Legnano e i suoi monumenti
Avevamo prima accennato ad un secondo antico reperto costruito in Legnano con sassi e calce, (naturalmente nelle fondazioni i costruttori usarono anche i pezzi di embrice e mattoni del periodo imperiale romano che è accertato non mancavano sui luoghi di distruzione della più antica città). Questo grande muro venne rivenuto nel 1951 dall'ing. Guido Sutermeister durante gli scavi per costruire i nuovi palazzi INA con la galleria ed il teatro al centro di Legnano, in via Magenta angolo piazza S. Magno. Esso rappresenta la fondazione di una poderosa opera difensiva che era addossata ad una grande fossa nella quale era stata deviata l'acqua dell'Olona, ad ulteriore difesa del nucleo centrale di Legnano. Dunque il centro della Legnano del XI e XII secolo era una vera e propria roccaforte militare. Per meglio capire quali fossero gli abitanti che la frequentavano, ricordiamo in sintesi le precedenti pagine sulla Legnano medioevale. Nel X secolo, in opposizione alle invasioni ungare, si ipotizza la nascita nel centro vicino a S. Salvatore, probabilmente come in quasi tutti i centri vicini di un primo nucleo difensivo.
In genere una torre fortificata al pari di quella romana, verso Castellanza, fungeva da "sala" visto che si facevano scorte annonarie; vi era forse anche un primo accenno di cinta murata. Legnano era prevalentemente in proprietà ai rappresentanti della Chiesa.
L'arcivescovo infeuda queste terre alle soglie dell'XI secolo e si allea al potere militare con Enrico II. Viene anche requisito il Seprio. Nasce cosi la secolare inimicizia con il contado del Seprio e la veste di Legnano come sentinella militare per Milano. Nel 1014 l'Imperatore lascia qui come milites sancti Ambrosii e vassalli arcivescovili Amizio e suo figlio Erlembaldo che sono antenati dei capi Landolfo ed Erlembaldo Cotta segnalati come proprietari di un castello in Legnano assegnato dall'arcivescovo dopo l'infeudamento. Tuttavia in Varese e nel Seprio serpeggia grande ostilità all'arcivescovo e l'Arialdo che, come predicatore, incitava le popolazioni ad allontanarsi dal potere arcivescovile e militare che le opprimevano, fu proprio con un tradimento preso nel castello dei Cotta in Legnano. Certamente il maniero doveva già essere stato munito di sale e opere di fortificazione piiù importanti da Erlembaldo Cotta in aggiunta alla semplice costruzione fatta in difesa dalle incursioni ungare. Nel XII secolo il nome dei Cotta tuttavia scompare. L'arcivescovo rafforza il suo potere feudale su Legnano e, nel 1176 al culmine dei contrasti tra il potere arcivescovile e comunale ed i reclamati diritti dell'imperatore, viene presso questo castello preparata la Battaglia di Legnano. Il carroccio si porta presso la fortificazione legnanese, le armate della Lega qui convergono poichè sia l'appoggio logistico della torre che le scorte alimentari qui tenute consentono l'organizzazione di un esercito per allora di notevoli dimensioni. Inoltre il Seprio infido era ancora una volta alleato contro i Milanesi e la sentinella Legnano, posta alle porte della Valle olona, era qui la vera chiave di volta della difesa milanese. Espletate le famose gesta della battaglia, gli arcivescovi presero Legnano come riferimento fisso per i loro frequenti viaggi non sempre a carattere pacifico e qui vennero edificati, a fianco del castello dei Cotta, una serie di edifici che concorsero a costituire la cosidetta Mensa Arcivescovile.
Non erano vere costruzioni militari, ma case fortificate difese dal castello e dal suo poderoso muro ristrutturato nel XIII secolo. Il più noto a noi di questi palazzi è quello che oggi funge (ricostruito) da Asilo centrale. Esso è detto di Leone da Perego, morto in Legnano nel 1257 e sepolto nella chiesa di S. Ambrogio e di cui parleremo ampiamente in seguito. E' interessante notare che proprio la più appariscente opera di fortificazione venne fatta eseguire nell'agosto 1257 dai capitani e valvassori di Milano, sostenitori dell'arcivescovo e dei nobili, i quali mandarono a scavare una grandissima fossa intorno a Legnano per deviare l'acqua del fiume Olona (Corio vol. I, Milano 1855, p. 494). Tale vallo è proprio quello trovato ai piedi del muraglione del castello dei Cotta, dal Sutermeister. Esso partiva dal mulino arcivescovile a nord dell'Olonella vicino alla chiesa di S. Agnese (più tarda) e, descrivendo un grande arco a ovest di S. Salvatore, si ricongiungeva con l'Olonella e l'Olona all'altezza di quella che oggi è chiamata piazza Carroccio.
Si era così formato uno spazio a forma di fuso allungato da nord a sud completamente circondato d'acqua sull'esterno e difeso da mura notevoli (un metro di spessore) sul lato ovest ove c'era il castello Cotta in forma rettangolare (m. 22 x 6,50) a torrione allungato con varie sale di identiche dimensioni, a ciascun piano, destinate agli armati ed al signorotto. Nell'angolo sud ovest all'altezza di quella che è oggi via XXV Aprile si sono ritrovati i resti di fondazione di un palazzotto addossato all'esterno ai muraglioni difensivi della braida. Forse era il maniero più antico, ma nessuna notizia storica ci aiuta a dare un nome a queste pietre. Esattamente dall'angolo dove trovavasi questo maniero e perpendicolarmente a corso Magenta, la cinta muraria proseguiva fino al palazzo di Leone da Perego e incontrava i muri di quello che oggi è il salone del cinema Ratti, ma che fu (prima di essere svuotato al suo interno) il palazzo nobiliare di Ottone Visconti anch'egli arcivescovo in Milano e successore, nel 1277, di Leone da Perego morto nel 1257. Entrambi i palazzi si affacciano su un cortile ancor oggi esistente, il quale attraverso una serie di passggi sfocia in corso Magenta, su quella che doveva essere la piazza d'armi all'interno delle mura difensive. Il portone d'accesso ai palazzi esiste ancora oggi e anche se i cartelli del Cinema Ratti ed il tempo lo hanno privato del suo primitivo splendore e degli stemmi affrescati, ci mostra tuttora la sobrietà e compostezza delle antiche costruzioni del 1200 - 1300 legnanese, in cotto e belle pietre angolari poste sia sugli spigoli degli edifici che nelle serraglie degli archi, alternate ai mattoni lunghi e sottili tipici di questa epoca. Uscendo dal portone arcivescovile su quella che oggi e via Magenta si trovava alla sinistra un passaggio tra gli edifici e le mura difensive, a forma di portone con la parte superiore ad arco che sosteneva dei vani di abitazione. Questo arco scomparso nel 1818 fungeva da vera e propria porta meridionale della città fortificata e la sua strada prendeva il nome di via Porta di Sotto e si allontanava verso il castello di S. Giorgio. Sulla facciata portava lo stemma di S. Carlo Borromeo che aveva ripreso l'uso di questa braida un poco dimenticata dopo gli anni di Ottone Visconti. Quest'ultimo, dopo Leone da Perego, doveva essere stato il vero artefice delle fortificazioni. Sopra il portone le stanze costituivano un vero e proprio passaggio coperto che metteva in comunicazione il Palazzo di Ottone Visconti (sala Ratti) con il castello dei Cotta, che era integrato ad ovest nei muraglioni e forse con quel maniero dell'XI o XII secolo che esisteva all'angolo sud ovest del quadrilatero difensivo. Del lato nord delle fortificazioni non sappiamo nulla in quanto nessuno scavo importante ha permesso di raggiungere la quota del terreno medioevale (circa metri 1,50 sotto l'attuale piano di piazza S. Magno).
Il Palazzo di Leone da Perego era ancora sostanzialmente integro nel 1883 (anche se nei secoli rimaneggiato) esso consisteva in una costruzione a due piani di pianta rettangolare con tetto a capanna misurante 33 metri di lunghezza per 10 di larghezza, alto metri 9,50. Era integralmente costruito in mattoni; infatti l'abilità dei fornaciai ereditata dai romani era tornata a fiorire dopo le parentesi barbariche. Possedeva molte finestre bifore con arco ogivale di facciata sempre ricavate con giochi di mattoni speciali sagomati e colonnine centrali in pietra, con davanzale e archetti superlon ricavati in un unico blocco di pietra. La finestra trifora che si vede oggi sopra il portale di ingresso della curia arcivescovile è un moderno tentativo di imitare lo stile duecentesco del palazzo arcivescovile e porta archetti in mattoni e non in pietra monolitica. Una delle finestre originali e invece stata trasportata intera a Milano, e ancora oggi ammirarla al museo civico completa sia di archi che di colonna centrale con il suo elegante capitello a foglie stilizzate. Il motivo di queste finestre ogivali si ritrova in seguito spesso ripetuto a Legnano fino alla metà del 1500. Particolarmente belle erano quelle, ora salvate solo in parte, appartenenti alla ex casa dei pittori Lampugnani in corso Garibaldi che hanno ritrovato collocazione in una facciata moderna edificata sul luogo ove esisteva l'antica casa.
Il palazzo arcivescovile era stato nei secoli trasformato e molte delle sue finestre sia ogivali sia a pieno tondo, nel 1800, risultavano gla murate e sostituite da piùl numerose e normali finestre rettangolari della fine del 1500. Nel suo interno i grandi e lineari saloni del 1250 erano stati frazionati con nuovi muri trasversali più ravvicinati e tutta la costruzione aveva perso la sontuosa semplicità iniziale. Alla testata sud era stata aggiunta una loggetta chiusa con i servizi a caduta sull'orto e sopra le finestre più grandi erano stati aggiunti dei tettucci per meglio riparare la facciata. Il cornicione medioevale infatti era di poco aggetto e formato da due file di mattoni sfalsati che sostenevano e coronavano una terza centrale posta di spigolo a formare motivo decorativo. Il tetto che da questo sporgeva appena, non era stato abitato fino alle trasformazioni del 1500, nelle quali si era visto aprire delle finestre appena sotto il cornicione stesso e nel timpano triangolare delle facciate. Il lato sud del palazzo era contiguo all'altro edificio della mensa arcivescovile ora sala cinematografica Ratti.
Si vede nei precisi rilievi ottocenteschi che i due edifici costituivano un tutt'uno prospettando sul lato est e sud del cortile interno della braida. Sul lato sud del palazzo di Leone da Perego si vede inoltre appena sopra alla suaccennata loggetta, il segno inequivocabile di una aggiunta trecentesca composta da un grande porticato anteriore alla facciata che prospetta sul cortile (a ovest). Questo porticato alzato fino al secondo piano è quello che si vede ancor oggi nella ricostruzione e funge da atrio d'ingresso per l'asilo delle suore di S. Magno.
Attualmente è strutturato con tre archi poggianti su colonne. Nell'angolo destro un antico scalone coperto portava ai piani superiori. I mattoni di facciata presentavano i classici buchi quadrati dei ponteggi antichi distanziati ogni due metri e mezzo in orizzontale ed ogni m. 1,50 in verticale. Nessuna decorazione ad affresco era presente. Probabilmente i saloni erano abbelliti solo con arazzi, stoffe e quadri.
Inoltre le notevoli trasformazioni interne avevano già fatto perdere gli intonaci medioevali nel 1500.
Anche gli affreschi che erano presenti sopra il portone d'ingresso nel 1885 e che vediamo in uno dei numerosi schizzi del maestro Pirovano (sulla destra un'effigie del santo, sulla sinistra lo stemma arcivescovile dei Borromei) sono andati perduti. Ci restano le due belle lapidi con gli stemmi viscontei, una all'interno, l'altra sulla facciata di corso Magenta, più arcaica la prima, più completa la seconda. Diversamente da quanto successe nei confronti del palazzo di Leone che fu completamente demolito e rifatto, indulgendo un po' troppo nella ricerca di ricostruzione di finestre bifore e nell'inserimento di pietre a concio tra i mattoni con tipica scelta di restauro - ricostruzione propria del secolo XIX, il palazzo di Ottone Visconti fu solo svuotato nel suo interno e vi furono rinvenuti dei pregevoli fregi affrescati.
Questi fregi con le raffigurazlonl delle quattro stagioni alternati agli stemmi di Ottone Visconti, ricchi di soggetti animali e puttini, non sono plu visibili poichè la decorazione neoclassica con cui tutto l'interno del maniero venne rifatto per ospitare la sala cinematografica Ratti, ha nascosto le antiche superfici.
L'esterno invece ha mantenuto i materiali antichi in pietra e cotto, è però scomparso l'antico passaggio coperto che passava sopra via Magenta e si è aggiunta una modifica per l'ingresso del cinema. Molte antiche trasformazioni del palazzo ottoniano furono dovute anche a S. Carlo Borromeo, il quale lo fece adibire a carcere per i sacerdoti.
Evidentemente in questa epoca l'Arcivescovado di Milano curava stabili, mulini e rendite terriere, senza peri, trasferirsi in Legnano come residenza saltuaria e tutti gli stabili medioevali persero le loro destinazioni originali. Resta comunque tutta l'antica cadenza dei volumi degli edifici, lo spazio quasi a chiostro dei cortili lastricati in pietra e il vialetto d'accesso che si diparte dal portale d'ingresso. L'antica via di Porta di Sotto, come abbiamo già accennato, si dirigeva verso il castello detto di S. Giorgio. Tale castello era però fuori dallo spazio fortificato e difeso dalla roggia fatta scavare da Leone da Perego; infatti questa iniziava e finiva fra due mulini sempre di proprietà arcivescovile. Il fossato era infatti stato scavato anche per meglio fornire d'acqua i mulini stessi. Il motivo della creazione della via Porta di Sotto era semplice; a sud lungo l'ultima biforcazione dell'Olona, l'arcivescovo possedeva da tempo immemorabile terreni ed anche degli edifici.