Legnano story - note personali
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Battaglia
 
 
La battaglia di Legnano e il problema del confine meridionale del Seprio
 
Tratto da: Legnano nel MedioEvo di Marina Cattaneo
 
Abbiamo accennato nel capitolo precedente all'importanza della posizione di Legnano, vedremo ora nel quadro degli importanti avvenimenti svoltesi nella seconda meta' del secolo XII°, quale sia stato il suo peso. A quest'epoca, vale a dire dall'inizio del secolo XII° in poi, il rapporto tra citta' e campagna si andava facendo sempre piu' stretto; da un lato l'autorita' spirituale dell'arcivescovo, la cui potenza temporale era divenuta ormai grandissima, creava un forte legame ideale, dall'altro il progressivo decadere dell'autorita' comitale aveva  per contrappeso contribuito all'affermarsi di quella di tutti coloro che nel contado possedevano benefici, regalie, decime, castelli, case e terre. Per la maggior parte, questa classe era costituita da cittadini milanesi, spesso divenuti forzatamente tali per volonta' del comune cittadino.
Se di fatto il controllo del comune sul contado veniva esercitato in queste forme, non meno chiaro e' il contenuto economico che stava alla base di questo rapporto: per una citta' come Milano, popolosa ed in pieno sviluppo commerciale ed artigianale, i problemi principali erano costituiti dall'approvvigionamento di vettovaglie e di materie prime e dalla necessita' di mantenere aperto uno sbocco per i propri prodotti. Risulta quindi evidente l'importanza che la citta' annetteva al dominio dei territori circostanti, non tanto come fonte primaria  dell'approvvigionamento della citta', quanto per la possibilita' che esso offriva di controllare strade e vie d'acqua, per mantenere aperto quel complesso gioco di rapporti commerciali, che era la ragione stessa della vita di Milano.
Appariva percio' essenziale dal punto di vista della citta' il controllo diretto delle regalie specie per quanto concerneva dazi, pedaggi, diritti d'acqua e simili, che, gravando sul prezzo delle materie prime e dei prodotti finiti, rallentavano ed ostacolavano il commercio milanese. Le regalie pero' erano importanti anche per l'imperatore che si vedeva sfuggire di mano dazi, pedaggi, teloneo, ripatico, zecche, censi, tutte fonti notevoli di introito, proprio in un momento in cui la sua complessa politica rendeva difficile la situazione finanziaria nel regno di Germania.
Questo lo sfondo economico di una situazione che si faceva  sempre piu' tesa, finche' si giunse, durante la seconda discesa di Federico Barbarossa nel 1158, all'emanazione, alla dieta di Roncaglia, della "costitutio de ragalibus" con la quale l'imperatore, con l'appoggio delle teorie elaborate dalla scuola giuridica bolognese, avocava a se tutte le regalie che non fossero gia' state legalmente concesse.
Di fronte a questa situazione, Milano si trovo' costretta a reagire apertamente per la sua stessa sopravvivenza, rifiutando nel 1159  l'imposizione di un podesta' imperiale e attirandosi cosi' la condanna imperiale, il 16 aprile 1159.
Frattanto, la tecnica adottata dall'imperatore per far cadere Milano aveva gia' cominciato a delinearsi con una prima incursione nel territorio milanese avvenuta nel 1158G. L. Barni - La lotta contro il Barbarossa, in Storia di Milano, IV, 1954 pag 34., che aveva toccato il Seprio e la Martesana. Si erano avuti il taglio delle viti e degli alberi, saccheggi e incendi nelle ville, distruzioni dei muliniIn quest'epoca i mulini avevano una grande importanza: il loro possesso era intimamente connesso con quello delle terre coltivate a grano, che era impossibile sfruttare senza di essi. Di conseguenza, per il loro possesso economico e sociale, furono oggetto di accaparramento da parte delle sfere dominanti e furono, in caso di guerra uno dei primi obiettivi da conquistare ed, eventualmente, distruggere. Il Barbarossa appunto, distruggendo i mulini insieme ai raccolti, contava certo di provocare una carestia. La Valle Olona, disseminata di mulini fu probabbilmente colpita e forse per questo stesso motivo l'imperatore torno' a devastarla due anni dopo. .Il Barbarossa, considerato che, per la potenza di Milano, non poteva tentare un attacco diretto, intendeva probabilmente provocare una grave carestia nel suo territorio ed isolarla poi, tagliando la strada dei rifornimenti da parte degli alleati.
La stessa tecnica fu seguita dall'imperatore due anni dopo: ecco il racconto dell'anonimo autore delle Gesta Federici I Imperatoris in Lombardia, che va sotto il nome di Sire Raul: "Postea autyem medio mense Madii imperator cum exercitu suo iterum devastavit blavas et Legumina et linum Mediolanensisium et Medilio usque Vertemeate ab illa parte Lambri; et inde rediens per alia loca, devastavit Veiranum et Brioscum, Legnianum et Nervianum et Pollianum et venit usque adVenzagum et Raude pridie Kal Inmii; ubi cum ibat omnes arbores fructum portantes aut incidebat aut decorciabat"Gesta Federici I° Imperatoris in Lumbardia auctore cive Medialanensi, in "scriptores rerum Germanicarum in usumscholarum ex Monumentis Germaniae Historicis recusi", pag 40; cfr. A. Marinoni, Ricostruzione storica e topografica della battaglia di Legnano, in "Legnano", anno 3 - 1957, n. 2 pag. 3 e seguenti.
A questo punto pero' i Milanesi minacciati da troppo vicino, uscirono con il carroccio incontro ai nemiciE' in questa occasione che fanno la loro prima comparsa i carri falciati nell'esercito milanese, descritti dal Fiamma insieme ad altri particolari decisamente favolosi della battaglia di Legnano. Ecco cio' che dice il Gesta Federici a pag. 40 "Cum carocero et aliis plaustrellis centum - quae Guintelmus fecerat, que quasi ad modum scuti facta fuerunt in fronte; in giro erat circumdata precidentibus ferris facti de falcibus tradariis..." cfr. Giulini P. IV pag. 198 199. Probabilmente questo passo collegato erroneamente dal Fiamma con altre testimonianze, conflui' nel suo confuso racconto della battaglia: cio' non smentisce ne' conferma allo stato attuale della documentazione la presenza di questo tipo di carri al celebre fatto d'armi. che si ritirarono piegando da Bareggio a Morimondo, attraverso il Ticino fino a Pavia.
Legnano e' quindi interessata alla guerra solo indirettamente, subendono cioe', insieme a tutta la campagna milanese, le conseguenze negative; tuttavia dal breve passo citato sopra possiamo intravvedere chiaramente l'itinerario seguito dall'imperatore per entrare nel milanese e il fatto stesso  che da Briosco sia passato a Legnano, invece di puntare su Milano, dimostra che il nostro borgo costituiva da Nord uno degli ingressi piu' comodi verso la citta' oltrepassando il quale non si incontravano ulteriori gravi difficolta' ne' resistenze. Le devastazioni imperiali si ripeterono l'anno successivo, stringendo sempre piu' dappresso la citta', addirittura nel raggio di 10 15 miglia, attorno ad essa: la conseguenza fu un aggravarsi della carestia provocata dalle incursioni precedenti. L'imperatore completo' allora il proprio piano chiudendo le strade dei rifornimenti alleati da Piacenza e da Brescia: all'inizio del marzo 1162 Milano si arrese a discrezione e poco dopo subi' la famosa distruzione.
A questo punto il governo della citta' e il suo contado passo' nelle mani di alcuni podesta' di nomina imperiale, il primo dei quali fu Enrico, Vescovo di Liegi, il "Gesta Federici" a proposito del suo Vicario Pietro da Cumino dice: "... tulit omnibus Mediolanensibus ex  id est a Busti Garulfi et a Legniano, et Seviso infra..." In questo modo esso ci da' un'idea abbastanza precisa di quale potesse essere il confine meridionale del Seprio, assai piu' di quanto non faccia il trattato di ReggioGli atti del Comune di Milano fino all'anno 1216, a cura di C. Manaresi, Milano 1919, n. CXLVIII., che stabilisce due soli punti, assai distanti tra loro cioe' Padregnano e Cerro di Parabiago, restando per il resto assai nel vago. Esiste anche una fonte di informazione indiretta che possiamo sfruttare, pur conoscendo le difficolta' ed i pericoli connessi a questo tipo di indagine. Lo studio dei dialetti locali, fatto dal MarinoniA. Marinoni - I dialetti da Saronno al Ticino, in "Panorama storico dell'alto Milanese", Busto Arsizio 1957, pagg. 47 80. mostra chiaramente come le parlate di Busto Arsizio e Legnano siano  caratterizzati dal alcuni fenomeni tipicamente liguri. Le vocali finali delle parole latine (tempu, orbu-, lacte, gente) sono scomparse in tutta la Gallia, nel Piemonte, Lombardia e Emilia Romagna, ossia nei territori di sostrato storico ( temp. orb, lac o lait, gent) sono rimaste invece in liguria e nel distretto di Busto Legnano. L'isoglossa di questo fenomeno coincide singolarmente col confine meridionale del Seprio. Un secondo fenomeno comune ai dialetti liguri e a quello delle pievi di Busto e Dairago riguarda il dileguo di - r - intervocalica (Uona, ua, uegi, invece di Urona, ura, uregi) ma non tocca la pieve di Legnano. Ritiene il Marinoni che il primo fenomeno, piu' antico, risalga ad un tempi in cui i paesi della parte meridionale del Seprio mantenevano stretti rapporti tra loro e formavano una comunita' linguistica compatta; il secondo, piu' tardo, deve essersi verificato quando tra Legnano e Busto si era gia' aperta una frattura  con la conseguenza di dare origine ad un'accentuata rivalita'.
Concludendo si puo' quindi sostenere che il suddetto confine seguisse probabilmente, la linea Padregnano - Busto Garolfo - Legnano - Cerro - Seveso. Resterebbe da stabilire a questo punto se Legnano, che, come abbiamo visto, era sul confine, si trovasse dal lato del Seprio o da quello di Milano: impossibile dare una risposta esatta, dal momento che anche la frase citata "..a Legnano .. infra ..", risulta piuttosto sibillina, tuttavia io la interpreterei nel senso di "..partendo da Legnano .. in giu'..." includendo quindi in nostro borgo nel contado di Milano. Questa ipotesi sarebbe suffragata dalla costatazione dello stretto legame che uni' sempre Legnano a Milano, mentre i suoi rapporti con il Seprio furono sempre assai tiepidi, e dalle risultanze filologiche che ho accennato piu' sopra. La situazione di coloro che avevano proprieta'  nella campagna milanese durante il periodo di governo dei podesta' imperiali non fu certo felice: dapprima il Vicario del vescovo di Liegi, Pietro da Cunin o da Cumino, confisco' a tutti coloro che abitavano nel territorio di sua giurisdizione "duas partes tertii et ficti et quartam partem fructuum proprio vomere quesitorum, castanearum et nucum et feni tertiam partem".
A Pietro da Cumino successe come vicario Federico maestro delle scuole, forse anch'esso di Liegi; piu' tardi alla morte del vescovo di Liegi gli successero dapprima Marcoaldo da Grumbac con cinque luogotenenti ed in seguito Enrico di Disce.
Tutti costoro sottoposero la citta' e il suo contado a nuove misure vessatorie. Il 7 giugno 1164 fu stabilito secondo il Gesta Federici, il tributo annuale: "..id est ut unusquisque in anno solveret promanso soldos tres imperialium, pro iugo bovum imperiales XXII, pro foculari denarios XII" Si tratta cioe' di una imposta reale, sui mansi, di una imposta sugli strumenti di lavoro, cioe' i buoi, e di imposta personale per il fuoco. Quali conseguenze potessero avere misure di genere no e' difficile immaginare,, soprattutto se si pensa che gravavano su un territorio che aveva gia' subito a piu' riprese devastazioni, incendi, saccheggi e carestie. Ma certamente coloro che risentirono di piu' di questa situazione non furono i rustici ma i cives, erano essi infatti che l'imperatore c desiderava colpire. mentre nei confronti dei rustici aveva certamente un atteggiamento piu' conciliante, per danneggiare anche con questo mezzo, i domini cittadine l'economia milanese. Forse i cives furono costretti a fare concessioni ai rustici, mentre, contemporaneamente, questi vedevano richiesti ai loro domini prestazioni, delle quali essi erano da tempo esenti.
Tutto cio' probabilmente contribui' a suscitare nei rustici l'illusoria convinzione di essere ormai parificati nei diritti ai cives e certamente diede un notevole impulso alle nascenti istituzioni comunali autonome. Si era venuta cosi' a creare nel contado una situazione irregolare, cui si tento' porre rimedio successivamente, quando Milano, ricostruita, ebbe ripreso il controllo del contado e dei rusticiG. L. Barni - Cives e rustici a Milano ... secondo il Liber Consuetudinum Mediolani in "rivista storica Italiana", 1957, Fasc. I, pagg 5 - 60. ma l'evoluzione era gia' avviata e, anche se i suoi risultati non furono immediati ed evidenti, fu possibile solo arginarla momentaneamente.
Comunque la posizione di Milano, che si trovava ormai da tempo al centro della rete economica e commerciale che avvolgeva gran parte dell'Italia Settentrionale, porto', per impulso spontaneo, ad un'alleanza tra numerose citta' la cui conseguenza immediata fu la ricostruzione.
Il  fatto stesso che i Comuni alleati sapessero benissimo che, cosi' facendo, avrebbero sfidato l'ira imperiale e, nel contempo, restituito a Milano la sua posizione egemonica dimostra che, come essa non poteva vivere avulsa da un certo contesto territoriale, cosi' le altre citta' necessitavano di un certo equilibratore della propria vita economica e riconoscevano spontaneamente a Milano questa funzione. Fu proprio questa stretta interdipendenza economica  che porto', lungi da qualsiasi visione nazionalistica, a quell'epoca assolutamente inconcepibile, a quella alleanza cui e' legata la tradizione del giuramento di Pontida, non documentata storicamente, ma accettabile se vista in questa diversa luceIn realta' alla base della lega ci fu proabilmente un accordo, accompagnato da un giuramento, fatto non infrequente in questo periodo. Il dubbio sorge a proposito del luogo, cioe' Pontida,e della data. dei quali non abbiamo alcuna testimonianza diretta. D'altra parte il silenzio delle fonti, se non prova che il giuramento avvenne effettivamente a Pontida, non puo' neppure provare il contrario, mentre il Corio, Storia di Milano, 1855, vol. I°, pag 247 e seguenti, che e' il primo a parlare dell'avvenimento, deve pure avere avuto qualche motivo per indicare quella data e quel luogo preciso, anche se e' ovviamente impossibile per noi conoscerlo; Inoltre il Corio attibuisce una parte di primo piano in tutta la vicenda del giuramento a Pinamonte di Vimercate, che ebbe effettivamente importanti funzioni politiche a Milano in questo periodo e che sembra aver avuto qualche legame personale con Pontida cfr. D.P. Lunardon, Il giuramento di Pontida, Pontida, 1967 pag. 25 53. La tradizione del giuramento di Pontida anche se non appare dunque, del tutto infondata, resta tutttavia, almeno allo stato attuale della documentazione a livello di tradizione.
A questo punto si era ormai giunti alla stretta finale fra i comuni e l'imperatore, il quale, nel settembre del 1174, era disceso per la quinta volta in Italia e dopo essersi invano portato ad assediare Alessandria  aveva avviato con i Comuni i preliminari di pace a Montebello.
Alla ripresa delle ostilita' dovuta al mancato accordo su alcuni punti del trattato da stipularsi, Federico si trovava impreparato avendo gia' licenziato parte delle truppe: gli vennero allora in aiuto gli arcivescovi di Colonia e Magdeburgo che scesero attraverso la Svizzera a Como, dove li raggiunse l'imperatore, che si trovava a Pavia.Annales Colonienses Maximi - M:G:H: "Scriptores", tomo XVIII, pag. 708
La situazione ora volgeva a danno di Milano, nel momento che nella Lega si erano nuovamente insinuate diffidenze e rivalita', che, momentaneamente tacitate dalla potenza milanese, al ritorno dell'imperatore si erano mutate in aperte defezioni; inoltre in Romagna si trovava l'esercito di Cristiano di Magonza ed un suo eventuale ricongiungimento con il corpo di spedizione appena disceso dalla Germania avrebbe dato il colpo di grazia alla rinata potenza milanese. Occorreva pertanto impedire che l'imperatore riprendesse la via di Pavia e ancor piu' assicurarsi che non tentasse una diversione verso il territorio milanese riprendendo la tattica di cui si era servito per fare cadere Milano.Romualdo da Salerno gli attribuisce appunto questa intenzione: "et simut cum illis (le truppe appena giunte dalla Germania) versus partes Mediolani ad divastandum eorum segetes, ire disponebat" Romualdi Salercitani, "annales", in M_G_H_, SS., Pagg. 441 442.
Considerati tutti questi fatti i milanesi scelsero con calma il luogo dove attestarsi nell'attesa dell'imperatore, che fu appunto legnano; non si tratto' infatti di un precipitoso accorrere nel punto piu' direttamente minacciato, ma di una scelta fatta con calma e attuata mediante una marcia normale di trasferimento.
Il Corio dice addirittura che il primo corpo di spedizione lascio' Milano il 24 maggio, vale a dire 5 giorni prima della battaglia, andando forse ad attestarsi nel castello, che come abbiamo visto esisteva gia' da tempo in Legnano. Secondo Gesta Federici "cum dicebatur quod essent apud Belinzonam, fabulosam videbatur..." vale a dire che i milanesi erano convinti che il nuovo esercito disceso dalla Germania fosse ancora talmente lontano da ritenere infondate le notizie secondo cui si trovava a Bellinzona; inoltre, sempre secondo il suddetto Gesta, solo una parte dell'esercito si trovava gia' a Legnano, mentre alcuni corpi erano ancora in marcia ed altri, tra cui la fanteria di Verona e Brescia, erano addirittura ancora in Milano.
Tutto cio' dimostra l'importanza attribuita a Legnano sia per la sua posizione naturale allo sbocco della valle Olona, sia perche' si  trovava sul confine del Contado del Seprio, che i milanesi avevano fondati motivi di ritenere infido. Infatti l'imperatore da Como si era trasferito a Cairate, appunto nel Seprio, senza che i milanesi ne avessero il minimo sospetto. D'altra parte neppure Federico si aspettava che il grosso dell'esercito milanese si trovasse a Legnano e intendeva prendere la via che, dalla Cascina Buon Gesu', cascina Borghetto e Mazzafame, lo avrebbe condotto al Ticino, all'incirca seguendo il confine del Seprio, senza quindi entrare nel territorio milanese.
Cio' spiega perche' i cronisti di parte imperiale parlino tutti di un agguato dei milanesi i quali in realta' erano rimasti sorpresi quanto loroAnnales Colonianses Maximi, in M:G:H:SS: XVIII, pag. 789 "... interea Mediolanenses et Veronenses ceterique Longobardi, collecto immenso exsercitu, cumis appropinquabant, ut novum exercitum tamquam ex itenere fessum belloappeterent et optimerent. Quod cum imperatori per exploratores certius innotuisset et a quibusdam suaderetur ut tantae multitutini ad tempus cederet et bello abstineret, indignum jjudicans imperatoriae maiestati hostibus terga dare, assumptis his que de civitatae erant, et his qui cum archiepiscopo venerant, hostibus viriliter occurrit"Gotifredi Viterbensis, Gesta Federici, in M:G:H: SS. XXII pag. 985 989 "Alpibus abiectis exsercitus exilit ultra; ignorant equites ubi parta pericula surgant, et quia nescierant miles inermis erat. Vix ibi quinquentos equites ad bella retentos noveris inventos reliquos se signo clientes".
 
Dalla somma delle testimonianze si possono ricostruire con una certa precisione le tre fasi successive della battaglia: in un primo tempo i milanesi ed i loro alleati che si trovavano a Legnano inviarono settecento cavalieri in perlustrazione, forse avvisati dall'avvicinarsi del nemico o attirati da qualche movimento sospetto. Costoro sbucando da un bosco si trovarono di fronte trecento cavalieri imperiali, con grande sorpresa di entrambe le parti; ne segui' una breve scaramuccia nella quale ebbero dapprima la meglio i milanesi.
Sopraffatti pero' ben presto dal sopraggiungere dall'intero esercito imperiale tentarono di ripiegare verso il Carroccio, che, con la fanteria e con il resto della cavalleria, si era frattanto attestato nel punto piu' opportuno; ma incalzati dagli imperiali continuarono la loro fuga verso Milano, trascinando con se' alcuni reparti di cavalleria che si trovavano presso il Carroccio, riunendosi poi alle truppe che si stavano trasferendo da Milano a Legnano e tornando indietro insieme a loro.Cardinale Bosone, Vita di Alessandro III, in Liber Pontificalis, edito da L. Duchesne, Parigi, 1982, II, pagg. 432 433. "Tunc premiserunt septigentos milites armatos versus Cumas, ut scirent qua parte veniret potentissimus er fortissimus eorum adversarius. Quibus per tria fere miliara profocoscentibus, trecenti Alamannorum milites obviaverunt, quorum vestigia F. cum tto exercitu sequebatur, accinctus ad prelim commitendum. Nec mora, hostes vehementer in hostes insiliunt.. sed ubi gravior moltitudo principis supervenit, Lombardorum milites inviti terga dederunt et ad carrocium Mediolanensium fecere configium exoptantes, non potuerunt a facie persequenti ibidem remanere, set cum requa fugentium multitudine ultra carrocium per dimidium miliare coacti sunt fugere".Romualdi Salernitani, ".. Imperatori obviamire ceperunt. Cumque exeuntes quoddam nemus, ex insperato imperatori, qui militares acies iam ad bella paraverat, subito occurissent, cum illo ceperunt habere conflictum. Sed quia non multi adhuc de Lumbardis convenerant, primo sunt ab imperatore in fugam conversi"Gesta "... Mediolanenses obviaverunt ei cum suprasciptis militibus inter Borxanum et Bustarsitiu; et ingens proelium inchoatum est. Imperato et milites qui erant ex una parte iuxta carocerum fugavit, ita quod fere omnes Brixienses et de ceteris magna pars fugerunt usque mediolanum, et pars magna de mediolanensibus".
 
 
A questo punto l'imperatore, che poteva scegliere se ritirarsi e riprendere tranquillamente la propria via verso il Ticino o attaccare subito, forzando il blocco milanese e aprendosi la strada per Milano, opto' per la seconda possibilita', forse ritenendo che la fanteria e i pochi cavalieri non fossero in grado di opporgli una valida resistenza. In realta' le cose andarono diversamente, benche' le fanterie e il Carroccio fossero troppo lenti entrambi per potersi spostare di fronte all'incalzare dell'esercito nemico, giunto, come vedremo poi, da posizione ad essi sfavorevole. Le fanterie circondavano il Carroccio, formando con gli scudi un muro da cui sporgevano lance, contro il quale si infransero i ripetuti assalti nemici.Gesta pag. 63 "Ceteri steterunt iuxta carocerum cum peditibus mediolani viriliter pugnaverunt" Romualdi Salernitani, Annales pagg. 441 "Pedites vero mediolanenses, cum paucis militibus, qui circa carruciam erant, fugere non valentes, simul conglomerati, stare ceperunt. Imperator autem videns Lombardos milites aufugisse, pedestrem multitudinem, quae remanserat, credidit facile superare. Cumque congregata sua milicia super eos vellet irrumpere, illi oppositis, clipeis et porrectis astis ceperunt eorum furori resistere, et ad se venientes animose repellere"
Quando infine i reparti imperiali cominciavano ad accusare la stanchezza per il vano e lungo combattimento e anche i milanesi erano stremati, piombarono in campo le schiere, che gia' al mattino erano in cammino verso legnano unitamente ai reparti di cavalleria fuggiti al primo urto: cio' da un lato diede agli imperiali l'impressione che l'esercito della Lega disponesse di schiere nascosteOttoni Episcopi Frisigensis, Chronicon, M:G:H:SS., XX pag 316 "Itaque cesarianis alacriter preliantibus ac iam de victoria sperantibus, acies Brixiensum ininsidiis ad subsidium collocata, repente erupit, exercitunque Cesaris a latere irrumpens disiunxit, ipsumque multis captis vel occisis fugere coegit"Gotifredi Viterbensis, Gesta Federici "Occultas acies callida turba gerit"Romualdi Salernitanu, Annales, pag 441-1 "Cumque conflictus aliquandiu perdurasset, Lombardi qui fuggerant, resumptis viribus, et alii qui de novo venerunt sociati ad pugnam sunt animose reversi et simul cum suis peditibus super imperatoris exercitum impetum facientes, ipsum in fugam unanimiter converterunt"
 
dall'altro contribui' forse a creare la leggenda dei cavalieri della morte, guidati da Alberto da Giussano, raccolta dal FiammaG. Fiamma - Manipulus Florum - De mirabili pugna et victoria Mediolanensium in RR. IISS., XI, pag. 650; Chronicon majus-Sotietas de la Morte in G. Fiamma, Chronicon extravagans et chronicon Majus editum ab Antonio Ceruti, pag. 718circa 150 anni dopo.
In realta' questo assalto improvviso dei reparti di cavalleria fu veramente quello che ha deciso la battaglia ed e' incomprensibile che intorno ad esso si sia creato un alone di leggenda; inoltre questa esaltazione della cavalleria a scapito della fanteria, che aveva di fatto sostenuto tutto il peso della battaglia, corrisponde anche a un fatto sociale. Benche' non sia comunque escluso che vi fosse un corpo speciale per la difesa del Carroccio, il Fiamma e' talmente confuso nel racconto della battaglia,In realta' egli si limita a narrare i preparativi della battaglia, l'uscita trionfale da Milano e il miracolo delle tre colombe, che, uscite dall'altare dei martiri martirio, Sisinio, e Alessandro, andarono a posarsi sull'antenna del carroccio. Inoltre parla di due battaglie: una combattura a Cairate nel 1176 e l'altra a Legnano nell'anno successivo.che e' impossibile discernere quale grado di veridicita' si possa attribuire alle sue affermazioni.
Comunque da questo momento in poi tutte le testimonianze concordano nell'asserire che l'esercito subi' una rotta rovinosa. L'imperatore, caduto da cavallo e creduto a lungo morto, ricomparve alcuni giorni dopo a Pavia, mentre i suoi, inseguiti fino al Ticino furono in parte uccisi o fatti prigionieri, in parte annegarono nel fiume.
Vedremo ora di localizzare, sulle basi delle fonti dell'epoca, quale sia stato precisamente il teatro della battaglia. Dal gesta sappiamo che "postea vero 1176 quarto Kal. Iunii, die sabbati, cum essent Mediolanenses iuxta Legnanum" e che "Mediolanenses obviaverunt ei cum suprascriptis militibus inter Borxanum et Busti Arsitium, et ingens prelium inchiatum est". L'apparente contraddizione e' chiaramente spiegabile se si ammette che la battaglia si sviluppo', come abbiamo spiegato sopra, in tre successive fasi la prima delle quali si svolse appunto tra Borsano e Busto Arsizio, mentre il Carroccio si trovava tuttavia presso Legnano. La causa dell'esplorazione dei settecento cavalieri della Lega in quel luogo preciso, cioe' all'incirca all'altezza della cascina Borghetto, fu forse il dubbio originato dal fatto che il nemico da Fagnano poteva discendere lungo la Valle Olona o tagliare direttamente verso Busto Arsizio sbucando in questo punto.
 
Il Carroccio comunque come il resto dell'esercito si trovava "iuxta Legnanum", lo dice esplicitamente il Gesta, lo confermano le distanze indicate dal Cardinale Bosone secondo il quale il luogo dello scontro si trovava a 15 miglia da Milano, distanza comunemente indicata come intercorrente tra Legnano e Milano anche nei secoli successivi, e la fuga degli imperiali verso il Ticino si protrasse per otto miglia, vale a dire poco piu' di 14In realta' la distanza tra legnano e il ticino e' leggermente superiore, ma e' probabile che gli imperiali si siano lentamente ritirati, perdendo terreno, prima che la loro fuga si tramutasse in rotta rovinosa.chilometri. Accertato che la fase principale della battaglia si svolse appunto presso legnano, resta da stabilire il punto preciso: considerato che la via che collegava Legnano a Milano a quell'epoca toccava Rho, Vanzago, Pogliano, Nerviano, Parabiago, Canegrate e infine legnano, il Carroccio essendo "iuxta Legnanum" doveva trovarsi appena prima o dopo il borgo, dal momento che sarebbe stato un assurdo tattico allontanarlo troppo lateralmente da questa strada su Milano, lasciandola completamente aperta. Abbiamo alcuni elementi che ci aiutano ad inquadrare con precisione la localita': innanzi tutto occorre tenere presente che in legnano esisteva un centro fortificato e cosi' pure era presente un elemento di architettura militare circa l'altezza dell'attuale confine tra legnano e Castellanza, il luogo ideale doveva quindi trovarsi tra questi due punti di forza, giusto allo sbocco della valle Olona, da cui era atteso il nemico. Inoltre secondo il Cardinale Bosone sopracitato la distanza che intercorreva fra il punto in cui era attestato il carroccio ed il luogo del primo scontro era di circa tre miglia.
Dalla somma di tutti questi elementi la localita' in cui piu' probabilmente si svolte la battaglia, risulta essere la zona di San martino, poco oltre legnano in direzione di Castellanza. Con questa supposizione concorderebbe anche la frase degli Annales Colonienses Maximi, che appare a tutta prima inspiegabile. Secondo gli annali Milanesi "Grandi fossa exercitum suum circundederunt" per impedirgli di fuggire: probabilmente i milanesi avevano alle loro spalle un ripido scoscendimento, che fu dal cronista scambiato per una fossa, sulla base di un confuso ricordo del teatro di battaglia. Appunto San martino si trovava sul declivio costituito dalla sponda destra della valle Olona: si tratta cioe' di un punto nel quale l'esercito della Lega, che attendeva il nemico dalla valle Olona avrebbe potuto facilmente difendersi. Nella realta', essendo sopraggiunto il nemico dalla direzione contraria, cioe' dalla cascina Borghetto, i Milanesi si trovarono questo avvallamento alle spalle e se ne servirono, forse, egualmente per impedire un aggiramento. Un'altra prova che la Battaglia si svolse  effettivamente, nella sua fase centrale, presso S. Martino e' la direzione di fuga degli imperiali che si volsero verso il Ticino. Cio' sarebbe inspiegabile, perche' almeno i Comaschi avrebbero dovuto fuggire verso la loro citta', se non si ammettesse che l'esercito della Lega aveva loro chiuso la via della ritirata verso Como e verso il Seprio, che cominciava in quel punto, lasciando come unica alternativa il fiume. Tutto cio' sta a dimostrare che la battaglia in realta' gravito' veramente su legnano, base logistica, base di partenza per l'attacco, punto di riferimento e terra da difendere a qualunque costo se si voleva impedire l'ingresso dell'imperatore nel milanese.
Questa importante vittoria militare non ebbe pero' un seguito politico altrettanto brillante, dal momento che subito rinacquero le discordie all'interno della lega e lo stesso pontefice Alessandro III° per rinsaldare la propria posizione a Roma, si affretto' a stabilire con Federico preliminari di pace. La lunga contesa si chiuse quindi con la pace di costanza nel 1183 che si limito' in realta' a sancire uno stato di fatto che durava ormai da molto tempo, concedendo alle citta' le regalie e il rispetto delle proprie consuetudini. Ad essa fece seguito, l' 11 febbraio 1185 il trattato di ReggioG. L. Barni - La lotta contro il Barbarossa, pag. 122col quale l'imperatore concesse a Milano in cambio di un censuo annuo tutte le regalie nei contadi di Seprio, Martesana, Bulgaria, Lecco, Stazzona. Per il Comitato del Seprio esso indica che i confini,"... Scilicet per hos fines, a lacu majori, sicut pergit flumen Ticini usque Padrignanum et a Padrignano usque Cerrum de Parabiago, et a Parabiago usque ad Cronum et a Caronno usque ad flumen Sevisi et a Seviso usque ad flumen Trese et sicur Tresa refluit in predicto Lacu Majori..." Gli atti del Comune di Milano fino all'anno 1216, n. CXLIII.che pero', almeno dal lato meridionale, sono esposti in termini abbastanza vaghi. Di conseguenza in base all'affermazione di Sire Raul per l'anno 1163 e in considerazione della posizione chiave, rappresentata da Legnano durante la guerra con il Barbarossa, possiamo accettare la definizione della linea di confine, almeno per questo torno di tempo, quale l'avevamo indicata piu' sopra appunto a proposito delle parole del Gesta Federici.
Da questo momento Milano, che aveva gia' reso vassalli i contadi limitrofi, li annette' direttamente, non tollerandovi piu' alcuna forma di autonomia. Tuttavia l'atavica avversione del Seprio per la potente citta' vicina e' ben lungi dall'essere sopita e si ridestera', in forme piu' o meno violente, tutte le volte che la situazione a Milano si fara' incerta e vi nasceranno dei torbidi. In tutti questi casi legnano ritrovera' l'importanza che le viene dalla propria particolare posizione e fara' specchio fedele della situazione di Milano, passando di volta in volta nelle mani del dominatore della citta' finche' la signoria viscontea, non la ridurra' al rango di piccolo borgo rurale, destituito ormai da qualsiasi importanza.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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