Legnano story - note personali
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Il Duecento
 
Fra Bonvesin Dra Riva ke sta in borgo legnan. Con questo verso Legnano fa il suo ingresso nella storia della letteratura italiana. L'autore non e' legnanese. Era nato a Milano probabilmente dove ora c'e' la Ripa di Porta Ticinese e dove allora aveva la sua casa. Insegnava la grammatica cioe' il latino, la lingua fondamentale della cultura, in cui si scrivevano i libri e documenti di ogni genere, anche se cominciava a diffondersi l'uso del volgare per servire la massa crescente di persone, specialmente i cives negotiatiores, considerati illetterati perche' del latino avevano tale ignoranza o soltanto una vaga e iniziale conoscenza. Parlando del Dialetto abbiano ricordato la frammentazione del latino in tanti linguaggi locali, dovuta all'isolamento delle comunita' in minuscoli villaggi unicamente dediti all'agricoltura, solitamente opposti tra loro, scarsamente comunicanti e con una attivita' culturale assai ridotta. Nel giro di alcuni secoli la vita delle popolazioni, specialmente cittadine, e' profondamente mutata. La circolazione delle idee riprende vigorosamente.
Il latino continua ad essere lo strumento universale della cultura, ma e' accessibile soltanto ad una minoranza di letterati. La grande massa della popolazione generalmente analfabeta, e' pero' investita in qualche modo dalla intensificata attivita' culturale, che conduce a contatti e rapporti con persone di diverso linguaggio. Basti pensare ai predicatori che girano di paese in paese (come patarino Arialdo), ai giullari che frequentano le fiere e mercati, ai mercanti che varcano mari e monti, ai crociati che attraversano il continente dirigendosi ai porti di imbarco. Le stesse canzoni o popolari, o di gesta o anche piu' raffinate per il loro fascino musicale si espandono in varie regioni, trasmettono testi che vengono adattati ibridamente a lingue diverse, esercitando comunque una funzione stimolante. Vi sono ancora gli uomini politici, i funzionari,  che si scambiano messaggi fra paesi lontani. Chi scrive ha frequentato in varia misura la scuola di grammatica fondata sul latino. La lingua dotta, anche per chi usa il volgare, fornisce schemi periodali, strutture sintattiche, vocaboli astratti, che risolvono gran parte dei problemi espressivi. Il dialetto e' solitamente quello dei centri maggiori e piegandosi o adattandosi alle strutture del latino si muove verso schemi comuni con un processo di avvicinamento, se non proprio di unificazione totale. Diversa e' dunque la lingua volgare scritta in Sicilia o Toscana o Italia Settentrionale, dove pero' non si forma una vera coine', un codice identico per il Veneto, il Piemonte o la Lombardia, ma i tratti comuni fra che scrive in queste regioni sono piu' numerosi che con quelli di regioni piu' lontane.
Di tutti gli scrittori settentrionali Bonvesin e' il maggiore. Ha scritto molte opere in volgare (circa diecimila versi), ma anche in latino, come il "demagnalibus urbis mediolani". L'opera che ha composto, o cominciato a comporre a Legnano, pur essendo in volgare ha un titolo in latino "De quinquaginta curialitatibus ad mensam", dette anche "cortesie da desco". Rappresenta un segno di evoluzione dei costumi. La crescita culturale investe anche le norme di comportamento. Dai modi rozzi di chi affronta quotidianamente un grave sforzo fisico per strappare alla terra i mezzi per sopravvivere, alle varieta' delle occupazioni in una societa' piu' ricca e raffinata, si afferma un ideale di vita piu' gentile. Per questo il maestro di grammatica si preoccupa di insegnare il galateo alle nuove generazioni, ossia ai suoi scolari, che dovevano essere i figli dell'alta borghesia. Per esemplificare il contrasto tra i modi rozzi e i modi cortesi citiamo solo pochi versi:
    zascun cortes donzello
    ke s' vol mocar al desco, coi drap se faza bello.
    Ki mangia on ki ministra, no s'de' mocar col die
    le toe man sian nete, ni li die entre orege ni'l man sul co' di' mette.
Traducibile con: Ogni giovane cortese che deve soffiarsi il naso a tavola, si pulisca con il fazzoletto. Chi mangia o serve a tavola non deve pulirsi il naso colle dita.. Le tue mani siano pulite, ne devi mettere le dita ne le mani sulla testa.
 
Nel verso che abbiamo posto in apertura del capitolo, il dialetto si manifesta subito con la preposizione articolata dra, che rappresenta de la. L'articolo ha subito la rotacizzazione di l, ancora presente in varie parlate lombarde (ra me mama, ur me pa).
La caduta della vocale e ubbidisce anche a ragioni metriche del verso alessandrino. Pero' si ritiene che la vocale o finale di borgo sia stata aggiunta dal copista e che debba essere soppressa per evitare l'ipermetria del verso. Dunque Ke sta in borg Legnan, un monosillabo conforme al dialetto milanese, mentre a Legnano il vocabolo era certamente bisillabo. come lo e' oggi (burgu).
A Legnano, il Bonvesin dovrebbe essere venuto in qualita' di frate Umiliato (un ordine che non esigeva il celibato e Bonvesin si sposo' due volte), circa il 1270. A lui si deve con ogni probabilita'  l'istituzione dell'ospedale di san Erasmo, che svolse nel corso dei secoli un lavoro prezioso per il borgo e i villaggi vicini, ma anche come ricettacolo degli infanti esposti. Era molto devoto alla Madonna ed il suo epitaffio dice che egli fu il primo a fare suonare le campane dell'Ave Maria a Milano et in comitatu. Con lui dunque le campane della chiesa di San Salvatore cominciarono i loro rintocchi in onore di Maria tre volte al giorno o, come dice il Manzoni, quando sorge e quando cade il die - e quando il sole a mezzo corso il parte.
Legnano dunque non e' una terra (villaggio), e' un borgo, appellativo riservato ai paesi dotati di un mercato e di una fortificazione. Oltre al castello ove si era rifugiato Arialdo, esisteva un mercato. Tale privilegio in un tempo che non possiamo determinare, cadde in disuso. Infatti il 20 giugno 1499 Nobili, contadini et hommes habitatores burgi de Legnano rivolsero una supplica al Duca di Milano, ricordando che a Legnano per antiqua tempora se solea fare uno certo mercato che per le grandi guerre e dissipazioni, e' venuto in disuetudine, e poiche' il borgo e' molto restaurato, i suddetti abitanti chiedono che il mercato sia ripreso. Pochi mesi dopo il Duca veniva sconfitto dai Francesi e non poteva occuparsi del nostro mercato. Piu' tardi, nel 1627 i Legnanesi si rivolsero al governo spagnolo e per ristorarsi in qualche parte dei danni patiti e che tuttavia patiscono in occasione dei lungi e frequenti alloggiamenti de' soldati, chiedono l'istituzione di un pubblico mercato in ciascuno giorno di giovedi'. Alla richiesta si oppongono quelli di Saronno, Gallarate e Busto Arsizio per timore concorrenziale e solo nel 1795 viene concesso di riprendere l'antica consuetudine che aveva dato a Legnano il diritto di essere un borgo.
Nel corso del secolo XIII il castello dei Cotta assume una importanza notevole durante le lotte intestine di Milano. Nei due precedenti secoli il governo vescovile della citta' si e' ben consolidato coll'appoggio delle tre classi sociali: i capitanei, i valvassori e i cives, ossia la nobilta' e l'alta borghesia. Il Vescovo e' assistito da consoli in funzione di consiglieri eletti dalle varie classi: uno stato di cose che fu definito come una repubblica sotto la Signoria dell'Arcivescovo. Nella lunga lotta per riaffermare i diritti dell'Impero il Barbarossa, pur sconfitto a Legnano, e' riuscito con la pace di Costanza a minare la supremazia vescovile, riconoscendo la legittimita' della magistratura consolare. Tutta la citta' ha ora il diritto di eleggere i propri consoli. Le classi popolari avanzano, rendendo pero' instabile il governo, che deve ricorrere alla nomina di un podesta'. Se i negozianti e gli ex feudatari si uniscono in una associazione detta "MOTTA", il popolo si inquadra nella "credenza di san Ambrogio", la nobilta' feudale si stringe all'Arcivescovo, e si serve pure di squadracce come scudo o offesa verso il popolo. Sono le premesse di una guerra civile, che molte volte nel corso della storia va a sfociare nella dittatura.
 
L'arcivescovo che piu' animosamente combatte' per restaurare il governo aristocratico, fu Leone da Perego, eletto nel 1241. I suoi rapporti con Legnano sono ben registrati nella "Memoria n. 20" della Societa' Arte e Storia (Marina Cattaneo, Legnano nel Medioevo, Legnano 1975,). Nel 1254 Leone inizia una serie di movimenti tra Milano e le varie localita', tra cui Legnano, dove il 10 settembre emette una sentenza. Probabilmente - pensa giustamente la Cattaneo - intendeva rientrare a Milano, ma la torbida situazione nel capoluogo lo induce a ritirarsi nel castello di Angera. La funzione di Legnano e' chiara. Per l'arcivescovo e' il primo rifugio fortificato, da cui puo' sorvegliare da presso la situazione politica milanese. Crescendo il pericolo e' pronto il rifugio piu' sicuro, ma piu' lontano nella rocca di Angera.
A Legnano, l'arcivescovo torno' nel 1257, per il riaccendersi delle lotte cittadine, quando la fazione popolare sceglieva come suo capo Martino della Torre. Questi, nel mese di agosto, con un gruppo di armati, passando ovviamente da Legnano, raggiunse Fagnano per assediare i nobili milanesi riuniti in quel castello. Leone invece raccoglie intanto nel Seprio un piccolo esercito che respinge Martino a Solbiate, Olgiate Olona, Legnano, Canegrate. La tregua di Parabiago (29 agosto) attenua la tensione fra aristocratici e popolari. Leone e' a Legnano, ammalato, e li' muore il 14 ottobre. E' sepolto viliter in ecclesia San Salvatoris.
Il fortilizio legnanese continuo' ad esercitare le sue funzioni nel proseguimento della lotta tra le fazioni milanesi. Il partito aristocratico elesse a suo capo Paolo da Soresina, ma quando lo sospettarono di tradimento, lo imprigionarono a Legnano, che evidentemente era nelle mani della fazione nobiliare (1259).
Due anni dopo Martino della Torre invade i beni vescovili e quindi dobbiamo credere anche Legnano. Infatti sono i Torriani ad acquistare, mediante permute, il convento di San Giorgio con ampi terreni (oggi occupati dal castello Visconteo) dai canonici agostiniani che, abbandonato il convento, si ritirano a Milano.
Nel 1262 viene eletto un nuovo arcivescovo nella persona di Ottone Visconti. Ormai la lotta politica si fa sempre piu' personale.
Non si combatte piu' per un ideale politico, come ai tempi della Lega Lombarda, ne' religioso come ai tempi della Pataria. Sono i Torriani contro i Visconti, e questi usciranno vittoriosi dalla lotta per il primato. I primi sono sconfitti a Desio nel 1276 e l'anno dopo banditi da Milano. Occupano Castelseprio nel 1285. Ottone allora corre a Legnano e nel giro di una settimana vi raduna l'esercito e lo conduce verso Castelseprio, deviando pero' verso Varese, intavolando trattative per un accordo. I Torriani infatti abbandonano Castelseprio nelle mani di Guido Castiglione. In autunno Ottone porta nuovamente a Legnano l'esercito e muove su Castelseprio. Saccheggia il borgo, ma la rocca non cede. Nel febbraio successivo Ottone riceve a Legnano Guido da Castiglione per inutili trattative. Ma il 28 marzo 1287 Ottone con l'astuzia occupa la fortezza di Castelseprio e la rade al suolo.
Dall'insieme di questi eventi si constata facilmente come Legnano pur appartenendo al contado del Seprio sia stata sottratta ad esso dai Milanesi, che ne fecero la loro porta di ingresso del loro territorio. Lo dimostrano le vicende stesse della battaglia di Legnano, ma gia' il documento del 789, in cui appare per la prima volta il nome della nostra citta', rivela come da tempo l'arcivescovo milanese avesse qui i suoi possedimenti. Il castello dei Cotta appare come un rifugio per i milanesi in pericolo. L'episodio di Arialdo e' di breve durata, ma con Leone da Perego e Ottone Visconti, Legnano e' un centro di operazioni politiche e militari.
Nel frattempo Legnano e' divenuto un comune rustico, di cui conosciamo alcune strutture grazie a due documenti parzialmente sopravvissuti e abbastanza recentemente scoperti. Il primo e' del 1258 e contiene la parte finale di un testo con cui si approvano gli statuti comunali per un anno o piu' secondo il volere del Consiglio. Vi appaiono i nomi di quattro consoli, vicari dell'arcivescovo, e di nove consiglieri, due dei quali appartengono  alla piu' illustre famiglia legnanese, gli Oldrendi, che poi, trasferiti a Milano, si chiameranno "da Legnano" o "Legnani".
Il secondo documento e' del 1268, contiene l'elenco completo dei diciannove componenti del consiglio comunale del borgo e riguarda l'esazione di una imposta comunale detta con la parola longobarda "fodro", succeduta alla "annoa militare" dei Romani. Consisteva dapprima nel diritto dell'Imperatore o dei funzionari imperiali a ricevere gratuitamente il foraggio dei cavalli, poi fu tramutata in un tributo monetario, finche' i comuni se ne appropriarono facendone una propria imposta, sempre a carattere militare.
Puo' darsi che a Legnano fosse collegate coll'esistenza di una fortificazione. Non dovette durare molto dopo il 1268, perche' nel corso del secolo il fodro cesso' di esistere.
 
 
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