Legnano story - note personali
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Hai visto come cambia piazza S. Babila?
 
Iniziamo col dire che la piazza S. Babila in se è un’invenzione piuttosto recente, poiché è stata, almeno fino al primo quarto del XX sec., poco più che un incrocio. Era infatti un crocevia, con tanto di crocetta cinquecentesca (stele devozionale con croce sommitale), dedicata a S. Mona (in una posizione molto prossima a dov’è oggi il pinnacolo della nuova fontana di Caccia Dominioni).
La famosa stele davanti alla chiesa anch’essa è un’idea “moderna” poiché come dice Alberto Savinio nel libro “Ascolto il tuo cuore città”, “…quanto al leone che sorge (ora) di fronte alla chiesa di S.Babila, non sempre esso era appollaiato in cima a questa colonna, ma se ne stava per terra, sopra un basamento basso e il popolino lo copriva di lordure. Per salvare il re degli animali da tanta sozzura, Carlo Serbelloni, magistrato delle strade, lo fece collocare nel 1650 su questa colonna salvatrice. Nacque così l’equivoco “veneziano”del leone di San Babila. Molti dimenticarono che questo leone era semplicemente lo stemma del quartiere, lo promossero a leone di San Marco e immaginarono che perpetuasse non si sa quale vittoria dei Milanesi sui Veneziani”.
Il primo accenno di slargo si ha a seguito dei lavori imposti dal Piano Regolatore del 1807, venendo smorzata la curva compiuta dalla vecchia Corsia de’ Servi (oggi Corso Vittorio Emanuele) tra il vecchio edificio consacrato a San Babila e l’allora Santa Maria dei Servi (la chiesa dei Serviti oggi scomparsa): trovandosi ad essere più arretrata la partenza del Corso, anche la Chiesa di San Babila comincia a guadagnare un suo sagrato, con tanto di piazzetta antistante. Intanto l’adiacente chiesa di S. Romano (non più esistente anch’essa!), sull’ultimo tratto del Corso Monforte, viene demolita verso la metà dell’Ottocento in occasione dei lavori di ripristino stilistico di San Babila: tra il 1883 e il 1907, venivano compiuti ampi rimaneggiamenti sia interni che esterni (con l’invenzione nel 1883 di una nuova facciata neo-romanica a firma Cesa Bianchi e Nava che sostituiva quella originale seicentesca). Il campanile ottocentesco (1820) sul fianco di sinistra, dove si accede alla sala teatrale omonima, viene trasformato in torre in stile romanico dal Bruni nel 1926.
Ma bisogna aspettare proprio il 1926, per l’avvio di un concorso nazionale per lo studio di un progetto organico per la piazza, con una serie di sventramenti dettati dal regime fascista: si annunciava così un vasto rinnovamento della zona intorno allo  slargo in fronte alla Chiesa di San Babila. Il Corriere della Sera del 17 aprile 1928, riportava l’approvazione del progetto con un ampia documentazione illustrativa completa di disegni della grande piazza di 210x 70m.: sono previste 8 radiali che escono dallo slargo e che smistano il traffico, alle spalle del sistema Piazza Duomo-Corso Vittorio Emanuele, verso Porta Venezia, Corso Monforte, al Verziere, verso Piazza Fontana, Piazza Duomo e Piazza Scala, e con un allargamento di una serie di strade nei pressi, come la Via Bagutta e la Via Borgogna, e l’ideazione di due nuove arterie: uno è il già previsto Corso del Littorio (poi Matteotti); l’altra da sud-ovest (sarà il futuro Corso Europa!).
Il piano sarà approvato, dopo molte polemiche nel 1931. La redazione definitiva del 1933-34 apportò alcune modifiche, soprattutto per quanto riguarda l’accesso a Via Bagutta, allungando in tal modo la piazza: veniva costruito sul lato destro la torre di 16 piani della Snia Viscosa dell’arch. Rimini, allora il grattacielo più alto della città, il palazzo di fondo dell’arch. De Min e la retrostante autorimessa (la cui destinazione d’uso ancor oggi fa gran discutere); infine, venne approvato dalle Commissioni il palazzo cosiddetto  “del Toro” della Compagnia Anonima di Assicurazioni di Torino (contenente la Galleria Ciarpagnini di Lancia e Merendi e il Teatro Nuovo dell’arch. Lancia), che doveva occupare un’intera quinta della piazza con i suoi 34 m. di altezza. Ma il vero unico rammarico proveniva dal fatto che Via Montenapoleone anzicchè sboccare sulla neonata piazza, sfociava nella parte finale del Corso poi Matteotti.
Nel 1938, riprendevano anche i lavori sul lato sud della piazza, con le demolizioni degli isolati tra Corso Manforte e la nuova Via Borgogna: nel 1939 si costruiscono qui i nuovi palazzi a portici dopo aver abbattuto le cosiddette “Case veneziane” ottocentesche. Le nuove costruzioni sono opera di un gruppo diretto da Gio Ponti. Sospesi durante la guerra, i lavori terminano solo nel 1948.
Intanto infatti la piazza e la chiesa omonima 1943 subirono una feroce devastazione a seguito dei violenti bombardamenti che colpirono la città. Con la fine della guerra diviene uno dei luoghi più frequentati dalle sfilate delle brigate partigiane e dagli Sherman americani.
Ma più che la ricostruzione, fu l’inizio dei lavori per la costruzione della stazione della metropolitana 1, nel 1960, che creò di nuovo un’autentica voragine proprio nel mezzo dello slargo. La piazza fu inibita, ma si capì di più di questo luogo tanto misterioso e tanto caro ai milanesi: strati e strati di terra rivelarono che era stato prima un carrobbio di fronte alla Porta Argentea romana, naturale uscita dal più antico Decumano massimo (corrispondente all’attuale andamento del Corso Vittorio Emanuele). Vi era un ponte, a due archi, attribuibile allo stesso periodo, proprio davanti alle mura massimianee atto a scavalcare il fossato che raccoglieva oltre alle acque del Seveso, anche quelle del canale Acqualunga proveniente dall’attuale Corso di Porta Venezia. Inoltre lo strato successivo dello scavo rivelava che nella prima epoca cristiana, l’area divenne un cimitero, intorno alla basilichetta ad Concilia Sanctorum, nucleo della più nota chiesa di S. Babila.
Dopo il ripristino del manto e della circolazione stradale, con la contestazione giovanile fu teatro di accaniti scontri tra le forze coagulate dall’estrema destra (appunto sanbabilini, che lo scelsero come luogo di elezione) e gli schieramenti di sinistra che spesso da qui passavano in corteo, durante la stagione degli scioperi, per recarsi verso il Duomo.
L’avvento degli anni’80 la ricordano come il luogo di ritrovo dei “paninari”, che qui bivaccavano giorno e notte davanti ad un Burghy o ad un Mc Donald’s. Poi venne la poco riuscita idea della fontana di Caccia Dominioni per cercare di abbellire il naturale epilogo della più classica passeggiata milanese lungo il Corso.
Oggi, sono passato di nuovo in Piazza S. Babila e la storia sembra ripetersi: un’enorme voragine si apre sotto gli austeri palazzi modernisti per il passaggio di una nuova linea metropolitana, l’M4…e di nuovo si torna ad attraversarla a piedi, mentre intorno il traffico veicolare sembra impazzare (impazzire?).
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