La rivoluzione d’ottobre di 500 anni fa
MARTIN LUTERO E LA RIFORMA
Un mattino alla fine di ottobre del 1517 gli abitanti di Wittenberg trovarono affissi sulla porta della loro chiesa principale dei fogli contenenti 95 affermazioni, o tesi, di argomento teologico. Era un metodo allora usato per offrire alla discussione pubblica dei temi ritenuti particolarmente importanti. In questo caso, la Disputatio pro declaratione virtutis indulgentiarum criticava le indulgenze che il papa aveva cominciato a vendere in tutta Europa. Il testo, scritto in volgare tedesco, perché tutti potessero accedervi, era stato elaborato da un monaco agostiniano, Martin Lutero, docente di teologia presso la locale Università.
Lutero era nato a Eisleben, in Sassonia, nel 1483, da una famiglia benestante, e si era avviato agli studi di giurisprudenza. Secondo la narrazione tradizionale, a 22 anni venne colto da una tempesta in un bosco, e sfiorato da un fulmine che colpì e uccise l’amico al suo fianco. Fece allora voto di farsi monaco, entrò nell’ordine degli agostiniani e subito dopo venne anche ordinato sacerdote. Questa era del resto la conclusione di una crisi religiosa profondamente sentita, che da tempo lo turbava e lo spingeva a ricercare la “perfezione evangelica”.
Nel 1510 ebbe l’occasione di visitare Roma. L’incontro con la capitale della cristianità lasciò molta amarezza e delusione nel giovane monaco, scandalizzato dal fasto e dalla mondanità della corte papale, nonché dalla dubbia moralità che vi si viveva. Anzi, per dirla con Guicciardini, che in quegli stessi anni era un alto funzionario dello Stato pontificio, “el grado che ho avuto con più pontefici m’ha necessitato a amare per il particulare mio la grandezza loro; e se non fussi questo rispetto, arei amato Martino Luther quanto me medesimo; non per liberarmi dalle leggi indotte dalla religione cristiana… ma per vedere ridurre questa caterva di scelerati a’ termini debiti, cioè a restare o sanza vizi o sanza autorità”.
Era allora papa, col nome di Leone X, Giovanni de Medici, figlio di Lorenzo il Magnifico, che con un fasto da sovrano rinascimentale aveva fatto della Chiesa un centro di mecenatismo per l’arte e la letteratura; oltre alla politica e alle campagne militari, doveva finanziare la costruzione della cattedrale di San Pietro e retribuire degnamente gli artisti, come Michelangelo e Raffaello, che vi prestavano la loro opera. Lanciò quindi la vendita delle indulgenze in tutta Europa: offrendo alla Chiesa una determinata somma – un fiorino per i poveri, 20 fiorini per i nobili – il cristiano si assicurava la certezza di essere liberato dalla pena corrispondente ai suoi peccati.
Nel 1517 l’arcivescovo di Magonza e primate di Germania, Alberto di Hohenzollern, lanciò la campagna di vendita in Germania, con la collaborazione di Giovanni Tetzel, monaco domenicano e commissario pontificio per l’operazione. Lutero, nel suo rigore morale, non riusciva ad accettare che i peccati potessero venir perdonati con un versamento di denaro, e formulò le 95 tesi in viva polemica con la vendita delle indulgenze. La tesi n. 5 dichiara esplicitamente che “il papa non vuole né può rimettere alcuna pena, fuorché quelle che ha imposto per volontà propria o dei canoni”. E alla tesi 21, “sbagliano quei predicatori di indulgenze, i quali dicono che per le indulgenze papali l’uomo è sciolto e salvato da ogni pena”.
Le 95 tesi, che si considerano l’inizio ufficiale della Riforma protestante, generarono un inatteso conflitto di enormi conseguenze, nel quale vennero coinvolti i principi tedeschi, e messi in discussione i rapporti fra Chiesa e Stato. A Roma il papa Leone X era stato avvertito che in Germania si stava preparando “una tempesta di inaudita violenza”, come l’aveva definita l’umanista Girolamo Aleandro; ma troppo impegnato a barcamenarsi fra le due grandi potenze dell’epoca – Francia e Spagna – il papa delegò la questione tedesca al generale degli agostiniani, Gabriele della Volta, e all’ordine dei dotti domenicani nella persona di Giovanni Tetzel. Ne sorse una lunga e complessa disputa teologica, ma anche politica e con risvolti economici. Dalla parte di Lutero stavano i principi tedeschi, desiderosi di porre fine all’ingerenza politica della Chiesa romana, e che guardavano con interesse alle enormi proprietà fondiarie di chiese, conventi e ordini religiosi di ogni tipo. E a Lutero guardava con speranza anche la grande massa di contadini poverissimi, servi della gleba, sensibili al messaggio di libertà implicito inquella ribellione alla Chiesa come potere costituito. Erano con lui anche gli umanisti, una nuova classe intellettuale sorta nelle città sempre più ricche e potenti, dove la cultura si affrancava dalla presa ecclesiastica e aveva imparato a usare gli strumenti della logica e della ragione.
Nel 1520 il papa credette di poter risolvere la questione con la bolla Exsurge Domine, che scomunicava il monaco tedesco. Lutero, ormai avviato su una strada di non ritorno, bruciò pubblicamente la bolla papale. Subito dopo, un editto che lo bandiva dall’Impero germanico restò senza alcun effetto: egli godeva dell’appoggio dei principi, e l’Elettore di Sassonia gli diede rifugio nel lontano castello di Wartburg. Qui, nell’ozio forzato di un freddo inverno nordico, Lutero – che già aveva pubblicato varie opere scritte in latino – concepì il grande disegno della traduzione in tedesco della Bibbia. L’opera venne rapidamente portata a termine e contribuì a dare dignità di lingua di cultura al volgare tedesco. Contribuì anche – e ne ebbe un contributo, in uno scambio mutuamente favorevole – a dare impulso alla recentissima industria editoriale, lanciata da Gutenberg con l’invenzione della stampa a caratteri mobili. Infatti secondo la predicazione di Lutero, ogni cristiano deve leggere personalmente le sacre scritture, senza l’intermediazione di un clero che ne detenga il monopolio, cosicché leggere diventò un obbligo per ogni persona. Si creò quindi una massa imponente di cittadini alfabeti, che poco più tardi fornirono il pubblico interessato non solo ai libri ma anche ai primi giornali. Non a caso la Germania costituisce oggi il secondo mercato librario più ampio del mondo, subito dopo gli Stati Uniti.
Un altro fatto importante contribuì allo sviluppo civile delle società nordiche: la ricerca della verità non è delegata a un sacerdote che la faccia calare dal pulpito su fedeli passivi e obbedienti, ma il compito spetta ai fedeli stessi, e il pastore può fornire solo consigli e assistenza spirituale. Gli unici sacramenti ammessi sono il battesimo e l’eucarestia: la mancanza della confessione nella forma praticata dai cattolici toglie al pastore protestante il grande potere che il prete cattolico esercita sul suo gregge. I fedeli si riuniscono la domenica per il servizio divino; gomito a gomito sugli stessi banchi siedono il ricco commerciante, l’artigiano, il contadino: tutti sono sullo stesso piano, tutti sono sacerdoti e ognuno lo è di se stesso. Anzi, l’artigiano povero che si dimostra sagace interprete delle Scritture, può godere di una considerazione che lo pone al di sopra del suo censo. Ciò fornisce fondamento religioso e di costume a principi di democrazia e di uguaglianza che solo più tardi troveranno una formulazione sul piano sociale, politico e giuridico.
Lutero divenne il centro di un movimento religioso che lottava non solo contro il fasto, l’immoralità e gli eccessi della Chiesa romana, ma anche – in un secondo tempo – per frenare i movimenti estremistici che si svilupparono entro la Riforma stessa. Rinnovare la religione per lui non significava toccare le istituzioni politiche e i rapporti sociali: ogni autorità viene da Dio, e quando i contadini si ribellarono egli prese nettamente la parte dei principi, che stroncarono con estrema violenza l’insurrezione dei poveri. Lutero predicò sempre il rispetto e l’obbedienza di fronte all’autorità costituita: un tratto rimasto ben presente nella cultura tedesca.
Lutero morì a Eisleben nel 1546, poco prima del grande Concilio di Trento, che fu la risposta della Chiesa di Roma alla Riforma dei paesi del Nord. E anche prima che scoppiassero le guerre di religione, culminate con la guerra dei Trent’anni, che per quasi un secolo insanguinarono edevastarono l’Europa. Solo nel 1648 la pace di Vestfalia pose fine a massacri e distruzioni. Scegliere una delle due forme di religione era come militare in due partiti avversi, e di fatto la scelta era pro o contro la Chiesa di Roma, potenza politico-militare oltre che religiosa. La pace di Vestfalia, con il motto “cuius regio eius religio” sanciva non solo che ogni paese o regione seguisse il credo del proprio principe, ma stabilì anche la nazionalizzazione della religione, dando maggiore forza e dignità agli Stati nazionali allora in formazione.
Che cosa resta oggi della predicazione luterana?
Le questioni teologiche non sono più di moda, dopo generazioni di secolarizzazione e di ateismo ufficiale nella Germania Est. Ma qualcosa resta. Abbiamo già detto del rigore morale, dell’ossequio all’autorità, del carattere nazionale acquisito dalla religione, degli elementi che contribuirono allo sviluppo civile – l’alfabetizzazione e la relativa uguaglianza di fronte a Dio. Un altro elemento culturale importante è lo sviluppo della musica: Lutero non amava il fasto delle chiese cattoliche, ma riteneva che la musica fosse un’arma potente contro il diavolo, oltre che un mezzo di coesione della comunità dei fedeli.
Egli stesso, valente musicista, compose diversi inni, basandosi su canti popolari tedeschi. In fondo anche Bach e Mozart sono figli di Lutero, e non è un caso che la Germania abbia oggi 130 orchestre finanziate con fondi pubblici.
Un altro lascito non precisamente positivo fu invece il profondo antisemitismo di Lutero, il quale nel 1543 scrisse un’opera – Degli ebrei e delle loro menzogne – in cui affermava che “in primo luogo bisogna dar fuoco alle loro sinagoghe e scuole; e ciò che non può bruciare deve essere ricoperto di terra e sepolto…bisogna allo stesso modo distruggere le loro case, perché essi vi praticano le stesse cose che fanno nelle loro sinagoghe. Perciò li si metta sotto una tettoia o una stalla, come gli zingari”.
Istruzioni che vennero prese alla lettera e portate molto oltre nella Germania del XX secolo.
Quanto all’atteggiamento verso l’attività economica e il denaro, la mente corre subito all’opera di Max Weber sull’etica protestante e lo spirito del capitalismo, che peraltro era ispirata al calvinismo e ad altre propaggini protestanti, come i Puritani d’America. Calvino vedeva la ricchezza come segno di favore divino, mentre per Lutero la ricchezza e il denaro erano sospetti: il buon cristiano deve lavorare per la comunità, non per se stesso; lo scopo non è il profitto personale, ma la distribuzione: una specie di “socialismo luterano” che secondo alcuni è alla base delle politiche di welfare degli Stati scandinavi.
E l’Italia, in tutto questo? L’Italia restò con la Chiesa di Roma e la Controriforma, con l’Indice dei libri proibiti,
con i Gesuiti e le Orsoline, con l’autorità del sacerdote e la Messa in latino fino al XX secolo. Ma questa è tutta un’altra storia.¦