Legnano nell'alto Medioevo |
Abbiamo visto che Legnano durante tutto l'arco del dominio romano fu sempre in sostanza un piccolo borgo a base agricola, privo di un peso militare rilevante: lo stesso vale per il primo periodo degli stanziamenti barbarici. Impossibile stabilire, data l'assoluta mancanza di documentazione, quale incidenza abbia avuto sulla vita del Borgo i primi stanziamenti barbarici: tuttavia dai reperti archeologici, che ancora una volta ci vengono in aiuto, si sarebbe portati a supporre che l'insediamento di queste popolazioni sia avvenuto di preferenza piuttosto nell'attuale Castellanza che non in Legnano. Infatti esistevano all'altezza dell'attuale Via Dandolo, che forma il confine tra i due Comuni, elementi di fortificazione (1) che probabilmente si estensevano fino al ciglio di un dirupo a picco sulla valle Olona, punto ideale per controllare lo sbocco sulla valle stessa; appunto in questa zona si sono fatti alcuni ritrovamenti di epoca barbarica (2): se ne potrebbe quindi dedurre che i nuovi arrivati si siano serviti della fortificazione preesistente e vi abbiano stabilito un piccolo presidio militare (3).
In generale si puo' comunque dire che anche lo stanziamento longopbardo, la situazione di Legnano non subi' mutamenti sostanziali, se non forse nella scomparsa della superstite classe dei ricchi proprietari romani, forse distrutta dalle prime stragi, forse rifugiata nelle rare e decadenti citta' murate o confusa nella generale miseria (4)
Il Bognetti intravvede una tracia di un possibile ordinamento longobardo generale della campagna nella coincidenza tra pieve, che,anche ove non indica col pagus, resta pur sempre una circoscrizione molto antica, sala e fara: nel senso cioe' che in ogni pieve sono presenti una sola fara ed una sola sala; cio' farebbe pensare a un presidio stabile, costituito dalla fara, accentrato attorno ad una fortificazione (6), cui viene versato il terzo dei prodotti ammassato nella sala.
Questa rudimentale organizzazione o almeno il suo completamento ed il suo consolidamento sarebbe da attribuirsi secondo il Bognetti al terzo re, Autari, durante il periodo di trgua coi Bizantini, vale a dire alla seconda meta' del secolo VI.
Questo l'ordinamento generale della campagna nel quadro del dominio longobardo, quale parte vi avesse il nostro borgo e' impossibile dire; si sa soltanto che a Legnano non fu mai, fino ad epoca assai tarda, neppure contro di una pieve. Tuttavia bisogna tener presente che nel quadro generale dell'economia di questo periodo la campagna fu sempre in primo piano, infatti quando, all'inizio del secolo VIII, cominciano a riapparire le carte private, esse provengono per la maggior parte proprio dalla cmapagna e lo stesso autore del ritmo in lode di Milano del secolo VIII e' colpito non tanto dall'attivita' artigianale della citta' quanto all'abbondanza dei prodotti agricoli che vi affluiscono.
E' probable inoltre che in questo periodo le stragi e le confische, operate dai re longobardi in seguito alle ribellioni, abbiano portato ad una piu' equa distribuzione delle terre, favorendo lo sfruttamento piu' razionale e la creazione di un certo margine di ricchezza che consentiva di operare bonifiche e creare nuovi mezzi di produzione, necessaria premessa per una successiva fioritura economica.
Non si puo' pero' parlare, secondo il Bognetti, per questa zono di un vero e proprio sistema curtense, per lo meno nel senso della grande proprieta' continua: si tratta per lo piu' di complessi assai articolati che vanno dai laghi alla pianura e che tendono a darsi spontaneamente un equilibrio interno; cosi' mentre il lago produce vino e olio e le terre che lo sovrastano forniscono il pascolo estivo, la media pianura produce cereali e le terre basse verso i fiumi integrano il fabbisogno stagionale del pascolo.
Nel quadro di questo sistema si potrebbe collocare anche Legnano, secondo quanto risulta dal primo (7) documento pervenutoci dalla sua storia, risalente al 23 ottobre 789. Si tratta di una permuta operata dall'arcivescovo Pietro, il quale aveva poco prima fondato il monastero di S. Ambrogio, a favore del monastero stesso cui concede tutte le rendite della basilica godutre fino a quelo momento dal suo custode, il diacono Forte (8), il quale ricevea titolo di cambio i beni dell'arcivescovo di Legnanello.
Il documento (9) nella sua parte che ciinteressa dice precisamente:
"Statuimus etiam eidem abbati suisque successoribus uti universis rebus atque substantiis ad ipsam ecclesiam, que hactenus cella vocabatur, pertinentibus queque in posterum a Christi fidelibus inibi conferendis sicut usque hactenus a Forte diacono filio nostro possessum est in integrum. Quam nos ab ibso cum rebus supradictis per commutationem suscepimus dans ei vicem curtem proprietatis nostre in Leunianello seu et in aliis locis ubicumque habere ex parentum successione videor ad commodum ad mutandi et concambiandi modum...".
Da questo stralcio si possono trarre alcune deduzioni: innanzitutto sembrerebbe che Leunianello, cior' Legnanello fosse il centro di una curtis i cui beni erano sparsi un po' dovunque, come farebbe pensare la frase " et aliis locis ubicumque", appunto secondo lo schema tracciato piu' sopra.
In secondo luogo si tratta qui di beni personali dell'arcivescovo derivatigli da una eredita' familiare: lo dice esplicitamente il documento: "habere ex parentum successione videor".
Sarebbe quindi interessante sapere quale fosse la famiglia dell'arcivescovo proprietaria di tutti questi beni: secondo una tradizione totalmente infondata si tratterebbe della famiglia legnanese degli Oldradi; in realta' di questo arcivescovo, sucessore di Tommase ed eletto, secondo gli antichi cataloghi, nel gennaio o nel marzo del 784, si sa assai poco. Il Bognetti propende per l'ipotesi che si tratti di un transalpino dal momento che Alcuino lo ricorda come proprio ispiratore e padre spirituale e non pare che le sue visite in Italia siano state tante e tali da creare un simile legame: cio' sarebbe indirettamente confermato dal fatto che Pietro, non appena divenuto arcivescovo, fondo' immediatamente un monastero benedettino nel luogo piu' augusto della sua sede. Si avrebbe di conseguenza presso legnano l'insediamento di una famiglia di ceppo transalpino.
Per quanto riguarda piu' strettamente il nostro borgo, in questo documento compare gia' chiaramente la struttura urbanistica caratteristica di tutti i secoli successivi e cioe' la divisione in un nucleo centrale sul lato destro dell'Olona, attorno all'antica chiesa del Salvatore, dove poi sorgevano i palazzi arcivescovili, che costituisce il proprio borgo di legnano, e in un altro nucleo piu' piccolo sulla sinistra del fiume, Legnanello, cui si riferisce il documento sopracitato. I due nuclei rimasero per molti secoli nettamente divisi dall'Olona, dal momento che era impossibile abitare le terre piu' basse e vicine al fiume, che sovente si impaludavano.
In questo periodo anche l'economia sente l'influsso dell'invasione franca, non tanto nel cambiamento della struttura della proprieta' terriera, che resta sostanzialmente la stessa, quanto nell'allargarsi dell'orizzonte strettamente nazionalistico dei Longobardi e di conseguenza nell'aprirsi delle frontiere, con benefici influssi sul commercio, pur a quell'epoca ancora assai ridotto. Per conseguenza ripresero importanza le strade, specie quella della valle Olona che attraverso il Seprio portava ai laghi e ai passi alpini, e Legnano dovette certo risentire beneficamente di questa nuova situazione. Dopo questa concessione al diacono Forte, non si sa precisamente che cosa sia avvenuto a Legnano; e' lecito tuttavia supporre che l'arcivescovo di Milano, il cui potere andava sempre piu' estendendosi e stabilizzandosi, cercasse in ogni modo di attuare una penetrazione nel vasto territorio che faceva a capo Milano, anche se non aveva nessun titolo giuridico per farlo.
Questa lenta opera di penetrazione dara' i suoi frutti circa un secolo piu' tardi, come vedremo piu' avanti.
Forse nel secolo X, in relazione agli attacchi degli Ungari, sorse in Legnano il primo nucleo di quel castello la cui presenza appare accertata nel secolo successivo. Infatti le incursioni Ungare, avevano determinato una fioritura di castelli, per lo piu' di tipo piuttosto semplice, dotati cioe' di una torre e di una cinta murata, nei quali gli abitanti si rifugiovano e incastellavano i loro prodotti.
Quesot fatto determino' il sorgere di nuovi rapporti giuridici (11), dal momento che il diritto regio di incastellare, esercitato tramite militi ed enti immunitari che, al piu', si accordavano coi liberi proprietari del luogo per avere il loro aiuto, porto' da una parte a premere sulle classi inferiori cercando di fare dichiarare servi o aldi coloro che lavoravano dietro libero contratto, provocando cosi' la loro reazione e favorendo il crearsi di una coscienza collettiva, dall'altra al prosperare di famiglie di militi minori all'ombra del castello a loro affidato.
La situazione apparentemente calma subi' una nuova scossa sul finire del secolo quando l'arcivescovo per salvarsi da una difficile situazione infeudo' le terre della chiesa, in dispregio dei canoni e leggi regie, causando da un alto un maggior sfruttamento dei rustici, le cui esigenze andavano mutando anche a causa del forte incremento demografico in atto, dall'altro incertezza ed ostilita' di fronte alla potenza dell'arcivescovo, sempre crescente grazie alla politica delgli Ottoni, da parte di quei militi minori di cui abbiamo detto sopra, che si trovavano in balia dei militi maggiori, pronti alla loro morte a privare la loro famiglia del beneficio per concederlo ai propri fideles.
Siano giunti cosi' alle soglie di quel secolo XI che vedra' giungere al pettine tutti i nodi creati dalla politica precedente. Sulle prime e' l'arcivescovo a raccogliere i frutti della propria abile politica (12), infatti nella lotta tra Arduino d'Ivrea ed Enrico II, appoggio' apertamente quest'ultimo e ne trasse sensibili vantaggi.
Che in qiesta lotta siano coinvolti anche i conti del Seprio risulta da un passo di Galvano Fiamma (13), cge, pur non essendo solitamente attendibile, trova in questo caso la sua conferma nel "Liber Notitiae Sanctorum Medionani" e precisamente nella "Memoria Sancti Gemuli" (14). In esso si narra infatti la storia di due conti del Seprio Ugo e Bebengerio, figli del conte Sigifredo, i quali violenti e rapaci, odiavano l'imperatore e l'arcivescovo, finche' questi con l'approvazione dell'imperatore stesso si approrio' dei loro beni.
Cio' potrebbe essere confermato indirettamente dal fatto che nel 1014 l'imperatore tornando in Germania lascio' come suoi messi con giurisdizione sui tre contadi di Seprio, Milano e Pavia, Amizio, figlio di Erlembardi e suo figlio chiamato anch'esso Erlembardo, i quali erano "Milites Sancti Ambrosii" cioe' vassalli dell'arcivescovo (15); essi sono probabilmente gli antenati dei capi patari Landolfo e Erlembardo Cotta.
Il fatto stesso che l'imperatore qualificasse apertamente nel proprio diploma i due messi come "Milites Sancti Ambrosii" implicava da parte sua un sottointeso riconoscimento della loro dipendenza dall'arcivescovo, se a cio' si aggiunge che l'imperatore era assente, in Germania, e l'arcivescovo presente e deciso a non farsi sfuggire l'occasione, si comprendera' faclmente come gia' prima di una eventuale concessione sovrana Arnolfo fosse riuscito a corrodere i diritti regi del Seprio. D'altra parte una co0ncessione sovrana, che spiegherebbe l'appartenenza all'arcivescovo di molti beni del Seprio e, nel nostro caso, di Legnano stessa, non appare stanto strana se si pensa che l'imperatore avvalendosi del capitolo I dell'Editto di Rotari, fece una analoga cncessione al vescovo di Como. (16).
Poiche' successivamente troveremo i Cotta, discendenti dei due messi regi, proprietari del Castello di Legnano, viene fatto di supporre che l'arcivescovo una volta ottenuti questi beni ne abbia infeudato una parte ai Cotta stessi, ottenendo egli la difesa dei suoi diritti su questi beni, da parte di persone che erano gia' legato a luida rapporti di vassallaggio e che avevano su quelle terre anche un poitere di derivazione regia, ed essi una nuova base giuridica della propria autorita'.
Nonostante questo nuovo aumento di potere dell'arcivescovo la situazione di Milano era tuttaltro che tranquilla: nella prima meta' del secolo scoppio' dapprima la lotta tra feudatari maggiori e minori e poi fra costoro uniti e i cives; l'accordo intervenuto alla fine aveva scontentato molti perche' ammettendo al governo della citta' e i cives di maggior peso, ne aveva escluso completamente tutti gli altri ceti cittadini minori, vale a dire mercanti e artigiani nonche' il popolo minuto, i medi e piccoli proprietari del contado e i rustici gia' in fermento per le conseguenze degli avvenimenti del secolo precedente.
Infatti da una parte il medio e piccolo ceto campagnolo cominciava ad avere una certa consapevolezza della propria forza unitaria (17), dall'altra i rustici influenzati dall'insegnamento di sette ereticali assai diffuse che predicavano, tra l'altro, la comunione dei beni, vedevano in un movimento di riforma religiosa una sorta di palingenesi sociale che avrebbe finalmente mutato la loro condisione.
L'alleanza di questi ceti costitui' la base sociale della "Pataria"; in essa tuttavia insieme con il disagio sociale e politico, confluivano dei motivi di ordine sociale e politico, confluivano dei motici di ordine schiettamente spirituale, vale a dire l'esistenza di un ritorno del clero alla poverta' e purezza evangelica, l'opposizione alla dispersione del patrimonio della chiesa nelle mani dei feudatari laici, conseguenza necesaria della posizione assunta dall'arcivescovo e il desiderio di un intervento laico, che si supponeva piu' disinteressato nel movimento di riforma.
Appaiono dunque, per quanto abbiamo detto sopra, chiari i motivi per cui l'esigenza di riforma fu largamente sentita dalle plebi rurali, non dimentichiamo che Arialdo comincio' la sua predicazione proprio a Varese, le quali pareteciparono poi attivamente alla lotta che ne fu la conseguenza e successivamente, deluse nelle loro aspettative, espressero il loro dissenso con rivolte e rivendicazioni e prepararono un terreno assai favorevole al movimento degli Umiliati.
Legnano fu, come in altri borghi, probabilmente toccata da queste istanze religiose e sociali, ma si trovo' anche a recitare una parte di primo piano nella fine del capo Pataro Arialdo (18): costui costretto a lasciare la citta', che era stata per dieci anni teatro della sua predicazione nonche' di gravi fatti di sangue, dopo un vano tentatico di recarsi a Roma, venne condotto da Erlembardo Cotta, suo devoto seguace e compagno, nel proprio castello che si trovava per l'appunto in legnanop, Andrea di Strumi (19) che ha narrato la fine di Arialdo dice semplicemente: "Scientes loca undique obsessa ad quoddam castrum fidelis Herlembardi sunt reversi", ma secondo landolfo seniore (20) e l'autore indicato dal Giulini come l'Anonimo e dal Puricelli come Landolfo iunior (21), questo castello si trovava a Legnano; rifugiatosi qui e trasferitosi poi presso un sacerdote suo amico, fu da questi tradito e consegnato all'arcivescovo.
La èpresenza di un castello dei Cotta a Legnano si spiegherebbe avanzando l'ipotesi di una prima costruzione abbastanza semplice, risalente al tempo delle invasioni degli ungari, che passata poi ai successori dei due messi regi Amizzo e Erlembardo subi' ad opera loro alcune modificazioni che ne fecero un vero e proprio castello; tale infatti doveva essere per poter ospitare Arialdo, Erlembardo e certamente anche alcuni dei loro piu' fedeli sguaci e collaboratori e per potere, nel caso fossero stati scoperti, offrire una certa garanzia di difesa dalle truppe dell'arcivescovo.
I motivi che spinsero i Cotta a munire Legnano di una vera e propria opera fortificata si puo' facilmente intuire se si pensa che questo borgo, come vedremo piu' avanti, si trovava proprio sul confine del contado del Seprio, che aveva dato gia' bastanti prove, e piu' ne dara' in seguito, della propria predisposizione a parteggiare contro Milano ogni volta che si apriva qualche contesa, magari appoggiando il partito dei fuoriusciti dalla citta'. Infatti in un'epoca di poco successiva e probabilmente per gli stessi motivi, vediamo fortificata anche la vicina localita' di Cerro anche'essa sul confine (22). Inoltre Legnano rappresento', allora e nei secoli successivi, una specie di porta del Milanese che consentiva ai nemici esterni superato questo ostacolo, di puntare sulla citta' senza incontrare gravi resistenze e costituiva per i fuoriusciti un sicuro rifugio dove attendere lo sviluppo degli avvenimenti in Milano, manteendosi sempre aperta in caso negativo la possibilita' di una fuga dalla parte del Seprio.
Cio' spiega perche' questo piccolo borgo di per se stesso insignificante si sia trovato tante volte coinvolto nelle grandi lotte politiche milanesi.
Per quanto riguarda la localizzazione del castello, il campo e' aperto alle ipotesi piu' varie, in quanto non ne sono state rinvenute tracce considerevoli. Il Giulini semplicisticamente lo identifica con il castello di San Giorgio (23), che, sorto comunque in epoca assai piu' tarda, non fu mai una vera opera fortificata ma piuttosto una dimora di campagna.
Personalmente propenderei per l'ipotesi che questo castello si trovasse nel centro del borgo e che sia stato poi inglobato nelle costruzioni che nel secolo XIII circondavano i palazzi dell'arcivescovo: non si vede perche' l'arcivescovo, attendendo a fortificare il borgo, avrebbe dovuto trascurare di utilizzare una costruzione preesistente; d'altra parte gli infiniti rivolgimenti edilizi subiti da quest'area spiegherebbe l'inesistenza di tracce apprezzabili. Allo stato attuale, l'ipotesi piu' probabile porterebbe a ricollegare il castello dei Cotta con alcune tracce di fondazioni assai spesse rinvenute nell'attuale via 25 aprile contigue al muraglione che recingeva nel secolo XIII i palazzi della curia arcivescovile (24), ma preesistenti rispetto ad esso.
In ogni caso la proprieta' dei Cotta non si trova piu' alcuna traccia in epoca successiva, mentre nella prima meta' del secolo XII il controllo diretto dell'arcivescovo sul borgo, tramite i suoi monasteri milanesi, era fortemente aumentato; infatti nel 1148 vi possedeva dei beni il monastero Maggiore.
Cio' risulta da un privilegio (25) indirizzato da papa Eugenio III a "Margaritae abbatisse Sancti Mauritii Monasteri eiusque sororibus" e datato Brescia 29 luglio 1148, con il quale si confermano alcuni beni e diritti di questo monastero, tra cui alcuni beni di natura imprecisata in "Legniano".
Tutto cio' starebbe ad indicare una tendenza sempre piu' spiccata dell'arcivescovo ad intervenire di volta in volta piu' direttamente nel borgo, probabilmente per la sua importante posizione, che lo portera' tra breve alla ribalta nella lotta contro il Barbarossa, finche' si arrivera', come vedremo, nel secolo seguente, ad un dominio diretto dell'arcivescovo su Legnano, rifugio,come abbiamo detto, e, in caso di necessita', porta aperta sul Seprio verso i forti castelli arcivescovili del lago Maggiore.
NOTE:
1) Il muraglione, risalente forse ad epoca romana, e' affiorato nel corso degli scavi ed e' ancora visibile, incorporato in una casa.
2) Si tratta di seportura in terra nuda oppure in cassette di legno, con armi e vasetti di fattura tipicamente barbara.
3) Anche in legnano si sono avuti ritrovamenti di questo genere, ma si tratta di esempi troppo sporadici per poterne trarre anche una semplice congettura.
4) Ne sarebbe prova il passaggio, chiaro nell'Editto di Rotari del 643, dal termine classico di domus che indica la casa in muratura a quello di casa indicante in senso classico la capanna rustica: cio' dimostra che era scomparsa la classe alta che poteva conservare l'uso della casa in muratura, mentre i Longobardi conservavano la tradizione germanica della capanna in legno e paglia.
6) In genere non si dovrebbe trattare di un castello, ma di una costruzione piu' modesta, come ad esempio una torre.
7) Secondo il Corio, legnano comparirebbe tra le corte donate nel 493 ad un certo Alione, signore di Angera e di altre terre presso il Verbano, da Galasio I°, che nomino' il suddetto personaggio conte d'Italia. Ovviamente e' impossibile accertare tale affermazione sia perche' e' quanto meno assai improbabile l'esistenza di un documento di quest'epoca, sia perche' alcuni termini in esso contenuto appario relativi ad un'eta' di molti secoli posteriore: valga come esempio la menzione delle lire di Terzoli. Tuttavia a parte l'epocae i nomi degli interessati che ricad0ono decisamente nel favoloso, appare, specie nell'elenco delle terre donate e di altri prvilegi concessi, una certa precisione che farebbe supporre che il Corio abbia effettivamente visto un documento, di quale epoca ed in relazione a chi e' impossibile dirlo.
8) Infatti occorre tenere presente che in quest'epoca tutte le Chiese di Milano erano officiate dall'arcivescovo e dal clero maggiore nelle varie solennita' e avevano per custode un diacono, finche' alcune di esse non furono affidate ad un monastero che vi sviluppo' accanto ad esse, come in questo caso.
9) Porro Lambertenghi - Codex Diplomaticus Longobardie, Historie Patriae Monumenta, Tomus XIII, Torino 1873, n. LXIV.
11) G.P. Bognetti - Terrore e sicurezza sotto re nostrani e sotto re stranieri in Storia di Milano - Vol 2
12) G.L. Barni - Dal Governo dei vescovi a quello dei cittadini, in storia di Milano Vol. III
13) G. Fiama - Manipulus florum
14) Liber Notitiae Sanctorum medionani a cura di M. Magistretti e U. Monneret De Villard , Milano 1917
15) Diplomata Heinrici II
16) Diplomata Heinrici II L'impoeratore gli dono' la corte di barzano' nella martesana tolta ai due conti del Seprio.
17) Sono di questo periodo i primi cenni di boni homines che in rappresentanza di una comunita' prendono decisioni e assumono impegni il che presuppone oltre ad una consapevolezza unitaria anche una certa autonomia; abbiamo l'esempio di Arogno dove nel gennaio 1010 alcuni boni homines prendono impegni in nome della comunita' davanmti agli inviati dell'arcivescovo e del monastero di S. Ambrogio (C. Giardina - i boni homines in Italia, in "rivista di storia del Diritto Italiano", V - 1932 - Bologna)
18) Giulini
19) Andreae, vita et passio Sancti Martiti Arialdi mediolanensi
20) Landulphi Senioris, Medialanensi historia.
21) Landulphi Iuniores, Historia mediolanensi
22) Testamento di Lanfranco decumano della chiesa di S. maria Jemale che lascia al monastero e canonica diS. Ambrogio di Milano alcuni fondi situati nel castello di Cerro; datato aprile 1094. in Atti privati milanesi e Comaschi del sec. XI a cura di Manaresi e Santori che pero' legge erroneamente Landolfo anziche' lanfranco.
23) Noto piu' semplicemente come Castello di legnano, sorge poco fuori dalla citta' presso l'Olona in direzione di Canegrate.
24) Brani di Storia ed Arti di Legnano - memoria n. 17 pag 157
25) Antiquates Medii Evi
Bibliografia
a) M. Bertolone, Lombardia Romana, Milano 1939, pag 48)
b) G.P. Bognetti, Milano longobarda, in Storia di Milano vol2° - 1954, pag 69 e seguenti.
c) Porro Lambertenghi - Codex Diplomaticus Longobardie, Historie Patriae Monumenta, Tomus XIII, Torino 1873, n. LXIV.
d) B. Corio - Storia di Milano
e) G. Giulini - Memorie spettanti alla storia, al governo e alla descrizione della citta' e campagna di Milano nei secoli bassi, Milano 1760.