Legnano story - note personali
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Relazione sui Mulini idraulici lungo l'0lona.
 
Tratto da :Societa' Arte e Storia Legnano Memoria n.18 - 1960
 
 
I Mulini antichi sull'Olona.
 
La presenza di un corso d'acqua , atto a fare funzionare un numero notevole di mulini, su una parte ravvicinata del suo percorso, e' stato importante fattore di prosperita' locale, che decise uno sviluppo di avanguardia in confronto ad altre zone pur toccate dallo scorso d'acqua.
Non e' facile dire quando essi mulini siano stati qui introdotti, ma osiamo pensare che cio' non abbia ritardato molto rispetto alla ruota di mulino scoperta in Campania e classificata del I° secolo dopo Cristo.
La storia ci insegna che erano gia' noti agli egiziani, assiri, cinesi e che da noi la descrizione piu' antica ci e' tramandata da Vitruvio, che visse all'epoca di Augusto.
Il piu' antico documento sopravvissuto, che nomini un mulino nella nostra zona e' del 1043, e l'ho gia' citato in Memorie 3 Pag. 38 e 62; il proprietario era Pietro Vismara.
Vi e' presunzione, che fosse quel mulino, che nel 1450 1470, fu poi di Gian Rodolfo Vismara, proveniente per eredita' dal suo bisnonno, che si trovava in Cogonzio o Gogorezio ( nominativi scomparsi), contiguo alla chiesetta di San Bernardino a Castegnate, ed ora distrutta.
Con il diffondersi dei mulini e per l'importanza sociale economica che derivava dal loro uso, essi furono oggetto di accaparramento da parte delle sfere dominanti, ed il loro possesso era intimamente collegato con il dominio delle terre coltivate a grano.
Nelle contese sociali o nelle guerre, il mantenere o perdere i mulini, equivaleva a vincere o perdere il relativo territorio. Tutto cio' mette in evidenza, perche' la nostra valle Olona fu disseminata  tratto a tratto da castelli, affidati generalmente a nobili possidenti della zona,  che provvedevano a fare la leva ogni qualvolta cio' occorresse.. Difendere la terra per avere grano per sfamarsi.
Nei tempi di sconvolgimento economico dopo una guerra, cioe' nei momenti di carestia, il governo ducale ordinava con grida: " che si levino le mole dal servizio delle armi e per la carta, per trasformarle al servizio delle macine da grano".
Le mole cui qui si accenna sono quelle da arrotare che possedeva ogni mulino che avesse la combinazione con il maglio da fabbro, con cui poteva anche produrre armi bianche.
 
Distruzione difensiva dei Mulini.
 
Il Dal Prato, storico milanese dal 1499 al 1519, ci informa (ma non e' l'unico) che nel 1510, al discendere di un esercito svizzero dal Canton Ticino, via Varese, per raggiungere Milano..."""furono rotti tutti i mulini da Varexo sino a Rho accio' che il numeroso exsercito da Sviceri per se' con fame se vincessi..."
"Finalmente, dice lui, la cosa se accordo' con dinari, et il giorno duodecimo di settembre, essi Sviceri, gia' pervenuti a Gallara' se ne ritornarono a casa loro".
Veramente da altri storici sappiamo qualche cosa di piu', per esempio che ai mugnai era stato consigliato di fare deviare con tutti i mezzi le loro scorte, fuori dalla rotta di marcia degli svizzeri, e che venuti da Legnano ed accampatisi per dieci giorni nella nuova chiesa di San Magno, che era in costruzione, finirono per bruciarne le armature, causando un grave ritardo alla costruzione stessa.
 
Fu cosi' una piccola battaglia vinta con l'arresto dei mulini, ma purtroppo, ne queste, ne altre successive, non poterono evitare la caduta della Signoria Sforzesca, sopraffatta dai troppi contendenti al suolo lombardo.
 
Lo sfruttamento dell'acqua.
 
Occorre ricordare che lungo il fiume vi sono due tipi di utenti:
 
1) I mulini, che sfruttavano la discesa naturale dell'acqua  nel percorso a cadauno assegnato, non consumano l'acqua, sono relativamente pochi, ma con carattere industriale e con utenza quasi costante.
2) Sono invece moltissimi gli utenti del fiume che consumano l'acqua, facendola defluire fuori dal letto, piu' o meno irrimediabilmente, per irrigare i terreni contigui al fiume, e ne fanno rientrare solo gli scolaticci degli stessi terreni.
Tali bocche, che hanno un loro numero sulla tavola, sono ovviamente sottoposte ad altrettanti controlli, non solo circa le misure delle bocche e bocchelli, ma anche circa il battente d'acqua, che su di esse gravita, che e' determinante per la quantita' di acqua che ritirera' l'utente.
I mulini invece, che con il loro funzionamento sono fatti a fare ristagnare l'acqua o a lasciarla defluire piu' o meno liberamente, creano anomalie a tali utenti, e le lamentele passano prima al Dirigente del Consorzio e finiscono non di rado in Tribunale. Allora come oggi.
Di qui la necessita' di una organizzazione idrologica e di attenti controlli per ottenere ordine nelle molte contese fra gli utenti e ai bisogni contrastanti.
Le vie molinare di questa zona, sono tirate tutte parallele l'una all'altra e normali al fiume, in modo che, teoricamente a cadauna localita' piu' o meno lontana dal fiume, corrispondeva una strada, che con il minore percorso possibile, andava ad incontrarsi con un mulino.
Rilevata questa caratteristica, si e' trovata la chiave del mito delle strade romane distese con ritmo ortogonale sulle regioni; e' nata prima la serie delle strade parallele, perche' erano evidentemente quelle di primo interesse per condurre il bestiame agli abbevveratoi; le "tratture", ma ben presto si perfezionarono al servizio dei mulini.
 
Vertenze sul godimento delle acque del fiume.
 
Decreto del conte di virtu', del 23 febbraio 1381 contro gli utenti abusivi delle acque pubbliche.
 
Dopo i soliti preamboli prescrive:
".. che nessuna persona, di qualunque condizione disponga, creda di estrarre o fare estrarre acqua dal Ticinello, Naviglio Grande, Carlona, Parona, ed Olona a noi sottoposte, ne' da altre rogge, sotto la pena di 300 fiorini d'oro, se la presa fosse fatta con incastro di sasso di muro; di 200 fiorini se con incastri in legno; di 100 fiorini se in altro modo estratta e senza incastro, se piu' o meno in aria, e per persona, a condizioni di arbitrio a seconda delle circostanze ecc. ecc. Questa ordinanza verra' iscritta negli statuti nostri e nel comune di Milano e di Pavia con le solite norme"".
Il Duca con questo bando metteva un catenaccio all'apertura di nuove prese arbitrarie, che togliessero acqua dai fiumi, certamente per ragioni importanti e non solo fiscali,. Anzi dal momento che non vi e' accenno in tal senso, occorre pensare ad un impellente bisogno di disciplinamento delle acque.
 
Circolare di Filippo Maria Visconti del 13 Luglio 1445.
 
Il Duca sente il bisogno di lanciare analoga circolare ai Nobili e Sapienti Viri Commissari, per fare sapere "che" nessuno rallenti o che usando l'acqua in qualsiasi possessione ardisca o presuma con qualunque ostacolo di impedire il decorrere nel suo letto, sotto pena di privazioni, confisca dei beni, a decidere  dalle nostre camere "ipso facto", senza alcuna dichiarazione spiegativa e con l'annuncio solo del banditore Antonio d'Arezzo, che tosto di trasferira' lungo il fiume Olona ed dovunque occorresse".
Questa comunicazione ha un vero carattere di urgente catenaccio in tempo di guerra. Ed era giustificata dal bisogno che i mulini potessero ottemperare al loro compito di non lasciare mancare  il pane alla popolazione, perche' l'amministrazione Ducale sentiva i pericoli delle rivolte popolari.
Infatti appena due anni dopo la morte del Duca, si sviluppava la Repubblica Milanese, che tanto filo da torcere diede poi al suo genero Francesco Sforza, per la riconquista e ricostruzione del Ducato, piombato in vero sfacelo.
 
Lettera di sua maesta' Cattolica don Filippo II, re di Spagna e Ducato di Milano.
 
Con cui il 5 maggio 1563 sua maesta' sollecita ai magistrati cui compete, di dare pronto corso ai processi iniziati presso i Commissari generali delle acque e diano forma giuridica alle loro prescrizioni sulle acque e statuti.
I magistrati in obbedienza a S.M.C. emettono queste grida per fare svegliare gli utenti.
1563 3 luglio.
"Volendo l'Illo e Mag.co Residente e Maestri delle R. Ducali Entrate dello Stato di Milano, venire a cognizioni delle raioni di poter cavare acqua dai fiumi regi, navigli, laghi o altre acque pubbliche, si ammonisce ogni persona sia ecclesiastica che secolare, di denunciare per iscritto entro giorni quattro dalla pubblicazione della presente, le loro ragioni e diritti sulle acque, ed entro altri dieci giorni, presentare documentazioni autentiche.
Il 21° giorno i sigg. Presidenti e maestri ordineranno l'otturazione di tutte le prese che non saranno giustificate e decadranno da tutte le ragioni dopo non prerentorio invito a comparire ai prefati sigg. Presidente e Maestri al loro ufficio, posto nella corte dell'Arengo in Milano.
Il Presidente e i Maestri della Regia Ducal Camera delle Entrate straordinarie di Milano.
Io Galeazzo Palazzi q. Gio Pietro T.T.P.S. Sebastiano Milano Notario Apostolixo successo al fu Gerolamo Legnani gia' Not. e Magistrato straordinario, rogai, scrissi e sottoscrissi."
In seguito a questa imposizione il fascicoletto riporta una lunghissima fila di ricorsi presentati dagli utenti fra il 1593 e il 1597 di cui essi dimostrano i loro diritti di Esenzione a tasse di utenza.
Pertanto qui il campionario di regesti, dai mastri ducali e degli uffici commerciali, relativi alle esenzioni delle tasse; elargite a membri Legnanesi ed altri, dalle autorita' Ducali.
Una piu' vasta distinta trovasi nelle memorie n. 9 fra le pag. 74 e 100.
 
1464 - 8 settembre - Lampugnani Cattarina madre del dr. Terzago Cancelliere del Co. Giac. Piccinini riceve dal Duca Francesco Sforza la facolta' di valersi dell'acqua del fiume Olona  ogni mercoledi' per adacquare pertiche 100 di prato nel territorio di Legnano.
                                                      arch. Ducale R.° B. B. f° 368
                                             Reg. Lett. Duc. 1462 1472 f° 98 tergo.
 
1467 - 10 febbraio - Decreto della Ducissa Bianca Visconti e Galeazzo Maria Sforza a Gio. Andrea Lampugnani nipote del M.co Oldrado per immunita' ed esenzione ai suoi beni e massari e redditarii qualsiasi per lui ed i presenti del fu Oldrado.                                                               Arch. Osp. Magg. Cart. 93 94.
 
1467 - 21 ottobre - Grida a stampa per uso interno e pubblico di Galeazzo Maria Visconti per ordinare ai magistri delle entrate ed a tutti a cui spetta, che non si elargiscano piu' esenzioni perche' lo stato abbisogna denaro.
Conferma intanto invece che le esenzioni dei sottoindicati restino valide e sono le uniche.                 
                                             Firmato Galeazzo e Cicchus.
Eredi di D°. Oldrado Lampugnani e seguono i nomi dei 19 membri preminenti di casa Visconti fra cui tutti i titolari dei Castelli del Milanese.
 
1467 - 22 dicembre - Lampugnani Gio' Nicolo' e Gio Leonardo fratelli, ricevono l'esenzione dal Duca Galeazzo Maria Sforza sui loro beni e massari.
                                    Arch, Duc. f°. 41, n.° 26.
 
1471 - 22 maggio - Il Duca di Milano ordina che Giovanni Andrea Lampugnani  ne' i suoi mugnai non vengano gravati in occasione del dazio sui rodiggini.
                           Reg. Duc. n.° 8, fol. 179 e 180 tergo.
 
Verso 1510 1520. Supplica di Oldrado III Lampugnani al Governatore di Milano avversa e controlli idrologici e sue tasse.
                  Timbro rotondo dell'O.L. colla "camarra"
Ill.mo et Ex.mo Sig.re - Essendo novamente andato Jo. Antonio Trombeta  con certi balestrieri alle terre quale sono dricto al fiume Olona per provvedere  che le acque depso fiume non siani ritenute et possano venire a Mlmo.. Con commissione de la Extia V.ra come se dice di dare contrefacienti pagano la spexa de dicti balestrieri. Et quantoche' esso Jo Antonio non debia molestare li molinari pel tal causa quali non solamente non ritennero l'acqua ma cercano tutta a sua possanza di dare venire piu' acqua se po in dicta flume per essere anchora al beneficio de soy molini. Non dimanco esso Jo Antonio pare voglia astringere dicti molinari per il suo bonfare a pagare mezo ducato per molino e maxime li molinari de li vostri fedelissimi servitori dno. Oldrado et fratelli de Lampugnano contra il debito et contra el solito volendo impugnare nova xervit' ali molini predicti et fare extorsione adicti molinnari il che non he da esser tolerato per la Ex.tia V.ra.
Et pero se suplica a la prelibate V. Ex.tia in nome di discti dno Oldrado et fratelli et soy molinari che quella se digna servirse mandare al dicta Jo Antonio che per dicta causa non molesta e fassa molestare li molinari predicti et sel sera facta novita alchuna lo dibia subito revocare.
Come se crede essere de mente del la Ex.tia Vostra ala quale dicti suplicanti si ricomanderemo.
                           arch. St. Mil., Cart. Fam. Lamp.
 
1584 - 12 Maggio - Istanza al fisco - Bernardo Lampugnani (notaio) supplica che nonostante che il suo molino nella Valle Olona, pieve di Parabiago, gia' tassato in Limp. 22, fu venduto e che e' solo un solo ramo dell'Olona, venga mantenuta invariata la tassa.
 
Un fascicoletto del 1610 a stampa in corsivo, di 22 pagine, che e' pervenuto in donazione alla Biblioteca del Museo (dall'amico Bajardini Nino di Castellanza) intitolato: "Transazione tra la regia Camera e gli utenti del fiume Olona" 3 maggio 1611 inizia con carattere giuridico, ma finisce fra le glorie del fisco.
 
Esso ci presenta innanzitutto un certo numero di disposizioni antiche sul possesso delle acque; poi alquanto prolissamente ci informa della contesa svoltasi tra il 1593 e il 1610, per arrivare a una transazione che fornisce al fisco un quid, per sovvenire alle spese dello Stato. Mirava pero' il fisco a stabilire un prezzo di transazione per il passato ed una cifra per il futuro.
Faceva rilevare che il fisco che, l'introito fiscale sugli utenti dell'Olona, era stato di lire 2432 nel 1560 ed era caduto a lire 1795  nel 1593, perche' molte esenzioni erano state rilasciate, mentre da un altro lato, l'aprirsi di utenze abusive, faceva diminuire l'acqua del fiume a danno dei mulini.
Da qui la necessita' di risistemare tutto, ed aumentare le tassazioni.
Mentre la Regia Camera intrapprendeva detta opera, alcuni potenti avversari, si attaccavano alla penna degli avvocati per una schermaglia, che duro' fino al 1610 quando si apri' la via di uscita colla transazione fra le parti.
Il fascicoletto pero' ci fa risalire ad atti del 1383 in qua, per esaminare il contradditorio se la Real Camera, era meno in diritto e con quali organismi, di legiferare sulle acque; di vagliare i diritti antichi di esenzione, che molti utenti vantavano, e che dovettero poi documentare in un termine prerentorio, richiesto di pochi giorni, ma che si prolungo' dal 1593 al 1597 e poi sino al 1610 per l'esazione.
Per un caso si traversava proprio l'epoca del Censimento, pubblicato nelle Memorie 17, che l'amministrazione Arcivescovile aveva ordinato a tutti i parroci del Milanese. Ognuno puo' pensare che tale censimento abbia facilitato anche l'amministrazione comunale.
Ho detto sopra che la via di uscita al ginepraio, si risolse nel campo contingente con la transazione fiscale.
Alla camera fiscale premevano i contributi e cosi' il 12 febbraio 1610, il consiglio degli utenti pattuiva una cifra globale di 6000 ducati d'oro a lire 6 cadauno, ossia lire 36000 per una liquidazione  a tutto l'anno 1609 e la Camera proponeva 1000 ducati in piu' onde tacitarsi anche per il 1610.
Questa seconda proposta cadde, ed il Consorzio Utenti, procedette con il suo tesoriere Gio Battista Prandoni al versamento delle 36000 lire in cinque rate successive, fra il 16 luglio 1610 e il 28 gennaio 1611.
Segue poi il curioso silenzio, ritto nel 1638 addi' 5 marzo, dal Consorzio Utenti, perche' esso invita la Regia Camera a stendergli un atto notarile dell'avvenuto pagamento delle 36000 lire  per la transazione suddetta, dando l'impressione che la somma non corrispondesse ad una tassa, ma a una vendita di diritti al Consorzio; una specie di licenza. E non si chiarisce.
I deputati richiedenti furono:
Conte Paolo Simonetta del fu Giacomo, Francesco Pagano fu Lazzaro, Luigi Lampugnano fu Guidone, anche come procuratore  del Dott. Gio Battista Pallazzo.
Il nostro libbriccino informatore non va piu' in la',  ed io non posso arbitrarmi di supposizioni e dire come pote' proseguire  la regolarizzazione della vertenza. Il Consorzio naturalmente dovette dividere la "spesa" tassando gli utenti e misconoscendo anche con giuste ragioni le immunita'. Tuttavia esso libbriccino  indichera' ad un certo punto una lista di esentati.
Cosi' quello di Lucrezia Lampugnani ereditiera dei beni del  Castello di Legnano presentato nel 1597 in tempo utile, nel quale adduce brevemente queste note:
... " presentero' le mie dimostrazioni e giuste opposizioni legali, e cioe' che io e i miei antecessori nella loro antichissima possessione, estraggono l'acqua ogni giorno e per ogni ora in perpetuo, per irrigazione dei loro beni  per sentenza dei Principi e Duchi gia' di Milano, su relazione dei loro senatori,  e presentero' dei privilegi accordati da Gio Galeazzo Maria Sforza Visconti gia' duca di Milano, in data 22 novembre 1543, un voto favorevole al fisco."
Invece il fisico Gio Battista Selvatici fa dichiarazione del giusto termine; per dire che ne' lui, ne' il suo genitore non godettero mai, ne godono ora minimamente di detta acqua benche' abbiano dei fondi nel vicinato, con voto favorevole del fisco. (Sarebbe un crumiro??).
Una comunicazione del conte Paulo Camillo Marliani, in cui esibisce il privilegio concessogli da Carlo V Imperatore fu Antonio Marliano, in data 17 giugno 1543.
Ad essa pero' non puo' venire riconosciuto il privilegio per i successori,  perche' le bocche Pisa vecchia e Manera, quindi deve chiudere dette bocche e regolarizzarsi dalla morte di Io. Antonio Marliani. (cioe' regolarizzare gli arretrati).
Finalmente il Comune di Milano presenta il suo ricorso di alcune pagine con sette motivazioni a suo vantaggio, per dimostrare il carattere di "civico e pubblico" dell'Olona, adducendo dopo molte obbiezioni, di carattere giuridico e di competenze contrastantisi, che il Naviglio ha una funziona pubblica e civica, e che l'acqua dell'Olona va considerata alla stessa stregua, perche' dal un lato serve ad integrare le acque del naviglio nell'ambito della citta'; (nei tomboni e nei punti di smistamento navi) e dall'altro serve a molte fontane pubbliche di citta'. (questa frase getta una luce "di acqua pulita", sconosciuta a noi oggi).
 
Nella valle d'Olona lavorazione dell'oro e dell'argento ??
 
So di lanciare una novita', che non posso dimostrare a fondo.
La sottopongo per stimolare la critica di studiosi, che siano gia'  occupati della cosa. E mi spiego: Gia Rodolfo Vismara, creatore di due correnti a Legnano, era possessore di un mulino  presso Castellanza (memorie in societa' Arte e Storia n. 3 pag 62 65)  e pero' trafficava ripetutamente con oro e argento per chiese  e conventi (pag. 44 48).
Ho la percezione ch'egli facesse lavorare metalli fini, usufruendo della forza dell'Olona per battere al maglio le foglie d'oro  e d'argento e per trafilare gli stessi metalli. Ho i regesti di cinque atti  notarili, dal 1453 al 1478,  nei quali Gian Rodolfo riceve pagamenti per "oro e argenti lavorati", percepiti da coloro cui ho fatto le forniture,
"atto del 3 marzo 1453; del 14 luglio 1461; del 1 aprile 1461; del 6 marzo 1486; del 20 maggio 1487; arch. Congreg. carita' Milano.
ed altri due Lampugnani del castello di Legnano;
 
1467 - maggio 7 - Rog. Lazaro de Cairate.
Domu.us Augustinus de Terzago, frixiarius f.q. dni. Christofori P. O. Parr. Monasteri Lautaxii debet spec. viro dno. Joh. Andrea le Lampugnano f. q. dni Mafioli Libras 1461 imp. et sold. 18 causa et occasione tante quantitae auri et argenti laborati.
                                    Cod. Triv. 1816. 194-1.
 
1467 - febbraio 20 - Rog. Lazaro de Cairate.
Dnus Augustinis de Terzago f. q. dni Christofori P. O. Par. Monast. Lautaxii debet sp.lis dno Joh. Andree de Lampugnano f. q. dni Mafioli flor. 5000 causa et occasione tantae quantitae auri et argenti laboratum.
                                    Cod. Triv. 1816. 193-4.
 
Note inerenti ai mulini legnanesi
 
Daro' qui quelle note sparse che mi fu possibile racimolare  sia dallo stradario 1871 che definisce i proprietari delle case (e dei Mulini)  a tal epoca come da informazioni orali di anziani che poterono ricordare vicende industriali lontane. E' venuto meno invece collo  stradario 1859 1869 il quale, corrispondendo quasi all'epoca della intesa industrializzazione di Legnano poteva segnalare quale  mulino era a tal epoca ancora in mano ai mugnai.
I due elementi decisivi per la potenza di cadaun mulino sono caduta e portata di acqua.
La caduta e' nell'ambito di Legnano di 0,9 a 1,1 metri per ogni  mulino. La portata dell'Olona e' molto variabile ma come media  possiamo segnare 15 mc. al secondo.
Meta' passa dall'Olona libera e l'altra meta' divisa su ogni gruppo di due mulini affiancati come e' normale. Sono quindi 3,5 mc.  al secondo che con 0,9 di salto danno 31,5 CV utili al mulino.
Tutto questo valga come media generale, mentre ogni mulino colle sue caratteristiche di salto e di portata presentera' variazioni di tale media.
Nella zona dei mulini legnanesi, non mi fu nota ogni altra applicazione industriale se non quella della macinazione del grano e dei foraggi; sino al 1772 la sola eccezione era data dal mulinello n. 30  che azionava alternativamente una sega a legno o un maglio di fabbro.
E' poi nel periodo della industrializzazione di Legnano  le ruote passarono al servizio delle filature e tessiture come vedremo.
 
Trapasso di Mulini alla famiglia Lampugnani.
 
Nel corso del 1400 i Vismara cedevano diverse proprieta' ai Lampugnani  che in Legnano dai tempi di Filippo Maria sino a tutta la Signoria Sforzesca furono in gran ascesa. Dico cio' senza occuparmi qui particolarmente delle cause che indirizzarono questo casato ad una  euforia di ricchezza e di potenza.
L'Oldrado II° in tale vorticosa ascesa acquistava anche largamente dai Crivelli ben noti rami di Parabiago e Uboldo.  Le vendite di costoro di beni in Legnano sono cosi' vaste da dare l'impressione di una patteggiata rinuncia di dominio di essi sulla zona Legnanese. Anche i mulini furono oggetto di mira dei Lampugnani. Cosi' nel 1419 la madre dell'Oldrado II° acquista il mulino con tre rodiggini sito nell'Olonella all'angolo fra via Olonella e Ponte Carrato (oggi Via Franco Tosi, risp. via Milano); nel 1432 egli acquista dai Vismara quello sito sull'Olona  presso il convento di Santa Caterina, che prima era dell'arcivescovo. Il grande terreno arcivescovile fra l'Olona e l'Olonella  che era ancora tutto prato e tangenziava col Mulino arcivescovile ( del Sighett ) lo aveva gia' acquistato nel 1422 quando aveva gia' messo a nuovo il suo maniero di Legnanello. E tutto cio' mentre, per le necessita' delle mansioni al fianco del Duca, teneva la su abitazione in Parrocchia di San Giovanni sul Muro a Milano, Assistiamo ad una sistematica presa di possesso in Legnano che culminera' colla donazione a lui del Castello nel 1437, una cosa evidentemente a lungo prevista.
Sua sorella Maria era andata sposa a Giovanni Branda Castiglioni e risiedeva nel Maniero di Masnago che era poco meno di una reggia.
"Esso e' liberamente visitabile per benemerenza Conti Pansa, attuali proprietari ed e' di grande interesse artistico e storico, anche per i legnanesi".
L'Oldrado II°, potente a Milano, ma anche a Legnano e Ducale fino all'osso, resistette alla Repubblica Milanese del 1448  e appoggio' Francesco Sforza nella sua faticosa ascesa al Ducato.
I tre mulini del Conte Prospero Lampugnani che durante  il censimento del 1594 hanno annesse le case n. 149, 152, 153  vanno identificati con quelli di Ponte Carrato che vedremo ai n. 37 e 39  nelle descrizioni piu' avanti.
I due mulini della Contessa Lucrezia Cusani in Lampugnano che durante il censimento stesso erano annessi alle case 163 3 a64 e sono quelli immediatamente sopra il Castello, col numero 45a 45b, nella relazione del 1772, furono riassunti poi dal JCC Francesco Maria  Lampugnani nel 1729, e passarono infine con tutta la proprieta' del Castello all'Ospedale Maggiore di Milano e poi al Conte Durini, come li troviamo sul disegno del 1772.
 
La Bocca Lampugnana.
 
Un documento del 1476 ci segnala che Princisvalle Lampugnani, oratore (ambasciatore) del Duca Galeazzo Maria a Carrara, possidenti di molti terreni nella piana a levante del castello, otteneva licenza di togliere acqua dall'Olona, con la bocca Antoniora, a scopo irrigatorio di tali terreni.
L'architetto Solari, che a tal tempo era al servizio ducale,  veniva di persona a Legnano il 2  agosto 1476 a collaudare tale bocca.
La denominazione Antoniora  scomparve poi col tempo, ma con i disegni ala mano si constata,  che essa prese poi la denominazione di Bocca Lampugnana. Non e' difficile pensare che il collaudo dell'architetto Solari veniva a sanzionare un suo aumento di portata. In contrasto con obiezioni che elevera' poi il governo spagnolo, come in altro punto diciamo, che le troppe bocche che succhiano l'Olona.
"Del rampo di Princisvalle, capo della zecca di Milano ho data la genealogia e descritta la casa estiva in Legnano, della quale abbiamo ritirato pel Museo quel bellissimo caminone che si fregia dello stemma Visconteo nel centro(mem 17 pag. 175 177).
 
I Cornaggia proprietari terrieri a Legnano.
 
Dalla relazione dell'ing. Raggi si constata che  i Cornaggia  possedevano nel 1772 dei beni irrigati in territorio di Legnano, ma e' ovvio che ne possedessero anche prima, perche' e' del 1748 che Carlo Arrigo Cornaggia ottenne il titolo di Feudatario e di marchese  della Castellanza. Non hanno posseduto pero' mai i mulini, e crederei  che non furono industriali sebbene e' noto che un loro precedessore, Carlo Cornaggia, fosse stato attivissimi importatore di corone dall'Oriente.
Nel 1798 Cristoforo Cornaggia acquisto' tutti i beni e il Castello di Legnano dall'Ospedale Maggiore di Milano, ma breve fu poi la loro vaghezza per esso Castello, poiche' avendolo poi esso trasformato in una fattoria agricola non provvedettero piu' alla necessaria manutenzione per la conservazione e dal 1900 non lo abitarono piu', lasciandolo quindi andare in deperimento.
E' pero' vero che una nuova speranza si e' aperta con il recente nuovo  piano regolatore di Legnano, Il perimetro aumentato include ormai anche il Castello e con questo, le stalle dovevano venire sgombrate come prescrive la legge.
Cio' nondimeno occorre che l'Amministrazione Comunale si prenda a cuore l'immobile per dargli un assetto utilitario nel senso civico poi con stanziamenti annui ai danni sofferti per l'incuria di questi ultimi cento anni dell'esercizio Cornaggia.
 
La Roggia dei Frati (e il convento)
 
La roggia dei frati Francescani e delle monache di Santa Chiara fu costruita nel 1470 con il consenso ducale e per donazione dello stesso Gian Rodolfo Vismara  a due anni dall'inaugurazione del Convento di Sant'Angelo, per provvedere i due conventi di acqua limpida per i servizi.
Aveva circa 80 cm. di larghezza e usciva dall'Olona presso Castellanza bassa, in territorio gia' di Legnano, correndo di fianco alla strada comunale che da Castellanza viene a Legnano; penetrava nel terreno s sottostante al Convento dei Frati, ove era la loro lavandera e ne usciva poi per portarsi con debole pendenza  attraverso le proprieta' che esistevano lungo le contrade Galvano e Mugiate; entrava nel frutteto ed orto delle Clarisse lungo la direttrice dell'odierna via della Concordia, e attraversando poi via Madonna Mora, oggi via Lega, entrava nella proprieta' dei Cambiaghi, ove si disperdeva nell'irrigazione dei loro prati, che si protraevano oltre San Ambrogio. Le acque residue si buttavano nella roggia arcivescovile e con questa nell'Olona.
Poiche' il bisogno di acqua per inaffiare i poderi attraversati, era irresistibile, l'amministrazione sforzesca aveva concesso qualche diritto di uso per tali scopi. Cio' naturalmente aveva dato sfogo a lamentele delle Suore, perche' l'acqua dirottata anche abusivamente  nelle proprieta' attraversate e altre meno vicine, giungeva in modo discontinuo al secondo convento e quindi non molto piu' pulita. Fra le carte vecchie dell'archivio di stato, l'amatore delle minuzie locali puo' ancora imbattersi nei fogli di formato protocollo, dei reclami accorati delle suore, con tutte le necessarie motivazioni.
Ne accennai anche in memorie 2 pag. 25, mentre  nelle memorie 17 ho presentato il disegno del 1797 della Chiesa dei Frati (tav. 13) e di due acquarelli del Pirovano a pag 101 e 102, che mostrano particolari di tale loro proprieta'.
Un altro disegno della chiesa e di tutto il convento, eseguito nel 1800, quando il fisco doveva vendere la proprieta', incamerate, e' rigorosamente corrispondente a tutto il "Circondario" in giusta scala, il che non era nel disegno della tavola 13 detta, che va considerato uno schizzo non millimetrico utile solo per la denominazione dei sepolcri.
 
 
La scomparsa dei mulini a Legnano.
Dopo un lungo servizio resa per secoli alla zona legnanese, sono scomparsi in diverse fasi dei secoli XIX e XX tutti i mulini che erano nelle zone acquisite dalle grandi industrie cotoniere, che sono: Cantoni, Bernocchi, Dell'Acqua. Esse4 si installarono, quali prima quali poi lungo l'Olona perche' l'acqua era ed e' una grande necessita' per loro, ma al loro inizio, si compiacevano anche di quella quota parte di forza motrice che l'acqua poteva apportare al loro fabbisogno industriale. Del molino quindi i molini come impianti di molitura  e si diedero a migliorare il reddito della forza viva dell'acqua con razionali ruote idrauliche o con turbine Jonvall che ben si prestavano per il nostro corso di acqua a variabilita' di regime. Incidentalmente sia detto che e' sotto questi aspetti che Franco Tosi aveva cominciato in Legnano la sua attivita' con una societa' Franco Tosi.. Cantoni, Krumm per fornire macchinari alle nascenti industrie.
Trasmissioni a funi multiple azionavano in tal tempo le macchine operatrici in grandi sale simili a selve, per le numerose cinghie che scendevano dalle macchine.
Caddero cosi' 7 mulini da grano che erano nella Legnano in quel tempo.
I perfezionamenti intervenuti nei trasporti dell'energia elettrica all'inizio del 1900 ebbero poi il sopravvento su quei sistemi di trasmissione interna detti, col che comincio' l'era dei comandi diretti delle macchine e colla crescita del fabbisogno di energia;  le aziende si trovavano persino conveniente crearsi le proprie centrali produttrici, con cui divento' trascurabile l'energia ottenuta dall'acqua e si rinuncio' anche ad essa non risultando conveniente pagarne il canone. L'Olona licenziata dalle industrie!. Ma solo come forza motrice. ed essa, scende tumultuosa ed inutilizzata dai relativi stramazzi.
E dalla Gabinella al Castello vi sono 15 metri di salto perduto,  qualche cosa come 300 cavalli continui cui si rinuncia per tali molteplici ragioni.
L'esistenza dei mulini sopravvissuti era gia' minatissima nel periodo quieto fra le due grandi guerre 1918 1940, ma negli anni della seconda guerra mondiale, sembro' ai mugnai di vedere ristabilirsi una fase di lavoro  discreto;  giovo' ad essi la macinazione clandestina, quando il produttore di frumento riusciva a sottrarre sensibili quantitativi  alla imposizione della consegna all'ammasso, ed i panificatori ne prelevavano giornalmente il loro fabbisogno. Ma cio' duro' solo nel tempo della guerra.
Poi segui' ad essa il risveglio del post guerra, una cosi' forte crescita di fabbisogno di corrente, restrizione forzosa al consumo, ed aumento delle tariffe, che qualche modestissimo imprenditore meccanico penso' di sfruttare la economica, ma tecnicamente poco efficiente forza delle vecchie ruote, che erano gia' riabbandonate al triste riposo.
Assistemmo ad un fatto nuovo, qualche mulino cambio' professione, si illuse di riaprire un nuovo ciclo di attivita'.
Si levarono le macine e nel loro locale si installo' la piccola officinetta: trapano, tornio, mola a smeriglio, magari anche la piallatrice. Ma cio' non doveva durare, perche' mancava alla ruota una regolazione di velocita' di marcia:  cosicche' cessata la scarsita' di corrente, tali mulini vennero di nuovo abbandonati.
Se e' triste vedere poi i mulini piombati di nuovo nel loro malinconico riposo, e' anche piu' triste per i sentimentalisti assistere alla loro definitiva distruzione, e persino la distruzione delle loro rogge grandi e piccole, che li contornavano con florida vegetazione.
Questo abbiamo visto succedere alla Gabinella nel volgere di pochi anni. Ed ora per ben fondate ragioni urbanistiche e' in corso la creazione di uno stradone trasversale all'Olona al limite nord dell'attuale della citta'  che attraversando l'ambiente della Gabinella ne trasformera' integralmente l'amata vecchia fisionomia. L'Olona correra' fra due muraglioni di cemento.
Addio Gabinella. Addio Mulini.
 
La Gabinella: una nota toponomastica qui intrufolata.
 
Un nome cosi' attraente e cosi' gentile fa pensare a un luogo romantico. E lo sara' magari stato anche in epoca non molto distante da noi. Non e' tale la ragione del suo nome che sara' presto spiegato  perche' si allaccia ad una mia scoperta semi-archeologica recente. Esso va inteso come diminutivo di "gabi" che nel gergo valligiano  indica un'area lungo un torrente ( o magari un fiume)  che in dati momenti soffre di forti piene, che irruendole sopra vi depositano sabbie o  ghiaia o bocce che ne travolgono temporaneamente la vegetazione. Nel caso che la frequenza dei travolgimenti e' annuale o magari biennale, la zona diventa sterile, ossia greto.
Se i cicli di riposo sono invece pluriennali, la vegetazione arborea si riforma ma verra' poi nuovamente estinta e cosi' via.
La Gabinella aveva subito una simile sorte in un lontanissimo passato, e non da bocciame, ma da fine sabbia. Ormai da secoli non era piu' soggetta al fenomeno e al suo disapparire fu chiamato Gabinella il luogo di vegetazione discontinua.
Cio' potei constatare in modo indubbio ed interessante, come gia'' riferii in Memorie 11 pag. 3 4, per avere ivi scoperto sotto all'humus un grande banco longitudinale di linda sabbia da fiume avente ben due metri di spessore e contenente disseminati dentro molti cocci di vasi provenienti da tombe romane travolte dalle acque e li depositati.
 
Altre localita' che portano tale toponimo lungo la strada fra Omegna e Gravellona: Gabbio (ove io stesso vidi i travolgimenti a ciclo pluriennale). Lungo la Diveria, sopra a Gondo (Sempione): Gaby era travolta dal fiume a cicli pluriennali.
Ma tutto cio' non toglie che il luogo allietato dalla presenza dei mulini fosse divenuto cosi' amabile, nei secoli vicino a noi, da poter fruire di un diminutivo che ha del vezzeggiativo. E chi ammetterebbe oggi l'attribuzione di vezzeggiativi a luoghi toccati dall'Olona?.
La via del Sempione attraversava sino dal 1885 il vecchio ponte in centro a Castegnate, per salire a Castellanza con quella rampa che ancora oggi sfocia appena dietro alla Prepositurale di San Giulio.
Essa venne poi modificata colla costruzione del nuovo ponte piu' a sud di quello attuale, e raccordata con una grande curva alla via che proviene da Legnanello al qual momento i platani avevano circa 35 anni. La loro distruzione avvenne quindici anni dopo (1937) e quindi erano anche piu' maestosi.
Nel 1937, 30 alberi furono distrutti nella curva in oggetto e 21 nel tratto di Castegnate nel quale era ormai cessato il traffico importante. In altri punti della grande arteria, oggi, si ripiantano i platani dopo avere eseguito l'allargamento che aveva .......
 
 
I Mulini di Legnano risultanti dal censimento del 1594.
 
Il censimento di Legnano del 1594, che ho sottoposto in Memorie 17 permette di segnare partitamente i mulini allora qui esistenti e di metterli in confronto con quelli di una relazione del 1772 dell'Ing. Raggi del Cons. Fiume Olona, che riproduco piu' avanti.
 
 
 
 
In Gaminella         1         Mul. e Casa Cuttica         29         Rossetti Giuseppe
In Gaminella         2         Mul. e casa Hipp. Lam.         16         Reina Ambrogio
         4         Mul. F.lli Alui.so Hier.         5         Salmoiraghi Stefano
         5         Mul. Arciv. oltre l'Olona         7         Salmoiraghi Gio. B.
         6         Mul. Mensa Arcivescovile         7         Salmoiraghi Ludovico
 
In Mugiato         60         Mul. Mensa Arcivescovile         9         Salmoiraghi Francesco
         61         Mul. di Oldrado Lampugnani         3         Salmoiraghi Gio. P.
         62         Mul. di Santa Caterina         11
 
Sopra la Piazza         149         Mul. Prospero Lampugnani         9         Salmoiraghi Gio.
         *152         Due Mul. del Sig. Prospero                  Rossetto Paulo
         153         Lampugnani         13         Salmoiraghi Giuseppe
         163         Due Mul. della Signora                  Patto Giobatta
         164         Lucrezia Cusani         11         Salmoiraghi Giobatta
 
* Leggasi: 149, 152, 153 a Ponte Carrato, 163, 164 alla Madonna delle Grazie
 
Sotto al castello                  Mulino della Signora Lucrezia
         166         Cusani         10         Raguzzo Geronimo
         167         Mulino Sig. Meraviglia         13         Lanza Panigo Ag.
In legnanello         181         Mul. Card. Peretto. (esso fu poi Card. Archinto
                   perche' dal contesto risulta che era in
                  centro di legnanello)         10         Salmoiraghi Ambrogio
 
Non vi sono segnalati altri mulini. In totale sono quindi mulini 16 di 9 proprietari.
Confrontando questa distinta coll'elenco che si puo' ricavare dalla Relazione del 1772 risulta che nel 1594 non esistevano ancora i mulini 19 e 20 del Conte Prata, rispettivamente del Canonico Proverbio siti in Legnanello ove sorse poi lo Stabilimento Bernocchi.
Prima di sottoporre l'elenco dei Mulini, come recatoci dalla relazione del 1772, inseriro' qui una brevissima nomenclatura di Voci Tecnologiche relativi ai Mulini, come definite dall'Ing. Mazzocchi, direttore del Consorzio Fiume Olona verso il 1890.
 
Alcune nomenclature relative ai Mulini (Ing. Mazzocchi nel 1900)
 
Roggia Molinara         E' la roggia ricavata di fianco al fiume per l'impianto di uno o piu' mulini. Il livello del suo corso e' solitamente disciplinato da uno stramazzo.
Nervile         E' l'opera in muratura o in sasso, attraverso la roggia molinara, che serve alla distribuzione dell'acqua sulle ruote idrauliche a mezzo di bocche.
Bocche         Le bocche al servizio delle ruote idrauliche sono costituite di: Soglia, stivi verticali, cappello di pietra e sono munite di paratoia. La luce fra gli stivi e l'altimetria della soglia, determinano la competenza d'acqua dell'utente e sono quindi inamovibili.
Spazzera         Nel gergo normale del fiume Olona e' la bocca di scarico al nervile. Nel caso di arresto d'esercizio la spazzera deve restare aperta per dare sfogo all'acqua, per i sottostanti utenti e per impedire all'acqua che immagazzinandosi nella roggia molinara crei una anormale uscita alle bocche irrigatorie. Durante l'esercizio delle ruote, la spazzera deve restare chiusa.
Bocche irrigatorie         Sono aperture di dimensione e di altimetria prefissata, intercettabili con paratoia secondo orario prefisso.
Rodiggine d'acqua         E' il volume di acqua che in antico si riteneva capace di azionare utilmente una ruota idraulica di vecchio tipo, in legno, pale radiali e piane con larghezza della bocca di 0,90 metri e coll'altezza d'acqua di 0,20 metri cui in linea approssimativa equivaleva alla portata in litri di 150 al secondo " e con un salto medio" di 1,50 metri svilupperebbe una forza di 3 cavalli vapore.
Mulini doppi         Sono cosi' denominati quei  mulini costituiti da due distinti opifici fra di loro a prospetto sulla medesima roggia molinara e da questa divisi. Solo nel percorso centrale dell'Olona vi furono alcuni mulini doppi ( nella zona di Legnano ve ne furono tre ed appunto si distinguono per i due casamenti simmetrici e le ruote che si affacciano). Palmenti sono le macine in sasso dei mulini da grano.
Molazza         E' una pesante ruota in sasso per macinare od infrangere steli del grano per ridurli a letto o foraggio degli animali. Essa e' generalmente comandabile alternativamente con un mulino mediante ingranaggi ed innesto.
 
I Mulini da Olgiate Olona a San Vittore Olona in una relazione del 1772
 
In territorio di Olgiate e Marnate
 
n. 16         Molino di 4 rodiggini, in territorio di Olgiate Olona, di proprieta' del Sig. Carlo Genesio Custodi, affittato al molinaro Giuseppe Bomballio.
n. 26         Mulino doppio di 8 rodiggini, con due spazzere vuote, situato in territorio di Olgiate Olona di ragione del Sig. Marchese Molo, affittato al molinaro Girolamo Bianco per quattro rodiggini ed al Molinaro Antonio Maria Introzzi.
n. 29         Mulino alla destra dell'Olona, in ragione di Don Pietro Antonio Croci, in territorio di Olgiate Olona, di 4 rodiggini, con spazzera vuota affittato al molinaro Antonio Bonballio.
n. 32         Molino alla sinistra dell'Olona, in tutto simile al precedente, in territorio di marnate, di ragione del Sig. Don Antonio Cottica, affittato al molinaro Bomballio predetto.
n. 39         Molino doppio di 8 rodiggini, situato in territorio di Olgiate Olona, di ragione, rispetto a rodiggini, del Sig. Carlo Sales, affittati a Pietro Zocchi e Pietro Antonio Salmoiraghi, e gli altri 4 rodiggini di ragione del Sig. Ambrogio Custodi, affittati ad Alessandro Zocchi e Francesco Colombi.
 
In Territorio di Castellanza
 
n. 42         Mulino di 4 rodiggini ed una spazzera vuota in territorio della Castellanza, di ragione del Ven. Ospital Maggiore di Milano, affittato al molinaro Paolo Bianchi.
n. 43         (al seguito regolare), in territorio di Castellanza, con 4 rodiggini e spazzera vuota, di ragione del Sig. Don Galeazzo Caimi, affittato al molinaro Gioacchino Remolini.
n. 46         (al seguito regolare), Molino in territorio di Castegnate, di 4 rodiggini ed una spazzera vuota di 2 porte, di ragione del Sig. Marchese Fagnani, affittato al molinaro Valentino Bianchi. Poco di sotto di detto mulino evvi un ponte in vivo in due archi per la Regia Strada di Sesto Calende quale si vede nel tipo 1 allegato. Si tratta del ponte antico fra l'odierna Manifattura Tosi e il Cotonificio Cantoni.
 
In Territorio di Castegnate
 
n. 5         Mulino a 3 rodiggini con spazzera vuota a tre porte, in territorio di Castegnate di ragione del Sig. Raffaele Molinari. affittato al molinaro Carloantonio Albasio
n. 6         Molino doppio situato alla destra del fiume in territorio della Castellanza, di ragione del Sig. Carlo Genesio Custodi di Busto Arsizio; e' di 6 rodiggini, senza spazzera vuota. E' affittato per 3 rodiggini a Gio Maria Macchio e gli altri tre a Carlo  Antonio Griffanti.
 
In Territorio di Legnano
 
n. 8         Bocchello del Convento degli Angeli e del Monastero di Santa Chiara.
n. 9         Bocca di oncie 27, degli eredi di Gerolamo Brambilla
n. 10         Chiusa registrata con cappello.
n. 12         Mulino di 3 rodiggini e 1 spazzera vuota; proprietario il Sig. Don Giuseppe Cajmo; affittato al molinaro Gia Battista Albasio.
n. 13         Mulino di 4 rodiggini e 2 spazzere vuote; proprietari DonAntonio Cottica; affittato a Giovanni Bomballio.
n. 15         Bocca di 32 oncie.
n. 16         Bocca di 29 oncie, del Conte Prata, Marchese Cornaggia, Bartolomeo Vismara.
n. 18         Chiusa a sperone, in legno registrata, con cappello.
n. 19         Mulino di 4 rodiggini e 1 spazzera vuota; proprietario il Sig. Conte Giovanni Prata; affittato a Carlo Antonio Salmoiraghi.
n. 20         Mulino di 4 rodiggini e una spazzera vuota; proprietario il Canonico Don Agostino Proserpio; affittato a Gio Maria Reina.
n. 21         Bocca di Don Antonio Perez, di 20 oncie, con la stessa si adacquano pertiche 24 di prato.
n. 22         Bocca di 30 oncie della Mensa Arcivescovile.
n. 23         Chiusa in legno, registrata con cappello, del Nodo dell'Olonella.
n. 24         Mulino doppio a 8 rodiggini; proprieta' della mensa Arcivescovile; affittato ai mugnani Cristoforo Antonio Reina e Gio Antonio Sirone.
n. 26         Chiusa registrata, con cappello in legno.
n. 27         Bocca in legno di due porte, di 31 oncie, detta Mensa Arcivescovile.
n. 28         Bocca Mantegazza, in due porte di 33 oncie.
n. 29         Bocche della Comunita' di Legnano, di 3 oncie della mensa Arcivescovile.
n. 30         Mulino a 3 rodiggini e spazzera vuota; proprieta' della Mensa Arcivescovile; affittato al molinaro Gaspare Scossiroli.
n. 31         Chiusa registrata con cappello in legno.
n. 32         Mulino doppio di 8 rodiggini; proprietaria per leta'  l'Abbazia comendata a Momsignor Archinti affittata a Gaspare Scossiroli e per l'altra meta' al Conte Giovanni Prata  e affittata a carlo Antonio Salmoiraghi.
n. 33         Bocca Lampugnana, in due porte, di 30 oncie, di Don Antonio Lampugnani
n. 34          Bocca Filetta, in due porte, di 29 once, molti utenti.
n. 35         Bocca Arcivescova, di oncie 29; Utenti: Conte Durini successo al Conte Corio, la Mensa Arcivescovile.
n. 36         Chiusa di legno, registrata con cappello.
n. 37         Mulino doppio di 7 rodiggini e 1 spazzera vuota; affittato a Giovanni Salmoiraghi detto "Grigio" ed a Giovanni  Salmoiraghi detto "della Vedova".
n. 39         Mulino sull'Olonella di 3 rodiggini e 1 spazzera vuota; proprietario Don Angelo lampugnani; affittato a Antonio Maria Salmoiraghi.
n. 41         Bocca di San Magno, in due porte, di 32 oncie.
n. 42         Bocche delle Grazie, di 31 oncie, dell'Ospedale Maggiore di Milano, del Conte Durini, del Conte Prata, del Conte Lucini.
n. 43         Chiusa della Roggia Molinara, di legno, registrata con cappello.
n. 45         Due mulini "delle Grazie" davanti al Castello, di 3 e rispettivamente 4 rodiggini con cadauno una spazzera vuota; di proprieta' del Sig. Conte Carlo Durini; affittato a Pietro Antonio Cozzi e a Antonio maria Reina.
n. 46         Bocca della fossa, di 16 oncie, per l'adacquamento de Prati nella Fossa del Castello di Legnano.
n. 47         Bocca Lampugnana, in due porte, di 28 once, dell'Ospedale Maggiore di Milano.
n. 48         Scaricatore, fa anche da chiusa, con quattro portoni.
n. 49         Mulino appena sotto il Castello sul ramo destra dell'Olona in territorio di Legnano, di 3 rodiggini e una spazzera vuota, Proprietario Sig. Conte Durini; affittato al molinaro Ludovico Bianchi
n. 50         Chiusa in legno, registrata con cappello, piu' tardi evvi scaricatore in due portoni.
 
In Territorio di San Vittore
 
n. 51         Mulino sotto al Castello sul ramo sinistra dell'Olona in territorio di San Vittore di 3 rodiggini e 1 spazzera vuota; proprietario il Sig. Conte Durini; affittato al Molinaro Francesco Bianchi.
n. 52         Bocca di Casa Castelli, con porta d'incastro per le piene.
n. 53         Bocca Selvatica nel territorio di San Vittore, in due porte, di 33 oncie del Sig. Carlo Bossi.
n. 54         Chiusa in legno con cappello, sopra alla quale evvi scaricatore a due porte.
n. 55         Mulino sotto il Castello, sul ramo sinistro dell'Olona in territorio di San Vittore, di 3 rodiggini e una spazzera vuota; Proprietario il Sig. Dottore Luigi Vailate; affittato a Giovanni Lampugnani.
n. 56         Mulino sotto il Castello sul ramo destro dell'Olona, in territorio di Legnano, di 4 rodiggini e una spazzera vuota; proprietario il Conte Don Giovanni Prata; affittato al molinaro Giuseppe Cozzi.
n. 57         Mulino sempre sul lato sinistro dell'Olona in territorio di San Vittore, di 4 rodiggini e una spazzera vuota; proprietario il Marchese Moriggia; affittato a Antonio maria Cozzi.
n. 58         Chiusa in legno.
n. 59         Bocca in due porte, di 30 once, del Marchese Castelli.
 
In Territorio di Canegrate
 
n. 60 Mulino quasi parallelo alla statale 57 (San Vittore), sito in territorio di Canegrate, con soglia in legno, di 4 rodiggini e una spazzera vuota; proprietario il Sig. Marchese Castelli; affittato a Giovanni Brossi.
n. 61         Bocca in due porte, di 30 oncie, del marchese Castelli.
n. 62         Bocca Violanta, nel territorio di San Vittore, in due porte, di 30 oncie del Conte Bellone.
n. 63         Chiusa di legno, con scaricatore di cotto.
n. 64         Mulino di 4 rodiggini e una spazzera vuota; proprietario il Marchese Moriggia e affittato al molinaro Giuseppe Montolo.
n. 65         Mulino situato in territorio di Canegrate, proprietario il Marchese Castelli, con soglia in legno, di 4 rodiggini e una spazzera vuota; affittato a Giovanni Montolo.
n. 68         Mulino in seguito del Sig. Marchese Castelli, in territorio di Canegrate, con soglia in vivo, di 4 rodiggini e una spazzera vuota; affittato al molinaro Giuseppe Montolo.
n. 70         Mulino in territorio di San Vittore di 4 rodiggini e una spazzera vuota; proprietario il Conte Rescalli; affittato al molinaro Giovanni Prata.
 
 
 
Note sui singoli mulini della zona Legnanese
 
Benche' queste descrizioni singole vogliano limitarsi alla serie dei Mulini del Territorio di legnano, ho voluto qui considerare anche i due mulini "Sotto il Castello", n. 55 e 56, che erano n territorio  di Legnano a suo tempo, ma ne furono poi tolti per una variante  con San Vittore.
Fra le illustrazioni che seguono, mi sono compiaciuto di ritrarre l'interno di un altro mulino di San Vittore, perche' mi e' sembrato meglio fotografabile; cosi' pure le ruote e l'interno di un mulino di Olgiate Olona.
Nei disegni delle tavole 1 e 5 che seguiranno, fu messa a base la pianta topografica di legnano del 1859, inserendovi tuttavia  qualche aggiornamento che apparve utile.
 
Mulini della Gabinella n. 13 e 13 nella Relazione 1772. tavola 1
 
All'epoca del censimento del 1594, (vedi Memorie 17 pag. 5 e 6 ) vi erano quei tre mulini e cioe':
1) Mulino del Sig. Curtio Cotica con annessa casa ( n. 1 che ospitava 29 persone ( il Molinaro e tre altre famiglie di congiunti che erano evidentemente in altro modo al servizio del proprietario.
2) Mulino del Sig. Hippolito Lampugnani con due case n. 2 e n. 3, ospitanti 16 persone, come sopra.
3) Mulino del Sigg. Alouisio e Hieronimo Lampugnani n. 4 ospitante la famiglia del molinaro Stefano Salmoiraghi e quella del fratello Filippo Salmoiraghi, in tutto cinque persone.
Proseguiamo ora nel tempo, facendo un salto al 1871 e collo stradario alla mano confrontiamo stabili e proprietari segnalati alla via del Sempione presso la Gabinella:
Al n. civico 1b (che va inteso come il primo numero dal confine con Castellanza verso Legnanello lungo la strada del Sempione), un gruppo di due mulini che utilizzano la roggia molinara cavata dal lato sinistro dell'Olona. Essi sono di proprieta' dei fratelli Pisani fu Antonio e di Orsola e Virginia Pisani, e si identificano con i mulini 2 e 3 dei Lampugnani suddetti.
Essi passarono poi ai giorni nostri ai consorti Schiatti e Pisani i quali dopo la 2° guerra mondiale smontarono le macine per usare la forza motrice per azionare una piccola industria meccanica, con torni, trapani e piallatrice a mezzo dell'unica superstite ruota. L'esperimento fallisce perche' le ruote idrauliche dei mulini sono prive di regolazione di velocita'.
Dopo qualche anno di tribolato esercizio si rinuncia alla forza idraulica propria, per adire all'azionamento elettrico. Il modesto locale di molitura si e' assestato definitivamente ad officina meccanica.
Le illustrazioni qui presso mostrano le fasi della Via Crucis  questo mulino ( manca l'ultima). Come diro' poco piu' avanti, per il mulino gia' Cuttica, siamo ormai giunti alla rinuncia totale al diritto d'acqua.
Al n.° 2b si intravvede l'insediamento dello stabilimento  di filatura di cotone dell'industriale Thomas Achille, che avendo acquistato il mulino gia' Cuttica per usarne la forza motrice, vi costrui' lo stabilimento in proseguimento verso nord, ricostrui' nuova in ferro la ruota motrice (quella che tuttora vediamo come diro')  e trasformo' pure, contiguo al mulino il casamento, per farne la sua abitazione.
Devo intendere che lo stabilimento che aveva integrata la potenza occorrentegli, installando una motrice a vapore, la cui caldaia si protraeva a nord sino alla linea della odierna lavandera Porro, che segna il confine territoriale con Castellanza.
Un incendio devasto' poi tale stabilimento ed esso non venne piu' ricostruito.
La ruota e la casa di abitazione del Thomas stesso che era contigua alla ruota, si salvarono e divennero ancora mulino. Ed oggi sono il Mulino Albasio, ormai tutto fermo e pronto esso pure alla distruzione perche' nella cessione del terreno che fece il proprietario al Comune per l'allargamento della via Bellingera  e creazione del nuovo ponte sull'Olona, rinuncio' all'esercizio ulteriore del mulino e lascio' interrare anche la relativa roggia molinaria.
La bella ruota, che e' unica rappresentante sopravvissuta a documentare la tappa dell'industrializzazione della nostra zona; che ricordava anche il triste nefasto di un industriale forestiero che qui aveva portato il suo entusiasmo di collaboratore, mi sembra degna di venire salvata per contribuire, nel Museo, od in Castello a fare conoscere un nobile passato legnanese.
Le caratteristiche della ruota e del Mulino, come li vediamo oggi sono:
Ruota in ferro, di costruzione dell'inizio dell'ottocento. Diametro 5200 mm., 40 pale in ferro larghe 3000 mm., alte 800 mm.; salto utilizzato 1,1 metri.
Mulino a tre palmenti da 1200 mm. e 530 Kg. cad. macinanti 300 kg di grano per ora.
Occorrerebbe la generosita' di qualche mecenate che si entusiasmi a tal salvataggio. Altrimenti la bella ruota finira' a rottame per meno di 200.000 lire.
 
Mulino 19 e 20 tav. 1
 
I mulini 19 e 20 della relazione del 1772 si trovano a meta' percorso  fra la Gabinella e via Pontida odierna. In tale relazione sono di proprieta' del Conte Prata rispettivamente del Can. Proserpio.
Nel censimento del 1594 li devo considerare nella casa n. 5  come un unicum "della Mensa Arcivescovile" oltre l'Olona, e come tale il molinaro vi e' (casa n. 5) Andrea Salmoirago e fratello Gio Maria fu Gio Battista coi famigliari.
Nel 1821 Carlo Martin, svizzero, assorbi' i due mulini  per impiegarne la forza per la filatura che eresse vicino; questa passo' poi nel 11845 alla ditta Saverio Amman e C. cui segui' nel 11871 la filatura Borghi, poi cotonificio Tobler e qualche anno dopo a Soc. Antonio Bernocchi.
Della disposizione dei mulini stessi, non si hanno piu' notizie se non nei mozziconi di rogge che erano rimaste, inframmezzati  fra le costruzioni di opifici industriali che seguirono, da cui trassi le piantine  che accompagnano qui. E cio' valga anche per qualche altra che verra' ancora.
 
Mulino doppio n. 24 tav. 2
 
Il mulino doppio n. 24 della relazione del 1772 si trovava appena  a sud della odierna via Pontida ed e' poi stato incamerato dal Cotonificio Cantoni.
Nel censimente del 1594 e' segnalato con il numero di casa 6 ( e non 5 e 6 come per errore fu scritto nella tav. 14 in memorie 17) Il Molinaro era Ludovico Salmoirago fu Francesco con 5 famigliari.
 
Nel 1850 e 1859 le mappe di legnano lasciarono capire che tutto e' ancora operantye.
Nel 1871 i due mulini non sono piu' discernibili come case  e devono gia' essere incamerati nel Cotonificio. Si trovavano precisamente la ove esso tenne una fabbrica di colla in via Pontida 2, ossia  ove oggi vi sono le grandi case operaie del Cotonificio stesso.
 
Il Mulino n. 30 (del Sighett)
 
Nel 1772 e' segnato il possesso arcivescovile, affittato a Gaspare Scossiroli ed e' di tre rodiggini, cioe' dei minori mulini; e questo perche' l'Olonella dalla quale esso era mosso, non doveva dargli un notevole battente. Suppongo che sara' stato di 80 cm. e quindi circa di 7 cavalli.
Di questo mulino, il Pirovano ci ha tramandato due modesti acquarelli (memorie 17 pag. 144)  qualificandolo come azionante una sega: bisogna ammettere che ormai era gia' stato trasformato a tale scopo. Dopo di lui, morto nel 1902, deve essere stato trasformato ulteriormente perche', due persone anziane e attendibilissime mi affermarono che il mulino fosse dato in affitto verso il 1910 ad un artigiano meccanico che gli serviva per maglio e meccanica in genere. Oggi non vi e' piu' traccia di nulla, se non in un piccolo avanzo d'affresco di San Giuseppe, ormai ridotto ad un medaglione di 25 cm. che resiste, sopra l'ingresso di casa n. 1 della via Franco Tosi ove appunto era il mulino.
Nel 1871, la casa in cui abitava il molinaro Bottelli Carlo era gia' mulino n. 32, il Civ. n. 1 della via Olonella era il numero giusto a fianco di questo mulino passato ad altre case ( forse sorta ed accomodata infrattempo vicino: ma che non ci riguarda piu'),  Il molinaro Bottelli Carlo pare che rimane affittuario della casa n. 1 di via per Legnanello pure li vicina.
Il mulino era stato "da grano", ma a stare alla caratteristica denominazione che gli da il Pirovano "el mulin del sighett" si capisce che esso poteva azionare alterbamente la macina od sega circolare (con cui poteva un artigiano un po' sviluppato accrescere il suo reddito).
Dall'acquarello detto si vede benissimo che vi era una unica ruota del mulino e che era tutta in legno come parecchie  ancora oggi.
 
Mulino n. 32 tav 2
 
Nel 1772e' segnato come abbiamo visto, in proprieta' per meta' all'Abbazia di Santa Caterina (il convento degli Umiliati di legnanello era stato soppresso, come tutto l'ordine nel 1569 ed i beni incamerati a disposizione dell'Arcivescovado) e per meta' apparteneva  al Conte Giovanni Prata che abbiamo ora visto proprietario anche del mulino n. 19 pure a Legnanello.
L'altra meta' sembra gia' acquisita a Costanzo Cantoni fra i numeri che vedremo nella segnalazione dello stradario piu' sotto.
Questi mulini si trovavano esattamente sotto al primo quarto della parte sopraelevata e rettilinea della via Eugenio Cantoni, la quale sia detto incidentalmente, nella meta' verso Legnanello portava a tal epoca il nome di Vicolo Pomponio, un nome che ha fondamento nella storia di legnano del 1600, Si riferisce a Pomponio Lampugnani ( vedi memorie 17 pag. 185) del ramo degli aventi diritto al Castello di legnano, che godette una porzione di quei beni terrieri ed un mulino quale diro' piu' avanti.
Ottenere oggi dati interessanti sui mulini incamerati nelle industrie pare cosa quasi impossibile.
Gli stabilimenti che li comperarono, pensarono alle questioni del momento, che erano certamente assillanti e non si curarono di conservare documenti inutili, neanche i pochi disegni delle installazioni che dovevano poi distruggere.
Nel 1871, lo stradario di legnano ci fa notare che l'avanzata  tattica del Costanzo Cantoni era gia' a buon punto sulla strada da Legnano a Legnanello. La prima casa a destra da chi incede, al n. 1  nella quale abitava Bottelli Carlo, molinaro del molino Arcivescovile  n. 30, era gia' divenuta sua proprieta', come le case n. 3 3 n. 5. All'altra estremita' della strada, anche il n. 10 era passato a lui, una casa che con altre vicine apparteneva prima al Marchese Giovanni Cornaggia, figlio di quel Cristoforo che da una trentina di anni aveva acquistato dall'Ospedale Maggiore il castello di legnano, (che i suoi successori  stanno ora facendo andare in rovina, con calma olimpica  sia del Comune che della Sopraintendenza ai Monumenti).
 
I Mulini del Ponte Carrato n. 37 e 39 nel 1772; tav 3
 
La spaziosa vista di questi mulini nel largo corso dia acqua ha giustamente colpito il pittore Pirovano (nel 1896) che volle ricordare  nel suo quadretto a olio che piace di far rivedere qui al giusto posto, pur a avendolo presentato in Memorie 17, quando dovetti sospendere un certo materiale  che non poteva piu' trovare posto in tale monografia. Si vedono qui le ruote di tre mulini: a Sinistra il mulino 37 doppio, le cui quattro ruote (tre in centro e una a destra , molto arretrata, muovono i palmenti nelle casupole abbinate che si vedono a destra) e a sinistra la piu' grande ruota del mulino 39 che si vede gia' rinnovata in ferro, il cui asse penetra  nel piano terreno ( ma sopraelevato) del grande fabbricato a due piani.
Il quadretto consacra l'aspetto di un notevole gruppo di fabbricati in fase di trasformazione, dall'antico al moderno di quell'epoca, cioe' fine del 1800.
L'osservatore guarda a nord.
Con riferimento al 1772 vi era a destra il mulino n. 5 doppio (inteso quello delle due case abbinate) che possedeva in totale 7 rodiggini ( ma non se ne vedono che 5) ed a sinistra la ruota moderna del mulino n. 39 che sostitui' le tre ruote d'una volta.
Il mulino n. 37 quello che usava l'acqua dell'Olona, apparteneva a tal epoca all'Ospedale Maggiore di Milano ed era affittato a due molinari dal nome Salmoiraghi Giovanni, consanguinei e distinti da due nomignoli: uno era detto il "Grigio" e l'altro "quello della Vedova".
Il mulino n. 39, che usava l'acqua dell'Olonella e quindi era a sinistra, apparteneva a Don Antonio Lampugnani ed il possesso ai Lampugnani e' dimostrato anche nel censimento del 1594, alla quale epoca si trovavano nelle diverse case e mulini ( memorie 17 pag 54 55 e tav. 14a).
Casa 149 Mulino del Sig. Prospero Lampugnani, Il molinaro e' Maino Salmoiraghi fu Giovanni (membri 9).
Casa 150 da Nobile, proprietario Lampugnani Gio Antonio detto Scaramuzza (membri 7)
Casa 151 de pisonnanti: ospita 19 persone.
Casa 152: altro mulino del Sig. prospero Lampugnani, e' molinaro Rossetto Paulo (5 membri)
Casa 153: altro molino del Sig. prospero Lampugnani: e' molinaro Josefo Salmoirago ( 8 membri)
Nella relazione del 1772, abbiamo visto qui sopra che solo il mulino n. 37, che era la casa 149 del 1594, era rimasto ai Lampugnani; gli altri due erano passati all'Ospedale Maggiore di Milano dopo la risolta contesa fra i pretendenti ai beni del castello di Legnano ( 1726 ).
Nel 1871 riscontriamo nello stradario del Comune che il mulino in via Ponte Carrato n. 10, ossia il n. 37 della relazione del 1772  e' stato acquistato dal Cotonificio Fratelli Dell'Acqua per surroga con il mulino n. 12 della stessa via e cioe' il n. 39 della relazione detta, precedentemente pervenuto in suo possesso.
Ma in proseguo, anche questo secondo mulino verra' assorbito dallo stesso Cotonificio con cui esso concludeva l'unita' di perimetro dello stabilimento.
Non che i Salmoiraghi che sono stati, come si vede da queste stesse aride note, una vera stirpe di molinari che dura da almeno 400  anni, si ritirassero dall'industria. No, essi seguendo prontamente le innovazioni allora sviluppatesi nel macchinario per la molitura,  ed il progresso della distribuzione dell'energia elettrica, installarono in Legnano il primo ed unico stabilimento con i mulini a cilindri ed azionamento elettrico nel 1922.
Per dovere di precisione, sia accennato che il mulino di via Pone Carrato 10, era anche stato (scrive l'ing. Mazzocchi predetto) prima che dei Dell'Acqua, di una ditta Tobala; che esso e' di tre rodiggini; che utilizzava un salto di 1,6 metri: e perche' questa ultima parte non e' dell'Ing. Mazzuccati che non esisteva piu' nel 1427, che fu poi soppresso nel 1927 quando l'Olonella fu trasformata in fognatura.
 
* La tradizione del nomignolo orale "della Vedova" accolta evidentemente anche dall'Ing. Raggi, informa che il secondo nome risale alla peste del 1630 in cui i molinaro mori' del triste male, e la vedova ne continuava l'esercizio. A me pero' entra piu' facilmente in considerazione che l'assegnazione possa riferirsi alla vedova madre di Oldrado II° Lampugnani (vedi tav 4 Memorie Societa' Arte e Storia n. 8 pag. 39)
 
Il Mulino doppio n. 45
Un po' di storia.
I mulini piu' comunemente detti " della Madonna delle Grazie" e "della Contessa" ed anche dialettalmente "el mulin Cuntess" ed ultimo anche ""i mulini sopra castello", sono segnati nella relazione del 1772 col n. 45 e sono di proprieta' del Conte Durini Giovanni.
Essi erano inizialmente, nel 1400, in proprieta' dei Lampugnani del Castello, ma nel 1528 si trovavano per successione in costestato possesso delle figlie di Ferdinando Lampugnani, delle quali Lucrezia Lampugnani Visconti ebbe a secondo sposo Conte Ottaviano Cusani divenendo cosi' la Contessa Cusani. I mulini restarono in suo possesso anche dopo altra vedovanza ma il nominativo suddetto si conservo' ancora a lungo, anche dopo la morte della Donna, per ragioni intuitive come la lunga contesa che continuava su quelli ed altri beni del castello ed ebbe il suo teermine solo nel 1696.
Anche questi mulini furono poi accapparrati per la meccanizzazione dell'industria.
Per il primo, nel 1824 furono acquistati da Eraldo Krumm da Wutteemberg per istallarvi la sua filatura, il quale poi si accaso' con Geronima Checchi da Gallarate. Di essi si conservano in museo i bellissimi medaglio di marmo che ornavano le loro tombe  nel cimitero dell'epoca, a nord della chiesa delle Grazie.
Tale fu la frenesia dei capitani dell'industria dell'epoca, di accaparrarsi le forze idriche, che non gli importava di allontanarsi fuori degli abitati lungo le vie dell'Olona. Erano bensi' nati il biciclo in ferro e la bicicletta dalle ruote di legno, ma anche in assenza di tali mezzi essi contavano che la mano di opera li avrebbero raggiunti egualmente.
A quei tempi, ma anche quasi cento anni sopo, era tale luogo nella piatta valle dell'Olona null'altro che un vastissimo campo  aratorio sezionato  in due dal corso tortuoso dell'Olona, accompagnata da doppi filari di altissimi pioppi che conferivano al paesaggio un aspetto romito. Fu grande il nostro dolore quando nei primi anni dell'ultimo dopoguerra dovemmo assistere passivamente alla lroo distruzione. Si presentava una questione di umanita', di fronte a tanta miseria. Non torneranno piu' i pioppi, ma il Comune, nella zona di vincolo intorno al Castello vorra' pur pensare per tempo ad una nuova arborizzazione e non sopprimera' il doppio corso di acqua  che fu la ragione della sua costruzione in tal punto.
Ma torniamo ai mulini. Il Krumm fu un grande industriale e lo stabilimento progredi'. Dovette ricorrere ai supplementi di potenza che allora erano solo le motrici a vapore alimentate da caldaie ( a bassa pressione).
Egli si era allogato in una palazzina all'inizio della via San Giorgio da dove poteva volgere lo sguardo laggiu'  al suo stabilimento lontano e quando tutto gli sembrava regolare (il patema d'animo dell'incendio) godersi romantico paesaggio, lontano dall'assordante rumore del macchinario.
Non conosco a sufficienza quale industrie abbiano fatto seguito alla prima trasformazione con Krumm: pero' l'unione temporanea col Cantoni, sotto la ragione Cantoni Krumm e C. per industria meccanica di cui non conosco l'ubicazione, andrebbe rispolverata.
In tempi piu' recenti vi hanno preso possesso la tessitura Mambretti e poi Scossiroli, ed ora il Cotonificio Villa Cortese alternati con stallie da non capire se il terreno abbia qualche cosa di misterioso da renderlo contrario a redditi industriali.
 
Mulino 49 "Sotto al castello" tav 5
 
Fu un mulino a tre palmenti che ha appartenuto assieme al Castello ad Oldrado Lampugnani, come il precedente subi' esso stesso  la lunga contesa che dal 1507 al 1700 gravo' su tutti questi beni.
Nel 1772 e' in proprieta' al Conte Durini Giovanni come abbiamo gia' visto.
Si trova, dopo la bifrocazione dell'Olona che avviene giusto  davanti al Castello, sul ramo di destra a circa 400 metri sud-ovest.
Non fu assorbito da nessuna industria e rimase in attivita'  ancora qualche decina di anni dopo la seconda guerra mondiale.
Fu un mulino rispettabile perche' l'Olona sotto legnano comincia a risentire delle acque plurime che le si immettono.
Le tre ruote idrauliche azionavano casauna un palmento.  nell'ultimo periodo due ruote erano ancora in legno, mozzo e pale  ed avevano: diametro 4200 mm.: 24 pale larghe 250 mm. e la terza ruota era ormai in ferro con diametro 4200 e 32 pale in lamiera larghe 300 mm. e alte radialmente 500 mm.. Anche questa ruota che e' di bella costruzione, ma ha le pale quasi completamente corrose e' ormai inservibile per il lungo abbandono. L'ultimo mugnaio, ancora vivente ha 72 anni e' Colombo Luigi.
Nell'ultimo tempo, dopo rinuncia totale alla molitura, esso aveva ancora azionato un frantoio e pressatura di semi di lino con Scandroglio Enrico. Due molazze in petra del diametro di 1300 mm. per 350 mm. di spessore l'una e l'altra 230 mm. giaccono come al solito come merce inutile nel cortile.
All'esterno del fabbricato in un grande riquadro uno squalcito affresco (pittore di occasione) dell'ottocento circa sostitui' forse uno precedente: esso mostra una Madonna con S. Anna se ho ben capito.
 
Mulino 51 gia' del Conte Durini Tavola 5
 
Seguendo ora il ramo di sinistra dell'Olona in giu' "sotto al castello", troviamo questo mulino, poco prima che esso ramo si riunisca con il ramo di destra, chiudendo cosi' la grande isola che fu scelta a suo tempo da Ottone Visconti per la sede del castello di legnano.
Nel 1772, come abbiamo gia' visto, il mulino era segnato di proprieta' del Conte Giovanni Durini e il molinaro era Francesco Bianchi. Ma la storia ci resta muta per il periodo che segue, e del mulino dei tempi nulla piu' e' rimasto, perche, se in un'epoca non tanto lontana le ruote in legno furono sostituite  con una grandissima ruota in ferro, questa pure e' scompardsa lasciando vuoto il suo alloggio, cio' che oggi ancora si vedeva erano i canaloni in muratura calibrati sulla larghezza della roggia e della ruota  e la classica passerella per la regolazione della paratoia d'ingresso dell'acqua. La ruota ultima che poteeva essere della seconda meta' del 1800 aveva dunque un diametro di 6400 mm. e la larghezza di 3200 mm: le pale in ferro, curve more usuale, avevano una altezza radiale di 700 mm. Ma qualche cosa in piu' ho potuto capire  dai soli muri che sotto ai miei occhi furono demoliti or ora.  Vi e' stata anche una turbima idraulica ad asse verticale (anche qui la classifica Johnwall) che un industriale aveva ritenuto conveniente installare per meglio sfruttare le portate di magra del fiume.
Questo ben di Dio era penetrato fra queste mura che ho visto radere al suolo come materia inservibile. Palazzone industriale alto ed arioso, impianti di forza motrice economica, migliaia di tonnellate di murature, ed un alto caminone in muratura per caldaie. Ad opera finita restera' un terreno nudo di 3500 mq. Lascio al lettore meditare.
Le industrie che qui si susseguirono negli ultimi decenni furono: Scossiroli e C. con filatura: Mambretti e C: per maglierie e confezioni di tali tessuti. La distruzione di tutto si compie ora sotto il nuovo possesso del Cotonificio di Villacortese.
 
I Mulini sotto al castello n. 55 e 56 nel 1772 Tav. 5
del dott Vailate D. rispett. Co. Prata G.
Il mulino 55 e quello che seguira', sono oggi ambedue in territorio di San Vittore Olona mentre una volta ( nel 1772) il secondo era sotto legnano. Essi hanno una disposizione simmetrica ( che fa pensare ad una costruzione simultanea) su una nuova boiforcazione dell'Olona in due rami che fa seguito a quella ricongiunzione che ciude l'isola su cui ottone V° costrui' il castello nel ontano 1230 circa.
Diro' poche parole anche per essi per gli addentellati che ebbero con legnano durante la loro esistenza, non ancora peraltro esaurita. Essi infatti sono ancora entrambi in esercizio.
All'epoca dei Frati Agostiniani che ottone Visconti aveva introdotto in questa sua prorieta' di legnano, due o piu' mulini erano posti in loro godimento ed io vorrei proprio pensare a questi due. Confiscati da ottone Visconti, appartennero poi sino al 1276 ai Fratelli Torriani; ritornarono a tal data ad Ottone e poi seguirono tutta la dinastia Visconti e nel 1437 passarono ai lampugnani.
Dopo il 1528 la contesa fra i diversi lampugnani li fece passare via via anche ai collaterali non lampugnani. Avvennero poi vendite e riscatti fra terzi che si spensero con il lascito legale all'Ospedale maggiore di Milano. Quest'ultimo vendette poi alla meta' del 1700 i beni e i mulini ad acquirenti diversi.
Nel 1772 erano poi di proprieta' dei nobili suddetti.
Il mulini 55 che e' sul nuovo ramo di sinistra, attualmete e di proprieta' del Molinaro Meraviglia carlo di Antonio che lo esercisce regolarmente. Possiede due palmenti azionati cadauno da una sua ruota in ferro del diametro di 4 metri, con 24 pale curve da 380 mm. di larghezza e 1000 mm. di altezza radiale. Il salto e' di 1,3 metri.
Dispone anche di una molazza di 2,6 quintali comandabile alternativamente da una delle due ruote idrauliche dette. Essa si trova in un localetto a manco del maggiore.
La produzione di farina e' di circa 100 Kg. ora di ogni palmento.
 
Il mulino n. 56 (del 1772), sotto al castello
 
Trovasi sul ramo destro della seconda divisione predetta, dell'Olona, accostato al n. 55. per una sequenza genealogica esso e' passato dal Conte Prata al Comm. Francesco Melzi e dopo casa Melzi pervenne in possesso di mugnai esercenti in proprio. Attualmente esso e' in proprieta' dei cugini Cozzi Luigi primo e secondo, che lo eserciscono personalmente.
Esso e' di tre ruote di 3,8 metri con 24 pale cad. larghe 400 mm. alter 560 mm. Possiede due palmenti che macinano 100 Kg. ora cadauna. Una molazza del diametro di 1360 mm. e 380 di grossezza e' comandata dalla terza ruota.
Qualche mola da palmento, per ricambio, o di taglio inadeguato vedesi all'esterno del fabbricato come e' consueto. Diametro 1400⁄300 ed altre con solo 200 mm. di spessore.
E' tipica in questo mulino la disposizione coincisa ed efficiente del piccolo complesso: la passerella di arrivo coperta, sotto la quale l'acqua corre alle ruote disciplinata dalle paratoie, ed ancora veloce percorrere le spazzere e raggiunge il letto inferiore: un portichetto, cumulativo per le visite ed i carri che portano e ritirano dal locale molitorio, e' regolarmente ornato da un grande affresco religioso, con lucernetta e fiori sul davanzale munito di drappo. Si entra nel locale molitorio ove un uniforme rumore ... tran tra, vi dice che le macine compiono il loro monotono, quanto utile lavoro.
Contigue a questo locale di soggiorno del mugnaio e famigliola; il quale in questo mulino ha conservato quel simpatico aspetto di campagnolo che e' offerto sia dalla presenza del classico camino per il fuoco a legna, sia dalle seggiole, tavolo, armadio un po' rustici ma di noce, sia da altre inezie che io non so neppure indicare.
Non si vedono ne intorno ne dentro ne fuori figli o figlie di eta' maggiore. A seconda dell'indirizzo che essi hanno scelto, sono ai campi o vanno allo stabilimento. Se tutti i figli vanno all'industria e non ritorneranno, il mulino potra' un giorno non trovare piu' ne un compratore ne un affittuario. E' questa un po' la sorte che il destino prepara ai mulini qui nel nostro ambiente.
 
L'Olona degradata scientemente a fogna delle industrie
 
Tutti sanno che l'Olona e' divenuto un fiume puzzolente e antiigienico.
Come si e' arrivati a cio'?. Vi si e' arrivati quando, con una mossa che lascio al lettore giudicare, il Direttore del Consorzio Utenti Fiume Olona, chiedeva (22 dicembre 1921) ed otteneva dall'Amministrazione provinciale e dalla Avvocatura Erariale, la cancellazione del fiume Olona dalle acque pubbliche delle provincie di Milano e Como. Poteva cosi' il consorzio arrogarsi il diritto di concedere ( in forma transitoria, disse...) agli utenti, il permesso di effettuare tutti gli scariche nel fiume.
Ma tutti sanno che le concessioni date in forma transitoria, non sono altro che metodi subdoli per concedere cio' che non e' lecito, e creare un fatto compiuto, che servira', come in effetti servi' a scavalcvare tutte le leggi per la tutela igienica e i diritti della gente su una cosa pubblica; in questo caso le acque. Quindi le amministrazioni comunali, sanno ormai che tocca ad esse spendere per proteggersi contro i miasmi del corso d'acqua, perche' nessuno piu' eliminera' quelle connessioni provvisorie. Pero' le acque che presto o tardi i comuni devono eseguire per l'igiene pubblica, non potrebbero venire addossate in adeguata misura ai responsabili degli inquinamenti?.
 
Un'opera di regolazione del fiume a sud di legnano
 
E' nota a tutti nella zona percorsa dal fiume che questo mansueto corso d'acqua, quasi annualmente diventa turbolento nei periodi di forti piogge, perche' nel giro di poche ore cresce di portata, sorpassa gli argini naturali, invade talvolta le campagne e quasi annualmente anche le cantine delle zone piu' basse della citta'.
Nel settore di Legnano, per evitare tali iettature, sebbene non fossero molto frequenti, si procedette naturalmente dapprincipio con arginature in opere di terra o di cemento, ma in generale il problema non era solo quello di arginare, perche' l'innalzamento seppure temporaneo delle acque, impediva la recezione nel letto del fiume, delle acque superficiali di scolo dei terreni e delle fognature.
Si affaccio' quindi il bisogno di contenere l'innalzamento del livello nell'ambito della citta', sia aumentando la capacita' di invaso dell'alveo del fiume con l'allargarne i margini, sia riducendo la resistenza di passaggio lungo questo suo percorso, sopprimendo alcuni tratti tortuosi e rendendo il decorso sempre piu' prossimo al rettifilo.
Siccome tutti questi miglioramenti avrebbero causato durante i periodi di magra un forte abbassamento del pelo liquido (col che non si sarebbe piu' potuto irrigare i terreni di utenti  che ne avevano diritto) , divenne necessario eseguire un'opera regolatrice automatica del livello del fiume ( e fu eseguita nel 1940) onde tanto in amgra quanto in piena, mantenga un livello di acqua quasi costante.
Tale necessita' corrispondeva a tre principali capisaldi:
1) Assicurare ad ogni epoca la possibilita' di prelievo d'acqua da parte delle bocche irrigatorie, che costituiscono antichi diritti dei consorziati (Mugnai, industriali, proprietari di terreni).
2) Impedire gli innalzamenti di livello che disturbavano gli scarichi stradali e delle case in genere gia' detti.
3) In via igienica evitare che nei periodi di magra il letto sudicio emerga creando situazioni igieniche insopportabili.
Il risultato di tale opera regolatrice, basato sull'adozione di una grossa paratia metallica a segmento di circolo nel bel mezzo di un'opera di muratura creata a valle del fiume, fu soddisfacente per Legnano, pur non essendo risultata automatica come era previsto.
Naturalmente e' premessa indispensabile per una tale applicazione, che non vi siano ne mulini, ne turbine idrauliche, nel tratto reso a livello costante e che diritti preesistenti venissero risolti con trattative singole.
L'applicazione di tale regolazione fu contemporanea alla eliminazione di quella grande ansa, che percorreva il fiume di fronte al vecchio cimitero del 1800, a nord della Madonna delle Grazie, la quale ostacolava il deflusso durante le piene.
Coll'assorbimento progressivo dei terreni agricoli del pianoro a Sud-est del castello da parte dell'edilizia, va spegnendosi il bisogno di irrigazione nella zona e le diverse roggette attinte dalle bocche sul disegno del 1772 sono infatti gia' scomparse. La stessa paratia, automatica o meno, si avvia a rappresentare fra anni una utilita' solo per gli stabilimenti che aspirano l'acqua per scopi secondari, e, nei riguardi della cittadinanza, per lo scopo igienico gia' detto.
Inutile pensare che le sistemazioni che legnano faceva per salvaguardarsi dalle piene non dovessero ripercuotersi sulle utenze sottostanti. Ed infatti quelli se ne lamentano e la fotografia che riproduco, scattata qualche anno addietro presso il mulino Cozzi Montoli che trovasi a 1,5 Km. sotto il castello, mostra che il fiume ha urgente bisogno di venire dragato nei punti piu' nevralgici.
Questo mulino non e' del gruppo "Legnanese" come gia' dissi nell'introduzione; faccio un piccolo strappo al mio assunto per contraccambiare alla cortesia con cui il signor Montoli comproprietario ed ottimo fotografo, volle procurarmene la fotografia.
Possiede Tre palmenti e un buratto; ad ogni palmento corrisponde un braccio girevole in legno, per il sollevamento della macina, per le rimartellinature o riparazioni. Esso e' contiguo ad altro mulino Montoli, che ha subito un completo ammodernamento anche del plafone. Una modernizzazione lodevole che, in contrasto con la staticita' dei mulini superstiti della zona, sorprende graditamente il visitatore.
 
 
 
 
 
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