Legnano story - note personali
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L-20.WPS
 
 
 
 
 
Il Comune di legnano nel quadro delle lotte sociali milanesi della prima meta' del secolo XIII°
Tratto da: Legnano nel medioevo Cap VI° di Marina Cattaneo
 
 
Con la pace di Costanza e il trattato di Reggio, Milano consegui' le basi giuridiche del suo potere sul proprio territorio, restavano tuttavia aperti gravi problemi di natura politica ed economica che portarono alla formazione di due schieramenti che si scontrarono sovente nel corso del secolo XIII. Il primo di questi schieramenti era costituito dalle famiglie capitaneali, strette attorno all'arcivescovo e collegate al popolo grasso, l'altro dai militi minori riuniti nella societa' detta "la credenza di Sant'Ambrogio".
I primi scontri aperti tra queste due fazioni si ebbero nel 1221, quando, per un contrasto tra i comune e l'arcivescovo, la situazione si fece cosi' tesa che l'arcivescovo stesso fu bandito e successivamente anche i Capitani e i Valvassori dovettero lasciare la citta'. In questa occasione essi posero a capo del loro, partito Ottone da Mandello, mentre a capo dell'altro fu eletto Ardigoto Marcellino di famiglia consolare non feudale . Le discordie, placatesi momentaneamente, scoppiarono nuovamente nel 1224, con l'elezione dei nuovi capiparte:  per la Motta e la Credenza ancora Ardigoto Marcellino, per i Capitani e Valvassori di Milano Guido da Landriano, per quelli del Seprio Obizzone da Pusterla, per quelli della Martesana Enrico da Cernusco, per i mercanti Busnardo Incoardo. In seguito a questi torbidi l'arcivescovo lascio' nuovamente Milano, affidando il governo ecclesiastico al suo vicario Girardo da Bascape', ordinario della Metropolitana, e si ritiro' nel castello di Brebbia. Ma di fronte al profilarsi di nuove minacce, vale a dire la guerra contro Federico II°, si trovo' un punto di accordo tra le fazioni mediante un trattatoLe maggiori conquiste ottenute dalla Motta e dalla Credenza in questa occasione furono la partecipazione al collegio degli Ordinari della Metropolitana e dei Decumani e una piu' equa ripartizione del peso delle imposte e del debito pubblico. Tuttavia non fu possibile forzare eccessivamente la mano, perche', nella guerra contro Federico II°, il comune di Milano si trovava a fianco del papato e doveva quindi usare nei confronti del proprio arcivescovo particolari riguardi e cautele. stretto dal podesta' Aveno da Cisate l'8 giugno 1225 e pubblicato il 10 dello stesso mese. Le parti erano momentaneamente pacificate, ma le cause di fondo della contesa non erano state eliminate e riesploderanno puntualmente alla morte del nemico comune, Federico II°.
Mentre la citta' subiva queste violente scosse, anche nella campagna avveniva una rivoluzione, meno evidente, ma gravida di conseguenze altrettanto significative.
L'enorme sviluppo commerciale ed industriale di Milano aveva profondamente influenzato la campagna circostante: le conseguenze furono il passaggio da una economia di assistenza ad una economia di mercato e l'aumento del prezzo della terra e della produttivita'. D'altro canto l'avvento dell'economia monetaria aveva profondamente mutato i rapporti tra i proprietari terrieri ed i coltivatori: dal rapporto interpersonale regolato unilateralmente dal concedente si era passati ai contratti di fitto e di locazione; il servo era divenuto cosi' un soggetto di diritti e cominciava ad avere coscienza di cio'. A questa tendenza generale all'emancipazione si erano unite, nel periodo della guerra contro il Barbarossa, la necessita' da parte della citta' e quindi dei proprietari terrieri, di avere ben disposti i contadini e la dispersione dei documenti e titoli di proprieta'. I rustici da parte loro avevano saputo approfittare dell'occasione favorevole, vendendo ad alto prezzo i loro prodotti in tempo di carestia e acquistando per poco terre dai proprietari che si trovavano in difficolta' economiche a causa della guerra e delle devastazioni, mentre avanzavano nuove pretese sulle terre da essi coltivate. Tutto questo vasto movimento di liberazione della campagna dai propri antichi signori aveva dato origine, gia' dalla meta' del secolo XII, alle prime comunita' rurali, spesso in lotta con i propri domini, i quali impugnavano la validita' delle alienazioni e cvercavano in ogni modo di riacquistare i diritti perduti. In questa contesa la citta' interveniva per sottolineare il proprio ruolo di arbitra fra le contese che si sviluppassero nel proprio territorio e favoriva i rustici per indebolire, anche con questo mezzo, tutte le giurisdizioni che non fossero la propria.
Legnano segui' probabilmente questo tipo di evoluzione, seppure infrenata dall'autorita' dell'arcivescovo, che era ancora assai forte come possiamo rilevare dal Liber Consuetudinum del 1216 , da cui risulta che l'arcivescovo aveva consuetudini proprie osservate solo nelle sue terre; per esempio quella del giudizio mediante ferro roventeFranceschini - Ivi, pag. 195, Giulini, che a Milano era proibito ormai da molto tempo.Un altro diritto dei signor nelle proprie terre era quello riguardante il castello: il signore aveva il diritto di costringere le persone soggette alla propria giurisdizione a rifare il castello, il muro, il fossato o il bastione, mantenere nel castello un portinaio e le guardie e incastellare i loro frutti. Esse non sono pero' tenute a ricostruire le case del signore e cio' che fosse stato da lui distrutto. Tutto cio' dimostra che questo complesso di diritti non faceva ormai piu' capo al dominus in quanto tale, ma piuttosto al castello visto come edificio di pubblica utilita' e dotato esso stesso di personalita' giuridica.
Quando all'inizio del secolo XIII, scoppio' apertamente la lotta delle fazioni in Milano, molti borghi approfittarono delle difficolta' del momento per accrescere il proprio grado di autonomia; infatti, nella concordia stipulata nel 1225 dal Podesta' Aveno da Cisate, si parla di borghi e ville che eleggevano da se' i propri magistrati, senza tenere conto dei diritti dei propri signori laici od ecclesiastici, e si ordina che questi magistrati siano rimossi e non si elegga mai piu' alcuno in danno del dominus che ha l'honor et dirictus sul luogo. Cio' era un effetto della ristabilita concordia con i nobili, di cui si tutelavano i diritti, e della posizione autorevole assunta dall'arcivescovo in seguito della guerra contro Federico II°.
Aveva cominciato a farsi luce in Legnano una famiglia, che troveremo piu' tardi a capo del Comune: si tratta della famiglia Oldradi che per il momento e' indicata semplicemente come da Legniano e ricopre da tempo cariche di notevole importanza. Il primo membro compare in un documento del 5 dicembre 1173 ed e' indicato come Obizzone da Legniano, milanese"Gli atti del Comune di Milano fino all'anno MCCXVI" a cura di C. Manaresi - Milano, 1919, documento del 5 dicembre 1173 pag. 127: il che dimostra che con le parole "de Legniano" non si indica l'abitazione ma l'appartenenza ad una sua famiglia che aveva il dominio in quel luogo,  mentre d'altro canto la famiglia Oldradi o Oldrendi uso', anche nei secoli successivi, assai spesso anche il semplice cognome di "Legniano" come vedremo piu' avanti. Alle soglie del secolo XIII compaiono a piu' riprese altri membri della famiglia; nel 1208 un Rogerius de Legniano Canevarius major del monastero do Morimendo ( 11 gennaio 1210), nel 1210 un Guglielmo da Legnano, delegato del podesta' in una causa riguardante il monastero di Morimondo, nel 1215 un Conradus da Legniano, che e' tra i sottoscrittori del parto di allenza con Vercelli. (5 marzo 1215).
A Milano frattanto viene eletto arcivescovo nel 1241 Leone da Perego,Secondo il Fiamma, Leone, incaricato a causa delle discordie, di scegliere il successore dell'Arcivescovo Guglielmo da Rizolio, morto il 28 marzo 1241, elesse se stesso. La realta', secondo il Giulini, fu assai diversa, infatti da un breve papale del 9 gennaio 1244, risulta che, avendo il capitolo della metropolitana incaricato della scelta del nuovo arcivescovo il legato papale Gregorio da Montelongo, questi elesse il 15 giugno 1241 appunto leone; col suo breve il Papa invita il legato ad accertare l'idoneita' dell'eletto e, nel caso abbia i requisiti necessari, lo autorizza a procedere alla consacrazione, che fu quindi del tutto regolare. di famiglia di Valvassori, frate minore, che aveva attivamente preso parte alla lotta contro Federico II°.
Al termine di questa guerra restavano aperti, come abbiamo detto, i problemi di fondo che avevano travagliato il primo quarto di secolo, mentre l'uomo assunto alla dignita' arcivescovile, avendo di essa un'idea assai alta ed essendo deciso a riportarla all'antico splendore, non era certo il piu' adatto a placare gli animi.
Per questo motivo Fiamma sostiene che frate Leone divenuto Arcivescovo, totalmente cambiato, si mise a capo della fazione nobiliare e fomento' anziche' sedare le discordie. Un primo segno della latente contesa si ebbe bell'anno 1254, per motivi poco chiari: Il Fiamma accennando al fatto dice semplicemente " ... isto anno populus Mediolani cum parte nobilium pugnavit..." Si tratta di una notizia molto vaga ma confermata da alcuni documenti visti dal Giulini, che ci mostrano in quell'anno l'arcivescovo assente da Milano; il 13 gennaio egli si trovava ancora in Milano, da cui spedi' una lettera all'abate di S. Abbondio di Como, il 5 marzo emano' da un luogo imprecisato una sentenza a favore dei canonici di S. Ambrogio e S. Nazaro; il 9 luglio si trovava nel monastero di Civate, da dove scrisse al suo vicario generale Giovanni da Alzate; il 10 settembre era a Legnano, dove emano' una sentenza riguardo la controversia tra l'abate e il preposito di S. Ambrogio; da Legnano passo' ad Angera dove il 16 e 24 ottobre emano' due sentenze analoghe. Probabilmente l'arcivescovo si era trasferito da Civate a Legnano pensando di poter rientrare in citta', poi pero' la situazione si fece di nuovo tesa e da Legnano l'arcivescovo si trasferi' nel forte castello di Angera. Risulta quindi chiara l'importanza di Legnano nei momenti torbidi di Milano, proprio per il fatto che trovandosi a mezza strada tra Milano e i castelli sul lago Maggiore consentiva di mantenersi aperte le due alternative e di mettere in atto manovre politiche e favore del proprio partito in Milano; inoltre offriva, grazie alle sue fortificazioni, anche una certa protezione. Ecco la predilezione di Leone per questo borgo, nel quale cerco' spesso rifugio; e' tuttavia infondata, come vedremo in seguito, la tradizione che lo vuole fondatore di un sontuoso palazzo in Legnano, mentre piu' probabilmente si limito' ad abitare le costruzioni preesistenti.
Nel 1256 la situazione a Milano era di nuovo tesa, infatti erano stati eletti nuovi capi-parte, Paolo da Soresina per il partito nobiliare, Martino della Torre per l'altro, e avendo il Podesta' lasciato la citta' diretto a Roma a ricoprire la carica di senatore, scoppiarono tumulti per l'elezione del suo successore.
L'arcivescovo lascio' di nuovo la citta' e il 1 ottobre si trovava a Lesa,. Ancora nell'anno 1257 in febbraio e in marzo egli era fuori citta' e si era stabilito di nuovo in Legnano, come risulta dai documenti esaminati dal Giulini, relativi al problema dell'elezione della badessa di San Michele di Borgonuovo.
Secondo il Corio l'arcivescovo con il suo partito lascio' Milano in luglio, ma probabilmente in quel mese furono soltanto i nobili ad abbandonare la citta' per raggiungerlo in Legnano e organizzare la propria resistenza. La causa immediata di questa ennesima discordia fu, secondo il Fiamma, l'uccisione di un popolano da parte di un nobile avvenuta a Marnate, ma secondo un antico catalogo degli Arcivescovi di Milano, la cui opinione e' ripresa anche dal Corio, il motivo di fondo fu il desiderio dell'arcivescovo di riportare la chiesa Milanese all'antico splendore e, nella fattispecie, il rifiuto di annettere i popolani al rango di ordinari della Metropolitana. Particolarmente illuminanti riguardo a questo problema e alla figura di Leone da Perego le parole del catalogo sopracitato: " .. qui forbannitus cum Ordinariis Mediolanensis ecclesiae fuit ab ispis popularibus pro eo quod ipse e ordinati predicti aliquos de ipsis populalirbus,titulare in clericis ipsius ecclesiae noluerint..." e piu' avanti parlando dell'arcivescovo " vir strenuus et constants libertatem et honorem Mediolanensis ecclesiae defendit usque ad obitum suum..."
In ogni caso il partito nobiliare, riunitosi all'arcivescovo, si diede da fare per raccogliere aiuti e trovo' ovviamente ben disposti il Seprio e Como, pronti a trar vantaggio da qualsiasi partito per arginare la potenza milanese. Estremamente accorata era stata quindi la decisione dell'arcivescovo di portarsi subito a Legnano allo scoppiare dei primi tumulti: infatti quando ormai fu chiaro che non si poteva piu' sperare in un mutamento della situazione in citta' e anche i nobili dovettero abbandonarla, egli si trasferi' subito nel Seprio, mentre l'esercito del partito popolare guidato da Martino della Torre, uscito da Milano l'8 agosto, si porto' all'assedio di Fagnano; riuscendo vano questo tentativo si diede a devastare alcune terre vicine, mentre i nobili chiusi in Fagnano tentarono una sortita senza pero' che si giungesse ad uno scontro. L'arcivescovo allora, raccolto un esercito nel Seprio, entro' l'11  agosto in Varese senza incontrare opposizione alcuna, Martino Torriani approfitto' della sua assenza per attaccare Castelseprio e, uscitone il presidio nobiliare, ne nacque una zuffa. La situazione, ancora incerta, fu risolta dall'arrivo dei rinforzi dalla Martesana e da Como che costrinsero i popolani a ripiegare su Solbiate e Olgiate e a retrocedere ulteriormente verso Milano, incalzati dai due lati dell'Olona dai nobili milanese e dai comaschi, che si spostarono rispettivamente a Legnano e a Canegrate i primi, a Gorla e poi a Legnano i secondiGli itinerari seguiti mi fanno supporre che le strade sui due lati della vallo Olona si riunissero poi a Legnano per proseguire in una unica strada verso Milano.. Il 24 agosto la situazione era mo0lto tesa, con i nobili accampati a Canegrate e il popolari a Nerviano, da dove Martino aveva chiamato il carroccio preparandosi alla battaglia; ma grazie all'intervento dei Legati di Brescia, Bergamo, Crema, Novara, Pavia, Lucca e del Conte Egidio di Cortenueva, si pote' evitare uno scontro diretto: il 28 e 29  agosto a Parabiago, localita' equidistante dai due campi, fu stabilita una tregua pubblicata il 30 dello stesso mese, in seguito alla quale tutti rientrarono in Milano.
L'arcivescovo pero' non aveva probabilmente seguito il sue esercito ed essendo malato si era ritirato in Legnano, dove, per provvedere alla sua sicurezza personale in quel momento assai incerta,  i capitani e i valvassori fecero circondare il borgo con una grande fossa di cui come vedremo si sono ritrovate le tracce.
Poco dopo la stipulazione della tregua, il 14 ottobre, Leone mori' appunto a Legnano e vi fu sepolto. Circa la data della morte abbiamo la testimonianza sicura nel catalogo sopracitatoCatalogus, Pag 108 che dice ".. obiit vero MCCVII quarto decimo die octobris...", affermazione ripetuta anche dal CorioCorio Vol I° Pag 495. Dissente soltanto il Fiamma che prolunga la vita di Leone fino al 1263 e con cui caddero nell'inganno il Muratori, il Eassi, L'Oltrocchi e altri; Ma il Giulini dimostro' che l'arcivescovo era gia' morto prima del 1258, quando nella pace di S. Ambrogio si parla della sua "recolenda memoria".. Con altrettanta precisione sappiamo che fu sepolto a Legnano in modo estremamente modesto: il suddetto catalogo dice: ""..Sepultus vero est in eclesia Salvatoris in loco de Lignano..", il Fiamma "Isto tempore Leo de Perego Archiepiscopus Mediolanensis Legniano moritur, et ibidem viliter tumulatur", gli Annales Mediolanensis "Isto tempore frater Leo de Perego Archiepicospus Mediolani moritur exul, et in legniano posto portam Ecclesiae viliter sepeliturs..." Circa il luogo preciso della sepoltura, il problema e' complesso, giacche', anche se il catalogo  parla espressamente di San Salvatore, il corpo che si ritiene essere quello di Leone fu rinvenuto, come narra il Prevosto Pozzo, dentro un tronco di albero scavato, sotto una volta del muro poco alta da terra, nella piccola chiesa di S. Ambrogio, durante dei lavori di trasformazione, avvenuti al tempo di San Carlo Borromeo; dopodiche' il corpo scomparve, sebbene fosse rimasta nel borgo la convinzione diffusa che fosse stato traslato in San MagnoNon e' impossibile che Leone sia stato effettivamente sepolto in San Ambrogio, dal momento che la tradizione, secondo cui questa chiesa fu costruita nel 1339, risale al Pirovano, scrittore locale ottocentesco, le cui affermazioni sono in genere, quanto meno avventate. Daltra parte il catalogo degli arcivescovi ci indica San Salvatore, ma puo' darsi si sia trattato di un errore dal momento che l'autore, non conoscendo i luoghi, attribui' la sepoltura alla chiesa principale del borgo. Per quanto riguarda la traslazione in San Magno e' assai probabile: il fatto e' che si sia subito perduto l'indicazione del luogo della nuova sepoltura, e' forse da ricollegarsi, secondo il Giulini alla scarsa considerazione che San Carlo nutriva per l'operato del suo precedessore, come risulta nel catalogo degli arcivescovi, scritto per suo ordine dal Galesini; egli avrebbe voluto cosi' evitare che in Legnano si instaurasse il culto di quell'arcivescovo che gia' stava prendendo piede nel borgo; il Giulini stesso asserisce di aver veduto nella chiesa dei frati minori di Legnano una immagine di Leone con l'aureola e la B di beato davanti al nome. D'altra parte appare improbabile che San Carlo abbia traslato il corpo fuori di Legnano dal momento che non se ne ha alcuna notizia.
La morte di Leone avveniva in un momento particolarmente difficile, giacche' la pace di San Ambrogio, stretta il 4 aprile 1258 in conseguenza della tregua di Parabiago, non duro' che fino alla fine di giugno, quando il partito nobiliare lascio' nuovamente Milano e scelse come proprio capo Paolo da Soresina, benche' sospetto, per aver dato in moglie la propria sorella a Martino della Torre. Anche questa la questione si chiuse con un ennesimo accordo e le cose restarono come prima: impossibile in questa situazione trovare un accordo tra gli ordinari per l'elezione del nuovo arcivescovo, in vece del quale reggeva la diocesi di Azzone, arciprete della Metropolitrana. La situazione si aggravo' ulteriormente negli anni successivi, quando la fazione popolare, rimasta padrona di Milano all'inizio del 1259, al momento della scelta del proprio capo si spezzo' in due: La Motta, vedendo bocciato il proprio candidato Azzolino Marcellino, che mori' poco dopo, a favore di Martino Torriani, ruppe l'antica alleanza e si uni' al partito nobiliare. Quest'ultimo, dopo una breve quanto illusoria pacificazione, essendo Martino Torriani padrone di Milano, si lego' ad Ezzelino da Romano, ma lo abbandono' appena questi fu sconfitto e fatto prigioniero dagli alleati milanesi. Dopo la morte di Ezzelino, i nobili cacciati anche da Lodi, sospettando della fedelta' di Paolo da Soresina, per la sua parentela con i Torriani, lo imprigionarono a Legnano, che appare quindi in quest'anno 1259 ancora saldamente in mano al partito nobiliare. Paolo, liberatosi rientro' in Milano e si accordo' con martino mentre il governo di Milano veniva affidato per 5 anni al Marchese Pelavicino il quale, per il suo atteggiamento ostile all'ortodossia cattolica, rese i Torriani sospetti alla S. Sede.
Nel 1261 l'ostilita' della curia romana nei confronti di Milano si aggravo' per effetto di una grave offesa recata dal Torriani al cardinale Ottaviano degli Ubaldini, legato papale in Francia. Egli lasciando la citta' condusse seco Ottone Visconti e l'anno successivo, quando la scelta dell'arcivescovo di Milano, per effetto del mancato accordo, passo' nelle mani del pontefice, fece conferire appunto a Ottone questa dignita', a scapito dei due pretendenti, Francesco da Settala e Raimondo Torriani, che fu eletto in conpenso Vescovo di Como.
Per reazione martino della Torre occupo' i beni del vescovo, tra cui certamente Legnano, dove i Torriani trovarono il modo di accrescere il proprio potere anche sfruttando la difficolta' che attraversavano in quei momenti gli enti religiosi. Gia' da tempo infatti il Comune di Milano aveva imposto, per sopperire alle spese di guerra, il frodo anche agli enti religiosi e avendo incontrato da parte loro forte resistenza, aveva percio' limitato, nel 1256, il frodo ai beni ecclesiastici acquistati negli ultimi 5 anni o da acquistarsi in seguito. Si colpiva osi' l'ascesa degli enti religiosi, ma anche ai contadini che lavoravano le loro terre, causando nuove discordie tra vicini e atti contro le proprieta'. Con la morte di Leone e le discordie susseguenti la situazione peggioro' e i canonici Agostiniani del convento di San Giorgio presso Legnano, decisero di abbandonare il luogo e trasferirsi nella Casa Madre di San Primo in MilanoC. Marcora - Un frammento degli statuti di Legnano del 1258 - 1268 trovato in un codice dell'Ambrosiana - " Memorie della Societa' Arte e Storia". Legnano, n. 16 1956 pagg. 68,69.
Attuarono percio' un cambio con i beni presso la chiesa di San Primo, nel sobborgo della Pusterla Nuova in Milano, e in Limido, sotto il titolo di San Martino, spettanti ai fratelli Raimondo, Napo e Francesco della Torre e al loro nipote Enrico,Giulini - Perche' Castello di San Giorgio - "Memorie della Societa' Arte e Storia" n. 16 1956 pag 60,61cedendo loro i vasti possedimenti nei dintorni di Legnano. Probabilmente furono proprio i Torriani a costruire sulle terre acquistate mediante questa permuta, il cassioEsso costituisce la parte centrale dell'attuale ala destra del cstello ed e' chiaramente individuabile.che e' attualmente incorporato nel cosidetto castello di Legnano e che serviva ottimamente per controllare i movimenti che avvenivano sulla strada per Milano lungo la Costa di San Giorgio: cio' sarebbe a dimostrare una volta di piu' quanto fosse importante nei momenti di pericolo per Milano il controllo di questo borgo.
Frattanto a Legnano continuava la sua scesa la famiglia Oldradi o Oldrendi, che aveva assunto un posto di primo piano anche nel quadro delle istituzioni comunali. Cio' risulta da alcuni frammenti di documenti riguardanti LegnanoCome risquardo del codice I 115 inf. dell'Ambrosiana, risalente al secolo XV, e' stato rinvenuto un foglio pergamenaceo scritto in doppia colonna, ciascuna di 22 righe, di scrittura del secolo XIV; esso costituiva probabilmente la pagina di un mastro pergamenaceo del comune di Legnano in cui venivano conservate le delibere della comunita'; cfr. C. Marcora, "Memorie della Societa' Arte e Storia" n. 16, 1956, pagg. 66: il primo di essi e' la parte terminale di una approvazione degli statuti comunali e ci presenta il collegio dei consoli al completo: "... fuerunt aprovata et laudata et confirmata in anno currente millesimo duecentesimo sexagesimo. Primo per Ottonem Tallonum et Mainfredum de Bonatia et Tomazium Gutinazium et Albertum Tallonum consules et vicarios archiepiscopatus mediolani habentis et distructum il predicto burgo et territorio de consensu et voluntade Guillielmi de Ponte et Jacobi de castro Seprio et Jacobi Ferrari et Ambrosi Arimperti et Alberti Belloi et Oliverii Holdrendi et Andeloj Hodrendi et jacobi Servidei et Amboxi Liprandi omnium electorum per comune dicti burgi afd predicta facienda et ordinanda qui consules cum predictis electis concorditer dixerunt et ordinaverunt quod omnia supradicta statuta in quolibet capitullo observetur per quemlibet vicinum burgi de Legnano hinc ad annum unum et plus ad voluntatem totius conscilij dicti comunis vel maioris partis et que statuta fuerent completa die lune octavo die ante Kalendas februarii". Compaiono qui quattro consoli, Ottone Tallono, Mainfredo de Bonatia, Tommaso Gutinazio,e Alberto Tallono, che sono espressamente indicati anche come vicari dell'arcivescovo, il quale ha il discrictus su Legnano e il suo territorio. Nell'approvazione degli statuti hanno appunto la precedenza i quattro consoli, i quali pero' devono ottenere l'approvazione e il consenso di un collegio di 9 persone, tra ci i membri della famiglia Oldradi, elette dal comune di Legnano appunto per questo scopo; vale a dire l'autorita' che deriva ai consoli dal fatto di essere anche vicari  dell'arcivescovo, sembra essere alquanto mitigata da quella del comune, che traeva vantaggio dalla progressiva diminuzione di potere del proprio dominus per aumentare la propri autonomia, particolarmente in questo periodo confuso di vacanza della sede arcivescovile.
Il secondo documento riguarda l'imposizione e l'esazione del frodo da parte del consiglio del comune di Legnano "Millesimo CCLVIII die veneris XVII die februarij totum conscilium burgi de Leniano silicet Castellus Albiollo et Levachae Holdrendi et Rugerius Ferrari et Ambroxi Tallonus et Ambroxis Liprandi et Ollivierus Ravergi et matheus Bellous et Oldrdus de Masenago et Otto Tllonus et Ollivierus Hodrendi et Giullemus de Ponte et Marchixius Terugi et Arnoldus de Retenate et Jacobus Servideo et Jacobus del Castelseprio et Petrus Folcis et Aventollus Sertor et Maifresus de Banatia et Arnoldus  Arimperti. Fuerent in concordia et ordinaverunt et statuerunt quod potesta teneatur per sacramentun exigendi fodrum a quolibet homine tam masculum quam fiminam cui vel quibusi impositum vel incissum fueret per comune dicti burgim seu per cosiclim vel pre maiorem partem. Item staturemtun et ordinaverunt per totum suprscriptumconscilium de voluntade vixinanantie quod si aliquis homo de predicto burgo vel eius territorio fecerit seu haberit et tenuerit illud de quo pro quo comune burgi predistum condempnaretur sustinuerit vel habuerit aliqyod dempnum vel dispendium vel cendempnatione aliqua quod ille homo vel femina cuius ocaxione evenerit teneatur et debeat restituere totumdampnumet condempnationem et expensas predicto comuni suis expensis et dampnis et si recussaverit facere ut supra legitur quod comune et consules et podestas qui erit pro temporibus teneatur et debeat eun desconvenzare et facere preconizare per burgum. Et non debeat reverteri in convenentia donec non solverit totum dampnum et dispendium et expensa que et quas  facte fuerint et salute per ipsum comune ipsa ocaxione" A questo documento sefue una data: ""in nomine domini MCCLXIII die veneris sexto decimo die mensis Novembris indictione Duodecima ", e qui termina il foglio, percio' questa data potrebbe essere la conclusione del documento suddetto o l'inizio di un documento successivo.Risulta impossibile stabilirlo, dl momento che il foglio pergamenaceo - in fotocopia in "Memoria della Societa' Arte e Storia" n. 16 tavola II - sembrerebbe che la data suddetta sia l'inizio di un nuovo documento ma non bisogna dimenticare che si tratta di una copia. Cosi' pure la datazione all'inizio del documento contiene un errore, poiche' il 27 febbraio 1258 non era un venerdi ma una domenica, ma anche in questo caso non e' possibile stabilire se l'errore vada attribuito all'originale o al copista.
Comunque sia resta il fatto che le disposizioni indicate vanno effettivamente attribuite all'anno 1258 e le difficolta' e le resistenze, che evidentemente si pensava di incontrare nella riscossione del tributo, concordano perfettamente col quadro che abbiamo tracciato piu' sopra a proposito del convento di San Giorgio. Anche il consiglio del comune compare, nel documento sopra indicato, nella sua composizione del 1258:  oltre ai nomi delle principali famiglie del borgo, ricaviamo la notizia che anche in quest'anno partecipavano alla pubblica amministrazione due membri della famiglia degli Oldradi o Oldrendi, che, insieme a quella dei Talloni, sembra essere la piu' importante del borgo, e che a capo del comune c'era un podesta'.
La struttura del comune di Legnano appare in conclusione abbastanza chiara e assai simile a quella di tutti i comuni rurali. I poteri comunali sono affidati ad un consiglio di 19 membri,Essendo il comune l'espressione del concorso dei singoli in una azione comune, il pricipio supremo dell'organizzazione e' appunto il consiglio, come fomte di ogni competenza.che, mediante un collegio di persone  cio' delegate, redige ed approva gli statuti,  la cui durata di un anno, ma puo' essere prorogata per decisione del consiglio stesso a maggioranza semplice. Organi del potere esecutivo sono i consoli o il podesta' che sembrano alternarsi o addirittura coesistereNel 1260 abbiamo visto che erano in carica 4 consoli, nel 1258 un podesta' e in quest'anno appunto si prevede la possibilita della presenza dell'una e dell'altra magistratura: si dice "infatti che le decisioni prese poste in atto da "... comune et consules et podesta qui erit, temporibus..". In entrambi i casi, l'elezione avveniva probabilmente in loco, secondo la prassi generale, e veniva poi ratificata dal Dominus: infatti i poteri di questi ufficiali avevano una doppia base giuridica derivante dal mandato comunale e dalla conferma dominicale. L'importanza reciproca dei due fattori vario', certo, sensibilmente a seconda delle vicende politiche, dal momento che il dominus del borgo non era un qualsiasi signore feudale, ma l'arcivescovo di Milano, il cui potere politico, totalmente inesistente in alcune particolari circostanze, si faceva di volta in volta grandissimo, non appena la situazione si volgeva a suo favore.
Le competenze dell'amministrazione comunalee erano probabilmente limitate agli affari interni del borgo, alla polizia campestre e ai compiti di difesa del comune, collegati all'esistenza nel borgo di elementi di fortificazione.
Se il comune godette di una certa indipendenza durante le lunghe lotte che opposero i due grandi schieramenti politici cittadini, con l'avvento della signori Viscontea certamente il controllo da parte della citta' si fece piu' attento e forse proprio con il suo appoggio la famiglia Oldradi o Oldrendi, raggiunse quel posto di preminenza nel borgo che la vediamo occupare verso la fine di questo secoloNella Matricola Nobilium familiarm del 1277 compaiono gli "Oldrendis de Legnano" unica famiglia nobile del borgo, alcuni membri della quale abitavano probabilmente nel borgo stesso, gli altri in Milano, in C. Castiglioni - Gli ordinari della Metropolitana attraverso i Secoli, in "Memorie della Diocesi di Milano", vol. I°, pag. 20
e in quello successivoIn una curiosa prova dell'influenza esercitata da questa famiglia sul borgo, si ha confrontando l'attuale stemma cittadino con il suo stemma gentilizio, quale compare nel 1383 a Bologna - Atti e memorie della Regia Depurtazione di Storia Patria per le provincie della Romagna, terza serie, vol XIX, 1901 pag. 80. Chiaramente l'attuale stemma comunale formato da un leone rampante nella banda superiore e da un rametto di corallo in quella inferiore, e' una derivazione di quello degli Oldradi, formato da un leopardo nella banda superiore e da un identico rametto di corallo in quella inferiore.
 
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