Legnano story - note personali
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VETERES INCOLAE MANENTES
 
Il territorio varesino fra protocelti e i romani
a cura di Maria Adelaide Binaghi Leva
 
         Schede:
1.         Fonti letterarie
2.         Le fonti archeologiche
3.         La cultura di Golasecca.
4-.5         Le strutture protourbane.
6         La crisi del V° secolo a.C.
7         L'arrivo dei galli
8         La romanizzazione.
9         Somma Lombardo, frazione Case Nuove, ripostiglio della Malpensa.
10         Somma Lombardo, Necropoli della Malpensa.
11a         Sesto Calende, Seconta tomba del guerriero.
11b         Sesto Calende, Seconda Tomba del Guerriero, Museologia e Museografia: il primo allestimento e le ricostruzioni grafiche.
11c         Sesto Calende. Seconda tomba del Guerriero, L'intervento di restauro
12         Sesto Calende, localita' Mulini Bellaria. Tomba del Tripode.
13         Golasecca, localita' Monsorino. Necropoli.
14         Arsago Seprio, localita' S. Ambrogio. Necropoli.
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LE FONTI LETTERARIE
 
Secondo le fonti antiche l'area varesina appartenne prima agli Insubri, che si estendevano da Milano alla Val d'Ossola, poi al territorio di Mediolanum e Comum, parte della regione romana della Transpadana. Ma anche se non fu mai un'unita' geografica a se', vale la pena di esaminarla da sola, perche' l'archeologia ne rivela il ruolo cruciale per la comprensione dell'arrivo e dello sviluppo di diverse culture, nel corso del I millennio a.C. e fino alla romanizzazione.
Le fonti antiche ci aiutano a capire sia il processo della formazione degli Insubri e del loro rapporto con il resto del mondo celtico, sia quello dell'arrivo e del radicamento dei Romani.
Gli Insubri sono uno dei popoli celtici che a piu' riprese si stabilirono in Italia. Tito Livio ci dice che il loro capo Belloveso venne in Italia al tempo dei Tarquini, cioe' nel VI sec. a.C., e fondo' Milano in un luogo dove trovo' degli altri Insubri: da questo racconto si ricava un quadro di presenza di elementi celtici gia' da allora.
Pero' questa versione non convince molti, perche' un altro passo di Livio (ripreso da altri come Plutarco, Plinio, etc.) sposta il momento fondamentale della migrazione celtica all'inizio del IV sec. a.C., quando i Galli, guidati da Arrunte di Chiusi, che voleva vendicarsi della sua citta', scendono nella pianura padana, attirati dall'abbondanza del vino. Ma in realta' il brano riprende una saga etrusca che narra in forma di mito l'attrazione dei Galli verso la civilta' mediterranea, di cui era simbolo il vino, che in essa aveva precisi valori culturali. I due brani percio' piu' che essere in contraddizione, attestano una penetrazione celtica graduale che dai tempi di Belloveso vede l'arrivo, in epoche separate, di gruppi, radicati alle tradizioni culturali celtiche, ma aperti alle influenze culturali che provenivano dal Mediterraneo.
Riguardo alla romanizzazione dell'area, le fonti non parlano di grandi fondazioni coloniali, come avviene in altri posti della Lombardia, ad esempio Cremona e' verosimile che ci sia stato, oltre che l'immigrazione di piccoli gruppi, un fenomeno di assorbimento da parte degli Insubri di lingua e cultura latine; fenomeno ragguardevole, visto che in eta' cesariana ad essi, come a tutti gli altri Transpadani, e' concessa la cittadinanza romana.
La fonte piu' interessante e' comunque Strabone, che in eta' augustea dice che ormai sono tutti Romani e aggiunge che alcuni preferivano chiamarsi ancora Insubri, cosi come accadeva per altre genti, sparse un po' in tutta Italia, che elenca; segno questo che l'avvenuta romanizzazione consentiva il mantenimento di una dimensione regionale, che si annullera' progressivamente nei secoli seguenti .
Le fonti elencate non sono particolarmente abbondanti, ma permettono di leggere in maniera attiva e problematica i dati archeologici esposti, che documentano vari tipi di evoluzione economica e culturale.
La ricerca archeologica prima di rivolgersi al terreno parte dalle fonti, cioe' dai testi degli autori antichi e dalle iscrizioni, che o descrivono direttamente un argomento o, pur parlando d'altro, vi gettano una luce indiretta.
Quando ci sono le fonti si puo' fare storia. Senza di esse c'e' la preistoria, che permette la conoscenza della cultura e della vita dei nostri progenitori, ma solo per via archeologica, senza la completezza di raffronti che e' data solo dai documenti scritti. Tra storia e preistoria c'e' una fascia intermedia, la protostoria. Essa e' indagabile soprattutto con l'esame dei dati archeologici, ma riceve una sostanziale luce dal confronto con i fenomeni delle epoche storiche successive e dalle stesse fonti che, anche se in forma mitica o difficilmente controllabile, accennano a fatti remoti che precedono quelli raccontati.
Un esempio che ci riguarda: Tito Livio dice che Belloveso guido' i Galli Insubri in Italia al tempo dei Tarquini nel VI sec:. a.C.: questa e' una notizia storica. Dice ancora che questi trovo' altre genti, a lui familiari che portavano lo stesso nome di Insubri: questa notizia che e' unica ci da indizi su un periodo piu' remoto, e puo' leggersi come l'accenno ad un movimento di Celti ancora piu' antico, puo' essere utilizzata dall'indagine protostorica.
 
Questa mostra, che concerne diversi fenomeni archeologici del territorio varesino, si sviluppa tra preistoria, protostoria e storia, che si susseguono nella zona con uno sviluppo che si puo' seguire con facilita'.
                                    A.M.A.
 
 
 
 
LE FONTI ARCHEOLOGICHE
 
Le fonti antiche non tramandano un nome nazionale per le genti che abitarono la Lombardia Occidentale, il Piemonte Orientale e la Svizzera Ticinese nel corso della prima eta' del Ferro. Esse riferiscono solo il nome di alcune popolazioni tra cui gli Insubres stanziati nel territorio in cui Belloveso fondera' Milano, la cui appartenenza etnica e' contraddittoria ed e' considerata ora ligure ora celtica.
Alla luce dell'evidenza archeologica il nome degli Insubri e le aree da loro occupate sarebbero da identificarsi con una popolazione celto-italica gia' da tempo stanziata nel territorio del Ticino quando si verificarono le invasioni galliche di eta' storica.
La revisione della documentazione epigrafica e le nuove scoperte effettuate negli ultimi anni hanno permesso di distinguere un gruppo di documenti sicuramente anteriori alla discesa dei Galli nel 388 a.C. da un gruppo piu' recente di apporto gallico.
Le iscrizioni piu' antiche hanno dato la possibilita' di riconoscere un dialetto di tipo celtico, fissatosi nella scrittura verso la fine del VI sec. a.C., attraverso i caratteri dell'alfabeto etrusco, acquisito in seguito a stretti contatti con le popolazioni di questo ambito culturale.
La celtizzazione del nostro territorio va fatta quindi risalire anteriormente agli inizi del IV sec. a.C. Gia' Tito Livio (V, 34) narrava di una prima invasione gallica intorno al 600 a.C.," Prisco Tarquinio Romae regnante", la cui documentazione archeologica in nostro possesso non sembra giustificare un apporto culturale innovativo in tale epoca. Pertanto il dialetto celtico ritrovato sulla documentazione epigrafica sarebbe la prova di una celticita' pregallica nell'area insubre risalente a tempi remoti .
L'unica cesura che interrompe la continuita' dello sviluppo culturale dell'area in esame e' da riconoscere nel corso del XIII sec. a.C. sia per la formazione di nuovi insediamenti, sia per le fogge vascolari, sia per lo stile decorativo.
Questo nuovo contesto culturale e' identificato con la cultura di Canegrate, strettamente collegata con la cultura dei Campi d'Urne, in particolare della Francia Orientale. Le prime manifestazioni di questo nuovo complesso culturale relativamente omogeneo si ritrovano nelle vaste necropoli dell'area in esame, che raggruppano sepolture ad incinerazione, disposte in fosse spesso scavate al centro di circoli di pietra (Golasecca, localita' Monsorino; Vergiate, localita' Garzonera).
Questi riti incineratori si svolsero in un contesto religioso con temi iconografici precisi, sia resi mediante martellatura sulle rocce con rappresentazioni del disco solare (stele-menhir di Castelletto Ticino, incisioni rupestri della Val Veddasca), sia noti grazie a statuette: in terracotta o bronzo dei corredi funerari, come dimostrano i caratteristici pendagli ad anatrella che rapprestentano la nota figura dell'uccello acquatico.
Anche il modo di armarsi e' un fenomeno culturale che si puo', seguire dal Baltico al Mediterraneo. L'uso dell'elmo, della corazza, dello scudo, degli schinieri nonche' della lancia e della spada, descritto gia' nell'Iliade a proposito dell'armatura di Achille, si ritrova in siti assai lontani tra loro stretta documenta stretta analogia tra Celti transalpini e Celti golasecchiani. La spada corta e i pugnali della seconda Tomba di Guerriero di Sesto Calende sono un esempio dei rapporti con la Svizzera.
L'aumento di concentrazione demografica tra VIII e VI sec. a.C., come attestano i dati archeologici, nei centri all'uscita del Ticino dal lago Maggiore(Golasecca, Sesto Calende, Somma Lombardo, Castelletto Ticino), e' da rapportarsi all'utilizzo della via fluviale del Ticino come collegamento tra la bassa pianura del Po e i passi Alpini (S. Bernardino, Sempione, S. Gottardo).
La densita' delle necropoli in quest'area si riferisce probabilmente a una popolazione di qualche migliaio di abitanti, una cifra eccezionale in rapporto alle risorse del territorio.
Per comprendere meglio l'importanza di tale fenomeno va considerata la necessita' di trasportare le merci dai battelli lacustri alle piu' piccole piroghe fluviali e viceversa a causa della difficolta' di navigazione del Ticino.
I rapporti con gli Etruschi in quest'area erano probabilmente intensi gia' tra il VII e il VI sec., in quanto controllavano le vie di circolazione delle merci. L'iscrizione della fine del VII sec. a.C. trovata su un frammento di coppa in ceramica d'impasto a Sesto Calende convalida questa interpretazione.
L'influenza etrusca si intensifica dal VI sec. a.C. in poi come attestano numerosi ritrovamenti a Castelletto Ticino e Golasecca, che diventano sempre piu' rari dal V sec. a.C. in (contrasto con l'espandersi degli altri centri lombardi .
Queste ipotesi potranno trovare una conferma o una smentita grazie aglistudi e alle ricerche in corso. Va comunque considerato che dal XII sec all'espansione gallica del IV secolo a.C. l'area insubre occidentale ha usufruito, in particolare tra il VII e i IV secolo a.C., di una molteplicita' di influenze e di contatti commerciali e culturali, in un susseguirsi di relazioni tra gruppi e popoli differenti, pur mantenendo una ben precisa peculiarieta' e omogeneita'.
 
1.         Stele-Menhir. Lastra in pietra dorata della Val d'Ossola. Di forma oblunga, presenta i margini laterali, irregolarmente rettilinei, convergenti alla sommita' (lacunosa), mentre nel breve tratto basamentale essi risultano rastremati verso il margine inferiore di appoggio piatto. La fronte piu' regolare del monolite reca inciso nella zona centrale un cerchio nel quale sono inscritti tangenti, disposti su un asse diagonale orizzontale, due cerchi minori. La zona superiore e' attraversata diagonalmente da un tratto rettilineo inciso, con all'apice inferiore destro un motivo triangolare appuntito in due tratti convergenti (rappresentazione di una punta immanicata). L 'angolo superiore sinistro della medesima faccia presenta alcune piccole coppelle.
 
2.         Coppa in ceramica di impasto che reca esternamente l'iscrizione "iunvanaXa", costituita dal prenome iunva piu' l'appositivo naXa. La struttura morfologica dell'alfabeto rimanda quindi al celtico di VI sec. a.C. presente nell'area. Trattandosi di una scritta su un oggetto di produzione locale datato alla fine del VII-inizio VI sec. a.C. costituirebbe la piu' antica iscrizione rinvenuta nella Transpadana.
 
 
 
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