Presentiamo oggi una nuova proposta per una visita particolare all’abbazia di Chiaravalle, presentata dalla collega Francesca Varalli.
Qualche genitore ancora sintonizzato sui successi dello Zecchino d’Oro potrebbe pensare alla Ciribiricoccola.
I lettori della prima ora sanno, invece, che è il soprannome della torre nolare dell’abbazia di Chiaravalle, come recita un’antica filastrocca.
E’, più precisamente, un tiburio a torre, piuttosto caratteristico per le chiese abbaziali, e svolge ancora alla perfezione il suo compito: farsi vedere anche da molto lontano, con i suoi 56 metri di altezza e la sua campana, una delle più antiche, ma, secondo alcuni, proprio la più antica campana dell’area milanese. Invita a raggiungere il monastero, situato nel parco Agricolo Sud: salutata la confusione della città, se si cerca la pace di Chiaravalle, non si può sbagliare! Si attraversa l’antica torre d’accesso, si avanza verso l’ingresso della chiesa e si comincia ad andare indietro nel tempo. L’abbazia ospita oggi una quindicina di monaci benedettini cistercensi. Ha ricominciato ad essere abitata nel 1952, dopo molto tempo: dopo la soppressione napoleonica, il lungo periodo di abbandono e le parziali demolizioni dovute al passaggio della ferrovia.
La giornata dei monaci è articolata in momenti stabiliti di preghiera (difficile non pensare ai titoli dei capitoli de Il nome della rosa) e attività lavorative, secondo i ritmi della vita comunitaria sanciti dalla Regola benedettina (“Ora et labora”).
Labora. Non tutti sanno che a Chiaravalle ci sono un archivio e una biblioteca specializzata, contenente, tra l’altro, volumi e studi sull’abbazia ed edizioni anche molto rare della Bibbia, oltre a testi di teologia e di storia della Chiesa. Due monaci sono, quindi, incaricati della sistemazione del catalogo del patrimonio librario (o per chi volesse approfondire maggiormente si può consultare anche un altro sito ). Perché ognuno ha un compito.
Ora. Se potrete assistere alle preghiere corali e ai canti sacri nella chiesa dell’abbazia, sappiate che nulla è casuale. Esistono precise consuetudini che definiscono chi dà l’avvio alla preghiera o le posizioni dei monaci tra gli stalli del coro.
Partiamo allora dal coro. Non è semplice, infatti, decidere cosa raccontare in questa seconda puntata dedicata al complesso di Chiaravalle, un luogo intriso di storia, palinsesto di architettura, arte e restauro, ricco di sorprese e curiosità, e anche di qualche mistero..Il coro, dunque, e la parte orientale della chiesa, con transetto e crociera (l’incrocio tra navata e transetto), là dove si eleva il tiburio. Dedicato a una visione complessiva dell’edificio, vale la pena di procedere lungo la navata centrale e avvicinarsi al coro: è un’imponente opera lignea commissionata verso la metà del XVII secolo a Carlo Garavaglia, prolifico scultore del Seicento lombardo. Narra, negli schienali, episodi della vita di San Bernardo. Ogni figura o elemento che lo anima è diverso dagli altri e curato nel minimo particolare.
Gli fanno da cornice i due affreschi alle pareti, anch’essi successivi rispetto all’edificazione della chiesa, commissionati secondo i principi morali della “regola” che suggerivano fosse il più possibile priva di decorazioni. Sulla parete meridionale, i monaci di Clairvaux cantano il Te Deum tra angeli musicanti. C’è un particolare giorno del mese di maggio in cui la luce proveniente -non a caso- da oriente, cioè dal fondo piano dell’abside, illumina proprio il libro sacro che vi è dipinto. Dello stesso periodo anche i due affreschi del transetto, di Giambattista e Mauro Della Rovere, detti i Fiammenghini . Nel braccio sud, verso il chiostro, l’albero genealogico dei Benedettini, con le due note diramazioni: da una parte i Cluniacensi e dall’altra i Cistercensi, con rami, in questo caso, “inevitabilmente” più rigogliosi.
Sul lato settentrionale, il martirio delle monache nel monastero polacco di Vittavia. L’aspetto “curioso” è che potrebbe trattarsi di un falso storico. Una fonte orale, che andrebbe approfondita: il martirio è davvero avvenuto? C’è anche una strana finestra rappresentata in corrispondenza della terza arcata a piano terra: se ci si muove, sembra che la finestra si muova insieme a noi.
E, infine, ancora la torre, vista, però, dall’interno. Dal XVII secolo occorre trovare indietro, fino al XIV e alla scuola giottesca. Il tiburio ospita le storie della morte, ascensione e incoronazione della Vergine, storie non presenti nella Sacra Scrittura, ma nei Vangeli apocrifi e nella Legenda Aurea del frate domenicano Jacopo da Varagine. C’è, quindi, una Annunciazione con Maria e l’Arcangelo: Gabriele, in questo caso, non annuncia, però, il concepimento, ma il “Transito” al cielo di Maria. E nella parete Est, sopra il presbiterio, nel punto più sacro e più visibile già dall’ingresso, è raffigurata la Vergine assunta, alla quale le chiese cistercensi sono abitualmente dedicate.
In controfacciata l'affresco dei Fiammenghini con la vista della città e la consegna dell'abbazia (foto Renzo Dionigi)
In controfacciata l’affresco dei Fiammenghini con la vista della città e la consegna del modello dell’abbazia a S. Bernardo (foto Renzo Dionigi)
Prima di tornare a Milano, per riavvicinarsi gradualmente alla serrata quotidianità delle vite metropolitane…, ammirate la vista della città antica da Porta Romana, attraverso l’affresco dei Fiammenghini …poi fate una pausa davanti ai graffiti attribuiti a Bramante che raffigurano, nella sala capitolare, lo “skyline” della città alla fine del XV secolo.
E magari, come nodo al fazzoletto (ce lo suggeriscono le colonne annodate – o ofitiche – del chiostro) non dimentichiamo che esiste la possibilità di sfuggire, ogni tanto, alla frenesia!