Legnano story - note personali
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I CROMLECHS E GLI ALLINEAMENTI DEL MONSORINO
 
NECROPOLI PROTOSTORICA DELLA CULTURA DI GOLASECCA NELLA PRIMA ETA' DEL FERRO
 
 
ANGELO VITTORIO MIRA BONOMI
 
 
A CURA DELLA PRO LOCO DI GOLASECCA
1991
ESTRATTO DA "LOMBARDIA PAESE PER PAESE'."
ENCICLOPEDIA DEI COMUNI D'ITALIA
 
PER GENTILE CONCESSIONE DELLA CASA EDITRICE BONECHI.FIRENZE
 
 
 
Dall'alzaia lungo il Ticino si giunge alla Cascina Melissa che fu abitata da un ultraottuangenario, "al Giuanin de la Melissa", l'ultimo pescatore professionista di Golasecca, che ha vissuto col fiume e con la sua terra nelle piane sottostanti il Monsorino.
Di fronte alla sua cascina, costruita con pietre vive squadrate a colpi di mazza, esistono le attrezzature da campeggio e il bar - ristoro la "Lucciola" con ampio parcheggio.
Posteggiando gli automezzi in questo settore, e' possibile salire, seguendo i cartelli indicatori, in un primo bosco di querce e castagni, percorrendo una strada in acciottolato tra le forre che porta a_la piana del primo terrazzamento fluviale.
Questo incantevole luogo conserva la pace agreste di vite trascorse in felice sintesi con la natura, tanto da destare, in chi lo ripercorre, "magnifici pensieri" sul passato della nostra terra.
Giunti sulla piana, proseguendo sul sentiero che aggira il colle del Monsorino, si perviene sulla sommita' dove si possono ammirare, in tre settori distinti i monumenti funerari protostorici del primo periodo della Cultura di Golasecca (750 - 600 a.C., G.I B-C), tra i piu' antichi d'Italia.
Nel primo settore recintato esistono grossi ciottoli infissi disposti circolarmente alla base di tumuli, chiamati cromlechs (per similitudine con i recinti di grandi pietre fitte della Bretania) dal diametro di m. 5,00 - 9,00 con due "allineamenti" a corridoio di accesso, in relazione a cerimonie religiose per il culto degli antenati.
Questi monumenti, di grande interesse perche' unici in Lombardia, sono stati riconosciuti dal Biondelli (1852) che teneva "essere esclusivamente dei Celti il cingere in tal modo le sepolture dei loro estinti", dal De Mortillet (1866), dal Castelfranco (1874), dal Frova (1961) e da me (1965) che, per conto della Soprintendenza competente, in collaborazione
con la Societa' Gallaratese per gli Studi Patri, ho curato il restauro di liberazione del terreno. Dai rilievi del Castelfranco, che ho verificato con il completo sondaggio dell'area, tutto il settore del colle del Monsorino e' interessato da numerose sepolture a cista litica, anche di notevole profondita'.
Dal colle del Monsorino, seguendo le indicazioni poste dalla Pro Loco, si continua, per un itinerario archeologico di semplici, ma tipiche presenze ambientali, verso il monte Galliasco, a cui si puo' accedere anche per un tratturo che e' consigliabile, seguendo a destra le pendici del monte. A mezza costa, su un pianoro posto alla sinistra del tratturo, si costeggiano le vestigia sepolte di una necropoli del secondo periodo della Cultura di Golasecca, mentre piu' avanti il terreno rinserra pavimentazioni di capanne. Sulla sommita' del Galliasco vennero rinvenute, in ogni epoca, numerose sepolture del primo e del secondo periodo della Cultura di Golasecca.
Dal Galliasco si domina un paesaggio incantevole, lo stesso che si puo' ammirare dalle cime delle Corneliane, ma che qui appare sempre diverso per il mutare dell'angolo prospettico e per l'avvincente natura che ricordo fitta tra le ombrose pinete, il cui sottobosco pulito segnava il rapido declivio del monte, profilando le linee dell'orizzonte nella figurazione fluente verso i lontani punti di fuga.
Tra questi sacri boschi sorse il Sole dei Celti in un incantevole panorama ambientale rivolto alle luminose montagne, alla grande "Madre Bianca" del Rosa che si rispecchia nel "Canal Grande" del Ticino, lo stesso mirabile paesaggio consueto a questa stirpe celtica, raffinata nell'arte materiale e sobria nella vita che si riscontra ad Ameno sul Lago d'Orta (insediamento protogolasecchiano del 900 a.C.), luoghi silvestri prescelti con antiche religiose memorie delle tradizioni.
 
LA CULTURA DI GOLASECCA
 
Nella prima Eta' del Ferro si sviluppa nel territorio compreso fra i fiumi Sesia e Adda una nuova societa', ben organizzata socialmente, politicamente ed economicamente. Si nota la scelta di nuovi luoghi per la nascita di grandi insediamenti, concentrati intorno al Lago Maggiore e al Lago di Como, insediamenti che determinano cosi un lento spopolamento della bassa pianura. Le ragioni di tale fenomeno possono essere attribuite alla scoperta, in questi territori di minerali ferrosi, determinanti per il progresso della nuova industria metallurgica, fenomeno riscontrabile in Italia nella protostoria veneta, emiliana, toscana e laziale.
La Cultura di Golasecca rappresenta la prima forma evoluta di un mondo artigianale nella quale sono gia' presenti alcuni caratteri delle societa' storiche, come ad esempio l'uso specializzato dei materiali o la volonta' dell'uomo di adeguare il territorio alle proprie esigenze.
Gia' nella prima e tarda Eta' del Bronzo. nella Lombardia occidentale, si avvertivano nuovi fermeni economici e sociali.
Con la scoperta dei metalli non solo si erano costruiti nuovi strumenti, ma era cambiato anche il rito funebre, cosicche' al rito inumatorio, ispirato al culto della madre terra, era subentrato il rito crematorio, determinato anche dalla religione solare. In particolare praticavano il nuovo rito funebre crematorio alcuni gruppi come quelli della Scamozzina di Albairate, di Garlasco e di Monza, che precedettero e furono contemporanei della Cultura di Canegrate che, con la sua necropoli situata lungo il fiume Olona, e' considerata l'embrione di una prima societa' organizzata corrispondente alla fase iniziale dell'Eta' dei Campi d'Ume dell'area nord alpina occidentale. Poiche' la Cultura dei Campi d'Ume e' l'espressione dei popoli di lingua celtica, la celtizzazzione del territorio della Lombardia e'ìiniziata nell'Eta' del Bronzo, formando insediamenti disposti solitamente lungo i fiumi con  gli aspetti locali del vasto abitato della Cultura della Malpensa (1100-900 a.C.), che ho scoperto nel 1974, fase preparatoria nella quale sono gia' evidenti tutti i caratteri della Cultura di Golasecca e successivamente, dal IX secolo in poi, in abitati di forte concentrazione nell'area comasca. Le favorevoli condizioni ambientali e la bellezza dei luoghi, con le colline che formano un ampio anfiteatro di riscontro alla catena delle Alpi, hanno motivato questo insediamento di cui abbiamo numerose testimonianze.
Col termine Cultura di Golasecca si abbraccia tutto l'arco della prima eta' del ferro in Lombardia. "Resa nota per la prima volta dall'abate Giovan Battista Giani nel 1824, essa e' stata oggetto di numerose ricerche da parte di noti studiosi quali il De Mortillet, il Castelfranco, il Bertolone. il Rittatore Vonwiller il Mira Bonomi e tuttora dall'archeologo della Soprintendenza competente con efficaci interventi". Alla luce dei piiu' recenti studi, la Cultura di Golasecca viene cronologicamente suddivisa in tre periodi, compresi tra l'VIII e la prima meta' del IV secolo a.C. Solamente nel secondo periodo sono evidenti i caratteri di una societa' divisa in caste, con tombe a volte arricchite da prodotti di scambi commerciali con il mondo meridionale, etrusco, mediterraneo o nordico-transalpino.
E' possibile, in seguito alle ricerche che ho effettuato sull'insediamento, al restauro dei monumenti sepolcrali del primo periodo del Monsorino di Golasecca (1965), alla scoperta dell'abitato con lo scavo di alcuni fondi di capanna e al successivo studio dei reperti (1967-1969), l'analisi dei corredi delle sepolture, la lettura della loro stratigrafia orizzontale, dei sistemi di costruzione delle tombe e delle capanne, esprimere alcune considerazioni sulla vita e l'organizzazione sociale di questa gente che abitava sul "Canal Grande" del fiume, laddove il Ticino esce dal Verbano.
Nel primo periodo della Cultura (800-600 a.C.) le capanne, distribuite in prevalenza lungo il primo terrazzamento del fiume, sulle sponde opposte, avevano una pianta circolare, con al centro il focolare, dal diametro di circa 5-6 metri, cintate da un basso muro di pietre e pavimentazioni in ciottoli fluviali scheggiati, infissi nell'argilla. Tali pavimenti erano coperti di stuoie ad intreccio, le cui impronte sono state riscontrate sul concotto (terra semicotta) delle pareti laterali e del pavimento. Per quanto riguarda la copertura delle capanne, suppongo che essa fosse lignea e presentasse delle nervature concentriche che venivano a formare una calotta.
Vari sono i tipi di ceramica ritrovati, modellata a mano sul piatto mobile nel primo periodo, al tornio piatto imperniato, tra il primo e il secondo periodo, ma che comunque presenta motivi ornamentali tradizionali come ad esempio i triangoli graffiti o incisi. Queste decorazioni inoltre venivano rese evidenti con l'uso del gesso, che le metteva in contrasto con il bruno rossiccio o nericcio dei vasi, conferendogli una primitiva bellezza.
La lavorazione della pietra, dell'osso e del legno, e' documentata in vari reperti che testimoniano una tecnica evoluta. Il materiale piu' usato era rappresentato da ciottoli di serpentino scelti tra le ghiaie del fiume; altri materiali usati sono la selce e l'ossidiana. Non mancano incisioni rupestri con forme geometriche e una rara stele-menhir che abbiamo rinvenuto nel 1969.
La raccolta del cibo veniva effettuata con grandi recipienti di terracotta modellati a mano. La caccia e la pesca risultano meno documentate. Con i carri rinvenuti nelle due Tombe di Guerriero, a Sesto Calende risulta accertato l'uso della ruota. Non sono state sinora scoperte tracce di lampade o di oggetti per l'illuminazione, ma e' da supporre, per la presenza di essenze resinose, che fossero in uso fiaccole.
I frammenti di bollitori fittili e di ossa di capre e le numerose fusarole (elementi forati, solitamente in terracotta, usati come pesi per la torcitura a fuso sospeso) provano che l'insediamento era soprattutto basato sulla pastorizia e sull'allevamento delle capre, delle pecore, del cane selvatico, della volpe, del maiale, del bovino e del cavallo. La coltivazione era relativa agli ortaggi, alle radici, alla frutta, alle noci e ai semi da olio, ai legumi e ai cereali mentre tronchi di conifere d'alto fusto venivano usati come materiale da costruzione.
L'intrecciatura delle stuoie a diagonale con fasci di erbe, era sicuramente praticata e cosi' anche la tessitura, per la presenza dei pesi per telaio e dei vasi rettangolari come contenitori per il caricamento delle spolette, che ruotavano su assi metallici mossi a tergo manualmente avvolgendo il filo ritorto.
Gli utensili metallici sono rari e solo nel secondo periodo troviamo alcuni coltelli in ferro a lame serpeggianti. La fusione era praticata con mantici, in un fondo di capanna sono stati rinvenuti un crogiolo in terracotta, due forme di fusione per cuspide di lancia e utensili vari.
Anche l'arte del metallo, con la lavorazione delle lamiere, era sicuramente in uso, con il cesello, la bulinatura, la chiodatura, mentre e' assente la filigrana e la granulazione con i metalli preziosi. L'uso dell'avorio non e' documentato, mentre e' certo quello dell'osso, dell'ambra e del legno.
Le barche venivano ricavate scavando tronchi d'albero, come testimoniano la canoa di Castelletto Ticino al Museo dell'Isola Bella e quella notevole reperita a Porto della Torre.
Con certezza era in uso una scrittura a caratteri sillabici o alfabetiformi, documentata su reperti in pietra e incisa o impressa sulla ceramica. Accanto a queste molteplici attivita' del primo periodo, che danno la visione di un popolo gia' organizzato in clan con una vitalita' collettiva ben evidenziata, l'aspetto funerario e' il piu' conosciuto. Non e' da credere che il rituale della sepoltura predominasse sull'attivita' domestica della comunita, ma poiche' il culto degli antenati imponeva il rispetto dell'area adibita alle sepolture, le rotazioni agrarie e i disboscamenti rinnovavano l'habitat senza intaccare l'area sacra dedicata al culto dei defunti, questa usanza e' perdurata anche per altre genti, proteggendo cosi i resti e i reperti dei corredi sino all'avvento della cristianita'.
Per i sepolcreti si nota, nel primo periodo, l'uso collettivo di seppellire in campi siti in posizioni dominanti, esposti al sole e con particolari orientamenti. Diversi sono i sistemi costruttivi delle sepolture: in nuda terra, in cista di ciottoli, a pozzo con sovracopertura. Anche i cromlechs (dal bretone: circoli di pietre) e gli "allineamenti" sono caratteristiche costruzioni collettive per il culto degli antenati. Le sovracoperture delle tombe a pozzo risultano molto rare: alcune di media grandezza, altre (rarissime) di grandi dimensioni poste su collinette dominanti, configurano grandi tumuli e sicuramente appartenevano all'aristocrazia dell'insediamento. I corredi delle sepolture sono composti dall'urna cinerana fittile, solitamente decorata, dalla ciotola-coperchio e da un vasetto accessorio o bicchiere di forma tondeggiante. Successivamente a volte il corredo ceramico appare arricchito con la presenza di coppe ad alto piede, vasi accessori anche immanicati e decorati.
Il corredo di oggetti in bronzo, solitamente di abbigliamento, pure combusti durante il rito crematorio, consta di una o piu' fibule (spille), spilloni, fibbie decorate di cinturoni, armille (bracciali), anelli, orecchini, pendagli, collane-pettorali composte di catenelle ed elementi vari in relazione al rango del defunto. e' doveroso sottolineare che raramente la perfezione tecnico-artigianale ha raggiunto, per bellezza e leggerezza degli oggetti, il livello di esecuzione degli esemplari tipicamente locali.
Nel secondo periodo (600-450 a.C.) le caratteristiche fondamentali della Cultura subiscono un mutamento. Permane l'uso funerario della cremazione, ma gli insediamenti si espandono nel retroterra allontanandosi dal fiume, che rimane il luogo di convergenza per le comunicazioni. Il clan si suddivide in numerose famiglie che occupano un'area distinta, solitamente piana, destinata alle coltivazioni. Le sepolture sono in cassette di pietra rettangolari costruite con lastre di beola, in genere allineate o raggruppate attorno a una sepoltura principale. Esistono alcune sepolture che si evidenziano, come ad esempio la tomba femminile detta "del Tripode", con un ricco corredo, databile intorno alla fine del VI secolo (530-520 a.C.).
Appare l'uso dell'ambra baltica, della pasta vitrea colorata, della ceramica stralucida (che imita il bucchero nero a pareti sottili orvietano di terra profumata). Il repertorio del corredo sottile stralucido e' tra la migliore produzione che l'uomo abbia mai operato nella protostoria europea. Anche i bronzi acquistano maggiore perfezione e bellezza e tra i tanti le situle (vasi a corpo tronco-conico con spalla arrotondata provvisti o meno di manico) sono le piu' raffinate: esse provano il benessere e la ricchezza di questo insediamento tra il VII e il VI secolo a.C. Vi sono dei mutamenti anche per quanto riguarda l'abitato. Si puo' ipotizzare che le capanne avessero una struttura completamente lignea.
La ceramica, con il perfezionamento del tornio a ruota, subisce un notevole cambiamento. Le urne fittili presentano in rilievo cordoni orizzontali, applicati sul crudo della modellazione prima della cottura, che dividono la superficie del corpo del vaso in settori secondo lo schema della cultura atestina, che influenza anche questo territorio.
I probabili reperti che risentono della vitalita' commerciale del mondo etrusco sono: il bacile in lamina di bronzo decorato con sfingi alate, rinvenuto a Castelletto Ticino, il frammento di una ciotola-coperchio in ceramica stralucida con un'iscrizione graffita nord etrusca in lingua celtica, ritrovato a Sesto Calende  alcune sfingi alate in terracotta della collezione del marchese Guido della Rosa di Parma.
I carri a due ruote, gli elmi a calotta e gli schinieri anatomici, rinvenuti in due tombe principesche di guerrieri, nella zona di Sesto Calende, sono elementi gia' diffusi nelle culture etrusca, picena e slovena. mentre le spade ad antenne ci riconducono alla cultura hallstattiana (Hallstatt e' una localita' dell'Austria centrale dove fiori' un centro protostorico, motivato dall'estrazione del sale minerale), cosi come il rituale funerario.
Dai dati archeologici emerge che l'insediamento di Golasecca - Sesto Calende - Castelletto Ticino mantenne inalterate le caratteristiche indigene e solamente nel VII-VI secolo a.C., in reperti di alcune sepolture dei ceti emergenti, si possono notare influenze di differenti centri propulsori, senza sostanzialmente avvertire quelle trasformazioni economico-sociali che nel mondo tirrenico tosco-laziale determinarono il passaggio dalle culture protostoriche locali all'eta' storica con la nascita della civilta etrusca.
La persistenza dei caratteri autoctoni (cioe' propri del territorio che li ha generati) determino' un particolare momento di crisi, insieme ad altri probabili fenomeni socio-politico-ambientali, che si avverte archeologicamente alla soglia del V secolo a.C., con l'abbandono dei luoghi, l'esaurimento di un mondo pastorale, l'interesse verso i nuovi centri in pianura.
 
1)         In copertina un cromlech del Monsorino (VIII-VII sec. a.C.).
2)         Pianta dei cromlechs e degli "allineamenti" del Monsorino. Rilievo dell'Arch. Angelo Vittorio Mira Bonomi; (a) scavo del terzo settore del Monsorino (1965), (b) veduta aerea dei Monsorino, (c) "allineamento" a bottiglia del cromlech n. 1.
3)         (a) Muro a secco del primo periodo rinvenuto a Sesto Calende  (Cascina Rastel Rosso), probabile perimetrazione dell'abitato nel settore orientale, (b) menhir rinvenuto a Castelletto Ticino (Localita' Briccola) nell'area dell'abitato dell'insediamento protostorico, (c) ruota in legno della Tarda Eta' del Bronzo (da Mercurago).
4)         Ricostruzione dell'abitato (a Castelletto Ticino - Localita' Briccola) del periodo compreso tra I'Eta' del Bronzo Finale e la prima Eta' del Ferro (XII-V sec. a.C.).
5)         Il settore del Ticino dove si formo' l'insediamento protostorico della Cultura di Golasecca.
6)         Alcuni oggetti tipici della Cultura di Golasecca: (a) tornio a piatto in pietra, (b) vaso fittile per arroccare e tingere il filato, (c) trapallo alternativo da fuoco con volano, (d) ornamenti e utensili dal corredo di una sepoltura del G.II B (550 - 500 a.C.) rinvenuta a Castelletto Ticino  (Localita' Dorbe'- 1975): (1) frammenti di fibule in bronzo, (2) gancio di cintura in lamina di bronzo, (3) coltello in ferro a lama curvilinea, (4) sevizio da toelette maschile (auriscalpium).
7)         Corredo funebre del primo periodo della Cultura, costituito dall'urna biconica sottile decorata a triangoli incisi (denti di lupo) e dal vasetto accessorio, rinvenuta a Sesto Calende (Localita' Montico).
8)         Corredo di una sepoltura del secondo periodo della Cultura rillvenuta a Sesto Calende (Localita' Cascina Rastel Rosso), comprendente l'urna sottile di forma ollare, un vaso fittile di forma ovoidale, una ciotola - coperchio e un vasetto accessorio di ceramica stralucida, una ciotola di impasto grossolano, due fibule in bronzo ad arco serpeggiante e un coltello in ferro a lama curvilinea.
9)         Sequenza di scavo della sepoltura a cassetta litica del secondo periodo della Cultura.
10)         L'attuale "Canal Grande del Ticino" a Sesto Calende - Castelletto Ticino, abitato fluviale dell'insediamento eponimo della prima eta' del ferro in Lombardia (Cultura di Golasecca (IX - V secolo a.C.).
 
 
 
Testo, disegni e foto di: ANGELO VITTORIO MIRA BONOMI
 
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