ideali atte a consentire uno scavo archeologico ed il Sustermeister dovette ricorrere - talvolta - al puro recupero dettato dall'urgenza della salvaguardia dei reperti he, diversamente, sarebbero andati distrutti o comunque dispersi per mano di piu' o meno interessati cultori di "antichita'", con irreparabile perdita del contesto storico-scientifico. Vogliamo soffermarci unicamente sui piu' significativi di questi interventi:
Pontevecchio di magenta
Materiale relativo alla tomba rinvenuta nel 1933 in una cava di ghiaia, attribuita alla cultura del tardo La Tene (2° meta' I° sec. a.c.), nella fase di ormai transizione tra il periodo gallico e quello romano. Il corredo metallico e' rappresentato da "una spada con il fodero in ferro parzialmente conservato, una lancia a foglia di olivo, due coltelloni unitaglienti, quattro fibule a forma di certosa, alcuni frammenti di cesoia, un manico di situla, un rasoio laminare in ferro", mentre il corredo fittile consiste " in circa venti vasetti di varia forma dei quali parecchi molto rovinati ed utili solo come documentazione dei tipi"
Corbetta
"Nel fondo aratorio di Magugliani Natale, il coltivatore trovava da tempo frammenti fittili, vasi cinerari, e ferraglie sparsi su una estensione di 700 mq., ma tutto andava disperso". Solo nel 1930, a seguito dei nuovi e piu' consistenti ritrovamenti, venne informato Sustermeister. Il suo intervento valse ad acquisire alle raccolte del Museo corredi tombali di parte "di un esteso sepolcreto dell'epoca di Augusto ossia giusto l'epoca di Cristo".
Vennero raccolti: 2 olpi di terracotta, una ciotolina sottile, 3 lucernette figurate (una lepre, un guerriero, una scena amorosa veniale); un vaso alimentare; una patera in terra sigillata; una ciotolina o coppa avente un braciolo unico e l'esterno ornato da ordini di righe verticali; vari cocci documentari di vasetti e patere arretine sigillate. tra i ferri: mezza cesoia da tosatore; un rasoio con codoletto curvo; un raschiatoio trapezioidale per pelli; una chiavetta da stipo o cancello; sette chiodi rituali; un medio bronzo di M. Agrippa; altro medio bronzo; simile ma non leggibile salvo le lettere S.C.".
Ossona
"Col progredire dell'espansione edilizia verso punti periferici, nella via di Inveruno, nel dicembre 1957, si scopri' una sepoltura a cremazione, riferibile al I° sec. d.c..
Vennero raccolti: un coltellone, un chiodo, un piatto scodella, due olpi panciute (frammentarie), un piattone, una ciotola per alimenti".
Bienate
Furono individuate, nel settembre 1953, ma i primi ritrovamenti risalgono al 1923, nei lavori per la costruzione di una abitazione civile, diverse sepolture di epoca imperiale. Il Sustermeister acquisi': sedici monete inbronzo (il cui periodo coperto e' piuttosto ampio, riguardando una moneta l'imperatore Claudio I° (41-54 d.c.), altre gli imperatori Costanzo II° (337-361 d.c.) e Magnenzio (350-353 d.c.), cinque cesoie, due coltelli con manico, due frammenti di braccialetto e quattro di specchio metallico, un balsamario in vetro bianco iridescente, una patera arretina priva di piede, un piatto frammentario, un'olpe rossa, un vasetto ciotola in terra grigia poco cotta con tratteggio a lisca di pesce sulla pancia, un balsamario in cotto, una ciotolina di imitazione arretina ornate di teste di maschera e rosette quadrilobate, parte di fittili, tra cui i frammenti di un bicchiere con traccia di disegni ad archi.
Inveruno
Nel settembre del 1930, nel cosro di una costruzione del collettore fognario, vnne alla luce un sepolcreto romano e, non lungi, "un numero imprecisato di sepolture barbariche". Il matriale recuperato, relativo a corredo tombale maschile longobardo, permette ora di ammirare due umboni di scudo con parte dell'impugnatura, una spatha a lama piatta lunga 74 cm., una punta di lancia corta con codoli di attaccatura a sezione circolare e una splendida fiaschetta, dalla caratteristica forma a pera, decorata a stampiglia (VIII° sec. d.c.). Quest'ultima ebbe fra l'altro l'onore di esere esposta alla famosa mostra "I Longobardi e la Lombardia" tenutasi al Palazzo Reale a Milano nel 1978.
Parabiago
Non si puo' infine trascurare il recupero senz'altro piu' prestigioso, operato dal Sustermeister in collaborazione della professoressa Alda Levi Spinazzola, e ci riferiamo in modo specifico alla patera di argento rinvenuta nel 1907 durante i lavori di sterro per la costruzione di una villa nelle vicinanze della strada del Sempione, che in quel tratto costeggia il corso del fiume Olona, e sequestrata nel 1931 alla famiglia Gaio. Lo stupendo piatto, attribuito ora, per lo piu', alla fine del IV sec. d.c., in deposito presso le Civiche Raccolte Archeologiche di Milano, illustra il trionfo di Cibele ed Attis e testimonierebbe l'attardarsi in zona del culto di tale divinita'.
Non nascondiamo pero' che sulla datazione del pezzo non v'e' uniformita' di indirizzo. Il Sutermeister infatti l'assegno' "fra il I° e II° sec. d.c., mentre Antonio Frova la situa "tra la fine del I° e l'inizio del III° sec. d.c.".
La Cisalpina viene organizzata in provincia attorno alla meta' del I° sec a.c. e Cesare ne diviene per dieci anni (59-49 a.c.) governatore.
Con la conquista delle valli alpine, susseguentemente alla fondazione di AUGUSTA TAURINORUM (Torino) e AUGUSTA PRAETORIA (Aosta) e alle guerre vittoriose, cssa definitivamente con la pacificazione del territorio lo stato di provincia, grazie alla cittadinanza concessa da Cesare e riconfernata da Ottaviano.
L'Italia, concepita per la prima volta nella storia come estensione territoriale unitaria (restano escluse solo le isole), viene suddivisa in XI REGIONES, modellando significativamente tale ripartizione amministrativa sull'esempio di quanto era stato fatto ad opera dello stesso Augusto per la citta' di Roma, analogamente riparita in egual numero di REGIONES. Ad ogni regione vengono assegnati un numero e un nome, quest'ultimo generalmente legato al ricordo delle antiche popolazioni originariamente stanziate nella zona, nell'evidente intento di superare le differenze tra Nord e Sud, fra Romani e Italici, nobilitando cosi' le singole parti di un'Italia per la prima volta unificata.
Ma se questo e' vero per le Regioni d'Italia Centrale e Meridionale (II - APULIA, III - LUCANIA et BRUTILIUM, IV SAMNIUM, V PICENUM) cio' non vale per le zone abitate dai Galli, il cui nome viene deliberatamente cancellato, sia nell V REGIO (dove erano stanziati i Galli Senoni, si ricordi SENA GALLICA - Senigallia) he nella X - VENETIA ET HISTRIA, dove sono ricordati solo i Veneti, e, ancor piu' nettamente, nella VIII, l'AEMILIA, che sara' nota ufficialmente fino al II° sec. d.c. con il solo ordinale e soprattutto nella nostra regione, l'XI, la piu' celtizzata, definita soltanto geograficamente, TRANSPADANA. Questa cancellazione del ricordo dei Galli e' dovuta non certo alla volonta' di una deceltizzazione, ormai del tutto fuori luogo alla fine del I° sec. a.c., quanto piuttosto tende a rimuovere ogni ricordo dell'antico stato d provincia, mirando a stabilire un rapporto paritetico col Centro-Sud.
Pertanto, il territorio dell'Italia Settentrionale in genere e nella Transpadana Occidentale in particolare, cui la nostra zona apparteneva, ha visto in breve svolgere di tempo, soprattutto nel corso del I° sec a.c., il passaggio da terra di conquista quale era la regione pienamente integrata al resto dell'Italia. Tale processo e' stato reso possibile da tre elementi posti in reciproco rapporto fra loro, finalizzati ad ottenere la piena valorizzazione delle zona, fertile ricca di acqua; la realizzazione di una fitta rete di strade, la progressiva urbanizzazione e la suddivisione agraria del territorio, preceduta, ove necessario, da opere di bonifica e disboscamento (si ricordi che il terreno si presentava allora boscoso, particolarmente verso Uboldo e Saronno) in tanti lotti di terreno coltivabile.
Alla base del sistema vi sono dunque i principali centri ( nella nostra zona estremamante ridotti, limitandosi alla Mediolanum, Comum, Novaria e, piu' a sud Ticinum - Pavia) , collegati da strade, con duplice funzione militare e commerciale, che vengono ad attraversare tutta una serie di nuclei minori, eredita' del sistema locale abitativo celtico, articolato su una notevole quantita' di piccoli centri sparsi (per pagos), la cui presenza risulta attestata dalle fitte, piccole necropoli che gli scavi hanno rilevato.
I centri celtici vengono gradatamente romanizzati, anche con l'immigrazione di elementi centro-italici ed il terreno viene suddiviso in appezzamenti di estensione originariamente limitati (nelle colonie uno per capo famiglia) sui quali trovano posto fattorie di piccole dimensioni ("Domus rusticanae"), poi progressivamente trasformatisi per formare entita' poderali piu' ampie con vere e proprie "Villae rusticae").
L'elevato numero dei toponimi della nostra zona derivanti dal nome di antichi proprietari terrieri, romani o indigeni romanizzanti che fossero (ci si riferisce ai centri il cui nome termina per ANO, quali Pogliano, Nerviano, Legnano, e a non pochi di quelli terminanti in AGO, quali Vanzago, Parabiago e Dairago, forma piu' vicina al sostrato lingistico celtico originario testimoniano esattamente questa situazione, dove il passaggio a nomi di citta' e' probabilmente indice di formazioni latifondistiche tardoantiche.
Tale fenomeno di suddivisione agraria, noto con il termine di centuriazione, teso a valorizzare appieno il territorio, era in stretto rapporto con la rete viaria, dal momento che i singoli appezzamenti erano divisi tra loro principalmente da strade di varia importanza, dalla grande arteria ai viottoli campestri.
Gli studi sulla ricostruzione del reticolato romano in questa zona sono estremamente limitati e resi problematici dal totale silenzio delle fonti antiche e dall'intenso sviluppo avuto nel territorio. Quello che e' comunque possibile affermare allo stato attuale delle conoscenze e' che la zona a Nord-Ovest di Mediolanum era centuriata. con una inclinazione di 26-27° NO, probabilmente legata allo scorrimento delle acqua; tracce evidenti dei resti della centuriazione appaiono con chiarezza dalle carte.
Se gli studi della situazione agraria sono ancora agli inizi, qualche dato piu' certo e' stato acquisito per quanto riguarda la ricostruzione dell'antico sistema stradale.
Le principali arterie romane della zona sicuramente attestate dalle fonti antiche o dalla toponomastica, quasi certamente realizzate con fondo semplicemente ricoperto di ghiaia e non lastricate, devono esere viste in stretta correlazione con la navigazione fluvio-lacuale, da cui erano integrate.
Esse sono le seguenti:
1) Milano-Novara, che passava per Quarto Cagnino, Quinto Romano, Settimo Milanese (topnimi indicanti la distanza in miglia romane da Milano) e Magenta, come e' dimostrato dal ritrovamento di un cippo miliare avvenuto a Robecco sul Naviglio; dopo aver attraversato il Ticino, limite geografico e amministrativo del territorio di Mediolanum, giungeva probabilmente a Trecate, ove e' attestato in periodo altomedievale un "Vadum Trecantinum".
2) Milano-Varese, attestata dal toponimo Quarto Oggiaro, che portava a Varese attraverso Garbagnate, Saronno, Cislago e Tradate.
3) Milano-Como, attestata dalla TABULA PEUTINGERIANA, per Paderno, Desio (da Decinum) e Cantu'.
La strada pero' piu' importante della nostra zona sistemata in eta' imperiale ma sorta su di un persorso commerciale piu' antico, era la MEDIOLANUM-VERBANUS, quella che, con varie modifiche, e' diventata l'odierna Strada Statale n. 33 del Sempione, che univa Milano ad Angera, ove pare attestata l'esistenza di una flottiglia lacuale e che parrebbe in eta' tardo romana aver assunto il nome di STATIONA, (Statio navium).
Questa strada (non ricordata nelle fonti antiche) il cui tracciato e' stato ricostruito in modo piuttosto convincente, pur qualche variante, sulla base dell'analisi ed interpretazione delle carte topografiche in scala 1:25000 dell'I.G.M., di carte piu' antiche, delle mappe catastali e delle fotografie aeree, faceva parte di un piu' vasto percorso che metteva in comunicazione Milano, attraverso il lago Maggiore, la Val d'Ossola e il Sempione, con il corso del Rodano, sfruttandone poi le correnti per mezzo della navigazione con zattere, analogamente a quanto avveniva per il Reno, raggiungibile attraverso la direttrice Como-Spluga o da Locarno.
L'importanza commerciale, piu' che militare, di questa strada non e' sempre stata pienamente riconosciuta, ma la frequentazione del percorso gia' nell'eta' del bronzo e del ferro e' mostrata dai ritrovamenti archeologici; inoltre occorre considerare che il materiale da costruzione, quale il serizzo alpino, (attestato anche da manufatti conservati in questo Museo) destinato al capoluogo, doveva seguire questo percorso, il piu' idoneo a tal fine, forse integrato da collegamenti via fiume se e' vero, come sembra, che Milano disponesse in eta' romana di un porto fluviale analogo a quello di Aquileia.
Uscita da Milano la strada, secondo una prima ipotesi di ricostruzione del tracciato, attraversava Pero, la zona presso il cimitero di Rho, Barbaiana, Garbatola e, passando fra San Lorenzo e Cantalupo, giungeva a San Vittore Olona e di li' a Legnano; oltrepassato l'Olona in localita' Gabinella (e occorrera' qui notare la stretta relazione esistente tra il percorso della strada, i ritrovamenti relativi a necropoli e le fondazioni murarie relative ad una struttura imprecisata, forse un castello o comunque un punto fortificato romano a guardia della valle Olona) la via giungeva a Castellanza da dove, attraverso la localita' Buon Gesu' proseguiva per Busto Arsizio e Gallarate, raggiungendo infine Sesto Calende e Angera.
Una seconda ipotesi di ricostruzione ritiene invece preferibile fare passare la strada, fermo restanto il tratto fino a Pero, ove c'era ancora nel 1752 un "Molendinum dictum alla strada regia" (tipico appellativo che ricorda la presenza di antichi assi viari romani) e Rho, per Castellazzo, nord di Nerviano, ove c'era un antico ospizio pr i viandanti presso il santuario della Colorina, chiesa di San Lorenzo; da questo punto il tracciato proposto ricalca il precedente tentativo di ricostruzione fino alla localita' Buon Gesu'.
In questo punto, circa al miglio XX da Milano, si trovava probabilmente una MUTATIO, stazione (poste solitamente a otto-dieci miglia di intervallo) ove era possibile cambiare i cavalli e situata in una posizione particolarmente adatta, all'inizio della SILVA LONGA, un'ampia zona boscosa il cui superamento rendeva opportuno avere cavalcature fresche.
Poco oltre, circa 3 Km. e mezzo, si trovava la cascina Migliata, testimoniata gia' nel XY sec nella forma Miliata, toponimo chiaramente riconducibile ad una pietra miliare che doveva esistere nei pressi.
La localita' Buon Gesu', ancora oggi un importante nodo stradale per l'incrocio di vari assi, gia' in eta' romana vedeva forse l'intersezione con l'ultimo collegamento di una certa importanza della zona, la via (III - IV sec. d.c.) che da Como, passando per il centro fortificato di SIBRIUM (Castelseprio), destinato a maggior fortuna nell'alto medioevo, giungeva a Novara, passando probabilmente per Turbigo; tale via, pero', poteva incrociare la nostra piu' a nord, verso Gallarate e da li' raggiungere Turbigo atraverso Lonate Pozzolo.
Il percorso dell'attuale Strada del Sempione n. 33 (forse dal neo latino Summo Plano) in parte, come si e' visto dalle ricostruzioni proposte, ricalca l'antica MEDIOLANUM - VERBANUS, in parte se ne discostava. Cosi', tra Rho Legnano, gia' prima del Mille le VIAEVICINALES, ovvero le strade campestri secondarie che avevano collegato, con andamento parallelo in vari tratti l'arteria principale, i vari VICI, i centri rimasti tagliati fuori dal grande rettilineo, modificarono l'originario tracciato, in consegunza delle mutate esigenze e necessita'.
Evidentemente, del resto, gia' allora esistevano delle "bretelle", ossia dei collegamenti trasversali tra le strade piu' importanti, la MEDIOLANUM - VERBANUS e la MEDIOLANUM - NOVARA, sempre con funzione di collegamento e allacciamento agli assi viari principali pr quei centri che si trovavano in posizione intermedia; si veniva cosi' a creare una microviabilita' locale che sfugge ad ogni criterio di classificazione.
"Il restauro e' un intervento volto a rimettere in efficienza un prodotto dell'attivita' umana".
La possibilita' di trasmettere il patrimonio antico pervenuto fino a noi e' strettamante legata alla nostra capacita' di assicurarne al conservazione utilizzando le tecniche e i metodi ritenuti piu' opportuni al momento dell'intervento. Queste inevitabili "manomissioni" riflettono i valori culturali e le conoscenze scientifiche del periodo in cui si opera, sono giustificabili per garantire un ulteriore trasmissione dei resti antichi e variano con il cambiare dei tempi.
Nel corso della storia si e' verificato un mutamento radicale del raporto tra la societa' e il patrimonio archeologico esistente: dall'adattamento attuato dai romani delle loro stesse opere, ai nuovi valori culturali che si andavano evolvendo, al drastico riuso dei materiali effettuato nel medioevo ( che ha portato alla distruzione di gran parte dell'architettura precedente per riutilizzare marmi e pietre, che avevano ormai perso il loro valore simbolico nell'unita' dell'opera), fino ad arrivare all'altrettanto assurda concezione dell'integrita' dell'opera d'arte, ricostruita e mascherata in modo tale da costituire dei veri e propri falsi.
In questa complessita' del problema si inserisce la TEORIA DEL RESTAURO di Cesare Brandi, che costituisce un punto di riferimento teorico che supera la sensibilita' e la competenza tecnica del singolo restauratore, determinando le basi comuni ai vari interventi di restauro.
Anche la figura del resturatore come tecnico di un settore specifico e' un concetto relativamente nuovo e non ancora completamente diffuso.
Fino a qualche anno fa era uso, sopratutto nei piccoli centri, affidare il restauro del materiale archeologico direttamente al curatore o al custode del singolo museo, i quali, senza conoscenze specifiche, ma basandosi sul proprio intuito e capacita' personale, utilizzando spesso materiali non adatti, hanno contribuito ad aggravare il problema della conservazione di questi simboli della cultura materiale.
Nel caso degli oggetti conservati nel Museo di Legnano, la fantasia ha avuto un ruolo notevole per sopperire alle lacune tecniche: materiali di uso comune quali barattoli, reti metalliche e anche le bacchette di ombrello hanno trovato una nuova collocazione come strutture portanti di urne, grossi olpi e anfore. I manufatti riscostruiti e completati con gesso colorato perdevano l'importanza storica dovuta alla loro funzione d'uso e di rituali funerari, assumevano un nuovo valore puramente estetico con le integrazioni e ridipinture delle superfici che eliminavano ogni segno di lavorazione e d'uso, fondamentali come dati di documentazione.
Come testomonianza di questa ricerca dell'unita' estetica e' curioso evidenziare la corrispondenza del 1954 tra il sig. Lotti Turiddu di Ischia di Castro e Sustermeister:
"Per il vaso che ha in parte recuperato e che intende completare, potro' fornirle l'ansa che desiderava. Non e' la sua (poiche' in giardino non ho trovato altri frammenti) ma io conoscendone la forma tipica ne ho trovata un analoga per adattagliela".
Questo uso di adattare l parti di diversi vasi per costruirne uno completo e' stato riscontrato piu' volte, ma il caso piu' ecclatante e' comunque rappresentato da due urne della "cultura di Canegrate" ricostruite integralmente. Una volta smontate i frammenti originali sono risultati appartementi ad un'unica urna, esposta attualmente al Museo.
Un nuovo intevento si pone come obiettico di riportare, per quanto ancora possibile, ad una restituzione originaria della materia ed a una maggiore leggibilita', documentando pero' come parte della storia dell'oggetto le integrazioni e ridipinture che nascondevano la sua vera identita'.
Il problema della rimozione di qunto troviamo apposto erroneamente e' molto complesso e spesso pone la sensazione di una inutile devastazione, dovendo privilegiare o il lato estetico o la parte disciplinare di documentazione.
Si apre un dissidio tra immagine e materia superato soltanto dall'esigenza della conservazione che prevale come scopo ultimo da perseguire.
Alla luce di queste espeienze storiche una caratteristica fondamentale del restauro attuale e' la sua reversibilita', o comunque la possibilita' di reintervenire senza danneggiare il reperto.
Le metodologie di intervento da noi adottate che utilizzano le indicazioni dell'Istituto Centrale del Restauro di Roma, sono illustrate nei pannelli didattici della mostra.
Legnano Romana. Relazione degli scavi e dei ritrovamenti. Legnano 1928
Notizie archeologicge e storiche sui ritrovamenti fatti nella zona, in "memorie della Societa' Arte e storia", n.2, 1934
Il convento si Santa Chiara e la Casa Vismara, in "Memorie n.2 "
Oldrado Lampugnani e il Castello di Legnano, in "memorie n.2"
Notiziario dei ritrovamenti archeologici nella zona e ingressi al Museo Civico, in "memorie n.3"
La casa di Gian Rodolfo Vismara in Legnano sec. XV, in "memorie n.3"
Notizie archelogiche sui ritrovamenti nella zona, in "memorie n.4⁄5"
Quadro, la deposizione di Cristo acquisito al Museo Civico. Un camino antico di Parabiago, in "Memorie n.4⁄5"
La minaccia di vendita di un feudo delle terre di Legnano, in "Memorie n.4⁄5"
Il pittore Melchiorre Lampugnani e il codice araldico n. 1390 della Biblioteca Trivulziana, in "Memorie 4⁄5"
Una voce stonata contro la battaglia di Legnano, in "Memorie n. 7"
Il castello di Legnano, in "memorie n. 8", 1940
Regesti e documenti sulla famiglia Lampugnani racolti nei vari archivi. Epoca dal 1110 al 1528, in "memorie n. 9", 1940
Elementi di censo e di catasto della famiglia Lampugnani del 1530, in "Memorie n. 9"
Cronologia degli avvenimenti di Milano dal 1275 al 1527, in "Memorie n. 9"
Storia delle chiese di Legnano del prev. Agostino Pozzo. 1650, in "Memorie n.10" 1942
Notizie archelogiche della zona, in "memorie n. 11", 1945
Restauri della pala del Luini, in "memorie n.11"
Gli editori "Da Legnano" nel 1500 (prima parte), in "memorie n. 11"
Documenti e regesti di documenti sui Legnani, in "Memorie n. 11"
Gli editori "Da Legnano", 1470-1525, (seconda parte), in "Memorie n. 12" 1948
Notiziario dei recenti ritrovamenti archelogici nella zona di Legnano, in "Memorie n. 13", 1952
Conventi di Umiliati e Chiese. Braida, Corte e Curua Arcivescovile. - Fossato di difesa e muraglione, in "Memorie n. 15", 1955
Notizie archeologiche. Zona Legnanese - note storiche del Castello di legnano - Tutela paesaggio, in "memorie n. 16", 1956
Un censimento nominativo di Legnano nel 1594 con indici e genealogie. - Brani di storia ed Arte di Legnano a tale epoca con 110 illustrazioni e tavole, in "Memorie n. 17"
Tavola archeologica zona di Olgiate-Legnano-Parabiago. Relazione di scavi archeologici nella zona Legnanese. Pannelli artistici donati al Museo Civico Legnanese, - Relazione sui mulini idraulici lungo l'Olona, in "memorie n. 18", 1960
Legnano Romana - Relazione degli scavi e ritrovamenti antichi - G. Sutermeister - Legnano 1928
Angera Romana, scavi nella necropoli 1970 - 1979, AA.VV., Roma 1985
Scavi dell'Universita' degli studi di Milano nella necropoli romana di Angera (Campagne 1975-1978). Osservazioni preliminari - G.Sena Chiesa,
Corpus vasorum arretinorum. A catalogue of the signatures, Shapes and Cronology of Italian Sigillata, - a: OXE' , Bonn 1968
La ceramique aretine lisse. Fuilles de l'Ecole Francaise de Rome a Bolsena , - C. Goudineau - Paris 1968
Le monete del museo Civico di Legnano, N. Vismara - R.Martini (Guida all'esposizione) , - Milano 1988
La necropoli di Canegrate, - F.Rittatore Vonwiller - in "Sibrium" 1953
Appunti sul bronzo Medio, tardo e Finale in Lombardia - R. De Marinis - in "Atti I convegno archeologico Regionale" Brescia 1981
La civilta' del ferro in Lombardia, piemonte, Liguria - F. Rittatore Vonwiller - in "Popoli e civilta' dell'Italia Antica" - vol. IV, roma 1975
Legnano Romana - G. Sutermeister
Bullettino di Paletnologia Italiana - C. Caprino - 1943
Il periodo di Golasecca IIIa in Lombardia - R. De Marinis - in "studi Archeologici" Bergamo 1981
Un secondo sepolcreto di epoca imperiale a San Giorgio su Legnano - G. Sutermeister - in "Memorie Societa' Arte e Storia" - Legnano 1956
Sepolture del II e III sec. a.c. San Lorenzo di Nerviano - G. Sutermeister in "memorie Societa' Arte e Storia" n. 18 - Legnano 1960
La cultura La Tene in Lombardia - M. Tizzoni - in "Studi archeologici" I - Bergamo 1981
Il sepolcreto dei sec. I e II d.c. di Cerro - San Vittore, G. Sutermeister - in "Memorie Societa' Arte e Storia n. 13" - Legnano 1952