Legnano story - note personali
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Andar d’accordo e litigare
 
In questo senso, il fatto di andare d’accordo o meno giocava un ruolo importante, per chi poteva permettersi di seguire le sue inclinazioni. Per esempio, nel 1789, accingendosi per la terza volta al matrimonio, Francesco Albergati Capacelli – famoso commediografo figlio dei già citati marchese Luigi ed Eleonora Bentivoglio29 – stabilisce in accordo con la futura sposa Teresa Checchi Zampieri che, qualora ella rimanga vedova senza prole e non possa o non voglia continuare a convivere con il suo figlio di primo letto Luigi, godrà di un assegno di ottocento scudi annui «oltre un appartamento decentemente amobigliato con comodo di cuccina, granaro, e cantina del tutto forniti nel suo palazzo in Bologna, come altresì tre letti uno per di lei uso, due per uso di famiglia»30. Dodici anni più tardi, redigendo il suo ultimo testamento (1801), Francesco tornerà ad affrontare il problema del trattamento di Teresa in caso di vedovanza. Qualora ella o mio figlio Luigi, scrive, «non vogliano più vivere uniti come una sola famiglia fra loro ancora alla sola, e stessa tavola in allora ordino e voglio che detta mia consorte debba conseguire [...] annuali Lire cinquemilla [...], che abbia il semplice uso, e godimento de’ surriferiti appartamenti in città ammobigliati con decenza, [...] due carrozze [...], due cavalli». Il mio erede, continua, le destinerà «una cantina, e tinazzara, granaro, legnara, e la biancheria», «una guardarobba sufficiente, e l’abitazione per li domestici»31.
 
Esattamente dieci anni prima che il marchese Albergati stendesse il suo primo testamento, anche Michael e Maria Redl, una coppia di contadini di Taures, in Austria, prendono in seria considerazione il problema di come gestire le tensioni familiari. La loro preoccupazione, tuttavia, non verte su quello che succederà dopo la loro morte, ma sul futuro che li aspetta. Stanno infatti stendendo un contratto di cessione della fattoria al figlio e alla nuora simile a quello fatto da Joseph e Anna Maria Pichler analizzato nel capitolo precedente. Si riservano dunque il diritto di continuare a vivere nella casa ma stabiliscono che, se con figlio e nuora non potranno «andar d’accordo, allora si costruirà una stanza separata all’interno della casa»32. Clausole del genere non erano rare nei contratti con i quali, soprattutto nell’Europa centrale e settentrionale, i genitori «passavano» casa e campi ad uno dei figli: talvolta prevedevano addirittura che i figli pagassero ai genitori l’affitto in un’altra casa33. In certe zone le fattorie erano invece provviste di una casupola separata per i genitori che si ritiravano, anche se poi a volte c’era chi preferiva affittarla a contadini senza terra (Heuerlinge) tenendosi i genitori in casa34.
 
Ma non tutti avevano la possibilità di scegliere liberamente se convivere o meno con i propri familiari e congiunti in base ai sentimenti che provavano. Talvolta scelte del genere erano impossibili oppure avevano costi assai alti: nella Franca Contea i servi (serfs) potevano ereditare gli uni dagli altri solo se vivevano insieme sotto lo stesso tetto, allo stesso focolare e alla stessa tavola. Ciò evidentemente poteva creare situazioni intollerabili: quando scoppiò la Rivoluzione francese alcuni di essi inviarono agli Stati Generali un cahier de doléances in cui denunciavano che ogni casa sembrava «una vera e propria prigione» nella quale i prigionieri erano costretti a vivere insieme per non perdere la quota di terra che avevano «innaffiato con il sudore della loro fronte». I figli dovevano insomma rimanere uniti nella casa paterna, sia che andassero d’accordo sia che fossero in conflitto, e dovevano continuare a farlo anche quando si sposavano e le rispettive mogli non si integravano pacificamente nella compagine familiare. Le tensioni erano alimentate, oltre che dalla costrizione alla convivenza, dal fatto che – se uno dei membri se ne andava – aumentava la quota ereditaria di chi rimaneva. Esasperare uno o più coresidenti, mettendone a dura prova la pazienza per provocarne la partenza, era pertanto strategia praticabile e praticata35.
 
Situazioni simili si ritrovavano anche in altre zone. Per i signori feudali russi verso la fine del Settecento divenne usuale impedire o limitare la divisione delle famiglie dei loro contadini: per questo le isbe di Mishino erano tanto affollate36. E una situazione analoga si creò, dopo il 1754, nelle zone del confine orientale dell’Impero asburgico in cui le famiglie fornivano soldati per l’esercito: poiché era più facile reclutare i soldati da famiglie ampie piuttosto che da piccole unità familiari, si decise di proibire le scissioni. È probabile, quindi, che i grandi gruppi familiari detti zadruga, tipici della zona, rispecchiassero più le esigenze imperiali che i desideri dei contadini37.
 
Inversamente, nella Polonia occidentale, nel XVIII secolo, i signori feudali cercavano di evitare che i figli dei contadini, quando si sposavano, rimanessero con i genitori. Non era infatti vantaggioso, per i padroni, che molti maschi adulti vivessero insieme, dal momento che quanto era dovuto al signore era proporzionale all’area del podere, non al numero di persone che lo lavoravano. I signori feudali cercavano pertanto di installare i contadini su appezzamenti diversi. Inoltre, poiché la presenza di una coppia era di fondamentale importanza per garantire la produttività di una fattoria, costringevano i vedovi – maschi e femmine – a risposarsi rapidamente, pena la perdita del podere. Analogamente, quando un figlio adulto succedeva al padre, se era celibe lo costringevano a sposarsi in fretta. Nel caso delle grandi tenute che disponevano di bestie da soma, cercavano tuttavia in vari modi (non sempre con successo) di evitare la frammentazione dovuta al sistema ereditario divisibile seguito dai contadini. Qualche nuovo podere privo di bestie da soma non garantiva loro, infatti, un lavoro paragonabile, quanto a produttività, a quello assicurato da una grande fattoria dotata di bestiame38. Anche in Curlandia i feudatari spingevano i vedovi a risposarsi e tentavano di imporre ai contadini la trasmissione di tutta la terra ad un unico figlio costringendoli a richiedere l’autorizzazione signorile per dividere i fondi rustici39. E se in Europa orientale i signori impedivano generalmente ai contadini di contrarre matrimonio fuori dai loro domini per non perdere forza-lavoro, in Italia, come accennato, i mezzadri per sposarsi dovevano chiedere il permesso al padrone del fondo40. Non sempre insomma si poteva scegliere liberamente con chi condividere gli spazi della propria vita quotidiana41.
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