Legnano story - note personali
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Gli antichi mulini sul fiume Olona
 
 
 
 
 
Gli antichi mulini sul fiume Olona
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Fin dal medio Evo prosperava nel borgo di Legnano l'attivita' molitoria esercitata in forma artigianale e tale era la dovizia dei molini disseminati lungo l'Olona da Castellanza a Nerviano per fare supporre che nel XV° secolo questa attivita' costituisce per l'intera zona, e per Legnano in particolare, una notevole fonte economica.  Probabilmente i signorotti di questi tempi cercavano di accaparrarsi il maggior numero di mulini per poter realizzare una vera e propria concentrazione in grado di condizionare altri settori e speculare in occasione di raccolti disastrosi o di carestie.
Legnano per molti anni aveva fornito farina per il pane dei milanesi ed e' naturale che alcuni nobili di quei tempi avessero messo assieme una cospicua fortuna con i mulini dell'Olona.
In parecchi documenti dei quali i ricercatori si sono imbattuti ricorrevano spesso nomi di mulini le cui ruote e macine avevano scandito per secoli la vita di tranquilli artigiani che lavoravano in proprio o per conto di signorotti. Anche nella denominazione di alcune vie dell'antico borgo sia a Legnanello che nella zona del centro e attorno al castello Visconteo fino a San Vittore, Canegrate ed oltre, veniva ricordata questa vocazione dell'economia locale. Cosi' avevamo in via dei Magnani, via Mulini di Sotto, via Mulini dell'Arcivescovo, Mulino delle Armi e localita' "cinque Mulini" nella zona in cui attualmente vi e' il ponte di via Pontida e dove l'Olona si diramava in ben quattro bracci formando anche due isolotti.
 
Vi erano anche altri mulini presso il vecchio convento di Sant'Angelo della roggia omonima che attraversava poi l'antico nuclo e attorno alla chiesa di San'Ambrogio. Un raggruppamento di altri mulini sorgeva nel tratto compreso tra le attuali via Matteotti e via Beccaria.
Qui possedevano parecchie case i Lampugnani discendenti da Ubertino, dottore in legge a Pavia e padre del noto Oldrado II° Lampugnani.
Gli appartenenti a questo ramo della nobile casata venivano chiamati dallo storiografo Pirovano "Lampugnani di Ponte Carrato" ed erano appunto proprietari di un gruppo di mulini il piu' grande dei quali si trovava nel punto in ora sbocca via Corridoni ed era stato ribatezzato con il nome di "Mulino della Vedova" probabilmente dopo che Giavannina Omodei fu Gasparolo, vedova di Ubertino, compero' la proprieta' con altri immobili.
Di questo acquisto esiste una pergamena nell'archivio dell'Ospedale Maggiore datata 17 marzo 1419 a rogito del notaio Laurentius Martignonibus. In essa si fa cenno proprio al "ponte carratum". Si trattava di un ponte caratteristico a due arcate che univa la via Milano all'attuale via Corridoni (gia' via del Magnani) e che venne demolito il 7 giugno 1882.
Di esso ci resta un acquarello del Pirovano. In altri due quadretti delle stesso pittore e storiografo legnanese realizzati nel 1800, possiamo ancora ammirare gli avanzi del cortile inferiore della casa Lampugnani di Ponte Carrato in un'altra costruzione del secolo XV°, indicata come ubicazione, in via Ponte Carrato 10.
Scorrendo lungo il percorso dell'Olona a valle del castello troviamo disseminati molti altri mulini tra i quali quello del Melzi - Salazar, poi ancora i mulini Meraviglia, Cozzi, Galeazzi (da cui deriva  la famiglia Tenconi). A macinar farina ora dei tanti mulini legnanesi e' rimasto solo a valle del castello il Molino Salmoiraghi, un edificio cadente somigliante piu' ad una prigione che ad una casa di abitazione. La tradizione dell'attivita' molitoria e' conservata alla citta' di Legnano dall'industria Salmoiraghi che ha in via Pietro Micca uno stabilimento per la produzione di farina alimentare.
I vecchi mulini che un tempo avevano dato tanto prestigio e ricchezza al borgo di Legnano, ora giacciono come vetusti cimeli con le loro grandi pale e macine immobili, simbolo di un'epoca ormai troppo lontana.
Tuttavia bisognerebbe nell'ambito del futuro parco del castello, conservarne almeno qualcuno di questi mulini. Ma occorre fare presto e comunque prima che le intemperie, il fiume e i troppi vandalismi di incoscienti non decretino definitivamente la fine di quanto resta a ricordare una fiorente attivita'  legnanese che il 1620 contava ben 17 molini in piena efficienza, come attesta un documento di un funzionario di governo spagnolo, il questore Orazio Mainoldi.
 
Nota: L'olona non e' un fiume regale non essendo navigabile e viene chiamato "roggia molinaria" perche' fornisce energia ad un gran numero di mulini. Serve pero' anche all'irrigazione dei campi e pertanto sorge un conflitto tra i proprietari dei mulini e gli utenti di rogge irrigue, che si contendono la maggior quantita' di acqua in una annata di siccita'. I termini del conflitto sono contenuti in un documento e conservato, tra gli altri, dagli eredi del legnanese Dottor Cesare Candiani, discendente dei nobili Visconti.
In questo documento, data 18 settembre 1775, si presenta ancora la stessa contesa. Piu' precisamente si tratta di un avviso di convocazione di tutti gli utenti delle acque del fiume Olona che non avevano rispettato le "grida" del 12 settembre 1773 e, come tali, "sospetti di usurpazione e di abuso" nel prelievo delle acque del fiume.
Tra le rogge irrigue che solcavano il territorio di Legnano, oltre al cavo Diotti, ve ne erano altre denominate "Santa Caterina", "Dell'Arcivescovo" e "Sant'Angelo". Quest'ultima era la piuì importante. Si diramava dall'olona prima di Castellanza, passava davanti al convento di frati di Sant'Angelo (ex edificio scuole Mazzini), attraversava l'attuale via della Vittoria che anticamente si chiamava "via pan di meliga" e proseguiva lungo il tracciato delle attuali via De Gasperi, Giolitti, Palestro , San Ambrogio per poi tornare a confluire nell'Olona nei pressi del castello. La roggia veniva tenuta ad un livello piu' alto, sulla destra del letto dell'Olona, appunto per irrigare tutti i campi che si trovavano in quella fascia intermedia, per mezzo di un capillare sistema di rigagnoli "a perdere". La roggia venne soppressa nella prima meta' dell'ottocento.
 
 
I Mulini
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I mulini, al pari delle grandi estensioni coltivate a cereali, in pieno Medio Evo rappresentavano un'autentica ricchezza. Il possesso di una serie di impianti di macinazione, con le pale azionate dai salti d'acqua, era infatti strettamente collegato al dominio delle terre coltivate a grano. Mantenere o perdere i mulini, equivaleva a conquistare il territorio su cui erano ubicati o rinunciarvi. Oltre che per fornire farina da alimentazione, i mulini producevano foraggio speciale per bestiame e le grandi ruote in pietra venivano adattate anche come mole a smeriglio, per fabbricare armi bianche.
Una delle regioni d'Italia, che ebbe una piu' forte concentrazione di mulini ad acqua, dal Medio Evo all'Ottocento, fu la Lombardia, ricca di fiumi, canali, navigli, rogge, che avevano la duplice funzione di irrigare i campi e fungere da forza motrice.
Molti di questi mulini hanno resistito al logorio del tempo, alle guerre, ma anche a quel terribile ciclone che per essi rappresento' la rivoluzione industriale: nel periodo pionieristico, perche' i primi insediamenti produttivi sfruttarono proprio le ruote dei mulini esistenti per azionare le prime macchine utensili, anche se nel periodo successivo, con l'avvento della moderna tecnologia, i superstiti vennero superati dalle piu' avanzate tecniche di macinazione.
Nel borgo di Legnano, fin dal Medio Evo, prosperava l'attivita' molitoria, esercitate in forma artigianale e tale era la dovizia di mulini disseminati lungo l'Olona, da Castellanza a Nerviano, da far supporre che nel XV secolo questa attivita' costituisse per l'intera zona, e per Legnano in particolare, una notevole fonte economica. I nobili di quei tempi cercavano di accaparrarsi il maggior numero di mulini, per poter realizzare una vera e propria concentrazione, in grado di condizionare altri settori e speculare in occasione di magri raccolti o di carestie.
Legnano per molti anni aveva fornito farina per il pane dei Milanesi ed e' naturale che alcuni signorotti di quei tempi avessero messo insieme una cospicua fortuna con le macine dell'Olona.
Il piu' antico documento conosciuto, nel quale si nomina un mulino sull'Olona, e del 1043, un palmento di proprieta' di Pietro Vismara, ubicato tra Castegnate e la localita' Gabinella di Legnano. Nel documento si parla di Cogorezio o Cogonzio, nominativi scomparsi, ma che permettono di localizzare, come si e' detto, questo mulino (Memorie n.3, Societa' Arte e Storia Legnano, Legnano 1936, pagg.38 e 62).
Anche nella denominazione di alcune vie dell'antico borgo, sia a Legnanello che nella zona del centro storico e attorno al castello visconteo fino a S.Vittore e Canegrate ed oltre, veniva ricordata questa vocazione dell'economia locale. Cosi' avevamo via dei Magnani, via Mulini di Sotto, via Mulini dell'Arcivescovo, Mulino delle armi e localita' Cinque Mulini, nella zona in cui attualmente sorge il ponte di via Pontida e dove l'Olona si diramava in ben quattro bracci, formando anche due isolotti. Vi erano altri mulini anche presso l'antico convento di S.Angelo sulla roggia omonima, che attraversava poi il nucleo abitato del Borgo di Maragasc (zona S.Ambrogio). Un raggruppamento consistente sorgeva pure nel tratto compreso tra le attuali vie Matteotti e Beccaria, dove possedevano proprieta' terriere e case i Lampugnani del ramo di Oldrado II. Lo storiografo Pirovano chiamava appunto gli appartenenti a questo ramo della nobile casata, (per distinguerli da altri), "Lampugnani di Ponte Carrato". Il piu' grande si trovava nel punto in cui ora sbocca via Corridoni ed era stato ribattezzato col nome di Mulino della Vedova, probabilmente dopo che Giovannina Omodei fu Gasparolo, vedova di Ubertino Lampugnani, acquisto' la proprieta' con altri immobili (atto di vendita datato 17⁄3⁄1419 a rogito del notaio Laurentius Martignonibus in Archivio Ospedale Maggiore Milano)
Il Ponte Carratum cui si fa cenno nell'atto pergamenaceo citato, caratteristico a due arcate, che univa la via Milano all'attuale via Corridoni, (gia' via Magnani) venne demolito il 7 giugno 1882.
Lungo il percorso dell'Olona, a valle del castello, troviamo disseminati altri mulini, alcuni dei quali, come si vedra', pervenuti fino a noi da un antico regno romantico nascosto da un'archeologia industriale o artigianale da museo.
Le Signorie Sforzesca e Viscontea posero a presidio dei piu' importanti raggruppamenti di mulini alcune fortificazioni, sfruttando fortilizi e castelli gia' esistenti, per ubicarvi impianti molitori, come nel caso del castello di Legnano.
Lo storico milanese Del Prato annota che, nel 1510, al discendere di un esercito svizzero dal Canton Ticino, via Varese, per raggiungere Milano...furono rotti tutti i mulini da Varexo sino a Rho eccio' che il numeroso et povero exercito de Sviceri per se' con fame se vincessi...finalmente, dice lui, la cosa se accordo' con dinari, et il giorno duodecimo di settembre essi Sviceri gia' pervenuti a Gallara' se ne ritornarono a casa loro. Questa fu una delle tante battaglie e, dispute militari che ebbero per teatro i mulini dell'Altomilanese.
Secondo alcuni riscontri storici, fatti dal Sutermeister, Gian Rodolfo Vismara, possessore di vari mulini, faceva lavorare i metalli fini, usufruendo della forza dell'Olona, per battere al maglio le foglie d'oro e d'argento e per trafilare gli stessi metalli. Questa lavorazione doveva avvenire, sempre secondo lo studioso, per mezzo di adattamenti alle stesse macine dei mulini.
A riprova l'autore cita cinque atti conservati nell'archivio della Congregazione di Carita' di Milano, rispettivamente degli anni 1453, 1461 (aprile e luglio), 1486 e 1487, nonche' altri due atti di acquisto del 1467 (Codice Trivulziano 1816, 194-1. 193-4).
Il censimento di Legnano del 1594 segnalo' l'esistenza nel borgo di 16 mulini appartenenti a nove proprietari.
Una relazione invece datata 1772 e stilata dall'ing. Gaetano Raggi, del Consorzio Fiume Olona, (che ha tracciato anche una mappa molto precisa), ne aumenta il numero a 18.
Ecco l'elenco dei mulini di Legnano al 1594:
 
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MULINI RISULTANTI DAL CENSIMENTO DEL 1594
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lOCALITA' SEGNATA NEL CENSIMENTO      DENOMINAZIONE                            MOLINARO
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In Gaminella                   1      Mul. e Casa Cuttica              29      Rosetti Gius.
                               2      Mul. e Casa Hipp.Lamp.           16      Reina Ambrog.
                               4      Mul. F.lli Alui.so Hier           5      Salmoir.Stef.
                               5      Mul. Arciv. le oltre l'Olona      7      Salmoir. Gio.B.
                               6      Mul. Mensa Arciv.le               7      Salmoir. Ludov.
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In Mungiato                   60      Mul. Mensa Arciv.le               9      Salmoir. Franc.
                              61      Mul. di Oldrado Lamp.             3      Salmoir. Gio.P.
                              62      Mul. S.Caterina                  11      
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Sopra la P.za                149      Mul. Prosp.ro Lamp.               9      Salmoir. Gio.
*                            152      Due  Mul. del sig.Pros.ro                Rossetto Paulo
                             153      Lampugnani                       13      Salmoir. Gius.
                             163      Due Mul. della Signora                   Patto Gio.Batta
                             164      Lucrez. Cusani                   11      Salmoir. Gio.Ant.
*  ma leggasi: 149, 152 e 153 a Ponte Carrato, 163 e 161 alla Mad. delle Grazie.
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Sotto al Castello            166      Mul.della Sig.ra Lucrez.Cusani   10      Raguzzo Geron.
                             167      Mul. Sig. Meraviglia             13      Lanza Panigo Ag.
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In Legnanello                181      Mul. Card.Peretto (esso fu poi
                                      Card. Archinto 10 perche' dal
                                      contesto risulta che era in              Salmoir. Ambr.
                                      centro di Legnanello).
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da Memorie Societa' Arte e storia, n.18, Legnano
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Mettendo a confronto la relazione Raggi con questa elencazione, risulta che, nel 1594, non esistevano ancora i mulini 19 e 20 del Conte Prata, rispettivamente del canonico Proverbio, situati in Legnanello, sull'area in cui sorse poi lo stabilimento Bernocchi, tra Gabinella e via Pontida (Sutermeister in I mulini antichi sull'Olona - Memorie Soc. Arte e Storia, Legnano 1960).
Nel XIX e XX secolo gli ultimi mulini residui vennero sacrificati per costruire le grandi industrie cotoniere Cantoni, Bernocchi e Dell'Acqua, che sfruttarono la forza motrice dell'Olona, realizzando sistemi di trasmissione interna azionati da ruote idrauliche o da turbine Jonvall, particolarmente adatte per l'Olona a variabilita' di regime. Caddero cosi' sette mulini di grano.
Quando i progressi ottenuti dalla diffusione dell'energia elettrica licenziarono le acque dell'Olona come forza motrice, i mulini superstiti tornarono a macinare grano: erano i tempi magri della prima guerra mondiale che fecero riscoprire questi importanti impianti e svolsero cosi' una rinnovata e importante funzione per la sopravvivenza.
Nel periodo post bellico, quando con la forte crescita del fabbisogno di corrente, l'uso delle vecchie ruote divenne economicamente sfruttabile anche dalle piccole officine, qualche mulino cambio' attivita' e invece delle macine da grano, prese ad azionare, come si e' detto, trapani, piallatrici, mole a smeriglio. Anche questo nuovo risveglio si spense presto col mutare delle condizioni economiche di Legnano. L'espandersi edilizio della citta' distrusse gli ultimi mulini, a cui si preferirono strade e palazzi.
Attualmente ne restano, a monte e a valle del castello visconteo di Legnano, soltanto sei e da essi prende il nome una tradizionale gara di cross campestre, la Cinque Mulini, che si corre ogni anno a primavera. Si tratta dei mulini Meraviglia (gia' Melzi Salazar), Cozzi, Cornaggia (di fronte al Parco comunale del Castello), De Toffol, e Montoli di Canegrate ed un altro a valle di Nerviano. L'unico con le macine ancora in efficienza (piu' che altro per triturare foraggio per bestiame) e' il mulino annesso alla fattoria agricola Meraviglia nel territorio di San Vittore Olona, che e' certamente il piu' antico tra i rimasti perche' risalirebbe al XIV secolo.
Esso offre una sorta di melanconica sopravvivenza capace di testimoniare un'attivita' plurisecolare, quasi scomparsa, che pure aveva fatto un tempo la ricchezza di questa zona agricola lombarda. 
 
 
 
 
 
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