I cavalieri del medioEvo
Il potere dei signori si basava soprattutto sull'appoggio di uomini liberi che possedevano le armi e avevano tempo a disposizione per imparare a usarle. Costoro, che i signori legavano a sè tramite il beneficio, nei documenti del tempo vengono chiamati con parola latina semplicemente milites, cioè "soldati". milites ha lo stesso significato di vassalli, ma 1a gente comune preferiva chiamarli "cavalieri", perchè essi erano i soli, insieme con i signori, a combattere a cavallo, a differenza della massa dei contadini disarmati che andavano sempre a piedi. In un primo tempo chiunque poteva diventare cavaliere purchè ne avesse i mezzi economici o avesse trovato un signore disposto a donargli le armi. In seguito questa possibilità fu limitata a chi era già nato da cavalieri.
Divenendo cavaliere, infatti si entrava nella ristretta cerchia della nobiltà medievale. Per questa ragione la designazione a cavaliere avveniva con una cerimonia pubblica solenne e ufficiale: il cosiddetto rito dell' "addobbamento". La cerimonia dell'addobbamento consisteva in primo luogo nella consegna delle armi (lo scudo, l'elmo di ferro, l'armatura, gli speroni, la spada) al futuro cavaliere, che veniva quindi colpito con un sonoro schiaffo. Più avanti nel tempo e per volontà della Chiesa, la cerimonia venne preceduta da una veglia di preghiera. Con il termine di cavalleria si indicava allora sia l'insieme di tutti i cavalieri e l'insieme delle virtù tipiche di un cavaliere: il coraggio, il valore guerriero, la protezione dei deboli, la generosa immagine del cavaliere che abbiamo dalla letteratura del tempo è sempre quella '' un uomo valoroso, generoso, senza paura, amico degli umili e loro difensore contro i soprusi dei signori". In realtà non era così: i cavalieri erano certo guerrieri abili e coraggiosi, ma raramente agivano contro gli interessi del loro signore o degli altri cavalieri per difendere le ragioni degli oppressi. Essi erano nobili a tutti gli effetti e difendevano le ragioni dei nobili. Signori e beneficiari, tutti cavalieri, condividevano il tipo di vita e il luogo di residenza, il castello. Nel maschio centrale essi trascorrevano la maggior parte della loro esistenza, quando non erano impegnati in combattimenti o in partite di caccia. Al piano terreno della residenza signorile vi erano i magazzini in cui si consentivano le riserve alimentari. Al primo e al secondo piano si trovavano le grandi sale di ricevimento, le stanze da pranzo e le stanze da letto. Ai muri stoffe e arazzi dai vivaci colori. Il signore qui riceveva i suoi milites e organizzava feste. La principale occupazione dei cavalieri era naturalmente la guerra. La guerra era allora riservata ai professionisti; non si poteva sostenere un combattimento se non si era addestrati in modo adeguato. Per questo i cavalieri trascorrevano la maggior parte del tempo libero dai conflitti a fare esercizio con le armi. Il torneo, cioè una specie di spettacolo pubblico in cui si organizzavano scontri e duelli fra cavalieri, era considerato parte integrante dell'addestramento, e se rappresentava un momento di festa e di distrazione per nobili e contadini di una signoria, era comunque un cimento terribilmente serio per chi vi partecipava, in effetti nel torneo i combattimenti non erano in genere una finzione e i duelli potevano essere all'ultimo sangue: il vincitore cioè aveva il diritto di uccidere lo sconfitto oppure '' farlo prigioniero, pretendendo dai familiari al un cospicuo riscatto". La vita dei signori feudali e dei cavalieri era dunque una vita violenta, esposta a rischi quotidiani sia in tempo di pace sia in tempo di guerra.
Nel corso dei secoli X e XI la disgregazione del potere pubblico e l'impianto della signoria di banno provocarono l'asservimento la stragrande maggioranza dei contadini. Solo quei contadini ricchi, padroni della propria terra, che non avevano perduto l'uso delle armi e l'abitudine di partecipare al placito sfuggirono a questo destino diventando vassalli dei signori. Il potere signorile si baso' in larga misura proprio sull'appoggio armato di questi uomini liberi, che possedevano armi e cavalli e avevano tempo a disposizione per imparare ad usarli. Nelle latine costoro vennero chiamati milites, probabilmente Perchè con questa parola, nel X secolo, si indicavano correntemente i vassalli; ma le lingue volgari elaborarono una nuova parola per designarli, appunto "Cavalieri" in quanto essi, in un mondo di contadini disarmati e che andavano a piedi erano i soli, accanto ai signori, a combattere e spostarsi a cavallo. Oltre a reclutare in tal modo 1'appoggio dei piu' agiati fra i piccoli proprietari dei dintorni, molti signori donarono armi e cavalli ai piu' robusti e fedeli fra i loro servi; cio' accadde con particolare frequenza in Germania, dove questi cavalieri-servi erano detti "ministeriali", ma probabilmente anche altrove.
In un primo tempo, percio', chiunque poteva diventare cavaliere, se avesse trovato un signore disposto a donargli le armi; era tuttavia necessario che la consegna dell'equipaggiamento avvenisse con un rito pubblico e solenne, "l'addobbamento", cosi' da attestare agli occhi del mondo che il nuovo cavaliere era divenuto tale per volonta' di un signore, e dunque legittimamente. I cavalieri, in quanto collaboratori dei signori, sfuggivano alla costrizione del banno e della taglia e si avvezzarono percio' a considerarsi ben superiori ai contadini; gia' fra XI e XII secolo si comincio' a pensare che non era bene che un servo, o comunque un uomo di umile nascita potesse diventare cavaliere, ma che l'addobbamento doveva essere riservato a chi era gia' nato in una famiglia di cavalieri. Questa idea venne ripresa nel XII e XIII secolo dai giuristi al servizio delle monarchie europee e dei comuni italiani, preoccupati di evitare un eccessivo moltiplicarsi dei cavalieri e dunque della violenza nella societa'; a partire da quella data l'addobbamento venne spesso riservato per legge ai discendenti dei cavalieri, che costituirono cosi', insieme al signori, non più soltanto un'aristocrazia privilegiata, ma una vera e propria nobiltà ereditaria. Alla fine del Medioevo l'abitudine di farsi armare cavalieri divenne sempre piu' rara fra i nobili, i cui privilegi erano ormai saldamente ereditari e non dipendevano piu' dall'addobbamento, per poi scomparire del tutto nel corso del Cinquecento. Tuttavia il termine "cavaliere", rimase, e in italiano continuo' a disegnare fino al primo ottocento qualunque nobile che non disponesse di un titolo piu' elevato. Le monarchie, inoltre, conservarono il diritto di conferire la dignita' cavalleresca, di solito associata a una qualche decorazione civile o militare; titoli come quello di "cavaliere del lavoro", conferiti ancor oggi dalla Repubblica Italiana, rappresentano l'ultima sopravvivenza di questa tradizione.